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nel paradigma della disciplina urbanistica l’esse- re il territorio un sistema complesso.

Perciò si verifica correntemente essere ineffica- ce – perché, prima ancora, teoreticamente erroneo – il pretendere di conoscerlo e di indirizzarne il divenire ar- rogandosi di operare su tutte (ma quante sono? e quanto pesano? e come interagiscono) le relative componenti. Viceversa, il territorialista deve operare formato e infor- mato da cultura, oltreché orientato da sensibilità. Cul- tura e sensibilità che divengono suo patrimonio quando costruite con lo studio e la pratica suscitati e motivati dalla volontà e dall’applicazione.

Emblematico esempio del ben operare come sopra de- lineato fu da me riscontrato nella prima lettura che, nel 1971, ebbi a compiere – allora giovanissimo borsista di materia urbanistica da poco in servizio nel Politecnico di Milano – del ponderoso numero unico di Ingegneria ferroviaria contenente il (allora) recentissimo contributo di Matteo Maternini (e allievi)1 che non poco contribuì al mio imparare e meditare in tema di territorialità. E già fin da allora mi suscitò, oltre che interesse e am- mirazione per il metodo e i risultati scientifici, anche il desiderio... di saperne di più e quindi lo stimolo... a proseguirne gli approfondimenti.

Il lavoro di Maternini traeva spunto dalle acquisizioni disciplinari da poco maturate a opera del geografo in- glese Peter Hall. Che, in un suo aureo libriccino2, rese conto alla comunità scientifica internazionale che me- tropoli erano, oltre che quelle monocentriche da sempre tali considerate (New York, Parigi e Londra come Mo- sca e Tokyo, e altre ancora), anche il Randstad Holland (questo fu il toponimo da lui proposto) e la Rhur; perché: • nel primo caso l’insieme delle città di Amsterdam,

Rotterdam, L’Aia, Haarlem, Leida, Utrecht, Delf, Dordrecht e altre ancora e paesi e villaggi fra di esse localizzati;

• e nel secondo caso l’insieme delle città di Colonia, Dortmund, Düsseldorf, Essen, Duisburg, Bochum,

Wuppertal, Bonn e, anche qui, altre ancora e paesi e villaggi fra di esse localizzati;

pur non essendo nessuna delle componenti propriamen- te definibile metropoli, manifesta, nelle interrelazioni e nei rapporti causa/effetto delle componenti stesse, ine- quivocabili fenomenologie di tipo metropolitano. Ecco...la metropoli policentrica!

Maternini ebbe l’intuizione – e lo dimostrò nello scritto del ‘70 di cui sopra – che, in analogia al caso del Randstad Holland (dove il sistema urbanizzativo è lineare) anche nel nord Italia vi è una possente metropoli policentrica lineare, costituita dalle città di Torino, Milano, Brescia, Verona, Vicenza, Padova, Venezia e altre ancora e paesi e villaggi fra di esse localizzati; con però la differenza formale che là la configurazione è circolare (“a ferro di cavallo”), qui è (circa) rettilinea. Al caso nostrano fu – appunto – da lui dato il nome di “Corridoio padano”.

1. M. Maternini, «Il Corridoio Padano e i suoi trasporti», Ingegneria ferro-

viaria, 295-296 (7-8), 1-47, 1970.

2. P. Hall, The world cities, London, Weidenfeld & Nicolson, 1966

Fig. 1 – In una serena notte d’inverno l’illuminazione urbana marca, nella cornice innevata dei crinali alpini e appenninici, la linearità del LiMeS (Linear Metropolitan

System) Padano. E quelle, più tenui, del LiMeS Emiliano-

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Dopo la meritata eclatanza che la cosa allora suscitò tra gli studiosi, seguì una inesplicabile caduta di interesse Fu quasi quattro decenni dopo, nel 2008, da tempo or- mai in servizio come professore di Tecnica urbanistica nell’Università degli Studi di Brescia, che mi sembrò in- teressante riprendere l’argomento per verificarne la per- sistenza ed enuclearne eventuali ulteriori implicazioni. A seguito dell’avvenuto riconoscimento dell’“interesse nazionale” – e quindi anche del relativo finanziamento) da parte del MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’U- niversità e della Ricerca) del progetto di ricerca da me proposto intitolato “Dalla città metropolitana al Corri- doio padano”, diedi inizio al relativo svolgimento delle attività scientifiche in ciò coordinando, oltre che la mia sede universitaria di Brescia, anche le sedi del Politecni- co di Milano e di quello di Torino oltreché dell’Univer- sità degli Studi di Padova e di quella di Udine con noi, su tale progetto, consorziate. Il programma approvato prevedeva anche l’estensione dell’area di interesse verso est fino a Trieste e ad Udine.

