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DONNE ALLA FINESTRA. LA FIGURA FEMMINILE TRA SPAZIO PUBBLICO E PRIVATO NELLA PITTURA DELL'ETA' MODERNA

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UNIVERSITA' DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTA' E FORME DEL SAPERE

ANNO ACCADEMICO 2017/2018

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE

IN STORIA E FORMA DELLE ARTI VISIVE,

DELLO SPETTACOLO E DEI NUOVI MEDIA

Classe LM-89

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

DONNE ALLA FINESTRA. LA FIGURA FEMMINILE TRA SPAZIO

PUBBLICO E PRIVATO NELLA PITTURA DELL'ETA' MODERNA

CANDIDATO

RELATORE

Gianmarco Orsi

Prof. Vincenzo Farinella

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“Questa è un'epoca in cui tutto viene messo in vista alla finestra per occultare il vuoto della stanza”

(Tengin Gyatso, XIV Dalai Lama tibetano)

Alla mia amata famiglia, in particolare a mia madre Daniela, a mia sorella Annalisa, alla piccola Camilla e a nonna Anna, quattro generazioni di donne che illuminano la mia vita. Ringrazio mio padre Massimo e il neo-papà Lorenzo per l'affettuoso costante sostegno, e con loro ringrazio anche chi in un modo o nell'altro mi incoraggia a migliorare me stesso nel perseguire

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Indice

Indice...p.3 Introduzione...p.4

CAP. I LA FINESTRA, METAFORA DEL LIMITE E DI APERTURA

TRA DENTRO E FUORI

I,1 La finestra, luogo di confine tra privato e pubblico...p.12 I,2 Leon Battista Alberti e il quadro come“

“finestra aperta sul mondo”...p.19 I,3 La finestra nella pittura rinascimentale e seicentesca.

Dalla prospettiva architettonica a prospettive psicologiche

e sociali per la donna...p.26

CAP. II GLI STRUMENTI DELL'EMANCIPAZIONE FEMMINILE

RAPPRESENTATI NELLA PITTURA.

II,1 La donna e il libro nei dipinti dell'Età Moderna. La lettura come conquista dei diritti di istruzione,

socializzazione, autonomia...p.34 II,2 Non solo casalinga. L'evoluzione del privato femminile

narrata in pittura...p.44 II,3 Percorsi di emancipazione da ieri a oggi. Qualcosa è cambiato?...p.52

CAP.III ANALISI DI OPERE RAPPRESENTATIVE DEI VARI SECOLI

III,1 Analisi delle opere: donna alla finestra...p.70 III,2 Tra Medioevo e Rinascimento...p.71 III,3 Ai primi del 1400...p.81 III,4 Nel Rinascimento...p.89 III,5 Nell'Età Moderna...p.98 III,6 Nel Romanticismo...p.111 III,7 Nel Novecento...p.115 III,8 Negli anni 2000...p.124

Conclusioni...p.129 Bibliografia...p.131 Indice delle immagini...p.136

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Introduzione

Risalire all'etimologia della parola “finestra” è il primo passo per comprendere il senso reale e insieme metaforico di quello che non è solo un elemento architettonico ma anche un punto di riferimento simbolico storico, sociale e artistico del rapporto dell'uomo con l'apertura all'esterno.

E' dal termine greco φαίνω (phanein, apparire, mostrare, rendere visibile, rischiarare), che deriva il latino “fenestra”, da cui “finestra” (fenêtre in francese e fenester in tedesco), e già questo richiama direttamente alla luce: luce che entra da un'apertura fatta apposta per illuminare l'interno e, allo stesso momento, per permettere a chi sta all'interno di poter vedere fuori, di far parte e immettersi in quella stessa luce che irrompe. In inglese e spagnolo la finestra diventa window e ventana, e in questo caso l'accento si sposta dalla luce al vento, all'aria che entra.

Luce e aria che simbolicamente conferiscono alla finestra un significato liberatorio, un salto d'anima dai vincoli costrittivi delle dimensioni chiuse, dove affacciarsi non è solo operazione visiva ma psicologica: grazie alla finestra non solo vediamo, ma conosciamo ciò che abbiamo intorno, proiettiamo i nostri desideri e le nostre paure, e soprattutto possiamo spaziare e comunicare con l'esterno. Finestra quindi è sinonimo di libertà. Dalla finestra si può chiamare, gesticolare, spiare, sognare, aspettare, anche fuggire, perfino morire. Ecco che allora, analizzando la condizione femminile nella nostra società attraverso le epoche, si capisce come la “donna alla finestra” non sia una semplice immagine frutto di un comportamento ovvio e naturale, ma rappresenti una vera e propria conquista ottenuta attraverso un percorso lento e difficile.

La rifessione sul rapporto donna/finestra non può prescindere anche dal senso attribuito alla casa/abitazione. Casa come costruzione, rifugio, abitazione appunto, e status symbol. Nei secoli lo spazio limitato del regno femminile, il solo in cui la donna poteva (e sempre limitatamente) muoversi, esprimersi, disporre e in parte talvolta “dominare”. La casa come corpo umano di cui le finestre sono gli occhi. Non è un caso che le aperture rotonde dei palazzi rinascimentali architettonicamente si definiscano oculi.

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umano: aperture attraverso le quali la persona comunica col mondo assolvendo alle principali funzioni biologiche della vita, come la respirazione, il nutrimento, il ricambio, la riproduzione, atti non solo fisiologici ma affettivi ed emozionali, determinanti nello sviluppo psichico e sociale dell'individuo. A differenza della porta, che è solo “entrata” e “uscita”, e quindi può essere paragonata alla bocca, la finestra ha un più forte e variegato significato simbolico legato a ogni possibile tipologia di “scambio” reale o immaginario tra uomo e mondo. Dalla finestra si può anche immaginare di volare, dalla porta si può solo passare camminando.

Ma la funzione della finestra è ambivalente. Nel momento in cui si colloca e si definisce come apertura, viene anche corredata di parti che la limitano se non addirittura la chiudono: ecco i vetri, le grate, le ante, le persiane, le imposte, gli “scuri”. Praticamente servono a regolare la luce e l'aria, il freddo e il caldo, o a garantire la sicurezza della casa. Metaforicamente chiudono alla vista, serrano maggiormente all'interno le proprietà, soprattutto la donna. In alcune regioni d'Italia le persiane si chiamano infatti “gelosie”, niente di più esplicito a significare il possesso di un bene/oggetto tenuto gelosamente inaccessibile agli sguardi e ai desideri altrui. Quando si tratta di donne, più il rapporto tra interno ed esterno è paventato e impedito, più le grate si fanno fitte: le finestrelle dei parlatori delle monache di clausura lasciano passare dalle grate bucherellate solo la voce.

La finestra, come realtà pratica e simbolica, oltre a rispondere all'esigenza di mediazione fisica tra interno ed esterno, ha anche la funzione di scambio visivo/emotivo e di comunicazione. Dalla finestra come già abbiamo osservato, si guarda, si chiama, si gesticola, si spia, si litiga, si controlla. E da fuori si possono indirizzare a chi sta alla finestra messaggi, serenate, richiami. Un cestino calato e ritirato dalla finestra diventa la possibilità di dare e ricevere oggetti, e la lunga treccia della dama prigioniera nella torre gettata giù dalla feritoia del castello permette al cavaliere di salire a liberarla, così come dalla finestra i carcerati tentano la fuga annodando lenzuola o corde.

Vi sono strutture intermedie che ampliano la finestra: il davanzale, il balcone e il terrazzo, che proiettano maggiormente al di fuori lo spazio interno, in dimensioni sempre più ampie man mano che la società diventa più “trasparente”, riducendo il senso di

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intimità, di pudore e di chiusura. Sono spazi spesso abbelliti da fiori o da decorazioni, e in tal caso la finestra è apertura destinata a “mostrare”, fino a rivestire la funzione di “vetrina” nel caso dei negozi che si aprono all'esterno per esporre la merce. La finestra è anche frame, cornice. Inquadra e delimita lo spazio attraverso una visione circoscritta, per cui mette anche in risalto ciò che viene visto come si trattasse di un quadro in cui il “non visto” c'è, ma costituisce lo sfondo. In un certo senso quindi la finestra offre una doppia visione, perché mostra l'insieme di un panorama ma ne delimita una parte, quella che ci interessa, che viene quindi enfatizzata e acquista rilievo rispetto al resto. La stessa cosa avviene se si guarda dall'esterno nell'interno di una stanza da una finestra a debita distanza: si osserva una parte del tutto, quindi se ne colgono meglio i dettagli. Se si guarda una persona affacciata, è come incorniciata, oggetto privilegiato agli occhi di chi osserva dall'esterno. La finestra come punto di osservazione è di conseguenza una sorta di lente d'ingrandimento, uno strumento di potenziamento dell'attenzione per l'osservatore.

