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Stranieri e misure alternative alla detenzione

Una questione a parte meritevole di analisi è quella riguardante la concessione delle misure alternative alla detenzione nei confronti della popolazione straniera detenuta, extracomunitaria o irregolare.

Negli ultimi anni questo problema è stato oggetto di maggior attenzione, soprattutto a seguito della decisione delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 14500 del 2006 e poi della sentenza della Corte Costituzionale n.78 del 2007, con le quali è stata ammessa la possibilità di riconoscere, anche per questa tipologia di detenuto, l’applicabilità di alcune misure alternative.201

La problematica in questione riguarda nello specifico tutti coloro che, detenuti, si trovano in Italia in condizioni di clandestinità o di irregolarità e che quindi, in assenza di un permesso di soggiorno, non hanno un né un titolo legittimo per poter circolare liberamente sul territorio nazionale italiano e neppure la possibilità di usufruire degli stessi benefici presenti nel nostro Ordinamento Penitenziario per un detenuto italiano o per uno straniero regolare (misure alternative).

Nonostante infatti il principio generale, contenuto nella legge dell’Ordinamento Penitenziario, abbia da sempre promosso un divieto di differenziazione del trattamento del detenuto soprattutto per motivi etnici, razziali o di provenienza geografica, le analisi empiriche svolte sull’argomento, evidenzierebbero, al contrario, la presenza di una discriminazione di fatto circa la possibilità per gli stranieri di fruire delle occasioni di reinserimento sociale al pari del detenuto nazionale, sia per ragioni legali (mancanza permesso di soggiorno), sia per ragioni sociali (mancanza di un’abitazione o di una rete di sostegno) e sia per ragioni pratiche (difficoltà di reperimento della famiglia di origine o semplicemente difficoltà nell’uso della lingua italiana).202

201 LANZA E., Stranieri e misure alternative alla detenzione carceraria. Considerazioni sulla

sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 2007, in Rassegna penitenziaria e criminologica n. 2, 2007, pag. 2.

202 MAROTTA G., Detenuti stranieri in Italia: dimensioni e problematiche del multiculturalismo

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Da ciò si rileva la presenza di un forte svantaggio a scapito degli stranieri irregolari per i quali, essendo privi di un substrato sociale e culturale idoneo, non è possibile procedere facilmente con una valutazione prognostica positiva circa l’efficacia o la buona riuscita del programma di reinserimento sociale e lavorativo.

Se in passato questo problema poteva prevedere implicazioni marginali, ai giorni nostri suddetta questione sembra assumere sempre più maggior rilevanza, soprattutto a causa dell’incremento del numero della popolazione straniera detenuta negli Istituti di Pena Italiani: secondo i dati statistici provenienti dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria nel 2010 i detenuti stranieri presenti in carcere erano 24.954 contro i 18.252 che affollavano gli stessi Istituti di pena nel 2007.

Per contro nel 2014 la popolazione straniera, nonostante i recenti flussi migratori, è scesa a 17.492 ma rimane pur sempre un numero significativo che deve essere ridotto in numeri percentuali.203

Ritornando alla questione riguardante l’applicabilità o meno delle misure alternative alla detenzione nei confronti del detenuto straniero, si rileva come alcune correnti giurisprudenziali abbiano negato la possibilità di concessione di tali misure proprio “in ragione dell’incompatibilità ontologica della condizione di straniero con le soluzioni trattamentali extramurarie”.204

Una delle vicende più significative è rappresentata proprio dalla Sentenza “Calderon” del 2003 in cui la Corte di Cassazione ha sostenuto che “L’affidamento in prova al servizio sociale e, in genere, tutte le misure alternative alla detenzione, non possano essere applicate allo straniero extracomunitario che si trovi in Italia in condizioni di clandestinità, atteso che tale condizione rende illegale la permanenza del medesimo straniero nel territorio dello Stato e non può, d’altra parte, ammettersi che l’esecuzione della pena abbia luogo con modalità tali da comportare la violazione o l’esclusione delle norme che rendono configurabile detta illegalità […] La loro concessione, infatti, è subordinata alla sussistenza delle condizioni per

203 Fonte DAP- Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Ufficio per lo sviluppo e la gestione

del sistema informativo automatizzato, sezione statistica in www.giustizia.it, 20/10/2015.

