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Il ruolo dei mass media nella costruzione della cultura dominante

1. Un problema culturale

1.1 Il ruolo dei mass media nella costruzione della cultura dominante

Ad aggravare la situazione occorre menzionare l’apporto dei mass media, che sempre più interagiscono con l’opinione pubblica, plasmandone le idee sulla base delle informazioni, non sempre veritiere, che vengono profusamente diffuse.

317 CIARPI M., CIOFFI R., LEONARDI F., MORGANTE L., TURRINI VITA R. (a cura di), op. cit.,

in www.leduecitta.it, 13/11/2015.

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Nello specifico occorre analizzare il rapporto che si è venuto a creare, a partire dagli ultimi anni, tra la tecnologia319 e l’uso di questa, ed i valori eticamente condivisi da una società, i quali sono sempre più spesso derivazione delle informazioni digitali trasmesse dai mass media.

Senza entrare nel merito del discorso della tecnoetica320, vorrei invece soffermarmi su come l’ormai onnipresente tecnologia in qualsiasi aspetto della vita quotidiana, abbia come principale conseguenza quella di interagire con la delicata sfera dei valori individuali e con il modo in cui la società si relaziona ad essa.

In particolar modo Bennato321 (2010) sostiene che: - La tecnologia sia una forma di potere

- La tecnologia non sia una forza neutrale poiché porta con sé una specifica visione del mondo

- La tecnologia abbia un forte impatto antropologico.

Queste stesse considerazioni erano già state dibattute da Hans Jonas322, filosofo

bioetico il quale aveva sostenuto che la tecnologia moderna dovesse essere sottoposta ad una riflessione etica proprio per il fatto che essa stessa si costituisce come “forma di potere umano”.

Secondo Jonas la tecnologia è, in primo luogo, ambivalente negli effetti ovvero, nel momento in cui entra a far parte delle dinamiche sociali, non sempre è portatrice di conseguenze positive.323

319 Con tecnologia faccio riferimento in senso lato a tutte le apparecchiature elettroniche atte alla

diffusione o alla trasmissione di informazioni, a partire dalla televisione, al personal computer e l’era di Internet, e le nuove apparecchiature digitali come tablet e smartphone.

320 Termine coniato recentemente in assonanza con quello di bioetica, sta lentamente diventando

oggetto di interesse di diversi studiosi, a partire da Esquirol (2003), Luppicini e Addel (2009). Per tecnoetica si intende lo studio delle relazioni che si instaurano tra tecnologia e società, con particolare attenzione alla sfera di valori, concepiti all’interno di un’ottica pluralista e liberale.

321 BENNATO D., Sociologia dei media digitali. Rivelazioni sociali e processi comunicativi del web

partecipativo, Edizioni Laterza, Roma, 2011, pag. 123. Davide Bennato è professore

dell’Università degli Studi di Catania dove insegna Sociologia dei processi comunicativi e culturali e Sociologia dei nuovi media.

322 JONAS H., Il principio di responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, in BENNATO D.,

op. cit., pag. 129. HANS JONAS (1903-1993) è stato un filosofo tedesco naturalizzato statunitense

di origine ebraica.

323 Questa idea era già stata espressa da Melvin Kranzberg (1986), storico della scienza che aveva

voluto formalizzare l’ambiguità degli effetti della tecnologica mediante la sua prima legge che porta il suo nome: “La tecnologia non è né buona, né cattiva, né neutrale”.

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In altri termini non è detto che essa contribuisca alla soluzione di problemi sociali senza avere in cambio un costo umano non sempre identificabile.

Altro aspetto rilevante sollevato dal filosofo è connesso all’inevitabilità dell’applicazione tecnologica: quest’ultima infatti non consente la non azione poiché il suo sviluppo porta inevitabilmente alla sua applicazione e alle sue relative conseguenze umani e sociali.