La tematica “donna alla finestra”, presente nei suoi significati anche nell'arte e in letteratura, è complessa proprio perché connessa profondamente sia alla vastità della simbologia riguardante la finestra, sia alla lunga, tormentata e avventurosa storia dell'evoluzione del ruolo sociale della donna, storia non ancora del tutto risolta perché la condizione femminile nella nostra società presenta ancora molti lati contraddittori e problematici.

Sia in letteratura che in pittura la finestra -e la donna alla finestra- hanno avuto una trattazione ampia e carica di riferimenti simbolici fin dalle epoche più antiche. In molti autori la finestra è un tema ripetuto e ossessivo: in Proust rappresenta quasi il limite, il punto di passaggio tra la vita e la morte, come nella figura della vecchia domestica che apre la finestra liberandola da stoffe e tendaggi e aprendo le imposte come se liberasse una “mummia millenaria e sontuosa” dalla sua bara portandola finalmente alla luce (Dalla parte di Swann). E ancora, l'analogia tra sguardo/occhi/finestre, aperture pericolose in cui può entrare il peccato e quindi la morte dell'anima:

“Il commentatore della Bibbia Origene ha osservato: “Possiamo considerare i sensi corporei come finestre, attraverso cui entra nell’anima la vita oppure la morte. E come

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fa la morte a entrare per le finestre? Quando gli occhi di un peccatore vedono una donna provandone concupiscenza; e poiche´ colui che in questo modo vede una donna commette adulterio in cuor suo, cosı` la morte e` entrata nell’anima attraverso la finestra degli occhi.” (Commentari, ad Cant. 2, 12).”1

In generale in letteratura, teatro e poesia la finestra compare o spesso apre una rifessione come luogo privilegiato di contemplazione da cui lo scrittore trae ispirazione. Nelle fiabe, la finestra come soglia tra realtà e sogno incornicia spesso mondi onirici e magici (la finestra a cui si affaccia e si mostra per la rima volta a Pinocchio la Fata dai capelli turchini, la finestra dell'orto delle fate di Prezzemolina dei Fratelli Grimm), e dalla finestra si proiettano sentimenti e sensazioni sul paesaggio che appare trasfigurato e diventa specchio della realtà interiore di chi guarda, o può diventare punto di passaggio tra due diverse dimensioni, come nella storia di Jack London, “Il vagabondo delle stelle”, dove l'Autore descrive la sua personale esperienza di separazione dell'anima dal corpo e della fuga della sua anima dalla finestra del carcere, quando durante una dura detenzione, legato al letto di contenzione, riesce attraverso la concentrazione a “uscire” dal corpo e a librarsi leggero dalla finestra, libero senza essere visto, per poi tornare dopo aver girovagato sopra la città passando nuovamente dalla finestra e rientrando nel suo corpo addormentato.

Dal Cantico dei Cantici in poi, la “magia” della finestra, a volte elemento surreale, a volte gioioso o angosciante, è stata sempre presente in poesia e in letteratura. Innumerevoli sono i riferimenti letterari, filmici, musicali, artistici in cui la finestra o il balcone appaiono al centro della scena e svolgono una funzione catalizzatrice di atmosfere, contribuendo alla definizione di un genere: da quello amoroso-romantico, al giallo-thriller, a tematiche più cupe e tenebrose, claustrofobiche (quando la finestra chiude o imprigiona o quando si affaccia sul vuoto), tanto da poter parlare di un elemento costitutivo di una “semiologia dell'angoscia”2, che gioca tuttavia sempre tra luce e ombra, suscitando emozioni come il mistero, la paura, la solitudine e la disperazione.

La modalità potremmo dire “eterna” del rapporto finestra-figura femminile è da sempre e fino a oggi l'attesa. La donna alla finestra aspetta.

1 Ceserani R., Domenichelli M., Fasano P., Finestra, Balcone, in “Dizionario tematico di letteratura”, UTET, Torino, 2007, II, pp. 866-873.

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Emblematica in tal senso è la Madame Bovary di Flaubert (un autore in cui il tema della finestra ricorre in maniera ossessiva):

“Avrebbe voluto vivere in qualche antico maniero come quelle castellane dal lungo corsetto che, sotto le ogive trilobate, passavano i loro giorni con il gomito sul davanzale e il mento nella mano in attesa di vedere dal fondo della campagna arrivare al galoppo, su un cavallo nero, un cavaliere dal bianco cimiero”; un’immagine che ha indotto Victor Brombert a dire che in Madame Bovary “la finestra diviene simbolo di ogni attesa”. Il tema riecheggia nella descrizione che Pascoli, in “Notte” (in Myricae) fa delle fanciulle agli arcolai: “i biondi capi, i neri occhi stellanti,/volgono alla finestra ad ora ad ora:/attendon esse a cavalieri erranti/che varcano la tenebra sonora?”3

Donne che aspettano ma anche donne che si mostrano, civettano, cercano una comunicazione con l'esterno in quelle epoche dal Medioevo in poi che le vedono più o meno segregate e controllate.

In pittura questo rapporto donna/finestra diventa ancor più visibile e possiamo ricostruire la sua evoluzione attraverso i vari passaggi dal medioevo all'Età Moderna fino all'espressione contemporanea, e a questo tende l'esposizione del nostro lavoro.

Il tema della finestra in pittura assume una peculiarità specifica che abbiamo voluto affrontare partendo dal senso della distinzione tra spazio pubblico e privato, di cui la finestra rappresenta il confine e insieme il punto di unione, e a seconda di come appare nei dipinti diventa rivelatrice non solo della sua funzionalità artistico-estetica all'interno dell'opera, ma anche dei rapporti sociali dell'epoca di riferimento, compresa la condizione della donna. La finestra non è mai quindi semplicemente descrittiva, ma metaforica. E' proprio dalla dimensione metaforica dell'elemento architettonico “finestra”, nelle sue molteplici implicazioni di “visione del mondo” che da Leon Battista Alberti in poi avranno una forte centralità soprattutto riguardo al ruolo della finestra che nel quadro determina profondità prospettica e visione tridimensionale. Nel suo trattato De Pictura (1435), Leon Battista Alberti espone la sua teoria del “quadro come una finestra sul mondo”, (idea esposta anche da Leonardo e da Albrecht Durer), che sarà ripresa da Baudelaire quando scrive a proposito dei pittori suoi contemporanei “Cosı` aprono una finestra e tutto lo spazio compreso nel riquadro della finestra, alberi, cielo e casa, prende per essi il valore di una poesia compiuta” (Curiosita` estetiche, VIII).

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Leon Battista Alberti suggerisce ai pittori un “artifizio” per la fedele riproduzione della realtà: quello di disegnare “un quadrangolo di angoli retti...il quale mi serve per un’aperta finestra dalla quale si abbia a veder l’istoria”. (Libro I, 19)”

Da qui, il concetto di “finestra aperta sul mondo” che permette al pittore di concentrarsi su una realtà esterna limitata da una cornice. La finestra diventa un dispositivo ottico funzionale a organizzare lo spazio esterno, così come la cornice di un quadro lo identifica separandolo dalla realtà. L'importanza della cornice (che corrisponde allo spazio inquadrato dalla finestra), risponde all'esigenza di misurare quasi matematicamente lo spazio per creare armonia nei dipinti, e questo criterio dominerà la pittura del Rinascimento fino a tutto l'Ottocento, finché sarà stravolto dall'arte contemporanea, dove la finestra avrà altre collocazioni e altri significati. Scrive Matilde Battistini:

“Sin dalle sue origini, la cornice sembra svolgere un ruolo determinante all’interno dei meccanismi di produzione e ricezione delle immagini, attivando quella funzionalità, normativa e selettiva, indispensabile per separare il dominio dell’arte dal mondo reale. La posizione liminare e la funzione di cesura tra due diverse forme di realtà, il mondo fenomenico e la rappresentazione pittorica, fanno della cornice un oggetto estremamente ambiguo in quanto “luogo, o non-luogo, di un’articolazione mai semplice, mai data una volta per tutte, tra lo spazio dell’opera [il “di dentro” della rappresentazione] e lo spazio dello spettatore, il “di fuori”.4

Dalla rifessione sullo spazio organizzato prospetticamente in epoca rinascimentale, nella seconda parte della tesi si analizza il rapporto spazio/donna attraverso un percorso che partendo dall'Età Medioevale attraversa i secoli, osservando la figura femminile rappresentata in pittura proprio in riferimento all'elemento “finestra”.

