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Il ruolo degli spazi regionali nell’ordine politico-giuridico internazionale.

CAP 4. PER UN GLOBALISMO POLITICO-GIURIDICO PLURIVERSALISTA ARTICULATO IN SPAZI REGIONALI DI STATI-NAZIONE.

4.3. Il ruolo degli spazi regionali nell’ordine politico-giuridico internazionale.

Il cambiamento di prospettiva che abbiamo appena presentato richiede che vengano anche dimostrati quali saranno i mezzi istituzionali attraversi i quali si potrà raggiungere lo sviluppo e l’attuazione delle nozioni di riconoscimento e reciprocità da noi precedentemente sostenute.

Però, nonostante si sia sempre parlato qui di ‘comunità regionali di Stati-nazione’, dobbiamo, a questo punto, cercare di lavorare su un altro concetto più adattabile agli scopi della nostra proposta: l’idea di ‘spazi regionali’ invece che ‘comunità regionali’. Considerando che gli attuali modelli conosciuti di comunità regionali di Stati rimangono spesso vincolati alla volontà degli agenti politici che hanno dato loro origine – si veda il caso del Mercosul, per esempio, il quale ha avuto successo soltanto al suo inizio, quando esisteva una chiara volontà in comune tra i rispettivi presidenti degli Stati che hanno creato quella organizzazione, ma che dopo l’arrivo dei successivi capi di Stato non ha potuto mai cercare di realizzare i suoi scopi fondamentali –, sembra opportuno spendere qualche parole sulla nozione di ‘spazi regionali’.

4.3.1. La teoria schmittiana dei ‘grandi spazi’ (Grossräume).

La versione di ‘spazio regionale’ che cercheremo di proporre risale, inevitabilmente, alla concezione schmittiana di Grossraum. Tuttavia, dovuto alla scarsa produzione bibliografica esistente su questo argomento e soprattutto dovuto alla comprensione equivocata626 esistente in grande parte della comunità accademica sull’integralità del pensiero di Schmitt, dobbiamo precisare alcuni punti.

Un primo punto sarebbe definire su quale Schmitt noi vogliamo parlare. La sua opera può sicuramente venire divisa in quattro parti: (1) diritto costituzionale, (2) teoria politica e teoria del diritto, (3) filosofia delle relazioni internazionali e del diritto internazionale, e (4) scritti letterari diversi.627 La parte che ha sempre ricevuto maggiore attenzione è stata quella concernente al diritto costituzionale, visto che le attenzioni sulla teoria del diritto e sulla teoria politica spesso derivano sussidiariamente da quel diritto. L’attenzione dedicata da parte della comunità accademica al diritto internazionale e alla filosofia delle relazioni internazionali ha

626

Ci sono anche autori che, conoscendo poco – o nulla – dell’opera di Schmitt, lo hanno chiamato pure di ‘Hannibal Lector’ della politica moderna, si veda Barbara Boyd, Leo Strauss y Carl Schmitt, el jurista del Hitler, in ‘EIR – Resumen ejecutivo’, Vol. XX, n. 15, 2003.

627

Alcuni preferiscono portare la parte sul diritto costituzionale insieme alla teoria del diritto e alla teoria politica, come George Schwab, Contextualising Carl Schmitt’s Concept of Grossraum, in ‘History of European Ideas’, Vol. 19, 1994, 1-3, p. 185.

cominciato a crescere soltanto negli ultimi decenni, in particolare dopo la creazione dell’Unione Europea.

Tuttavia, si deve inizialmente sottolineare il fatto che la teoria schmittiana dei grandi spazi (la Grossraumlehre) era sostanzialmente diversa dalla teoria hitleriana del Lebensraum (‘spazio vitale’), perché non aveva nessuna relazione con l’ideologia razzista del Terzo Reich, la quale aveva un criterio biologico come punto di riferimento per la costituzione del

Lebensraum.628 Mentre questo concetto esprimeva l’ideale della supremazia di una razza nei confronti di tutte le altre, il concetto di Grossraum esprimeva la dominazione politica, ideologica oppure economica di un paese – il quale diventerebbe un Impero (Reich)629, secondo la terminologia schmittiana – nei confronti di altri paesi sui quali egli poteva, direttamente o indirettamente, avere un’influenza.