Inoltre la tecnologia, pur generandosi in un determinato contesto temporale e spaziale, ne trascende i limiti, esercitando la sua influenza al di fuori dello spazio e del tempo.

L’apporto mediatico e digitale è dunque intriso di valori: la tecnologia viene vista al contempo come frutto, veicolo e modificatrice di valori e il ruolo assunto dagli organi di informazione nella costruzione dell’opinione pubblica non deve essere trascurato.324

La trasposizione di questi principi tecnoetici in riferimento alla costruzione dell’opinione pubblica nella sfera della giustizia e dell’esecuzione penale, permette di riflettere su alcuni importanti aspetti.

Il potere mediatico, concretizzandosi nella capacità dei mezzi di comunicazione di massa di influenzare sia la sfera politica che l’opinione pubblica (Blumer, 1969), attribuisce molto spesso alla questione dell’esecuzione della pena il carattere di “problema sociale”.

Un esempio calzante è dato proprio dall’approvazione del provvedimento di indulto del 2006, attorno al quale i mass media stessi hanno contribuito alla costruzione di un’immagine del fenomeno connotata essenzialmente da tratti negativi.

In una prima fase infatti, gli organi di informazione sembravano aver introiettato nell’immaginario collettivo una duplice rappresentazione dell’indulto come da un lato un provvedimento “salva ladri” e, dall’altro, come la causa della liberazione

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anticipata di numerosi criminali che avrebbero provocato un aumento repentino dell’insicurezza sociale e quindi della criminalità.325

“Tale rappresentazione è avvenuta attraverso il notevole spazio che hanno assunto, negli organi di informazione, le voci di politici, opinionisti, intellettuali, giuristi e criminologi contrari al provvedimento di clemenza che hanno assunto il ruolo di «imprenditori morali», impegnati nella rappresentazione dell’indulto come provvedimento negativo che avrebbe riaffermato il senso di impunità dei corrotti e un aumento della criminalità”.326

In una seconda fase inoltre il presunto aumento della criminalità è stato poi ulteriormente rafforzato attraverso l’eccessiva enfatizzazione dei fatti di cronaca che hanno visto al centro della scena proprio alcuni di quei “criminali” che avevano usufruito del provvedimento di indulto.

La deformazione delle informazioni mediatiche e l’introiettamento delle stesse nell’immaginario collettivo e popolare ha dunque fatto sì che il fenomeno dell’aumento della criminalità conseguente all’indulto fosse progressivamente passato da un argomento di discussione probabile ed ipotetico ad un fatto certo e sicuro.

In questo modo una serie di fenomeni come l’aumento della criminalità, l’innalzamento dei tassi di recidiva dei soggetti indultati, associati ad alcuni fatti di cronaca, sono diventati dati sicuri, non di certo opinabili, ed hanno contribuito alla costruzione di una realtà deformata ma creduta certa dalla collettività.

Questo processo ha coinvolto inoltre buona parte del mondo politico: nonostante infatti il provvedimento di grazia fosse stato inizialmente approvato dalla grande maggioranza del Parlamento, l’immagine negativa dell’indulto, creatasi a partire dalla divulgazione delle informazioni mediatiche, ha portato ad un progressivo calo

325 TORRENTE G. JOCTEAU G., Indulto e recidiva. Uno studio dopo sei mesi dall’approvazione del

provvedimento, pag. 2, 2007, in www.osservatorioantigone.it, 13/10/2015.

326 BECKER H.S., Outsiders. Saggi di sociologia della devianza, in TORRENTE G. JOCTEAU G.,

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delle opinioni positive di giuristi e politici che erano, almeno all’inizio, sostenitori convinti dello stesso provvedimento.327

Nel campo della giustizia penale e dell’esecuzione delle pene dunque le informazioni trasmesse attraverso le fonti mediatiche non sono spesso sostenute da dati oggettivi, certi oppure scientificamente validi, ma non per questo non vengono assunte come veritiere da parte di chi le ascolta.