Lo spazio destinato alla donna, rivelato in tutte le elaborazioni artistiche, dalla letteratura alla pittura e testimoniato dall'analisi delle apparizioni femminili in relazione alla finestra è indubbiamente quello interno. Metaforicamente la segregazione definisce anche la modalità dei comportamenti e dei pensieri femminili, volti a “prendersi cura” della casa e di chi vi abita. Parallelamente, è la donna che rispetto all'uomo coltiva maggiormente l'interiorità, la meditazione, la preghiera e tutte quelle attività proiettate all'interno del sé. Vedremo come nei dipinti riferiti alle varie epoche la figura femminile

4 Battistini M., Le figure della cornice, Rivista “Le parole della Filosofia”, III, 2000, in Internet http://www.lettere.unimi.it/Spazio_Filosofico/leparole/duemila/mbcorn.htm

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apparirà o meno alla finestra, in quale modo e posizione, e la sua evoluzione da “nascosta” ad “affacciata” costituirà in sintesi la via che percorreremo e il senso di tutta questa ricerca. Un'evoluzione osservata e raccontata attraverso una scelta meditata di quelle opere pittoriche che maggiormente aiutano a comprendere il rapporto non solo tra la figura femminile e il suo esporsi alla finestra intesa come “uscita” dalla dimensione chiusa a quella aperta, ma anche i nodi e le contraddizioni che hanno generato la situazione attuale, in cui la donna sembra ancora far parte di quella cornice, presente sì nello spazio aperto, ma non ancora padrona di esso.

Un primo criterio di scelta dei dipinti è quello della distinzione di “luogo”, dentro e fuori, interno ed esterno, che allude non solo alla dimensione reale ma anche a quella metaforica tra privato e pubblico, e che quindi da subito rivela il contesto storico-sociale dell'epoca dell'opera. Ciò consente di poter analizzare come per esempio nel medioevo si raffigura l'apertura all'esterno, la sua forma architettonica, il rapporto con la luce e soprattutto la prevalente simbologia (in questo caso mistico/religiosa) che sottende e condiziona l'apparire della figura femminile nel dipinto e la sua relazione col mondo. La presentazione delle opere scelte (analizzate singolarmente nell'ultimo capitolo), parte quindi dal 1200/1300, considerato periodo di passaggio tra Medioevo ed Età Moderna, e si svolge attraverso un percorso figurativo che, passando attraverso le varie epoche e intrecciandosi con la storia e la poetica dei secoli, arrivando fino ai gorni nostri, osserva come è rappresentata la figura femminile in rapporto allo spazio-finestra, e come da questo rapporto si possano desumere elementi storico-cuturali, psicologici, estetici e sociali significativi e sintomatici dell'evoluzione dei ruoli della donna e della sua emancipazione da “oggetto” a “persona”attraverso il tempo.

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CAP. I LA FINESTRA, METAFORA DEL LIMITE E DI APERTURA TRA DENTRO E FUORI

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I,1

La finestra, luogo di confine tra privato e pubblico.

C'è la finestra reale, quella che costituisce un elemento architettonico, e c'è la finestra rappresentata, dipinta, cantata e raccontata. In senso architettonico,

“La finestra non è un semplice «buco nel muro», ma uno strumento linguistico fondamentale in due sensi: a) configura e vitalizza lo spazio quantificandone e qualificandone la luce; b) segnala nel volume e sulle superfici le funzioni interne dell’edificio. Dal Medioevo al barocco, dal razionalismo all’espressionismo, da Wright a Le Corbusier e Mendelsohn, la finestra comunica l’intero dramma architettonico. Taglia e cuce, levita o appesantisce, squarcia o morde il masso costruito, media o rende più dissonante il rapporto tra pieni e vuoti. In sostanza, una finestra offre la carta d’identità di un architetto e di un costume urbano, fornendo un mezzo diretto per «leggere» l’architettura”.5

In senso simbolico,

“(...)nel nostro immaginario comune porte e finestre si trovano su una linea di confine, che separano un “dentro” (l’ambito del privato, del familiare, del conosciuto) da un “fuori” (l’ambito del pubblico, dell’ignoto). Porte e finestre costituiscono delle aperture di accesso, tramite le quali il “dentro” e il “fuori” sono messi in relazione. La porta presuppone la possibilità di entrare in un certo luogo o di uscirne per entrare in un altro; la finestra dà modo alla luce di penetrare all’interno di uno spazio chiuso e fonda la possibilità “del guardare fuori”.6

In senso pittorico, la finestra ebbe un ruolo fondamentale dal 1500 in poi per la definizione di una nuova pittura, rappresentando una “frattura ontologica” per quanto riguarda la pittura del paesaggio, perché

“La finestra attualizza la dialettica interno/esterno senza la quale il significato del paesaggio, di ogni genere di paesaggio, non potrebbe nemmeno essere percepito...il genere del paesaggio nasce per opposizione...trova la propria genesi “al di là” del quadro. Per percepire un paesaggio in quanto tale bisogna assolvere a una condizione imprescindibile: la distanza(...)E' il rettangolo della finestra a trasformare il “fuori” in paesaggio.”7

In ogni caso, reale o metaforico, quello che una finestra occupa e inquadra (o non inquadra se è chiusa), è uno spazio. Spazio che delimita ma anche mette in

5 Cusano G., La finestra e la comunicazione architettonica, Dedalo libri, Bari, 1979, p.97. 6 Porte e Finestre, in “Parole senza peso”, Blog, su Internet https://samira70.wordpress.com/ 7 Stoichita V. I., L'invenzione del quadro, Il Saggiatore, Milano, 1998, pp. 45, 46.

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comunicazione una dimensione interna e una esterna, sia spaziale vera e propria (l'interno delle stanze di una casa, l'esterno della strada, del giardino, del paesaggio), sia psicologica, riferita al soggetto che dalla finestra si affaccia al mondo esterno e che si mostra al mondo. Nel suo rapporto ambiguo col mostrare e non mostrare (può essere aperta o chiusa, può servire a mostrarsi o a nascondersi), la finestra insieme separa e unisce. Inserita in un quadro prospettico, dove nel Rinascimento viene superata la rappresentazione lineare dello spazio, la finestra circoscrive, inquadra, detta le geometrie e limita la visione di una porzione della realtà, che appare così più chiara e leggibile. Il poeta Rainer Maria Rilke attribuiva alla finestra il potere di modellare la nostra idea del mondo, quando scriveva:

“ Non sei forse tu, finestra, la nostra geometria, forma così semplice che senza sforzo circoscrivi la nostra vita immensa?”8

La concezione di spazio privato e di spazio pubblico si è evoluta ed è cambiata nel corso della storia umana e delle varie civiltà. Il “privato” così come oggi noi lo concepiamo è un concetto e un bisogno abbastanza recente rispetto ai secoli passati, e nasce con la trasformazione dell'aggregazione sociale che da tribale/collettiva basata sul gruppo, diventa familiare, basata sull'individuo. Le stesse costruzioni: la casa, la piazza, le strutture e le infrastrutture del mondo antico e del mondo moderno rispecchiano questa trasformazione, via via che le esigenze e il bisogno di privacy avanzano, parallelamente al rarefarsi delle dimensioni pubbliche del vivere che vengono circoscritte alla sfera, appunto, pubblica, limitata solo a certi eventi (cerimonie, divertimenti, feste, manifestazioni), che oggi non regolano e invadono la dimensione privata e le scelte individuali se non indirettamente.

Lo spazio pubblico, luogo di dinamiche sociali, oggi va letto in relazione alla complessità della nostra società, e non presenta il carattere omogeneo e aggregante dell'agorà dell'antica Grecia, né rappresenta più un luogo simbolico delle libertà civili dove avveniva una reale e costruttiva comunicazione o dove si contestavano anche le istituzioni, come notano i filosofi Jurgen Habermas, Hannah Arendt e Zygmunt Bauman.

8 Giorgio L., Rilke R. M., Mandel'Stam O., Zagajevski A., Per una metacritica della ragione poetica, Edizioni Prufrock spa, Bologna, 2015, p. 24.