Quanto al concetto di Lebensraum, Hitler non lo ha mai preso da Schmitt, ma sì da Karl Haushofer (consigliere di Rudolf Hess), il quale sosteneva che l’idea di Lebensraum significava il diritto da parte di una nazione di annettere tutto il territorio necessario a soddisfare le esigenze della propria popolazione, di modo che, dopo la presa di potere da parte dei nazisti, quel concetto cominciò a inquadrarsi alla dottrina razzista e espansionista del partito nazionalsocialista.630 La visione di mondo che Hitler aveva era basata sull’eterna lotta fra i popoli per accaparrarsi la terra, cioè, lo ‘spazio vitale’ (Lebensraum), dato che, secondo lui, le leggi della natura premiano soltanto il più forte.631 Jan-Werner Müller ha riconosciuto che Schmitt non aveva mai utilizzato criteri biologici, come quello del Lebensraum, nella sua

Grossraumlehre, malgrado il fatto che il ‘vuoto sostanziale’632 interno presentato da questa teoria anti-universalista e anti-normativa “could easily be filled with racist categories.”633

628

Joseph W. Bendersky, Carl Schmitt Theorist for the Reich, Princeton, Princeton University Press, 1983, trad. it., Carl Schmitt teorico del Reich, Bologna, il Mulino, 1989, pp. 313.

629

“Sono imperi (Reich), in tal senso, quelle potenze egemoniche e preponderanti la cui influenza politica s’irradia su un determinato ‘grande spazio’ e che per principio bandiscono da quest’ultimo l’intervento di potenze stranee.” Carl Schmitt, Völkerrechtliche Grossraumordnung mit Interventionsverbot für Raumfremde

Mächte - Ein Bitrag zum Reichsbegriff im Völkerrecht, Berlin, Deutscher Rechtsverlag, 1941, trad. it. Il concetto d’Impero nel diritto internazionale. Ordinamento dei grandi spazi con esclusione delle potenze estranee, Roma,

Settimo Sigillo, 1996, p. 45.

630

Joseph W. Bendersky, op. cit., p. 294.

631

Cfr. Gustavo Corni, Il sogno del ‘grande spazio’. Le politiche d’occupazione nell’Europa nazista, Roma- Bari, Laterza, 2005, p. 05

632

Si parla in ‘vuoto sostanziale’ perchè la grossraumlehre schmittiana trattava soltanto della forma del grande spazio, senza dedicare la necessaria attenzione alla sostanza (fatta da princìpi, regole e diritti) che questo grande spazio può – o deve – garantire. Schmitt ha lasciato questo vuoto per venire riempito da ogni grossraum; peró, d’accordo con la sua nozione di Impero, si vedrà che quello che succede in realtà è la predominanza della ‘sostanza’ imposta dall’Impero dominante in quel grande spazio specifico.

633

Jan-Werner Müller, A Dangerous Mind. Carl Schmitt in Post-War European Thought, New Haven, Yale University Press, 2003, p. 43. Nello stesso senso, Caterina Resta, Stato mondiale o nomos della terra. Carl

Schmitt tra universo e pluriverso, Roma, Pellicani, 1999, pp. 91-92, sostiene che “per quanto ‘rischiosamente’

La teoria schmittiana dei ‘grandi spazi’, presentata per la prima volta in un saggio del 1939 (Völkerrechtliche Grossraumordnung mit Interventionsverbot für Raumfremde Mächte), è stata invece sempre indicata come “il momento di maggior impegno di Schmitt con la politica imperialistica del regime hitleriano, come il perfetto esempio di una prestazione scientifica al servizio dell’ideologia.”634 Nonostante le critiche, il suo Völkerrechtliche

Grossraumordnung non è in grado di presentare qualche evidenza che indichi una

concordanza di Schmitt con la politica hitleriana di aggressione militare indiscriminata e di occupazione militare di altri Stati.635 Invece, questa politica egemonica del Lebensraum si assomigliava proprio alla versione universalistica della ‘dottrina Monroe’ con la quale gli Stati Uniti cercavano di imporre la loro egemonia su scala globale. Così, oltre alle differenze sostanziali tra il Lebensraum nazista e il Grossraum schmittiano, ci sembra che anche dal punto di vista logico, queste due proposte siano inconciliabili. Secondo Schmitt, la sua alternativa rappresenta il ‘grande spazio’ contro l’universalismo (Grossraum gegen

Universalismus).636

La natura del (brevissimo) rapporto di C. Schmitt con il Terzo Reich è qualcosa che non vogliamo cercare di scoprire, poiché questa non è una ricerca sulla psicologia schmittiana e nemmeno una biografia; il fatto più significativo per noi è che il suo Grossraum non presenta caratteristiche che possano comprometterlo, come un concetto nazista oppure razzista.637

L’idea che Schmitt aveva sulle relazioni internazionali si trova chiaramente imperniata sulla divisione del mondo in grandi spazi (Grossräume) caratterizzata da alcuni princìpi che paradossalmente risalgono alla “dottrina Monroe”, del 1823, che lui considerava “il più fortunato esempio di un principio spaziale nell’ordinamento internazionale.”638 Questa del nazionalsocialismo, quella di Grossraum non può assolutamente esser confusa con essa, non fosse altro che per la totale distanza di Schmitt da ogni ‘vitalismo’ giuridico, nonché da qualsivoglia concezione razziale in senso biologistico.”

