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Quando si parla di New Age e sacralizzazione del sé non è possibile prescindere dal citare Paul Heelas, la cui opera è uno dei primi studio sui movimenti cosiddetti New Age. È lui, del resto, che pone le prime domande riguardo alla definizione di cosa sia classificabile come New Age e cosa no. L’importanza dell’opera di Heelas, quindi, sta nell’offrire punti di vista innovativi sui movimenti New Age, partendo dalle linee guida, dal funzionamento e dall’approccio di reclutamento di questa corrente. In generale, è possibile affermare che la New Age nasca da un’incrollabile sfiducia nella società dominante, che avrebbe reso l’individuo insufficiente a se stesso ed alienato attraverso un processo di indottrinamento o, meglio, di lavaggio del cervello. In realtà, sempre secondo la New Age, l’individuo liberato da queste catene sociali sarebbe molto più potente, capace anche di esperire la sacralità del Sé e, dunque, Dio (Heelas in Pels, 1998: 264). La sacralizzazione del Sé punta tutto su una detradizionalizzazione, ovvero il rifiuto e l’abbandono di tutte quelle tradizioni che sono considerate inquinanti e derivanti dalla cultura dominante. Questo processo si affida a pratiche invece occulte, esoteriche, interiori, ovvero tutto ciò che non prevede un’autorità in grado di confermare o smentire ciò che è vero e ciò che non lo è. In questo modo, la New Age si configura come una religione della modernità, in quanto spiritualizza ciò che è

nativi dai loro parenti, ma nemmeno accettati come cittadini dalla popolazione bianca.

19 Anche uno dei miei interlocutori nativi, Cody, ha puntualizzato che molti aspetti della sua cultura

Muscogee erano andati perduti, in quanto non più tramandati oralmente o definitivamente modificati nel tempo.

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secolare, e trasforma le religioni tradizionali come cristianesimo o buddismo in un’ottica detradizionalizzata. Tuttavia, New Age non è soltanto né completamente il rifiuto della modernità. La spiritualizzazione del Sé, infatti, può diramarsi in due direzioni: in primo luogo, verso l’effettiva rinuncia alla società dominante, al capitalismo ed alla materialità; in secondo luogo, può esistere anche il movimento opposto, in una sorta di New Age “calvinista” che vede nella realizzazione lavorativa, economica e materiale la vera realizzazione del Sé. In questo modo, dunque, la New Age si pone come movimento, o religione, inclusiva per ogni persona che non si riconosca nella società mainstream e che sia alla ricerca di cambiamento e forme alternative di spiritualità. In questo senso, dunque, la New Age è definita «perennialist» (Heelas in Pels, 1998: 264), ovvero alla ricerca di un nocciolo di saggezza comune in tutte le religioni e che possa dunque riunire tutte le persone globalmente. Per questo, dunque, la New Age va a porsi in ulteriore contrasto con le cosiddette religioni mainstream, che invece sono esclusiviste, in quanto puntano sulle differenze che caratterizzano ciascuna dall’altra. In sostanza, la New Age è meglio definita in quanto discorso – o anche “lingua franca” – sviluppatosi nel tempo e che produce le proprie pratiche sociali, al contempo mescolandosi con quelle preesistenti (Pels, 1998: 265). La caratteristica principale di un qualsiasi movimento afferente a questa narrazione New Age è quella della complessità di tematiche e contenuti, proprio perché la cosiddetta «self-spirituality» non considera i limiti posti dalla scienza tra le varie discipline. Data questa fluidità, è difficile definire esattamente la New Age, sia come movimento, narrazione, religione o corrente filosofica, ma anche quali ne siano le caratteristiche, senza contare, infine, chi partecipi a questi movimenti e narrazioni (Heelas, 1999). In effetti, definire un’associazione, un evento o un movimento spirituale “new age” viene talvolta percepito con accezione negativa dai partecipanti, che potrebbero considerare come non afferenti a quest’ottica se stessi o la loro missione (Heelas, 1999). La perifrasi che propone Mulcock (2001: 38), infatti, sembra voler includere più persone all’interno dei “movimenti di guarigione e spiritualità alternativa”.