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Scrive Bauman, a proposito del divario tra pubblico e privato:

“Tale divario si è creato ed ampliato a causa dello svuotamento dello spazio pubblico e in particolare dell'agorà, luogo intermedio, pubblico/privato, dove la politica della vita incontra la Politica con la P maiuscola.”9

Il nodo da evidenziare quando si parla di “spazio pubblico” e “spazio privato” e dell'evoluzione del concetto dal Medioevo all'Età Moderna è il rapporto diretto di tale concetto con il Potere. L'ingerenza del Potere nella vita degli individui fa leva soprattutto sull'esercizio del controllo di queste due dimensioni. Nelle varie epoche cambiano i modi e i contenuti, più o meno espliciti e autoritari, ma rimane la sostanza: il Potere (religioso, economico, politico), per assicurarsi la sopravvivenza e il controllo, agisce nel determinare obbedienza, sudditanza, consenso. Oggi usa il consumo, inducendo dei bisogni e creando oggetti e modelli di comportamento desiderabili. In altre epoche utilizzava la paura, il peccato, la minaccia di esclusione dalla vita sociale. La creazione da parte degli individui delle aperture, delle vie di uscita, che siano finestre, o piazze per i comizi, o “spazi autogestiti”, per il Potere ha sempre rappresentato un pericolo da tenere sotto controllo. E' quindi comprensibile come l'apparizione, l'ampliamento e l'apertura delle finestre nelle case e nelle espressioni artistiche, compresa la pittura, rappresentasse nel Medioevo una possibile perdita di controllo soprattutto nel confronti dello stato subalterno della donna e dello sconvolgimento di ruoli e di regole morali e religiose che poteva seguire all'”apertura”. Aprire la finestra e permettere alla donna di affacciarsi all'esterno, così come permettere al “fuori” di spiare e irrompere nel “dentro”, veniva ad assumere un significato ben più importante del semplice gesto.

Fino al riconoscimento di una “condizione femminile” in cui la donna sarà protagonista di una liberazione da ruoli e schemi comportamentali oppressivi, che avverrà lentamente nel tempo e che abbiamo affermato essere ancora in corso ai giorni nostri, metaforicamente la finestra c'è, ma è ancora chiusa.

In epoca medievale, la donna è oggetto del patto di alleanza tra le famiglie, che si realizza nel matrimonio. E' destinata alla procreazione, controllata dalla famiglia, dal marito, dalla Chiesa e dalle leggi del lignaggio, sottoposta in tutto all'autorità maschile.

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Controllata nei comportamenti, nelle attività, nel corpo e nei desideri.

“L'autorità: ecco un'altra parola-chiave che domina la visione maschile dei rapporti tra coniugi, la sola che ci sia stata tramandata direttamente. Prima creazione, immagine di Dio, più vicina all'originale, natura più perfetta e più forte, l'uomo deve dominare la donna....Base teorica della rifessione di numerosissimi trattati dal secolo XIII in poi, la debolezza e l'inferiorità della natura femminile impongono, fin dall'Antichità, che il campo in cui le donne dispongono di una certa autonomia sia ben circoscritto. Questo campo è in primo luogo la casa, spazio a un tempo protetto e chiuso...introdurvi la novella sposa comporta sempre certi riti che sanzionano la sua ammissione, ma anche la tagliano fuori dal mondo esterno.”10

Di fatto, le finestre rappresentano nella metafora casa/corpo femminile, come abbiamo già accennato nel paragonare la casa al corpo umano, le pericolose fessure (la bocca, gli occhi, le orecchie, la vagina) da cui può entrare tutto ciò che rende la donna, oggetto/bene del marito, un “bene violato”, sia fisicamente che mentalmente. Non a caso le entrate del corpo sono quelle che vengono “purificate” e “perdonate” nell'estrema unzione come veicoli di tentazione e di peccato. Meno la donna vede, ascolta, pensa e comunica con l'esterno e meglio è.

La finestra quindi è uno dei luoghi, o spazi, che segnano il confine tra il limitato e chiuso mondo interno alla casa e l'ambiente esterno, destinato all'uomo che si sposta, comunica, fa affari, frequenta osterie e luoghi pubblici. La finestra in tal senso è il primo e più accessibile luogo pubblico, quindi occasione di pericolo o di condotta indegna della sposa che vi si affaccia.

Rispetto alle dimensioni sociali e psicologiche del pubblico e del privato, la finestra rappresenta elemento di separazione ma anche di unione tra dentro e fuori, e rende reale la possibilità che la persona che vi si affaccia metta in pubblico l'intimità e la riservatezza del proprio mondo interiore, dove “interiore” nel Medioevo equivaleva a “familiare”. Infatti la paura dell'esposizione della donna alla finestra non era tanto per tutelare l'individualità della persona, ma l'inviolabilità e la sacralità gelosa della famiglia. Le finestre medievali sono feritoie, oscurate e tenute chiuse come sigilli di quel patrimonio privato che non doveva essere mostrato all'esterno.

Nel Canzoniere del Petrarca, la finestra (forse reale, forse finestra dell'anima), diventa

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occasione di guardare ben oltre la realtà. In quella che è stata definita “la canzone delle visioni”, scritta nel 1368, il poeta si affaccia alla finestra e “vede” sei scenari allegorici che alludono alla recente improvvisa morte di Laura:

“Standomi un giorno solo a la fenestra, onde cose vedea tante, et sí nove, ch’era sol di mirar quasi già stancho.”11

Affacciato all'interiorità della sua anima, il Petrarca immagina sei situazioni tragiche, dominate dalla morte: un animale selvatico è ucciso dai cani da caccia; una bellissima nave viene distrutta da una tempesta improvvisa; un giovane lauro si schianta divelto da un fulmine; una fonte nel bosco scompare in una voragine apertasi improvvisamente; una fenice muore e una fanciulla soccombe nella nebbia per un morso di un serpente. La fenestra in questo caso è lo spazio che connette il conscio all'inconscio, è comunque uno strumento che inquadra le sei visioni e permette al dolore di uscire, di manifestarsi in tutta la sua crudezza e rimpianto.

Spazio di osservazione della realtà o spunto fantastico, la finestra si offre dal Medioevo in poi come elemento di racconto paesaggistico ma anche visionario, dove la realtà viene vista, analizzata, trasfigurata, elaborata, sistemata in una cornice che ne sottolinea ed esalta i particolari. Non è casuale che proprio la finestra costituisca da allora in poi un importante punto di innovazione e riferimento nell'arte, in letteratura, nella poesia e nella pittura. La presenza della finestra come elemento reale e metaforico si lega, soprattutto in pittura, al modo di trattare lo spazio, e nel Rinascimento “...come per ogni civiltà inquieta, impetuosa, dinamica, lo spazio è la categoria fondamentale dell'immagine del mondo.”12. Spazio e spazialità collegati alla luce e al movimento, ignorati dalla Grecia arcaica e fino all'alto Medioevo. Con l'inizio del Rinascimento la coscienza dell'importanza dello spazio e la collocazione delle figure e delle atmosfere in dimensione prospettica e situate in una visione dinamica della profondità diventano “una vera ossessione”13 E' da questa concezione e uso della spazialità che la finestra in pittura acquista una centralità allusiva e interpretativa del rapporto interno/esterno, non solo in relazione al paesaggio che diventa aura, cornice, atmosfera, ma anche in rapporto alla posizione psicologica e

11 Petrarca F., Canzoniere, Vol. I, CCCXXIII, Edizioni Acquaviva, Bari, 2006, p. 413. 12 Hauser A., Storia sociale dell'arte, Einaudi, Torino, 1973, vol. I, p. 418.

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sociale della figura umana che con questo spazio interagisce, mostrandosi.

La cesura/unione della finestra tra privato e pubblico, che nel Rinascimento ha prevalentemente una funzione di ricerca di simmetrica armonia, di strumento anche di riconciliazione tra carne e spirito, tra interiorità ed esteriorità, tra vita pratica e sogno, nelle epoche successive avrà valenza soprattutto sociale e comunicativa, così chiaramente rappresentata nella pittura fiamminga. Tra pubblico e privato si è stabilito quel rapporto dialettico che coincide con la trasformazione e l'evoluzione dei costumi, anche se rimangono ben fissati i ruoli che distinguono l'uomo dalla donna.

“Nelle opere d’arte il confine tra pubblico e privato è simboleggiato dal rapporto dialettico tra interno ed esterno, e in particolare da porte, soglie, finestre, che sono luoghi di transizione, posti al limite di due ambiti diversi. Il mondo interno è quello privato della “casa”, il mondo degli affetti, spazio non solo fisico ma anche simbolico, che separa ciò che è familiare da ciò che è estraneo. L’interno della casa è il mondo abitato soprattutto dalle donne, angeli del focolare, che svolgono i lavori domestici e attendono gli uomini che operano all’esterno, nel mondo degli affari e della politica. La casa è il luogo della serenità domestica, mentre l’esterno è il luogo dell’avventura e dell’incertezza.”14

Da quel momento in poi anche l'immagine della “donna alla finestra” segna l'inizio di quel percorso di liberazione verso una dimensione aperta, mostrata al mondo, e con esso interagente. Dalle finestre della casa in cui comunque sarà ancora per secoli relegata entra finalmente la luce che la vede leggere, conversare, dipingere, accogliere ospiti, dedicarsi ad attività non necessariamente “casalinghe”, pronta per uscire nel mondo. Anche se la dimensione pubblica continuerà a essere di dominio maschile, e alla donna rimarrà assegnato il ruolo di cura del privato, tuttavia tramite la legittimazione del suo “mostrarsi” liberamente all'esterno affacciandosi, senza penalizzazioni morali e sociali, il suo poter mostrarsi costituisce storicamente una conquista e un affrancamento dalla schiavitù.

