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Rivoluzione Francese, diritti dell’uomo ed il principio di sovranità.

CAP 2. IL CONCETTO DI SOVRANITÀ ED IL SUO TACITO PROCESSO DI RELATIVIZZAZIONE.

2.1. La sovranità e la formazione dello Stato moderno europeo.

2.1.3. Rivoluzione Francese, diritti dell’uomo ed il principio di sovranità.

Non solo la libertà individuale era sconosciuta nel medioevo, ma anche la libertà del sovrano non aveva ancora una precisa concezione teorico-filosofica. L’inizio della modernità rappresentò la difesa della libertà del sovrano dagli altri poteri che con lui concorrevano, mentre l’emancipazione dell’individuo si succederebbe parallelamente – ed in secondo piano – a quel processo.196 Però, è importante riferire che il periodo delle rivoluzioni (Settecento e Ottocento) ha dato inizio all’età dei diritti – così denominata da Bobbio –, facendo in modo che i diritti del sovrano passassero a concorrere con i diritti dell’individuo e, di conseguenza, creando il bisogno di riformulazioni per quanto riguarda il concetto di sovranità.197

193

Maurizio Fioravanti, Stato e costituzione. Materiali per una storia delle dottrine costituzionali, Torino, Giappichelli, 1993, p. 160.

194

J.J. Rousseau, op. cit., p. 190.

195

Ibidem, p. 191.

196

Bertrand de Jouvenel, op. cit., p. 240.

197

“Concezione individualistica significa che prima viene l’individuo, si badi, l’individuo singolo, che ha valore di per sé stesso, e poi viene lo stato e non viceversa, anzi, per citare il famoso articolo 2 della Dichiarazione dell’89, la conservazione dei diritti naturali e imprescrittibili dell’uomo è ‘lo scopo di ogni associazione politica”. Norberto Bobbio, L’età dei diritti, Torino, Einaudi, 1997, p. 59.

L’avvenimento della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino198, il 26 agosto 1789, in particolare il suo art. 3, ha prodotto l’affermazione di un’idea di Stato-nazione basato e legittimato soltanto dalla volontà generale del popolo, la quale si racchiudeva in un ente immateriale chiamato nazione. Con l’idea che il potere è emanazione del popolo ed è limitato dalla volontà del popolo stesso, si è reso possibile che il monopolio del potere dello Stato e le sue esclusive capacità funzionali diventassero effettive sul suo territorio contro qualsiasi altro tipo di volontà particolare esistente; la sovranità della nazione attribuisce a un solo ente la prerogativa di racchiudere, in astratto, tutta la pluralità di volontà e di diritti esistenti nel territorio, permettendo, inoltre, che si stabilisca una gerarchia qualitativa verso quella pluralità di volontà e di diritti: la sovranità della nazione sarà il punto massimo di tale gerarchia.199

All’età della Rivoluzione Francese e anche nei momenti che l’hanno preceduta, si è affermata l’idea che pensare il potere sovrano in termini assoluti, come aveva fatto anche Rousseau quando si riferiva alla sovranità popolare, non era più possibile. Si parlava in “nazione” nei più diversi sensi, sia come un corpo unico composto di individui con identità culturale e comunione di destini, sia come la rappresentazione immateriale di una collettività inclusa in un contesto sociale e politico che, in decorrenza di lingua, etnia, cultura, tra vari altri fattori, non potrebbe restare semplicemente ristretta al concetto di popolazione.200

Denis Diderot difendeva che il vero e legittimo potere ha dei limiti che impediscono la sua assolutizzazione.201 L’unità stabilita tra Principe e nazione era, secondo Diderot, un elemento che poneva dei limiti intrinseci all’azione di ambedue, poichè quello non potrebbe uscire dai limiti della sua competenza e del compromesso con la nazione, mentre a questa era

198

Art. 3: “Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun corpo, nessun individuo può esercitare un’autorità che non emani espressamente da essa.”

199

All’origine del concetto di sovranità nazionale possiamo trovare l’opera di Emmanuel Sieyès, Qu’est-ce que

le Tiers État? (1789), Genève, Doz, 1970.

