L'obiettivo presentato all’inizio di questo lavoro era indagare quali siano state e quali siano le varietà di italiano e le modalità del suo insegnamento veicolate dai testi scolastici negli ultimi cento anni, e come si sia evoluto il loro rapporto con la realtà linguistica degli apprendenti. È stato necessario non solo conoscere l’evoluzione della grammaticografia italiana, ma anche e soprattutto analizzare la fonte primaria, il libro di grammatica in tutte le sue componenti. Le grammatiche costitutive del campione selezionato sono state divise in due gruppi cronologicamente distinti dalla data del 1968; una data simbolica e forse convenzionale, ma che aiuta a collocare le origini di un cambiamento alla fine degli anni '60, dopo la pubblicazione della Storia linguistica
dell'Italia unita833 e dopo il lavoro della Scuola di Barbiana. L’analisi (basata su titolo;
prefazione; spazio dedicato a fonologia, morfologia, sintassi, semiologia, variabilità, lessico, testualità; ordine di trattazione di questi argomenti; rapporto con la norma e grado di apertura all'uso; esercizi) ha fatto emergere alcuni degli obiettivi principali dei testi, il modello di lingua offerto e l'ideologia linguistica di chi li ha scritti, il rapporto tra il materiale linguistico proposto e quello a cui l'apprendente era ed è esposto nella quotidianità, la coerenza interna del testo e, non ultima, la sua efficacia.
"La particolare natura dell'italiano, complessa mescolanza di lingua letteraria e dialetti, non sufficientemente strutturato o standardizzato per consentire metodi d'indagine e di descrizione fondati su principi di carattere generale"834 è il fondamento
sia della questione della lingua sia di quella, collaterale, della grammatica:835 un fil
rouge che unisce tutta la tradizione grammaticografica italiana, pur nella sua
complessità. Nel corso del Novecento questo tipo di testo – in particolare, quello di destinazione scolastica – è stato caratterizzato, più che da un'evoluzione, da un'immobilità di fondo. La resistenza al rinnovamento più profondo sembra essere la diretta conseguenza di una comunicazione non completa tra il mondo della ricerca
833 DE MAURO 2011. 834 PATOTA 1993: 126. 835 Cfr. ibidem.
160 linguistica e quello della pratica scolastica,836 mentre le novità rimangono a livello di
superficie. I titoli, le presentazioni e i contenuti accessori hanno perso, nei testi editi dopo il 1968, il carattere retorico (le "incrostazioni pedantesche"837) che a lungo li ha contraddistinti; le prefazioni si sono notevolmente snellite, perdendo gran parte del loro carattere impressionistico; anche lo spazio impegnato dai testi d’autore è diminuito significativamente, o è stato impiegato in modo innovativo,838 sancendo l'autonomia dell'insegnamento della lingua da quello della letteratura.
Dall'altro lato, tuttavia, le basi della teoria e degli esercizi sono rimaste, se non sostanzialmente invariate, comunque saldamente legate alla tradizione. Hanno continuato a prevalere l’interesse per la lingua scritta piuttosto che parlata839 e il
disinteresse nei confronti della variabilità: insomma, la persuasione che l'obiettivo della grammatica sia quello di "tutelare la buona lingua" non è ancora stata abbandonata in àmbito scolastico.840
La conservatività silenziosa dei testi è osservabile sia nella riproposizione dell’ordine tradizionale seguito nel presentare gli argomenti (dal “piccolo” al “grande”: fonologia, morfologia, sintassi) sia nella maggiore attenzione rivolta alla morfologia, seguita dalla sintassi e, per ultima, dalla fonologia, fermo restando il pressoché totale disinteresse nei confronti del lessico. Il cambiamento più radicale consiste nell’eliminazione dalla grammatica della sezione dedicata esclusivamente alla letteratura, oggi trattata separatamente nelle antologie e nei manuali;841 a questo taglio, tuttavia, non ha corrisposto uno snellimento del testo, il quale ha, al contrario, aumentato le proprie dimensioni nel corso dei decenni: si sono via via aggiunte, infatti,
836 In che rapporto stiano i due mondi è argomento di discussione da decenni, e non solo per quanto
riguarda la didattica dell'italiano; era il 1968 quando Noam Chomsky scrisse "Io penso che dalla nostra conoscenza dell'organizzazione della lingua e dei principi che determinano la sua struttura non si possa costruire direttamente un programma didattico. Possiamo solo suggerire che un programma didattico sia concepito in modo da dare libero gioco a quei principi creativi che gli esseri umani utilizzano nel processo dell'apprendimento linguistico". (CHOMSKY 1968: 690).