D'altro canto, anche la gestione del privato cambia col trasformarsi dei rapporti economico-sociali e con le nuove forme di scambio e di mercato, per cui alla donna vengono affidate mansioni di maggior responsabilità e autonomia nella gestione, ad esempio, del patrimonio e delle risorse, concedendole l'acquisizione di competenze

14 Finestre nell'Arte. Rinascimento e Seicento, in Milanoplatinum.com, Web Magazine, novembre 2015, in Internet http://www.milanoplatinum.com/finestre-nellarte-rinascimento-e-seicento.html

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(contabili, finanziarie, di pubbliche relazioni), che prima le erano negate per paura che, acculturandosi, potesse ribellarsi alla sudditanza dal maschio.

I dipinti che mostrano, dall'Era Moderna in poi, le rappresentazioni della donna in una casa dalle finestre aperte, da dove può entrare non solo la luce (metafora della cultura e della luce del sapere), ma il mondo intero con i rumori, il movimento, la gente, simboleggiano l'estensione del privato nel pubblico ma anche viceversa, in una commistione che è vita. Dalla finestra aperta entra ed esce vita.

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I,2

Leon Battista Alberti e il quadro come “finestra aperta sul

mondo”.

Con Leon Battista Alberti la finestra nella pittura diventa uno strumento di organizzazione dello spazio prospettico, un dispositivo ottico di rappresentazione tridimensionale della visione: la finestra, così come viene descritta nel De Pictura, è un

“quadrangolo di retti angoli quanto grande io voglio, el quale reputo essere una

finestra aperta sul mondo per donde io miri quello che quivi sarà dipinto”15

E partendo dal “quadrangolo” l'Alberti fissa il punto centrico e il gioco di linee che distinguendo spazi, e dimensioni, e distanze, arriverà a creare la composizione del quadro. Matematica e Geometria servono all'Autore per specificare come da un punto di vista si sviluppino le relazioni spaziali, i piani di veduta, le proporzioni...

Sebbene l'Alberti non parli mai di prospettiva, ma di intersegazione, la “rivoluzione” albertiana risiede proprio nel cambiamento del senso della prospettiva, che nel Rinascimento si distacca dal concetto di “scienza della visione” che aveva dominato per tutto il Medioevo.

“Il Quattrocento «matematizza», dona carattere scientifico a architettura, scultura e pittura. La prospettiva, fino ad allora strettamente legata all’Ottica (la scienza della visione), si trasforma in teoria applicata alla pittura e artisti del calibro di Leon Battista Alberti e Piero della Francesca riconoscono la necessità di un dialogo tra arte e matematica, utile per una più corretta visione – e rappresentazione – del mondo.”16

Derivato dal latino perspicere, ossia “vedere chiaramente”, il termine “prospettiva”, nell'antichità e fino al V secolo d. C., si connotava di significati astratti, matematico-geometrici, mentre nel Medioevo era assimilata all'ottica nei suoi aspetti percettivi e sensoriali, e non veniva applicata all'arte. E' dal 1400 in poi che la prospettiva assume il significato ancor oggi seguito, cioè quello di scienza che regola la rappresentazione attraverso regole geometriche precise e rigorose, e il primo ad applicare tali regole per la costruzione prospettica “lineare” (armonia tra altezza,

15 Bartolini L., a cura di, Alberti L. B., De Pictura, Redazione Volgare, Edizioni Polistampa, 2011, Libro I, 19, 392-412, p. 237. 16 Mongili M. L., Prospettiva e cartografia, un mondo a misura d'uomo, Rivista Web“Medea”, II, 1, 2016, DOI: in internet

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larghezza e profondità in ogni punto della scena), fu il Brunelleschi intorno al 1420. Sette anni dopo, Masaccio traspone gli stessi principi nel suo affresco della Trinità, dipinto in S. maria Novella a Firenze. Oltre a rappresentare una sintesi perfetta tra architettura, scultura e pittura, la Trinità esprime in pieno la nuova concezione di dipinto costruito su forme architettoniche a scorcio prospettico, in cui creare un'illusione di spazio tridimensionale, una composizione piramidale di figure ed elementi disposti in preciso schema geometrico dove tutto è proporzionato e concorre alla generale armonia della visione. Alla successione degli spazi corrisponde la successione simbolica dei diversi gradi dell'esistenza umana: nella parte inferiore della piramide c'è il sarcofago, cioè la morte, nel mezzo la vita umana (raffigurata nei personaggi dei due committenti), più in alto la sfera del divino, con i Santi, e al culmine il Cristo crocefisso sovrastato da Dio Padre, entrambi opposti alla morte.

“Lo schema della composizione è piramidale e culmina con la figura di Dio Padre. Tutti i personaggi si inseriscono in questo schema geometrico con monumentalità e compostezza e sono piene di riferimenti umani, molto veri. Si inseriscono armonicamente nell'architettura e seguono proporzioni perfette. Nonostante si dispongono secondo un ordine gerarchico, i personaggi sacri non sono più grandi, ma hanno le stesse dimensioni di quelli umani, rappresentati dai committenti, ritratti con grande fedeltà da Masaccio.”17 Le proporzioni simmetriche, le dimensioni e le distanze tra le figure e la presenza di due piani prospettici (uno dal basso per le architetture, e uno più rialzato per le figure umane) collocano perfettamente l'opera di Masaccio nella teoria albertiana del De Pictura. Anche per Leon Battista Alberti, infatti, il quadro è definito come “intersegazione di una piramide”:

“Sarà adunque pittura non altro che intersegazione della pirramide visiva sicondo data distanzia, posto il centro e constituiti i lumi, in una certa superficie con linee e colori artificioso representata.”18

L'Alberti convalida e organizza sul piano teorico, dettando i nuovi principi della pittura, ciò che Brunelleschi aveva già espresso a livello architettonico. La rappresentazione

17 Cocchi A., La Trinità, in “Geometrie Fluide”, Storia Dell'Arte, Rivista Web, 2012, in internet https://www.geometriefuide.com/pagina.asp?cat=masaccio&prod=trinita-masaccio

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pittorica è secondo Alberti una sezione della piramide visiva, dove il bordo del quadro, “il quadrangolo”, lo spazio su cui l'artista dipinge, è una “finesta aperta sul mondo”, cioè sul contenuto da rappresentare. Un telaio di legno costruito con fili tesi, che formano una rete quadrettata, costituisce il velo, il primo strumento prospettico ideato per costruire matematicamente e geometricamente tutte le “intersegazioni” della piramide visiva. Dipingere un quadro diventa così per il pittore un'opera di attenta costruzione prospettica spaziale, partendo dal “quadrangolo”, il piano di rappresentazione su cui si inserirà un “pavimento” a scacchiera, luogo geometrico misurabile con funzione di “sistemazione” degli oggetti da rappresentare e della posizione dell'osservatore.

Tra artista e dipinto si instaura tramite la costruzione prospettica così “inquadrata”, un profondo legame, (che i vari artisti interpretano in modi diversi), tra interno ed esterno del dipinto; un rapporto, inconscio o voluto, tra osservatore e scena, tra visibile e celato, tra luogo dell’immaginazione e realtà.

Con l'inquadratura l'artista può definire e collocare esattamente al giusto posto gli elementi della composizione, e in questo modo, precisa l'Alberti, la finestra pittorica non inquadrerà soltanto una scena, ma vedrà passare al suo interno la stessa historia, come ordinata successione degli eventi nel tempo, non come manifestazione di un disegno divino, ma come azioni liberamente determinate e ordinate dall'uomo:

"In prima nel dipingere la superficie faccio un quadrato grande, quanto mi piace d'anguli dritti: il quale mi serve per una finestra aperta, onde si possa vedere l'historia...”19

La costruzione prospettica albertiana del quadro come finestra sulla historia unisce così arte e visione di un mondo perfetto e ordinato, immateriale quanto immaginato, dove, come scrive Argan,

“Prospettiva e storia si integrano e insieme formano una concezione unitaria del mondo”20

Oltre allo spazio, anche il tempo entra così a far parte della rappresentazione pittorica intesa dall'Alberti come composizione prospettica, il tempo con la sua successione di eventi che scorrono dentro la “finestra” albertiana, tempo che corre anch'esso verso il

19 Bartolini L., a cura di, Alberti L. B., De Pictura, cit., ivi.

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punto di fuga che tuttavia non corrisponde all'infinito, ma al punto centrale e finale della prospettiva. Lo spazio prospettico del dipinto ha un inizio (l'osservatore, il pittore, l'uomo, che fornisce il suo punto di vista e crea la composizione) e una sua fine (il punto dove le linee convergono).