LiMeS

I relativi lavori hanno dato origine a molteplici esiti scien- tifici, sia di tipo fenomenologico che di tipo operativo. Per gli interessi di questa nota ricordiamo3, fra i primi: • la conferma dell’esistenza del “sistema metropoli-

tano lineare (Linear Metropolitan System) padano” – il LiMeS Padano, appunto – che, nell’attualità, si manifesta con modalità e dimensioni efficacemente esprimibili sinteticamente nella metafora della “città di 500 km e di 20 milioni di abitanti”;

• la giacitura di tale sistema insediativo, con ricorrenze costanti nelle varie soglie storiche fin dai tempi pre- romani, sul nastro di pianura asciutta al limite della linea delle risorgive; da ciò è discesa l’ulteriore oppor- tunità di indicarlo con l’acronimo LiMeS che, come noto, nella lingua latina significa appunto limite;

• il forte ruolo di luoghi di maggiore connotazione e dinamismo demografico ed economico degli inse- diamenti maggiori (Torino, Milano, Venezia e Trie- ste soprattutto; ma anche Brescia, Verona, Padova e Udine) oltreché della pletora di insediamenti piccoli e piccolissimi, piuttosto che degli insediamenti medi, che peraltro rivestono un determinante ruolo di presi- dio sociale del sistema facendo fronte a significative domande gravitative;

e, fra i secondi:

• l’opportunità di discriminare, nelle quattro Regioni amministrative direttamente interessate (Piemon- te, Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia), tra i provvedimenti acconci per il proprio segmento di LiMes (da caratterizzarsi per la natura metropolitana dello stesso, anche negli insediamenti piccoli e picco- lissimi) e quelli – evidentemente di ben altra natura – invece adatti per le peraltro poderose aree a esso contigue di NeMESys (Neighbouring Mega Ecolo-

gical System) a nord (NeMESys Alpino, comunque

ricomprendente anche pianura asciutta e collina) e a sud (NeMESys Padano, acquitrino prima delle boni- fiche e ora pianura irrigua);

• il non reputare necessariamente connessi spazial- mente l’infrastrutturazione cinematica con la struttu- razione degli abitati; ché, se tale interconnessione è assolutamente ineccepibile – come è, nel nostro caso, la motivatissima compresenza del Corridoio V Tran- seuropeo con il LiMeS Padano – in altre situazioni, con tutta evidenza, ciò non è – come si verifica, pure nel nostro caso, per quanto riguarda il Corridoio “dei due mari” e il Corridoio I che, intersecando ortogo- nalmente il Corridoio V rispettivamente in Novara ed in Verona, non corrispondono a LiMeS alcuno;

3. R. Busi – M. Pezzagno, (a cura di) Una città di 500 km. Letture del terri-

torio padano, Gangemi, Roma 2011.

Fig. 3 – Da valli alpine e altre linearità convergono sul LiMeS Padano, a mo’ di denti sul manico del pettine, rilevanti effetti gravitativi. (Busi, PRIN).

Fig. 2 – La linearità del LiMeS Padano è qui segnata dalle superfici del terreno impermeabili. (Busi, PRIN).

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• l’individuare come circostanza massimamente con- veniente la linearità del sistema insediativo metropo- litano che, se opportunamente attrezzata e gestita, è fattore di ottimizzazione della mobilità nel LiMeS. Quest’ultima notazione sembra di particolare rilievo per il tema che qui si sta trattando.

Innanzitutto in quanto conferisce un prezioso significato alla infrastrutturazione cinematica “orizzontale” storica, da Torino a Trieste e ad Udine – costituita da strada sta- tale, ferrovia e autostrada – attribuendo a ciascuna di tali attrezzature un significato che va ben oltre il collegamen- to tra insediamenti in genere di non elevatissimo ruolo territoriale. Insomma: non si tratta di vie che collegano in modo piuttosto casuale alcune tra le “cento città” d’Italia; si tratta invece di sistemi di mobilità ognuno dei quali è spina dorsale della mobilità della robusta metropoli poli- centrica mondiale costituita dal LiMeS Padano.

Poi, anche, in quanto riconosce un forte ruolo “locale” al Corridoio V Transeuropeo, sennò improbabilmen- te giustificabile dalla necessità di collegare i capilinea (lo spostarsi via terra da Lisbona e Kiev, più ancora che come un fatto assolutamente eccezionale, sembra suo- nare come una stravaganza). Così, allora, l’alta velocità ferroviaria viene ad avere il determinante significato di costituire la quarta spina dorsale – di particolarmente elevato livello prestazionale – del LiMeS Padano; ciò, evidentemente, se opportunamente congegnata e gestita

a mo’ di “metropolitana territoriale” tra i poli maggiori e medi del LiMeS oltreché di collegamento del sistema insediativo stesso con i recapiti oltralpe (Lione a ovest; e, da Lione, verso dove del caso; Lubiana e Budapest a est; e, da Lubiana e Budapest, verso dove del caso), ché di principio, bassa è la necessità di collegare i capilinea (ad esempio: lo spostarsi via terra da Torino a Trieste è, e continuerà ad essere, esigenza non frequentissima).