837 RENZI 2008: 212.
838 Come ne La grammatica dal testo di Maria Luisa Altieri Biagi, edito da Mursia, Milano, 1987. 839 Per "l'atteggiamento di estrema schifiltosità che le nostre grammatiche continuano ad avere per la
lingua parlata" si vedaBERRUTO (1979: 129-130). Fin dai programmi del 1905, ai quali si ispirano i primi
testi del nostro corpus, nella scuola è negata ogni specificità alla lingua parlata, considerata solo come una preparazione alla scrittura (cfr. DE BLASI 1997: 55-56). Nonostante l'avvenuto riconoscimento, nell'àmbito dell'educazione linguistica, del carattere di primarietà del parlato rispetto allo scritto (BERTOCCHI et al., 1986: 155), alle soglie del nuovo millennio «L'insegnamento delle abilità orali non ha
una tradizione consolidata nella scuola italiana» (BRASCA-RAVIZZA 2000: 114).
840 A questo proposito si vedano le considerazioni in CALÒ-FERRERI (1997: 7-9).
841 La letteratura continua ad essere trattata nei testi grammaticali, sia nelle sezioni dedicate al testo
narrativo e poetico, sia negli esempi e negli esercizi; la scelta di utilizzare materiale letterario è auspicabile, a patto che questo sia opportunamente selezionato e contestualizzato.
161 nuove sezioni, tra le quali spiccano quella dedicata ai fondamenti della linguistica e della storia della lingua italiana. Che sono, per l’appunto, aggiunte, più che vere modifiche: la linguistica, che nei titoli e negli intenti è protagonista di gran parte delle grammatiche edite a partire dagli anni settanta del secolo scorso, di fatto non è entrata a far parte della trattazione ma le si è affiancata. Nel merito, un esempio eloquente riguarda l’inventariamento e la descrizione dei pronomi personali soggetto: per quanto nei testi più recenti sia presente una sezione rivolta alla storia della lingua e ai suoi registri, le grammatiche continuano a proporre le forme egli, ella, essi nelle tabelle per la coniugazione dei verbi e nelle frasi, anche informali, contenute negli esempi e negli esercizi. Un altro punto critico, sempre relativo all’uso del pronomi personali, è quello relativo alla forma dativale gli usata al posto di loro per il plurale: i testi, senza che ci sia soluzione di continuità tra quelli editi prima e dopo il 1968, si dividono tra quelli in cui si accetta la forma, quelli in cui la si classifica come familiare e quelli in cui la si condanna.
L'analisi delle attività, là dove presenti, ha messo in luce gli aspetti della lingua privilegiati dai testi e le abilità che questi puntano a sviluppare, dimostrando che il loro obiettivo prioritario non è tanto il raggiungimento di una buona competenza nell’uso della lingua, ma la capacità di analizzare materiali linguistici, individuare categorie e sottocategorie, memorizzare definizioni.842 La reiterata riproposizione di analisi
grammaticale, logica e del periodo, le quali hanno un ruolo predominante in tutti gli ordini di scuola, ne è la dimostrazione, così come l’insistenza sugli esercizi di correzione rivela l’immutata funzione censoria delle esercitazioni nel testo grammaticale. Né risulta abbandonato l’atteggiamento repressivo nei confronti delle forme del parlato informale, spesso censurate in appositi approfondimenti e/o negli esercizi di correzione.843
Le grammatiche continuano a proporre un'immagine in parte falsata della lingua in cui esisterebbero da un lato regole applicate rigidamente e dall'altro usi "errati" che vanno sanzionati (ma che i parlanti continuano a riprodurre). [...] Per le grammatiche scolastiche il compito primario dell'educazione linguistica resta
842 Cfr. BERRETTA 1978a: 64. Per una breve ed esaustiva storia di "questo modo di fare grammatica a
scuola", che "affonda le sue radici nel nostro passato", rimando a LO DUCA (2004: 13-17) e alla bibliografia ivi indicata.
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soprattutto la descrizione e prescrizione di una norma e non l'acquisizione di una più complessa e ampia competenza comunicativa.844
Benché il modello linguistico proposto sia ancora quello formale (o meglio “scolastico”), nelle grammatiche più recenti entra comunque, forse al di là delle stesse intenzioni degli autori, una lingua più vicina a quella quotidiana. In particolare, scompaiono i toscanismi: le oscillazioni nell’uso del dittongo e del monottongo, l’utilizzo dell’articolo determinativo con i nomi propri femminili, il tipo noi s’era.845
Restano, tuttavia, ampiamente utilizzate due forme regionali marcatamente toscane: il sostantivo babbo e il dimostrativo codesto.