“Come sottolinea Daniel Arasse, Leon Battista Alberti e Piero della Francesca, rispettivamente nel “De pictura” e nel “De prospectiva pingendi”, si riferiscono alla prospettiva utilizzando il termine “commensuratio”, a sottolineare il fatto che la costruzione di proporzioni armoniche all’interno della composizione sia in funzione della distanza e quindi rapportata alla persona che guarda. Il punto di incontro delle linee ortogonali al piano della rappresentazione, il cosiddetto punto di fuga, suggerisce l’idea dell’infinito che entra all’interno della composizione. Tuttavia Daniel Arasse ritiene che Alberti considerasse il punto di fuga non come la rappresentazione dell’infinito su terra ma come il punto centrale, termine della prospettiva.” 21

Il mondo creato nella finestra-quadro e tutto ciò che esso narra e ispira, è quindi libera creazione umana. Allo stesso tempo la finestra-quadro protegge l'uomo, che rimane esterno agli eventi che scorrono sotto i suoi occhi.

“Per l'Alberti, la figurazione è finestra, qualcosa che accade al di là di una parete che ci esclude e protegge; solo così può essere storia.”22

Nel suo saggio del 1927, La prospettiva come forma simbolica, il critico d'arte e studioso tedesco Erwin Panofsky riconosce nella prospettiva rinascimentale uno strumento non tanto funzionale alla sistemazione e suddivisione tecnica dello spazio, ma atto a “connettere” l'ideale spirituale dell'uomo del Rinascimento alla realtà sensibile, una delle forme simboliche attraverso cui

“un particolare contenuto spirituale viene connesso a un concreto segno sensibile e intimamente identificato con questo.” 23

Panofsky indaga sulle origini storiche della costruzione prospettica, sulla sua applicazione nell’arte antica e sul differente utilizzo che ne fecero gli artisti quattrocenteschi. Gli studi di Panofsky mettono in luce che le idee di Brunelleschi e dell'Alberti non furono quindi delle “scoperte”, ma delle “riscoperte” delle teorie

21 Mongili M. L., Prospettiva e cartografia, un mondo a misura d'uomo, cit., ivi.

22 Argan C. G., Fagiolo M., Premessa all'Arte italiana, in AA.VV., Storia d'Italia, i caratteri originali, Torino, Einaudi, 1972, p.740. 23 Panofsky E., La prospettiva come forma simbolica, Abscondita, Milano, 2007, p. 24.

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prospettiche, che, seppur con diversa concezione dello spazio, erano già in atto nell'antichità. Anticamente, secondo lo storico d'arte tedesco, veniva utilizzato un sistema di rappresentazione secondo una “prospettiva curva con asse di fuga unico”24, corrispondente a una nozione della visione più vicina alla percezione reale e collegata all’idea di uno “spazio come entità discontinua”25. L’intuizione da parte dei quattrocenteschi toscani di utilizzare una costruzione prospettica con “punto di fuga unico” per le ortogonali al piano figurativo era, invece, sempre secondo Panofsky, il frutto di un’astrazione intellettuale derivata di una nozione di spazio “infinito e omogeneo”.

La finestra albertiana rappresenta il punto di svolta e la prima codificazione teorica di quell'idea di rappresentazione tridimensionale già presente precedentemente nell'arte toscana da almeno un secolo nelle varie produzioni artistiche.

La ricerca tridimensionale in realtà era stata oggetto di studi anche dell'arte antica, anche se in modo diverso, sia in pittura che nella scultura, per quanto riguarda la raffigurazione della figura umana ma anche per la composizione e la distribuzione degli spazi architettonici.

L'immagine della finestra non è presente solo nel trattato De Pictura, ma è ricorrente in tutto l'immaginario dell'Alberti espresso nelle altre sue opere, ed è collegata al mistero. Dalla finestra sulla historia nel De Pictura, alla finestrella aperta sul cielo che evoca la meditazione e la concentrazione visiva, alla finestra utilizzata come mito arcaico delle metamorfosi per calarsi in forma di edera alla conquista di una fanciulla, che al contrario della prima riporta alla passione carnale, attraverso le raffigurazioni della finestra presenti nelle opere De re aedificatoria e nel Momus, l'Alberti ci guida negli abissi della visione attraverso le tre “scene primarie” rispettivamente inquadrate: dalla finestra sulla historia, ovvero l'immaginario come specchio del visibile; dalla finestra sul cielo, il simbolico religioso; e dalla finestra sul mito arcaico, il reale oscuro delle pulsioni ataviche.

Siamo quindi in una dimensione che si spinge nell'irrazionale e nel sogno. La finestra inquadra una visione che non è solo visiva ma simbolica, aperta quindi anche sul

non-24 Ivi. 25 Ivi.

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visibile. Dopo l'Alberti,

“Nei successivi sei secoli la questione non muterà nelle sue linee fondamentali. Muteranno certamente le modalità di guardare dalla “finestra” nel cui perimetro il gesto pittorico si svolge; muteranno i paesaggi della pittura, le sue figure, i suoi piani, le masse di colore, le vedute ma la finestra resterà intatta, fino a divenire quasi invisibile, quasi fosse l’invisto della visione–intendendo con questo termine un analogo di quel che l’inconscio è per la coscienza.”26

La finestra “aperta su mondo e sulla historia” della concezione albertiana apre quindi scenari ben più ampi dei dati visibili rappresentati, e allo stesso tempo, come finestra effettivamente presente nei dipinti in funzione di elemento architettonico e di apertura che fa entrare luce e paesaggio, trait d'union fra esterno e interno, evoca allo stesso tempo quei profondi mutamenti psicologici, sociali e di costume che coinvolgono la questione femminile oggetto della nostra rifessione. L'Arte, e la pittura in particolare, rifettono, coinvolgono e in una certa misura stimolano tali cambiamenti, e anche se la questione specifica non è trattata nell'opera di Alberti, tuttavia la “rivoluzione” estetica e filosofica rinascimentale agirà in modi diretti e indiretti anche sull'evoluzione e sulla trasformazione dell'immagine e del ruolo della donna dal 1400 in poi. La finestra come dispositivo ottico per guardare, ma anche come apertura per svelare l'invisibile, per inaugurare un nuovo rapporto tra osservatore e scena, dentro e fuori, immaginario e reale...un passaggio dapprima appena accennato, ma poi sempre più ampio e percorribile, da cui passerà lentamente ma a pieno diritto anche la donna, non più figura relegata in ruoli prestabiliti e schematici né asservita al simbolismo religioso, ma in un certo senso partecipe della figura vitruviana, rapportata come l'uomo alle proporzioni, alle distanze, inclusa nelle prospettive e nel movimento del mondo reale e rappresentato.

Quanto alla concezione della donna e alla configurazione del suo ruolo nella società, Leon Battista Alberti, considerato per molti aspetti un precursore della modernità e di una nuova etica liberatoria, affrancata dalla morale cristiana, rimane in realtà un misogino.

Nella sua opera De Familia colloca sì la donna al centro, ma depositaria di quelle “doti” morali che la mantengono in uno stato di assoluta sudditanza al marito, impegnata nei

26 Ferrari F., Della Finestra, saggio, in De Marco F., Stella, catalogo della mostra, Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Maretti Editore, San Marino, 2014, p. 16.

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ruoli di moglie fedele, madre e casalinga, chiusa nell'ambito delle faccende domestiche. Esalta nella donna le doti di dignità, discrezione, passività, onestà, silenzio. Consiglia che la donna esca di casa solo col marito e mai da sola. Raccomanda perfino che non venga istruita, considerando l'istruzione un pericoloso strumento nelle mani femminili. In Momus la donna è presentata nella sua natura di femmina tentatrice, potenziale rovina dell'uomo sul quale esercita sempre e comunque un infusso nefasto.