204 LANZA E., Stranieri e misure alternative alla detenzione carceraria. Considerazioni sulla

sentenza della Corte Costituzionale n. 78 del 2007, in Rassegna penitenziaria e criminologica n. 2, 2007, pag. 18.

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ciascuna specificatamente previste, afferenti al titolo del reato e alla durata della pena in esecuzione, nonché alla personalità del reo”.205

In altri termini l’applicazione delle misure alternative ai clandestini e irregolari, è contraddittoria rispetto ai contenuti del Testo Unico sull’immigrazione, in cui è generalmente vietata la permanenza dello straniero sul territorio nazionale italiano, se privo del permesso di soggiorno.

Nel corso degli anni tuttavia la giurisprudenza ha cominciato a riconoscere, in alcuni casi limitati, la possibilità di concessione di alcune misure anche nei confronti degli stranieri condannati in via definitiva e senza permesso di soggiorno: il Tribunale di Sorveglianza di Milano per esempio, nel 2003 ha sostenuto che “la situazione di cittadino extracomunitario privo di valida autorizzazione alla permanenza sul territorio nazionale non può essere di per sé solo valido motivo di rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale, qualora sussistano agli ulteriori presupposti richiesti dalle norme sull’Ordinamento Penitenziario”.206

Ancora nel 2005207, la Corte di Cassazione con una decisione in netta

contraddizione con la Sentenza “Calderon”, ammette la possibilità per lo straniero entrato illegalmente nel territorio italiano di vedersi applicate le misure alternative alla detenzione in conformità con il valore della finalità rieducativa della pena sancita costituzionalmente.208

Tutte le problematiche interpretative connesse al riconoscimento agli stranieri della possibilità di fruizione delle misure alternative extramurarie sono state acuite proprio in seguito alla previsione, nel Testo Unico sull’Immigrazione, dell’istituto della espulsione dello straniero come misura alternativa alla detenzione in carcere.

205 Corte di Cassazione, sez. I, ud. 20 maggio 3003 (dep. 17 luglio 2003), n. 30310, Calderon, in

Rassegna penitenziaria e criminologica n. 2, 2007, pag. 18.

206 Tribunale di sorveglianza di Milano, ordinanza 15 luglio 2003, in Rassegna penitenziaria e

criminologica n. 2, 2007, pag. 22.

207 Corte di Cassazione sez. I, ud. 18 ottobre 2005 (dep. 23 novembre 2005), n. 42234 in Rassegna

penitenziaria e criminologica n. 2, 2007, pag. 22.

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Suddetta “misura”, disciplinata all’Art. 16 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n° 286209 e modificata con la legge n. 189 del 2002 (c.d. Bossi-Fini), è disposta nei confronti del detenuto straniero, identificato, che debba scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore ai due anni.

L’espulsione si applica in presenza delle condizioni previste dall’Art. 13 comma 2 del Testo Unico. Occorre cioè:

- La qualificazione della persona come straniero - L’avvenuta identificazione dello straniero - Lo stato di detenzione dello straniero - La condizione di espellibilità dello straniero

- Una condanna o un residuo pena da scontare non superiore a due anni.210 L’espulsione viene disposta dal Magistrato di Sorveglianza il quale, tramite apposito decreto, decide favorevolmente o sfavorevolmente sulla misura dopo aver acquisito le informazioni necessarie sull’identità e la nazionalità dello straniero dagli organi di polizia.211

Il decreto viene direttamente comunicato all’interessato il quale, entro il termine massimo di 10 giorni, può impugnare la decisione dinanzi al Tribunale di Sorveglianza.

L’esecuzione della misura è eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione, che dispone l’accompagnamento dello straniero alla frontiera con l’ausilio della forza pubblica: la pena si estingue dopo 10 anni dall’esecuzione del provvedimento di espulsione a meno che lo straniero non sia nel frattempo rientrato illegalmente nel territorio italiano.

In quest’ultimo caso viene ripristinata l’esecuzione della pena e l’eventuale detenzione.212

209 D.Lgs 286/1998 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e le

norme sulla condizione dello straniero”.

210www.giustizia.it, 20/10/2015.

211 CIARPI M., TURRINI VITA R., op. cit., pag. 111.

212 MARCHESELLI A., L’espulsione dallo stato come regime alternativo all’esecuzione della pena.

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Sono numerose le diatribe legislative che ruotano attorno all’analisi circa l’utilità o la funzionalità della procedura di espulsione dello straniero extracomunitario.