200

“La nature de la nation est essentiellement dynamique. Un peuple peut réaliser, à un degré plus ou moins complet, une nation: plus est faible dans un groupement la conscience d’elements de civilisation communs lui donnant son unité, plus sera faible son caràtere national, moins il réalisera une nation; plus les éléments communs de civilisation seront considérables par leur nombre et par leur étendue, plus la coscience collective de la participation au même groupe se dégagera clairement, et plus elle s’implantera dans l’esprit des hommes.” Georg Jellinek, L’état e son droit, cit., pp. 209-210. Anche per una breve analisi storica sui problemi attinenti al concetto di nazione, si veda Federico Chaboud, L’idea di nazione, Roma-Bari, Laterza, 2002; e Claudio de Fiores, Nazione e costituzione, Torino, Giappichelli, 2005.

201

“Il vero e legittimo potere ha necessariamente dei limiti. Ci dicono perciò le Scritture: ‘La vostra soggezione sia ragionevole’, sit rationabile obsequium vestrum. ‘Ogni potere proveniente da Dio è un potere ordinato’,

omnis potestas a Deo ordinata est. Così vanno in queste parole, secondo la reta ragione e il senso letterale, e non

secondo l’interpretazione della viltà e dell’adulazione, che pretendono che ogni potere, qualche sia, provenga da Dio.” Denis Diderot, Autorité Politique, in Encyclopédie, 1751, vol. I, trad. it. Id., Scritti Politici, a cura di Furio Diaz, Torino, UTET, 1967, p. 505.

vietato rompere il contratto sociale e fare delle azioni che potrebbero essere contrarie al Principe o a sé stessa.202

Nello stesso senso che il pensiero filosofico francese cercava di rafforzare l’idea di creazione di una limitazione al potere sovrano sotto la retorica del contrattualismo, si può vedere in Emer de Vattel, ritenuto uno dei ‘fondatori’ del diritto internazionale, un preludio di quello che diventerebbe il concetto di sovranità nazionale:

Sovereignty is the public authority which commands in civil society and

which regulates and directs what each member must do to attain the end of the society. This authority belongs originally and essentially to the whole body of the society, to which each member in submitting himself yielded his natural right of directing his conduct according to his own reason and good pleasure and of seeing for himself that justice was done him.203

Conservando molte delle prerogative tradizionali del concetto di sovranità, come l’unicità, imprescrittibilità e indivisibilità del potere sovrano, il pensiero liberale-democratico post Rivoluzione Francese difese l’esigenza di stabilire limiti al fino allora illimitato e potenzialmente arbitrario potere sovrano esercitato dal monarca. Benjamin Constant, uno dei più significativi ideatori del liberalismo francese, sosteneva essere impraticabile la manutenzione di un concetto di sovranità che fosse assoluto e senza limiti nei confronti dei propri sudditi (o cittadini), indipendentemente dal fatto di essere il monarca, il parlamento oppure il popolo, il detentore del potere sovrano.204 Constant vedeva nel rispetto ai diritti individuali costituzionalmente garantiti un limite necessario, tanto sotto la prospettiva filosofica quanto politica.205

A partire dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino e dal consolidamento della sovranità nazionale come il modello ‘universale’ ormai valido allo Stato moderno, è divenuto perentorio concepire la sovranità come il prodotto di un processo di giuridicizzazione del potere supremo che, una volta prodotto nel seno della nazione, aveva

202

Ibidem, pp. 505-508

203

Emmer de Vattel, Law of Nations or the Principles of Natural Law Applied to the Conduct and to the Affairs

of Nations and of Sovereigns, New York, William S. Hein & Co, Inc., 1995, p. 20.

204

“La sovranità non esiste che in un modo limitato e relativo. Nel punto in cui comincia l’indipendenza della esistenza individuale si arresta la giurisdizione di tale sovranità.” Benjamin Constant, De la liberté chez les

modernes: écrites politiques, Paris, 1819, trad. it. Antologia degli scritti politici, Bologna, il Mulino, 1962, p. 61.