634

Alessandro Campi, Introduzione, in Carl Schmitt, L’unità del mondo e altri saggi, Introduzione e nota bibliografica di Alessandro Campi, Roma, Pellicani, 1981, p. 11.

635

Cfr. George Schwab, op. cit., p. 189.

636

Cfr. Carl Schmitt, Grossraum gegen Universalismus. Der völkerrechtliche Kampf um die Monroedoktrin, in Id. Positionen und Begriffe im Kampf mit Weimar, Genf, Versailles 1923-1939, Hamburg, Hanseatische Verlagsanstalt, 1940, trad. it. Posizioni e concetti in lotta con Weimar-Ginevra-Versailles 1923-1939, Milano, Giuffrè, 2007.

637

Carlo Galli, Genealogia Politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero moderno, Bologna, Il Mulino, 1996, pp. 864, afferma che, nonostante Schmitt dimostrasse simpatia per diversi princìpi del nazionalsocialismo, i suoi testi su diritto internazionale e filosofia delle relazioni internazionali adottano un carattere prudenziale di allontanamento da tematiche di politica interna, non essendo possibile comunque sostenere che questa parte della sua opera venga permeata da influenze naziste. Per ulteriori informazioni sulla persona Carl Schmitt e il suo coinvolgimento con il nazismo, si veda il polemico testo di Yves-Charles Zarka, Un détail nazi dans la penseée

de Carl Schmitt, Paris, PUF, 2005.

638

dottrina statunitense, nella sua versione originaria, enunciava tre princìpi fondamentali agli Stati Uniti d’America che dovevano valere nei confronti della sua politica estera: (1) l’indipendenza di tutti gli Stati americani, (2) il divieto di ogni forma di colonizzazione nel loro spazio e (3) il divieto di ingerenza di potenze extra-americane nello stesso spazio.639 Ho detto ‘paradossalmente’ perché proprio Schmitt riteneva la crescita di potere da parte degli Stati Uniti come una delle cause del crollo del jus publicum Europaeum, in particolare dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, e diceva che la ‘dottrina Monroe’ era diventata un progetto universalista e ‘fuori dallo spazio’ – simile all’universalismo dell’Impero britannico640 – tramite il quale gli Stati Uniti cercavano di giustificare la sua egemonia imperialista ben oltre ai confini delle Americhe.641 Schmitt sosteneva che “[L]a mancanza di misura e limite di questo interventismo ha distrutto dalle fondamenta la vecchia dottrina Monroe e il panamericanismo che su di essa poggiava.”642

La versione universalista della ‘dottrina Monroe’ aveva come padre il Presidente Woodrow Wilson, il quale, in messaggio al Congresso degli Stati Uniti, il 22 gennaio 1917, propose che tutti i popoli del mondo accettassero quella dottrina, salvaguardando però ogni popolo il proprio diritto di autodecisione.643 Secondo Schmitt, la politica estera del Presidente Wilson rappresentò il travisamento della dottrina originaria:

secondo il metodo di dissolvere un principio ordinatore concreto e spazialmente definito in una idea mondiale con aspirazioni universalistiche, trasformando la sana idea centrale di un principio spaziale del non intervento in una ideologia imperialistica e, per così dire, pan- interventistica mondiale.644

639

Cfr. Ibidem

640

“(...) possiamo pure osservare un'altra alterazione ancora più profonda e più importante in merito alla concezione giuridica di ‘grande spazio’, cioè la deformazione della dottrina Monroe da concezione di ‘grande spazio’ concreto, geograficamente e storicamente definito, in un principio generale e universalistico che dovrebbe valere per il mondo intero con pretese di ubiquità. Questa deformazione è strettamente legata al travisamento della dottrina in un principio di espansione e imperialistico ed universale e presenta per noi uno speciale interesse perché rivela il punto in cui la politica degli Stati Uniti abbandona il suo principio di spazio continentale e si allinea con l’universalismo dell’Impero britannico.” Carl Schmitt, Völkerrechtliche

Grossraumordnung, trad. it. cit., p. 21.

641

Cfr. Carl Schmitt, Grossraum gegen Universalismus, trad. it. cit., 495.

642

Carl Schmitt, Cambio di struttura del diritto internazionale (1943), in Id., L’unità del mondo..., trad. it. cit., pp. 294-295.

643

“Con ciò egli non intendeva all’incirca un trasferimento conforme del pensiero spaziale, non interventistico, contenuto nella vera dottrina Monroe, agli altri spazi, ma al contrario un’estensione spaziale ed illimitata dei principi liberaldemocratici alla terra intera ed a tutta l’umanità. In questo modo egli cercava una giustificazione per la sua inaudita ingerenza nello spazio extraeuropeo a lui del tutto estraneo e nel conflitto bellico fra potenze europee.” Ibidem, p. 494.

644