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RISOCIALIZZAZIONE DEI MINORI RISTRETTI E RISPOSTE ISTITUZIONALI ALLO SVANTAGGIO SOCIALE DEL DETENUTO

Giovani adulti nell'anno

CAPITOLO 2 RISOCIALIZZAZIONE DEI MINORI RISTRETTI E RISPOSTE ISTITUZIONALI ALLO SVANTAGGIO SOCIALE DEL DETENUTO

Una ricerca sociologica che si prefigge l’obiettivo di un confronto fra quanto affermato su di un piano teorico-normativo e quanto realizzato sul piano pratico-applicativo, nonché tesa ad eventuali soluzioni interpretative di carattere correttivo, assume particolare rilevanza in quei campi del diritto e del sociale in cui sono in gioco interessi primari della persona umana quali: il diritto alla libertà personale (art. 13 Cost.), il diritto ad una sanzione penale rispettosa del senso di umanità e tendenzialmente orientata alla rieducazione del condannato (art. 27 Cost. comma 3), il diritto allo studio (art. 34 Cost.) e infine il diritto al lavoro (art. 4 Cost.) quale mezzo fondamentale di garanzia di un’esistenza libera e dignitosa (art. 36 Cost.), nonché quale funzione attraverso cui il titolare del diritto concorre al progresso materiale e spirituale della società (art. 4 Cost.). Con riferimento a tali diritti, l’importanza di una verifica della corrispondenza fra gli enunciati normativi e i risultati concretamente perseguiti e perseguibili è giustificabile sulla base del presupposto che tanto più grande è lo scarto fra norma e sua applicazione pratica, tanto minore sarà il soddisfacimento di diritti enunciati come fondamentali ed inviolabili a livello normativo. Pertanto se non si vogliono ridurre i diritti fondamentali a mere enunciazioni normative prive di effettività, sono necessari adeguati strumenti di tutela che ne garantiscano l’attuazione, soprattutto per quanto concerne l’utenza minorile detenuta, che appartiene ad una categoria residuale con problematiche complesse ed in continuo cambiamento.

A questo proposito, la tematica della formazione e del lavoro in carcere dev’essere esaminata non solo sotto il profilo giurisdizionale, a seguito dell’applicazione in concreto della norma stessa, ma soprattutto in relazione alla realtà della praxis e cioè allo sviluppo delle competenze occupazionali, al fine di rilevare gli eventuali ostacoli o difetti che si frappongono tra teoria e pratica.

In questo capitolo, ci si concentrerà sommariamente sulla disamina della disciplina legislativa in materia di istruzione, formazione culturale-professionale e lavoro in carcere, contenuta in particolare nella legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) e nel relativo regolamento di attuazione (D.P.R. 230 del 2000), con confronto alla normativa internazionale e comunitaria, e a quanto contemplato dal dettato costituzionale. Si passerà poi alla realtà degli istituti penali minorili italiani, soffermandosi sull’effettività della normativa, sulle iniziative intraprese negli IPM e sul loro funzionamento concreto, per individuare eventuali criticità del trattamento proposto: dall’idoneità e adeguatezza strutturale degli istituti ad ospitare le attività trattamentali, all’adattabilità delle regole di carceraria rispetto alle esigenze di formazione, lavoro, ecc.

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Istruzione, formazione e lavoro in carcere sono alcuni degli elementi principali del trattamento rieducativo e risocializzante (art. 15 legge n. 354/1975): l’istruzione, in quanto strumento fondamentale per la formazione scolastica e professionale e per promuovere lo sviluppo della personalità attraverso nuovi interessi; i percorsi formativi quali opportunità di crescita di competenze e capacità professionali per il successo occupazionale e l’inserimento nel mondo del lavoro; l’accesso ai percorsi di transizione al lavoro quale opportunità di promozione sociale e corollario della dignità umana (Ministero della Giustizia 2014c). Inoltre, la formazione interna al carcere, intesa nella sua globalità (culturale, scolastica, educativa, professionale) insieme alle altre attività trattamentali (espressive, ricreative e sportive), nonché l’agevolazione di opportuni contatti con il mondo esterno, sono propedeutici al reinserimento sociale e occupazionale dei detenuti, oltre che presupposto fondamentale per l’acquisizione dell’autonomia personale e il conseguente abbandono del circuito dell’illegalità (Ministero della Giustizia 2014c).

A partire da queste considerazioni, l’analisi esplorativa presentata in questo capitolo, vuole rilevare la condizione attuale della formazione culturale e professionale negli IPM italiani,ed in particolare se essa venga contemplata innanzitutto come diritto costituzionale e quale elemento del trattamento penitenziario, cioè come effettiva opportunità di rieducazione e risocializzazione dei minori internati (art.15 ord. pen.). Allo stesso modo si intende rilevare la condizione del lavoro penitenziario come veicolo di reinserimento socio-lavorativo dei detenuti.

L’intento finale è duplice: verificare se le enunciazioni del legislatore siano effettivamente sufficienti ad assicurare il soddisfacimento del diritto-dovere dei giovani adulti detenuti (18-25 anni) a svolgere un’attività lavorativa intramoenia43, e valutare l’impatto della formazione culturale

e professionale sulla possibilità dei minorenni e giovani adulti detenuti di trovare lavoro una volta concluso il periodo in detenzione. In aggiunta, si vuole porre l’attenzione sui possibili miglioramenti che occorre apportare al trattamento formativo e all’organizzazione del lavoro, tentando l’individuazione e la valutazione di quelle “buone prassi”, dalla riduzione o abolizione della prigione in vista di pratiche realmente risocializzanti e rispettose dei diritti e della dignità di tutti, a riforme che attualmente vengono ritenute più consone a contrastare gli effetti deleteri della carcerazione e a raggiungere l’obiettivo del reinserimento sociale dei minorenni che hanno commesso reati (quali l’utilizzo del web in carcere, la modifica delle strutture architettoniche, la rigenerazione motivazionale e professionale nello staff penitenziario, ecc.).

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La finalità generale che deve perseguire il Ministero della Giustizia Minorile è il superamento di processi di esclusione sociale dei minori sottoposti a provvedimenti penali, e il perseguimento di obiettivi di sicurezza sociale attraverso la loro diretta partecipazione ad opportunità formative ed occupazionali legali, per consentire loro il raggiungimento di una condizione di cittadinanza piena nel godimento dei diritti e nell’osservanza dei doveri (Ministero della Giustizia 2014c).

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Infine, attraverso una rassegna delle attività e dei progetti europei e nazionali esistenti sulla questione dell’educazione e delle competenze di base che favoriscono l’occupabilità dei giovani trasgressori, si intende verificare se il carcere come struttura non più punitiva, ma finalizzata alla rieducazione e alla riabilitazione del detenuto, offra servizi e supporti strutturali (reti sociali e partenariati) realmente efficaci per il reinserimento sociale e lavorativo dei giovani detenuti.