La New Age intesa, con Heelas, come corrente filosofica e spirituale che raggruppa varie e diversificate tipologie di persone e movimenti, sacralizza non solo il “sé individuale”, ma la modernità stessa. Proprio questo processo di sacralizzazione può giungere in aiuto per una proposta di definizione della New Age in un’ottica religiosa e spirituale, ricorrendo a Durkheim. Per lui, infatti, è di primario interesse capire come una società sacralizza, ovvero come separa pratiche e rituali dall’ordinarietà (o meglio dall’ambito del profano), in quanto i modi e gli oggetti selezionati sanciscono le differenze culturali. Se la sacralità funziona

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soltanto nel contesto in cui ha origine, però, allora non avrebbe più senso parlarne in un mondo che è ormai transnazionale – o perennialista - in cui significati, simboli, pratiche e rituali viaggiano alla velocità di Internet. Se però si inscrive ciascuna di queste pratiche e rituali all’interno del sistema-mondo, allora può divenire più chiara anche l’appropriazione stessa. In quest’ottica di appropriazione transnazionale di rituali e pratiche sacre, si crea anche quella comunità morale che per Durkheim è il contesto di una religione. È forse possibile, anche se azzardato, definire la New Age, e in particolare l’appropriazione che alcuni movimenti applicano, all’interno del contesto religioso, in quanto «sistema di credenze e pratiche relative a cose sacre, cioè separate, le quali uniscono in un’unica comunità morale tutti coloro che vi aderiscono». Il problema principale della New Age, in sostanza, sarebbero gli oggetti, le pratiche ed i rituali che vengono sacralizzati poiché, stando a Pels, non vengono considerati confini istituzionali tra le discipline (1998: 266). Pertanto, concetti psicologici andranno a sostenere esperienze spirituali e pratiche comunitarie prese da altre culture, esterne alla propria (Pels, 1998:266).

Secondo Heelas, il punto di partenza e l’input per ogni newager è la perdita dei riferimenti della tradizione, appunto la «detradizionalizzazione», un vero e proprio rifiuto di tutto ciò che è considerato tradizione, dogma, codice morale. Al contempo, viene dato risalto a ciò che appare come arcano, esoterico, nascosto, visto come vero fulcro di una tradizione che deve essere esclusivamente interiore e segreta. In questo modo, quindi, si afferma la «spiritualità del sé» o dell'«io sono Dio», che prevede un cammino interiore di autoconsapevolezza del sé. La verità, qui, è che l’unica autorità ammessa (ufficialmente) dalla New Age è l’individuo che, attraverso tale consapevolezza, può giungere alla pienezza del suo essere Dio. Dalla "spiritualità del sé", come detto, è possibile prendere due orientamenti estremamente diversi, il rifiuto della materialità e la sacralizzazione della stessa. Vi è inoltre, come sempre, una via di mezzo che considera possibile poter ottenere il meglio di entrambi. Come ci sono due approcci opposti alla New Age, è dunque evidente che non possa esistere una sola autorità. Di fatti, l’individuo, soprattutto nel processo di sacralizzazione del sé, non può che fare riferimento ad un’autorità esterna, nella figura di guru spirituali, maestri spirituali (spesso di culture Altre), divinità pagane. In altre parole, nonostante Heelas non ne faccia menzione, è evidente che la New Age, pur partendo da una base detradizionalizzata, ha comunque la necessità di un background culturale, dove il più vicino e disponibile è proprio quello da cui fugge. Portando all’estremo questa duplicità, per citare la letteratura europea, si può “giustificare” l’ambiguità delle due tendenze in un’ottica di naturalità.

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Il y a dans tout homme, à toute heure, deux postulations simultanées, l'une vers Dieu, l'autre vers Satan. L'invocation à Dieu, ou spiritualité, est un désir de monter en grade ; celle de Satan, ou animalité, est une joie de descendre.21

Citando Baudelaire, ovviamente, non si intende dire che la spiritualità sia “buona”, in opposizione ad un consumismo visto come “cattivo”, quanto piuttosto indicare che l’ambivalenza può essere vista come culturalmente determinata. Anche Pels fa un’affermazione simile, dicendo appunto che l’uomo tendenzialmente ha due propensioni, una verso la perfezione personale, l’altra verso il capitalismo (1998:269). Queste, però, portano necessariamente ad un’insoddisfazione e ad un senso di incompletezza che la borghesia – tra le cui fila pare esser nata la New Age – sfoga attraverso il capitalismo stesso (Pels, 1998: 269). Per questo è possibile associarsi a quanti affermano che New Age e consumismo hanno le medesime radici culturali e motivazioni personali, appunto una sacralizzazione della modernità (Pels, 1998: 271).