205

“È incontestabile, tanto in un villaggio di centoventi capanne, come in una nazione di trenta milioni di abitanti, che nessuno deve essere arbitrariamente punitio senza essere stato preventivamente giudicato, secondo le leggi consentite e secondo le forme prescritte; così come è certo che a nessuno può essere impedito di esercitare le sue facoltà fisiche, morali, intelletuali, industriali, se queste si manifestano in modo innocente e pacifico. Una costituzione è la garanzia di questi principi. In conseguenza, tutto ciò che è connesso a questi principi è constituzionale, mentre non è constituzionale ciò che non si riferisce a questi principi.” Ibidem, p. 120.

bisogno di assumere una forma impersonale e suprema, capace di strumentalizzare il potere pubblico attraverso la divisione istituzionale delle competenze e prerogative proprie della sovranità. Lo Stato sovrano diviene uno ‘Stato di diritto’; il vecchio potere illimitato passa per una limitazione dell’esercizio delle sue funzioni potestative cui obiettivo è renderlo compatibile con i diritti individuali di libertà.206 La sovranità dello Stato ha cominciato a coincidere con la sovranità dell’ordinamento giuridico del proprio Stato, il quale portava all’interno di questo ordinamento la sovranità politica del monarca e del popolo, impedendo che potesse avere validità qualsiasi atto contrario a quell’ordinamento. In una parola, la sovranità statale diventa una sovranità costituzionale.207

Lo ‘Stato di diritto’ e le sue diverse varianti europee (Rule of Law, Rechtsstaat, État de

Droit, État légal)208 hanno concesso che la razionalizzazione che accompagna lo Stato moderno dalla sua genesi, migrasse dall’ambito filosofico al politico-giuridico. La razionalità giuridica richiedeva che fosse resa più stretta la relazione causale tra i fondamenti del potere sovrano e il potere in sé, in modo da impedire che argomenti puramente trascendentali o metafisici fossero in grado di essere come responsabili della legittimazione del potere sovrano. L’istituzionalizzazione giuridica ha come finalità di permettere che i fondamenti, gli attributi e le parti coinvolte nella relazione di legittimazione del potere sovrano possano avere la sicurezza (giuridica) quanto alla sua prevedibilità e conservazione nel tempo. In questo contesto, al cittadino rimane garantito un ordine stabile e solido al punto di diventar prevedibile quanto al suo funzionamento, mentre allo Stato viene garantita l’impersonalità e la possibilità che questa condizione attribuisca a quello un senso di continuità atemporale.

Nella seconda metà del Novecento, la dottrina dello Stato di diritto ha veduto nel modello anglosassone del rule of Law una versione limitata della sovranità che non aveva come obiettivo ridurre il potere del monarca – già indebolito dalla Rivoluzione del 1647 e dalla

Glorious Revolution del 1688 –, ma di restringere il potere sovrano del Parliament. Albert Venn

Dicey nella sua opera ha cercato di condizionare tutti i poteri dello Stato alla common law – la quale era costituita da una struttura costituzionale sprovveduta di costituzione scritta, ma dotata di una vasta gamma di immemorial principles, immemorial costumes e alcuni bill of rights che

206

Danilo Zolo, I signori della pace, cit., pp. 117-118.

207

“Così, fu ineviatabile, nella cultura costituzionale del XIX secolo, far coincidere la sovranità dello Stato con la sovranità dell’ordinamento giuridico dallo stesso Stato posto, che con le sue regole annullava le sovranità

politiche del monarca o del popolo, trasformandole in poteri giuridicamente regolati, inseriti in quel medesimo

ordinamento. È questo, in una parola, lo Stato di diritto, che proprio negli ultimi anni del secolo assunse la sua forma teoria definitiva, poi recepita in diversi paesi europei, grazie all’opera di Georg Jellinek (1851-1911), certamente il massimo giurista tedesco tra Otto e Novecento.” Maurizio Fioravanti, Costituzione, cit., p. 137.

