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IL RUOLO DEL FONDATORE

Il ruolo del fondatore, nelle varie fasi di nascita e crescita dell’impresa, subisce sempre dei momenti di cambiamento. Nella letteratura economica le caratteristiche dei fondatori sono state più volte esaminate e studiate, focalizzandosi soprattutto sugli aspetti psicodinamici della leadership (Levinson, 1971, 1983). In generale, l’azienda rappresenta il luogo dove l’imprenditore manifesta il proprio bisogno di realizzazione, di potere e di controllo (McClelland, 1961) dove la sua presenza diventa quasi indispensabile nei confronti dell’impresa.

L’imprenditore vede l’azienda come una sua “creatura”, che ha fatto nascere e vede crescere sotto le proprie direttive, attraverso gli impiegati e i collaboratori che nel corso del tempo lo supportano per dare forma e sostanza all’attività. L’azienda viene anche vista come una sorta di estensione per l’imprenditore e il tema della successione può diventare un problema data la sua probabile preoccupazione per l’abbandono dell’azienda a cui ha dato vita e nella quale si identifica. Attraverso l’azienda, molti imprenditori riescono a farsi identificare e ad affrontare il mondo che li circonda attraverso l’affermazione in primis dell’azienda e poi di loro stessi ed è uno di questi il motivo per cui al momento del passaggio del testimone, emerge la difficoltà da parte dei fondatori di prendere in considerazione di impostare la fase della successione. Molte volte capita che questa fase di vita dell’impresa venga gestita da parte degli imprenditori in modo improduttivo, a volte generando un danno nei confronti dell’azienda. Questo è dovuto specialmente dalla natura del leader che caratterizza i fondatori, ovvero rinunciare a ciò che si è fatto nascere e crescere, affrontando difficoltà e decisioni importanti per condurlo al successo (Churchill e Lewis, 1983; Dyer, 1986).

Una caratteristica che accomuna molti fondatori è il paternalismo. Una definizione per tale termine corrisponde alla tendenza a prendersi eccessivamente cura degli altri fino arrivare al punto di interferire con le loro decisioni e autonomia (Chirico et al., 2012). In generale, questa caratteristica deriva dai tratti psicologici descritti precedentemente, come ad esempio il bisogno di potere e di controllo. Nel contesto aziendale, il paternalismo dell’imprenditore si riconduce al modo in cui si relaziona con i propri dipendenti e collaboratori, in alcuni casi dominanti in altri protettivo, con lo scopo di arrivare a stroncare ogni tentativo di cambiamento all’interno dell’impresa. Da qui nasce la resistenza al cambiamento che caratterizza molti imprenditori del panorama delle family firm, a causa del forte bisogno di garantire la continuità dell’azienda attraverso la cultura aziendale basata sul “bene comune” e sull’impronta collettivista (Sharma e Manikutty, 2005). Infatti, l’unione del rapporto padre-figlio all’interno dell’azienda diventa un altro tratto distintivo della cultura familiare

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confermando le caratteristiche descritte precedentemente (Chirico e Nordqvist, 2010). Per quanto riguarda l’aspetto altruista dell’imprenditore nominato in precedenza, ci si riferisce ai comportamenti propositivi dell’imprenditore nei confronti del proprio personale affinché possano stare bene all’interno dell’organizzazione con l’unico scopo che quest’ultimo si comporti secondo le direttive e le regole imposte dal fondatore. Da questo punto di vista, il rapporto tra imprenditore e dipendenti è basato sul controllo: l’obbedienza dimostrata dai dipendenti non nasce semplicemente dalla gratitudine ma serve a questi ultimi per evitare la perdita dei “privilegi” che derivano dal lato altruistico dell’imprenditore. Quando, invece, l’aspetto autoritario prevale all’interno dell’organizzazione si crea un rallentamento gestionale: infatti, l’imprenditore tende a negare ogni sorta di cambiamento o di dare la possibilità di rivestire cariche di responsabilità ad altri soggetti42. Così facendo, le conseguenze sulle performance ne risentono, essendo influenzate dalla mancanza di combinazione di risorse e idee tra i vari membri della family firm. È chiaro, quindi, che questo tratto psicologico che contraddistingue la maggior parte degli imprenditori, non sempre possa essere un bene per l’azienda, tuttavia numerosi studiosi affermano che all’aumentare di questa caratteristica aumenta anche la resistenza al cambiamento e all’ingresso di innovazioni riducendo così le possibilità di impostare una strategia di successione efficiente43.