Innanzitutto è importante ricordare che la ratio di questa misura è sottesa ad un’esigenza di deflazione carceraria, come se l’espulsione fosse un mero strumento da utilizzare nei confronti di soggetti verso cui lo Stato non percepisce obblighi di risocializzazione e di conseguenza utile solo per ridurre il problema del sovraffollamento carcerario.213

Ampie discussioni inoltre vertono proprio sulla natura dell’istituto ovvero se si tratta di un’effettiva misura alternativa alla detenzione oppure no.

Lo stesso Art. 16, all’ultimo comma, del Testo Unico sull’immigrazione infatti, utilizza il termine “sanzione” alternativa e non “misura” nell’intento di disciplinare questo istituto.

L’espulsione dello straniero acquisisce, nella sua applicazione, un carattere coercitivo e vincolante senza tenere in considerazione in nessun modo delle caratteristiche soggettive o individuali del soggetto cui viene prevista la sanzione.

I sostenitori di questa posizione inoltre osservano che l’allontanamento coatto dal territorio nazionale, e quindi dal tessuto sociale nel quale dovrebbe indirizzarsi il percorso rieducativo del detenuto, esclude a priori la possibilità di pensare, per lo straniero, quel percorso riabilitativo che costituisce proprio il fine principale delle misure alternative alla detenzione e che trova inoltre conferma nel dettato costituzionale.

Per questo stesso motivo i fautori dell’opinione opposta, che considerano del tutto irrilevante l’uso terminologico di “sanzione” di cui all’Art. 16 T.U., ritengono invece che l’espulsione dello straniero debba rientrare in una terza tipologia di misura alternativa, diversa sia dall’affido in prova che dalla semilibertà poiché, a differenza di queste ultime che comunque presuppongono in qualche modo l’espiazione della pena seppur al di fuori delle mura carcerarie, l’espulsione esula da alcun tipo di

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contatto con gli istituti di pena né si incardina all’interno di un percorso riabilitativo per il detenuto.214

In tal senso l’espulsione dello straniero viene vista come un “condono speciale per l’extracomunitario o una sospensione della pena con un esito favorevole dall’allontanamento dal territorio dello Stato, peraltro non rinunciabile diversamente dalle misure alternative ordinarie”.215

A conferma di quanto detto, lo stesso Lanza ritiene che “l’espulsione non può essere inquadrata tra le misure alternative vere e proprie, ma costituisce una nuova forma di pena sostitutiva della detenzione in carcere, da applicarsi in sede esecutiva”.216

Nonostante l’espulsione possa costituire attualmente la sanzione extramuraria principale, nonché la più frequente, questo istituto non esclude a priori la possibilità che possano essere previste altre alternative alla detenzione applicabili al detenuto extracomunitario.

In una situazione di vuoto normativo, è stata chiamata ad esprimersi la Corte Costituzionale, la quale con una sentenza del 2007217 ha stabilito che nei confronti

dello straniero espulso dal territorio dello Stato, l’espiazione della pena può avvenire nelle forme delle misure alternative previste dall’ordinamento penitenziario.

Di conseguenza gli stranieri privi di permesso di soggiorno nei confronti dei quali viene emanato un decreto di espulsione, non vanno automaticamente esclusi dal regime delle misure alternative se si trovano in prigione a scontare una condanna.218

In conclusione la ratio della sentenza è connessa al fatto che il fine rieducativo della pena stessa non deve essere escluso a priori in virtù di discriminazioni razziali o di nazionalità di origine: un’eventuale disparità di trattamento rieducativo infatti, sarebbe contraria ai principi di uguaglianza dettati dalla Costituzione.

214 LANZA E., op. cit., pag. 35.

215 PAVONE M., L’espulsione dello straniero come misura alternativa alla detenzione, 2004, in www.altalex.com, 20/10/2015.

216 LANZA E., op. cit., pag. 37.

217 Corte Costituzionale, sentenza 5 marzo 2007 (dep. 16 marzo 2007), n. 78 in www.cortecostituzionale.it, 20/10/2015.

218 PAVONE M., Le misure alternative alla detenzione sono applicabili anche ai clandestini, 2004, in www.ristretti.it, 20/10/2015.

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