208

Sul questo tema, si veda Jacques Chevallier, L’État de droit, Paris, Montchrestien, 2003; e Pietro Costa e Danilo Zolo (a cura di), Lo stato di diritto. Teoria, storia e critica, Milano, Feltrinelli, 2002.

finivano per attribuire integralità e dinamica funzionale al sistema – e alla struttura giurisprudenziale di produzione di normatività giuridica, poichè, così, sarebbe stato possibile evitare l’arbitrarietà da parte del Parlamento e dell’Esecutivo, restando i diritti individuali del cittadino sotto la tutela del Giudiziario.209 Dicey non metteva in discussione la legittimità della sovranità del parlamento, ma ricordava che, d’accordo con il rule of Law, il semplice fatto che il Parlamento aveva creato una legge non significava che questa automaticamente sarebbe entrata nella common law: “essa diventerà ‘diritto’ solo se e quando le Corti la renderanno parte integrante della common law, sostituendo le regole preesistenti.”210

Oltrepassando i limiti dell’oceano Atlantico, la dottrina della sovranità ha trovato nel processo politico di Indipendenza degli Stati Uniti d’America dei cambiamenti teorici che, allo stesso tempo in cui difendevano idee proprie dell’illuminismo francese, rappresentarono la perdita della matrice puramente europea che fino allora sosteneva l’essenza del concetto di sovranità. La Dichiarazione dei Diritti della Virginia, 1776, e la Costituzione federale degli Stati Uniti, 1787, simboleggiarono la nascita di un nuovo ordine costituzionale – indipendente dal conquistatore – che sin dall’inizio già aveva nella divisione dei poteri e nella libertà dell’individuo due dei suoi valori fondamentali. Diversamente da quello che succedeva in Europa, dove gli ordinamenti già costituiti richiedevano riforme nella concezione di sovranità assoluta che caratterizò l’emergere dello Stato moderno, la realtà politico-giuridica statunitense Settecentesca disconosceva qualsiasi potere sovrano che non fosse quello stabilito nell’Europa insulare.211

Con esso, l’ordine costituzionale statunitense si presentò come un’antitesi del modello costituzionale britannico, soprattutto con il lavoro di Thomas Paine, il quale, con tanti contributi al pensiero politico-costituzionale statunitense, considerava la costituzione l’unico mezzo in grado di dare espressione alla volontà sovrana del popolo, non potendo essere prodotto della volontà del governo o del monarca, poichè la costituzione avrebbe come una delle sue finalità creare il governo, invece di essere creata da esso.212 Gli autori del The Federalist213, Alexander

209

Albert Venn Dicey, Introduction to the Study of the Law of the Constitution, London, 1885, trad. it.,

Introduzione allo studio del diritto costituzionale, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 33-34 e pp. 51-54.

210

Emilio Santoro, Rule of law e ‘libertà degli inglesi’. L’interpretazione di Albert Venn Dicey, in Pietro Costa e Danilo Zolo (a cura di), op. cit., p. 200.

211

Dopo l’Indipendenza, il principio di sovranità diventa la pilastra fondamentale dell’ordine politico- costituzionale statunitense, tanto che Alexis de Tocqueville, De la Démocratie en Amerique, Paris, 1835, trad. it.

Democrazia in America, Milano, Biblioteca Universale Rizzoli, 1992, p. 67, ha detto che: “Il popolo regna nel

mondo politico americano come Iddio regna nell’universo. Esso è la causa e il fine di ogni cosa: tutto esce da lui e tutto finisce in lui.”

212

“A constitution is not a thing in name only, but in fact. It has not an ideal, but a real existence; and wherever it cannot be produced in a visible form, there is none. A constitution is a thing antecedent to a government, and a government is only the creature of a constitution. The constitution of a country is not the act of its government, but of the people constituting its government. It is the body of elements, to which you can refer, and quote article

Hamilton, John Jay e James Madison, hanno rifiutato anche qualsiasi idea di uno Stato sovrano assoluto e centralizzatore. Diversamente da una monarchia parlamentarista strutturata in un modello di Stato unitario (come l’Inghilterra), possiamo trovare negli Stati Uniti una repubblica214 presidenzialista con l’esercizio del potere attribuito al governo federale, il quale sarà competente per garantire l’unione politica e economica degli Stati Uniti d’America, spettando agli Stati federali una competenza funzionale sconosciuta nei tradizionali modelli costituzionali europei.

Così, la dimensione della sovranità dell’american people già nasce naturalmente limitata dalla sua divisione interna di prerogative e poteri caratteristici del potere sovrano, dove spetterà ai checks and balances la funzione di mantenere la struttura costituzionale equilibrata e moderata, sia tra i poteri istituzionali dello Stato statunitense, sia tra i suoi Stati federali.