“Quando l’umanista fiorentino Vespasiano da Bisticci lodava Alessandra de’ Bardi per la sua castità e il suo riserbo, notava con co mpiacim ento che raram ente la si ve deva affacciata alla fin e stra o su lla porta. Allo stesso modo Leon Battista Alberti, nei suoi Libri della famiglia, risalenti agli anni Trenta del XV secolo, costruisce una conversazione tra d u e m e m b r i d e l la p r o p r i a f a m i g l i a i n c u i u n o ra c c o m a n d a : « D i f e n d a la donna serrata in casa le cose e sé stessi con ozio, timore e suspizione». Come ha mostrato Mark Wigley, Alberti riteneva che l’architettura domestica avesse anche la funzione di proteggere i diritti genealogici del marito e il suo senso dell’onore isolando la moglie dagli altri uomini.”27

Tutto ciò a dimostrazione che l'evoluzione del pensiero e delle idee che definiscono le “rivoluzioni” epocali in senso artistico, politico e culturale, non necessariamente, anzi quasi mai portano con loro anche l'avanzamento della condizione femminile, che si fa strada faticosamente nella Storia, con alti e bassi e spesso, purtroppo, anche con regressi e perdita di posizioni e di conquiste che sembravano raggiunte.

27 Wolfthal D., La donna alla finestra: desiderio sessuale lecito e illecito nell'Italia rinascimentale, in Sesso nel Rinascimento, Le Lettere, Firenze, 2009, p. 59.

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I,3

La finestra nella pittura rinascimentale e seicentesca. Dalla

prospettiva architettonica a prospettive psicologiche e sociali per

la donna.

L'apertura al mondo “ufficializzata” dall'Alberti ha un riscontro immediato in pittura, dove la finestra dipinta si mostra, in scenari e affacci, in forme e significati diversi che hanno un andamento dapprima “vedutistico” per poi diventare sempre più “sociale”.

Come viene rappresentata la finestra nelle pittura rinascimentale? In che modo coinvolge la figura femminile e assume un iniziale ruolo liberatorio e disvelante? Quali artisti possiamo considerare emblematici nella raffigurazione della finestra, e soprattutto del rapporto donna-finestra nella pittura rinascimentale?

Intanto conviene ricordare che ogni espressione artistica è strettamente collegata al contesto economico e storico-culturale di un'epoca, e nel Rinascimento un tratto importante che determina una “nuova estetica” e un mutamento di sensibilità è l'esigenza di rappresentare la totalità di una visione reale ed equilibrata del mondo.

“L'arte del Rinascimento deve soprattutto a questa unitarietà della rappresentazione l'effetto di totalità, cioè l'apparenza di un mondo naturale, equilibrato, autonomo, e quindi la sua maggior verità rispetto al Medioevo. L'evidenza della rappresentazione, la sua verosimiglianza, la sua forza di persuasione risiedono anche qui -come spesso avviene- nell'intima logica dell'immagine, nella concordanza di tutti gli elementi, ben più che nella loro corrispondenza con la realtà esteriore.”28

Questa esigenza che potremmo definire “razionalistica”, scaturisce dai profondi cambiamenti in atto riferiti allo sviluppo economico e sociale specialmente in Italia. Qui infatti molteplici fattori -la rinascita economica, l'avanzamento dell'organizzazione dei finanziamenti e dei trasporti attuati per muovere la grande macchina delle Crociate, lo sviluppo della libera concorrenza rispetto al corporativismo medioevale, la nascita delle prime banche e l'emergere della borghesia urbana- fanno sì che proprio in Italia si affermi una nuova cultura artistica, rispetto a quella europea, un'arte che

“(...)unitariamente concepita anticipa il classicismo rinascimentale, come anticipa

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l'evoluzione capitalistica dell'Occidente con il suo razionalismo economico.”29

Il generale processo di razionalizzazione porta all'individuazione anche nella pittura di parametri razionali tesi a fissare delle regole vere e proprie con la prospettiva, con la ricerca dell'unità coerente dello spazio e delle figure, con la cura delle proporzioni, per la creazione di una composizione dove il Bello corrisponde all'ordinato rapporto armonico tra il tutto e le parti.

In questa ordinata armonia, la finestra detta aperture e limiti, distingue il fuori dal dentro controllando matematicamente anche le emozioni e la stessa luce, che illumina un mondo paesaggistico ma anche intimistico, dove si rifette l'ideale borghese di equilibrio. Inizialmente, la finestra è un ritaglio con funzione di veduta: serve a portare il paesaggio all'interno, la Natura nella Cultura, e allo stesso tempo le unisce e le distingue, assegnando a ognuna il suo posto.

Esemplificativa in questo senso è l'opera di Tiziano Venere con organista e cagnolino, del 1550, dove l'apertura/finestra a sinistra del dipinto, più che una finestra è un'apertura

sul paesaggio, utile anche a conferire profondità. Il punto di fuga è collocato all'esterno, l'osservatore “vede” quello che il pittore vuole porre alla sua attenzione, quindi l'apertura/finestra diventa quel “dispositivo ottico” necessario a concentrare la visione su una determinata porzione di spazio, spazio a sua volta organizzato matematicamente secondo precisi criteri compositivi.

Anche nella Annunciazione di Lorenzo Di Credi (1480), vediamo prevalere il ruolo della finestra come organizzazione dello spazio e del punto prospettico: la veduta in senso di visione dell'ordine e dell'armonia, e questo significato, che impronterà tutta la pittura cinquecentesca riguardo alla finestra, si accompagna a quello dell'unione/cesura (ma solo paesaggistica e non ancora psicologica) tra interno ed esterno, alla ricerca soprattutto di ordine e organizzazione spaziale, ma già appare una più libera soggettività e corporeità della figura umana rispetto al passato, un corpo distinto dagli elementi paesaggistici e naturalistici, ma da essi contornato a formare una composizione armonica.

Stessa cosa nel quadro dipinto nel 1473 da Pietro Perugino, S. Bernardino risana una

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fanciulla, in cui la finestra centrale e molto ampia, quasi un arco, è funzionale esclusivamente a fissare un punto di fuga esterno su cui organizzare la suddivisione dello spazio prospettico su cui costruire la perfetta simmetria piramidale dei personaggi. Il senso della finestra come limite, fisico ma anche psicologico, tra privato e pubblico, si fa strada tra la fine del '500 e il '600. Nel 1600, la finestra non è più solo metafora spaziale, ma diventa metafora sociale e psicologica, in accordo con l'evoluzione del concetto di dimensione privata distinta da quella pubblica. Tutti quei caratteri che danno inizio all'Età Moderna: l'avanzamento delle Scienze, le conquiste geografiche, l'evoluzione degli scambi, e quindi dell'economia e del mercato, portano a una sempre maggior distinzione tra la sfera privata e la sfera pubblica. La finestra può essere aperta e chiusa, diventando simbolo di socializzazione, contatto, comunicazione, oppure può proteggere e celare dall'altrui vista i propri beni e la propria intimità.

E' proprio su questo nuovo concetto di intimità che si giocano i sottili cambiamenti di ruolo della figura femminile sia all'interno dell'ambito familiare che nel rapporto con l'esterno. Intimo, cioè interno, “dentro”, una dimensione sconosciuta in epoche dove anche il privato era gestito dal Signore, da chi aveva in mano le sorti dei sudditi (si pensi allo ius primae noctis). Intimo come lento riconoscimento del diritto della donna ad avere emozioni e a pensare in proprio. Intimità legata sì al concetto di proprietà materiale (la donna come un bene oggettivato), ma che inizia anche ad assumere valenze psicologiche di un posto (la casa, la famiglia), dove trovare una dimensione, volendo, libera da ingerenze esterne.

La donna alla finestra viene tuttavia ostacolata per tutto il Rinascimento, ritenendo disdicevole mostrarsi liberamente ai passanti, cosa che avrebbe messo a rischio l'autorevolezza dell'uomo e la moralità della figlia o moglie.