Malgrado il carattere dominante dei fondatori nell’essere restii a lasciare il proprio ruolo, la letteratura dimostra che il loro intento principale è comunque quello di mantenere il controllo dell’azienda all’interno della famiglia (Iannarelli, 1992). Soltanto nel momento in cui nessun membro della famiglia decida di sostituirlo il fondatore prende in considerazione l’ipotesi di farsi sostituire da un cd. insider esterno alla famiglia, ovvero un membro del board che non ha legami di parentela con l’imprenditore, o da un manager professionista. Lo scopo di preparare e impostare un piano per la successione strategica consente di garantire ai più giovani membri dell’azienda a divenire dei potenziali discendenti ed essere preparati delle conoscenze necessarie per amministrare la società quando sarà necessario. All’interno di un siffatto contesto i valori su cui l’azienda si è costituita e il rapporto tra la famiglia e l’impresa giocano da elemento chiave su cui verterà il passaggio del testimone o la decisione dell’ingresso di un nuovo amministratore delegato. Sta nell’abilità del fondatore selezionare e trasmettere ai potenziali

42 Dyer W. G., Cultural change in family firms: anticipating and managing business and family trasitions, Jossey-Bass,

1986.

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successori i valori d’impresa, così facendo agevolando e garantendo il processo di successione ai fini della crescita aziendale (Kets de Vries, 1993). Nella letteratura, alcuni autori affermano che l’omogeneità di vedute tra il fondatore e il suo discendente possa essere un elemento chiave per la buona riuscita del processo di successione (Santiago, 2000). Tuttavia, non sempre può essere una motivazione a favore la scelta di questo tipo di discendente in quanto può derivare una successione di tipo conservativo, comportando ad un rallentamento organizzativo e, magari, anche ad una mancata capacità di gestire i cambiamenti che il mercato impone44. Prendendo in considerazione i principi che possono essere alla base della guida dell’impresa e considerando la fase del passaggio del testimone, gli imprenditori possono essere classificati in base alle loro ideologie o coloro che perseguono obiettivi diversi. Nella letteratura queste distinzioni sono molteplici, come ad esempio viene distinto dall’amministratore l’amministratore delegato (Collins, Moore e Unwalla, 1964). Questo tipo di distinzione permette agli studiosi di analizzare quelli che possono essere i fattori rilevanti che influenzano le performance e il successo (o il fallimento) all’interno di un’azienda, andando a definire le connessioni tra l’andamento della società e il suo fondatore. Se consideriamo Smith45, vengono individuate due tipologie di imprenditori:

- L’imprenditore artigiano; - L’imprenditore opportunista.

Il primo ha una visione e delle conoscenze basate principalmente sulle esperienze passate e presenti, con un occhio meno attento ai possibili cambiamenti futuri, dotato di un’istruzione tecnica specializzata e restio alla flessibilità. Di contro, l’imprenditore opportunista solitamente ha un’istruzione di un certo livello, conosce molto bene il contesto nel quale opera e generalmente ha una visione proiettata verso il futuro. È più predisposto alla flessibilità e a prendere decisioni che favoriscono l’innovazione.

Considerando un altro tipo di classificazione, Garcìa e Lopez46 considerano gli imprenditori sulla base di due variabili: la prima è collegata al valore aziendale, ovvero l’azienda viene vista come un bene contrapposto a quello della famiglia, mentre la seconda variabile è collegato al comportamento “egoistico” dell’imprenditore nel voler realizzare sé stesso anziché l’intera organizzazione. Partendo

44 Miller D., Steier L. P., Le Breton-Miller I., Handbook of research on family business, Edward Elgar, 2006.

45 Smith N. R., The entrepreneur and his firm: the relationship between type of man and type of company, Michigan

state University Press, 1967.

46 Garcìa E., Lòpez J., A taxonomy of founders based on values: the root of family business heterogeneity, Family Business Review, 14(3); 209-230.

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dalla prima variabile, se l’imprenditore è orientato verso la famiglia, l’impresa rappresenta soltanto un mezzo per mantenere la propria famiglia; viceversa se è orientato verso l’impresa quest’ultima viene vista non solo come un mezzo per soddisfare i propri interessi ma diventa un’entità autonoma svincolata dalle esigenze della famiglia. Per quanto riguarda la seconda variabile, un imprenditore orientato verso il gruppo implica che lo sviluppo del business è limitato al soddisfacimento dei bisogni della famiglia; al contrario, se l’orientamento dell’imprenditore verte verso l’auto- realizzazione e quindi al suo sviluppo personale, esso sarà orientato a voler innovare continuamente la propria impresa.

Da qui è possibile classificare gli imprenditori in base alla loro presa di posizione rispetto l’azienda, ovvero:

- Fondatore realizzatore: dal punto di vista del valore aziendale è orientato verso la famiglia, mentre dal lato del valore psicosociale è indirizzato verso il gruppo;

- Fondatore tradizionale: si caratterizza per essere orientato verso l’impresa e verso il gruppo dal punto di vista psicosociale;

- Fondatore inventore: in questo caso è orientato verso la famiglia ma con l’obiettivo dell’auto- realizzazione dal lato psicosociale;

- Fondatore stratega: in quest’ultima ipotesi è orientato verso l’impresa e verso la realizzazione di sé dal punto di vista psicosociale.