La sovranità, sia come concetto che come principio, ha bisogno di adattarsi alla realtà post Rivoluzione Francese e alle richieste degli individui per una prestazione ‘negativa’ da parte dello Stato, ossia, che esso si astenesse di agire, regolare e controllare la società con la stessa intensità dell’età dell’Assolutismo Monarchico. Le dichiarazioni di diritti e le costituzioni che si seguirono nel corso di questo periodo storico rappresentarono la consacrazione di un’idea di diritti dell’uomo che comprendeva diritti come quelli di libertà, proprietà, sicurezza (giuridica, soprattutto), il diritto di votare (solo agli uomini, in un primo momento), tra gli altri, che darebbero inizio a una fase di profonde modifiche non soltanto nelle concezioni di Stato nazionale e di sovranità, ma anche nella propria struttura del diritto costituzionale e del diritto internazionale. La tutela internazionale dei diritti umani è, per esempio, una delle diverse nuove forme di attuazione che il fenomeno giuridico ha avuto, nei secoli XX e XXI, e che si trovano direttamente vincolate ai risultati delle rivoluzioni avvenute nel Settecento, soprattutto dopo la francese e la statunitense.

by article; and which contains the principles on which the government shall be established, the manner in which it shall be organized, the powers it shall have, the mode of elections, the duration of Parliaments, or by what other name such bodies may be called; the powers which the executive part of the government shall have; and in fine, everything that relates to the complete organization of a civil government, and the principles on which it shall act, and by which it shall be bound. A constitution, therefore, is to a government what the laws made afterwards by that government are to a court of judicature.” Thomas Paine, Rights of men, Common sense and

other political writings, Oxford, Oxford University Press, 1995, pp. 122-123.

213

A. Hamilton, J. Jay, J. Madison, The Federalist (1788), Chicago, Encyclopaedia britannica, 1952.

214

Per dimostrare come il modello repubblicano statunitense è diverso – e inedito – nei confronti con la comprensione di repubblica storicamente formata in Europa, Maurizio Fioravanti, Costituzione, cit., pp. 105-106, sostiene che: “il regime repubblicano contiene già in sé la necessaria opzione in senso democratico perchè si esprime per il tramite di una costituzione che si fonda in modo esplicito sul potere costituente del popolo sovrano. Ciò che il regime repubblicano ricusa è il determinarsi dell’opzione democratica al di fuori della costituzione repubblicana, nella prospettiva di un regime che nel qualificarsi in modo autonomo in senso democratico finisce fatalmente per produrre forme di governi ‘pure’, che si riconnettono a un solo principio ispiratore, e sboccano quindi necessariamente in costituzioni orientate a concentrare i poteri, in genere nella assemblea dei rappresentanti del popolo.”

A partire dall’età delle rivoluzioni la ‘costituzione moderna’ esce rafforzata: diviene tanto lo spazio legittimo alla lotta politica tra Stato e popolo quanto la sintesi di questa lotta. La contraddizione apparente si conclude quando osserviamo la duplice natura della costituzione: d’una parte, è forma che sintetizza linguisticamente il continuo e interminabile processo dialettico stabilito all’interno dell’ordine costituzionale, d’altro canto è materia viva composta dagli effetti giuridici prodotti dalla fenomenologia politica che muove lo Stato. La dottrina della costituzione significa precisamente la dottrina della limitazione del potere sovrano in funzione alle necessità dei cittadini, dove in tale dottrina “si esprimeva un costituzionalismo come scienza e tecnica delle libertà.”215

Le restrizioni all’assolutezza del potere sovrano che hanno conquistato autorevolezza dopo le rivoluzioni del Settecento non sono state limitate ad un momento isolato nel tempo: iniziarono, di fatto, un processo di limitazione del concetto di sovranità che, in quel momento storico, non minacciava la propria struttura fondamentale dello Stato-nazione, ma con l’aggravamento di questo processo di restrizione della sovranità, durante l’Ottocento e soprattutto il Novecento, è possibile attualmente avere dei dubbi quanto alla possibilità di sopravvivenza dello Stato-nazione nell’appena nato secolo XXI.