“Le finestre erano messe in relazione anche alla riservatezza, una preoccupazione sempre più presente in Europa alla fine del Medioevo e all’inizio dell’era moderna. Chi poteva permetterselo comprava imposte, persiane o “fenestre “impannate” p e r p r o te g g e r s i d a g l i s g u a r d i i n d i s c r e t i d e i p a s s a nt i , mentre gli ebrei nei ghetti erano costretti a sigillare le finestre per preservare l’intimità dei cristiani. Le finestre aperte divennero collegate allo spazio pubblico della strada....Le donne che si mostravano in pubblico affacciandosi a porte e finestre o avventurandosi fuori

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casa erano spesso considerate di valore inferiore alle donne “per bene” che accettavano la clausura, in casa o in convento.”30

Certo che il ruolo della donna, dal 1600 in poi, assume nuova rilevanza nella gestione dell'economia familiare in termini non più limitati alla cura, all'assistenza e alla preparazione del cibo. La donna diventa partecipe e spesso consigliera e “socia” delle attività affaristiche e commerciali del marito, del padre o dei fratelli. Diventa necessario che sappia comunicare, leggere, scrivere e far di conto. Non si deve dimenticare che il 1600 è anche il secolo di sviluppo e diffusione della stampa, e questo comporta che il libro entri gradualmente nelle case, specialmente nelle dimore nobili e borghesi. Appare sempre più spesso nei dipinti la donna che legge o che scrive. La finestra in queste opere ha il ruolo fondamentale di illuminare, e all'evoluzione del ruolo della donna, primariamente dentro casa, si accompagna la luce, che metaforicamente allude all'ingresso della cultura e del mondo esterno che irrompe illuminando gli angoli bui. La finestra come limite tra privato e pubblico rivela quindi la vita intima, con i suoi aspetti psicologici, sessuali, affettivi, giocosi o tragici: la figura umana (anche femminile), appare nella sua realtà, non più occasione di contrappunto al paesaggio o con finalità puramente estetiche e decorative, né con intenti religiosi o mitologico-letterari. E' un'umanità, quella che il pittore raffigura affacciata alla finestra o all'interno della casa, mostrata nella vita quotidiana, nell'intimità, impegnata in faccende domestiche o semplicemente assorta in altre “nuove” attività (nuove per la donna), come la lettura, la scrittura, la musica, l'arte...

I nuovi committenti dei dipinti sono i ricchi borghesi, commercianti e mercanti, quella classe di nuovi dirigenti che prosperava in Europa, e non è un caso che proprio nei dipinti dei pittori olandesi Jan Vermeer e Pieter De Hooch si trovino tutti questi caratteri, con le figure femminili centrali in questo ambito del privato, spesso associate alla finestra e ai punti di apertura e di passaggio tra interno ed esterno, a significare comunicazione, movimento, rapporto tra privato e pubblico.

Per la donna il regno è ancora l'interno della casa. Viene raffigurata nella tranquillità delle mura domestiche, nel privato che esprime sicurezza contrapposto al “pubblico”

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comunque ancora alieno e ambiguo, pericoloso per l'uscita in totale libertà, ma c'è una novità: pur nella dimensione intima e domestica, la donna non prega e non svolge esclusivamente lavori femminili. Usa la finestra per affacciarsi, per avere la luce necessaria alla lettura, riceve amici bevendo e conversando, scrive lettere, suona e dipinge. Metaforicamente, le finestre del Vermeer e De Hooch fanno entrare la luce dell'evoluzione, illuminano un mondo fino ad allora segreto in cui la donna era confinata senza speranza di uscita, una donna alla quale viene finalmente riconosciuto il diritto all'espressione intellettuale e all'accesso alla cultura e al contatto (sia pure limitato) col mondo esterno.

Questo mostrano i dipinti, per esempio, del Soldato con ragazza sorridente (Vermeer 1658) o, della contemporanea Donna che beve con due uomini e una servetta di De Hooch. In queste due opere le figure femminili si comportano liberamente e appaiono naturalmente sorridenti e rilassate in un contesto di apparente parità con l'uomo. Stessa cosa nella Donna che pesa l'oro (De Hooch, 1664), e nel dipinto di Vermeer Donna che scrive una lettera alla presenza della domestica, 1670-71, o, sempre di Vermeer, la Suonatrice di liuto, del 1664, che mostrano le protagoniste attive in compiti non propriamente domestici, e le raffigurano sempre accanto a una finestra, da cui entra la luce. La donna in questi dipinti guarda spesso la finestra, con espressione curiosa e felice, come attratta dalla luce e quindi dall'esterno, e altrettanto frequenti sono le carte geografiche appese alle pareti, a simboleggiare un'altra “finestra”: l'apertura al mondo, alla conoscenza, all'esplorazione dell'ignoto, sogno-realtà in cui la donna inizia a essere presente e non più estranea.

Altra opera-simbolo è L'allegra famiglia dell'olandese J. Steen (1668), in cui tutti i commensali, uomini e donne, animali compresi, gioiscono e si divertono allo stesso modo, cantando, suonando e bevendo, mentre dalla finestra aperta si affaccia qualcuno arrivato da fuori, che si unisce all'allegria generale.

Finestra limite, ma anche finestra portatrice di contatti e di positività, in un momento storico ed economico di evidente ottimismo e fioritura di relativo benessere, pur nelle contraddizioni e differenze da zona a zona e tra le classi sociali, non tutte partecipi dell'agiatezza e dell'allegria.

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A differenza del resto dell'Europa seicentesca dove prevale la pittura barocca, quella olandese e fiamminga si distingue per il suo verismo, perché espressione di una società che ama e rispetta l'ambito della naturale vita quotidiana, arrivando a “sacralizzare” la quotidianità, dove le azioni più semplici e normali acquistano una loro liturgia, come le scene casalinghe e conviviali rappresentate nelle pitture, che mostrano la dimensione privata come cosa sacra, dove non è accettata nessuna interferenza politica o religiosa, dove il borghese è signore e padrone e dove si affermano con forza i diritti fondamentali della proprietà privata, dell'inviolabilità del proprio corpo, della libertà di parola e di pensiero, tutti diritti maturati con l'evolversi del libero scambio e della libera circolazione.

La volontà di mostrare o non mostrare il privato, aprendo e chiudendo le finestre, sistemi quindi ambigui di comunicazione, è anch'essa intesa come un diritto, e porta alla luce tutti quegli aspetti psicologici legati anche alla sfera affettivo-sessuale: la finestra diventa occasione di sguardi maliziosi, di offerte più o meno esplicite, di incontri di sguardi, di serenate, di litigi...

Un valido esempio in questo senso (anche se si tratta di un pittore barocco con molte infuenze mutuate comunque dal verismo olandese e dal caravaggismo spagnolo), è l'opera Donne alla finestra (circa 1665), dello spagnolo Esteban Murillo, che raffigura due popolane, forse prostitute, affacciate alla finestra e impegnate in un gioco di sguardi maliziosi che sembrano offrire promesse ai passanti.

Dal punto di vista dell'emancipazione sessuale della donna, il Rinascimento in realtà non registrò dei progressi, e in rapporto proprio al binomio donna/finestra, si nota come si rafforzasse ancor di più il divario tra donna perbene e donna di facili costumi. Come abbiamo già accennato, simbolicamente finestre e porte di una casa, se paragoniamo la casa al corpo femminile, costituiscono gli orifizi, quindi gli accessi alla possibile violazione della verginità, cioè della proprietà privata della donna, come di un qualsiasi oggetto, da parte dell'uomo, padre o marito che sia. E anche nel Rinascimento continuò in Italia l'uso di sporcare le porte e le finestre per “segnalare” la disonestà della donna che viveva in quella casa, offendendo il marito. Alla finestra si affacciavano le prostitute, quelle donne che mostrandosi facevano offerta di sé ai passanti. Con qualche eccezione

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in particolari momenti dell'anno, come il carnevale, quando alle donne era permesso di affacciarsi e di partecipare da lontano ad ammiccamenti e giochi erotici anche allusivi e pesanti, oppure durante il corteggiamento, se questo doveva preludere al matrimonio. “Ignorando gli strali dei moralisti, gli amanti dell'Italia rinascimentale adottarono la finestra come spazio principale per i rituali del corteggiamento. In un momento di passaggio della loro vita – dall’infanzia al matrimonio – le donne avevano il permesso di mettere in atto le stesse strategie delle prostitute e occupare uno spazio e un atteggiamento che in altri momenti della loro esistenza le avrebbero fatte oggetto di una severa censura.”31

Anche la ritrattistica rinascimentale mostra nobildonne alla finestra o in prossimità di essa o sui balconi, ma probabilmente questo era associato a momenti particolari, come il matrimonio, e gli atteggiamenti non alludevano alla malizia o all'offerta sessuale, quindi molto distanti dai dipinti che mostravano prostitute alla finestra. In questi ritratti la donna è raffigurata poeticamente, in linea con l'ideale dell'amor cortese, o in pose severe, lontana comunque da intenti comunicativi.

L'esibizione allusiva o esplicita degli sguardi, dei sorrisi e dei corpi delle prostitute alla finestra nel Rinascimento fino al Seicento non costituiva un elemento di emancipazione, lasciando la donna nel suo stato di mercificazione, oggetto da vendere, opposto alla “donna perbene” che rimaneva in una diversa ma analoga e speculare condizione di schiavitù, comunque oggetto da possedere e conservare non mostrandolo se non per volontà dell'uomo, senza possibilità di iniziativa propria.

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CAP. II GLI STRUMENTI DELL'EMANCIPAZIONE FEMMINILE RAPPRESENTATI NELLA PITTURA

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