Il seguente schema47 sintetizza questo tipo di classificazione:

Valore aziendale

Impresa Famiglia

Valore

psicosociale Sé stesso Gruppo Fondatore tradizionale Fondatore stratega Fondatore realizzatore Fondatore inventore

Tabella 6 – Valori e classificazioni dei fondatori

L’impostazione del processo di successione e la trasmissione dei valori

Sulla base di diverse ricerche accademiche emerge una sostanziale uniformità tra gli imprenditori per quanto riguarda la trasmissione dei valori. Anche se non è possibile stabilire quanto effettivamente incidano sulle future performance dei discendenti e dell’evoluzione del business, quest’ultimi riconoscono quanto sia importante conoscere i valori e soprattutto i metodi con cui l’impresa è nata e cresciuta nel tempo. Infatti, la vicinanza e il lavoro a stretto contatto con il

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fondatore e il potenziale successore permette al discendente di conoscere, non solo dal punto di vista teorico ma anche pratico, le problematiche che insorgono durante la gestione, i punti di forza e debolezza dell’impresa e di vederla sotto gli occhi di chi ha costruito l’impresa (Fiegener et al., 1994). Venire a conoscenza di questi aspetti attraverso le conoscenze e i “racconti” dei vari successi e fallimenti di chi li ha vissuti in prima persona si rivela un patrimonio inestimabile che, in nessuno modo, può essere appreso attraverso uno studio specifico, nemmeno a livello universitario. Attraverso questo tipo di apprendimento, le generazioni future possono avere una visione imprenditoriale della società, potendone analizzare problematiche e potenzialità del business e costituiscono un’eredità da tramandare nel tempo, indipendentemente dalla politica di mantenere l’azienda all’interno della famiglia o di inserire figure professionali esterne ai legami familiari. Tuttavia, è anche vero che non sempre la trasmissione dei valori possa assumere un ruolo di vantaggio competitivo ma che invece possa portare a una fase di stallo. Infatti, la continua mutazione dei mercati e l’alta competitività possono essere contrapposti rispetto ad un atteggiamento di tipo conservatore e impedire così al successore di essere flessibile verso le nuove opportunità di mercato. In questo caso, è necessario creare un mix di nuove strategie basate su i valori tradizionali dell’impresa e l’approccio ai nuovi mutamenti del mercato. Le conseguenze che si possono generare da questo atteggiamento di tipo conservativo da parte del successore possono essere imputate anche al fondatore, in quanto non è riuscito a trasmettere in modo adeguato i valori d’impresa, enfatizzando solo i principi di gestione del business da lui utilizzati in passato e non evidenziando il concetto di imprenditorialità come strumento per affrontare i cambiamenti del mercato e le nuove opportunità (Johannisson, 1987). Per ottenere un passaggio generazionale efficace è opportuno pertanto creare la giusta combinazione per quanto riguarda la trasmissione dei valori da una generazione all’altra, con l’obiettivo di trasmettere i caratteri fondamentali del business lasciando lo spazio alle future generazioni sulle scelte che possono far evolvere l’azienda.

L’uscita di scena

L’ultimo ruolo che il fondatore riveste nella vita della propria azienda è quello in cui decide di uscire di scena e lasciare spazio alle nuove generazioni. Questo momento chiude il cerchio della successione, indipendentemente che essa sia pianificata o meno. Infatti, in alcuni casi gli imprenditori lasciano l’impresa per cause di forza maggiore (che riguardano ad esempio la salute) o pianificando un modo per riuscire a rimanere all’interno della gestione e avere in qualche modo la voce in capitolo sull’azienda. Tuttavia, vi sono anche casi in cui l’abbandono dell’attività può essere

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vissuto con uno spirito positivo, potendo assumere un ruolo di consulente (diminuendo così le proprie responsabilità) o cercando altre imprese su cui concentrarsi48. Esiste anche la remota possibilità in cui l’imprenditore, avverso al dover lasciare il proprio ruolo, decida di selezionare, più o meno intenzionalmente, un successore poco capace e destinato al fallimento. In questo modo, il fondatore “soddisfa” il suo bisogno di sentirsi indispensabile per la vita dell’azienda vedendo che quest’ultima vive dei periodi di difficoltà in sua assenza. Questo tipo di comportamento evidenzia le personalità di molti imprenditori che cercano di mettere in atto una successione problematica (Danco 1980). Per questo è importante che il fondatore affronti con positività la pianificazione del passaggio generazionale di modo che, una volta inserito il successore designato, la family firm possa ripartire con il dovuto ottimismo e le nuove prospettive di crescita aziendale (Thompson, Streib e Kosa, 1960). In generale, è necessario che l’imprenditore abbia la consapevolezza di sé stesso e del ruolo che finora ha avuto all’interno della propria azienda e che allo stesso tempo assuma un atteggiamento propositivo nella pianificazione dell’azienda con l’obiettivo della continuità aziendale senza precludersi nuove sfide professionali al di là di quanto finora costruito49.