Capitolo 3. Contestualizzazione, Associazioni e Interlocutori Come già descritto, la presente ricerca si è articolata in diverse fasi Una ricerca online prima,
3.3 Il Villaggio di Aquila Chiazzata
3.3.2 Vivere il Villaggio Ogg
Attualmente, il Villaggio di Aquila Chiazzata è stanziato stabilmente sulle rive del lago Lungo, gestito e custodito da Gianfranco Mosconi, detto Meco. È possibile recarvisi in qualsiasi momento. L’accoglienza di Meco risulta cortese ed ospitale, come se si entrasse effettivamente in casa sua. Vi sono infatti tutta una serie di tacite regole di comportamento da seguire che corrispondono circa al buon senso, ma che cerca di ribadire nel modo più sottile possibile. Per esempio, i cani vanno tenuti al guinzaglio e controllati, i bambini possono muoversi liberamente, ma senza rompere nulla, non possono avvicinarsi al fuoco in quanto sacro (oltre che pericoloso). Si è i benvenuti, dunque, se si è rispettosi e aperti. Da subito, appare chiaro che il villaggio sia pensato soprattutto per bambini, immerso nella pace
64 Meco e altri frequentatori assidui hanno accennato ad un incendio, così come Katiuscia, la moglie
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e tranquillità del bosco: vi sono i tepee, dei pannelli informativi, delle sculture per giocare, archi e frecce giocattolo, casacche per vestirsi da indiano, ecc. Per gli adulti, apparentemente, non si ritrova che il luogo in sé. Effettivamente, in molti confermano il parere di un amico di Meco, che afferma che nel villaggio si percepisce la forza e potenza della Natura.
Per una maggiore precisione, si procede di seguito alla descrizione del villaggio facendo riferimento ad uno schizzo che rappresenta sommariamente la disposizione degli oggetti65.
Si tenga presente che il villaggio così descritto si trova all’interno di un’area più grande che è appunto il Lago Lungo. Per quanto riguarda la toponomastica del villaggio, si utilizzano qui gli stessi nomi dati da Meco ai vari punti del villaggio, insieme a quelli di un bambino che mi ha guidata il secondo giorno di permanenza66.
“WELCOME Black Foot Indian Reservation. Parco Aquila Chiazzata. Indiani d’America” è l’insegna in legno che si scorge dal parcheggio del lago (Fotografia 2). Di fianco, un ampio
65 Tale descrizione si basa ovviamente su quanto ho visto durante l’esperienza di campo, quindi
l’aspetto del villaggio tra giugno e settembre 2018. Pertanto, si farà un’eccezione di formattazione, includendo la fotografia all’interno del testo.
66 Si tratta di Andrea, chiamato da Meco “il bambino che parla coi sogni”. Andrea ha raccontato una
storia ambientata nel villaggio, non so se frutto della sua fantasia, o basata su quanto gli è stato raccontato da Meco in precedenza. In ogni caso, ha indicato vari punti del villaggio con nomi “nativizzanti”, che Meco invece non ha mai descritto.
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cancello in legno consente l’ingresso al villaggio (A), portando ad un sentiero acciottolato che carezza tutta l’area (Fotografia 3). Scendendo questo sentiero, ci si trova su entrambi i lati vari punti focali del villaggio. Per esempio, subito sulla sinistra, la struttura lignea per la Capanna del Sudore (B), dopodiché un piccolo tepee, che potrebbe quello della Medicina secondo Andrea (C). Sulla destra invece, poco più avanti quello piccolo, si trova la struttura del Tepee Caduto più grande, dove sono posizionati dei pallet per fornire sedute ai visitatori (D). Di fronte, un tavolo di legno con due panche, luogo di condivisione dei pasti (E) e, proseguendo oltre, la Casa degli Alberi Caduti, che funge da legnaia e rimessa per gli attrezzi (F). Dall’altro lato del vialetto si trova il secondo Tepee Caduto, di cui non è chiara la precedente funzione, ma che è rimasto in tatto nella struttura e nei divani che erano all’interno, contornato da un nastro perché nessuno vi accedesse (G). Tornando indietro verso il punto precedente, un’aggiunta recente è il Formicaio del Colore, voluto fortemente da uno degli interlocutori e lasciato in modo permanente da Meco (H); si tratta di una postazione in cui era stato messo un cavalletto con delle tempere, e dove ognuno dei partecipanti all’evento del weekend ha potuto lasciare una traccia di sé (Fotografie 11-12). Infine, al centro del villaggio, il Tepee del Consiglio (I), il più grande ancora eretto, che funge da punto di ritrovo e aggregazione per tutti i visitatori. Per Meco è proprio il corrispettivo di una sala riunioni, dove accoglie i nuovi visitatori e lascia che ognuno parli delle proprie esperienze. Nel Tepee del Consiglio, guardandosi intorno, ci si renderà conto di trovarsi in un luogo complesso, dove l’occhio necessita di qualche secondo per abituarsi alla penombra perenne, e il naso capta un mix di odori derivanti da pelli e coperte non più nuove, pareti rivestite esternamente da macchie di muffa e legna nella stufa. Si tratta quasi un mondo completamente a sé. Dando dunque le spalle all’ingresso, un ovale coperto da un’asse di sughero rettangolare, si troverà al centro l’elemento principale, una stufa di ghisa con un forno ampio e, seguendo il tubo di sfiato della stessa, ci si ritroverà con il naso all’insù a fissare la luce del sole che filtra dall’apertura stretta, dove le travi di sostegno si incontrano. Ridiscendendo con lo sguardo, non si può non notare uno stormo di acchiappasogni di diversi colori, grandezze, materiali e fattezze pendere dalle travi, con le piume che di tanto in tanto solleticano le teste a varie altezze, qualche pelle e pelliccia, tuniche con le frange da “indiano”, per bambini, archi giocattolo, ed infine le sedute. Sono presenti circa dodici materassi, poggiati su pallet o assi di legno e coperti di pelli, trapunte e plaid di vario tipo, pronti ad accogliere persone che vogliano rilassarsi per qualche minuto, sedersi a parlare, o persino passare la notte lì. A completare il tutto, tamburi, libri per bambini sugli indiani,
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candele, incensi, statuette, colori, altre pelli, e quant’altro formano il centro del Tepee abbracciando la stufa.
Uscendo dal Tepee e proseguendo verso destra, si imbocca il Sentiero dell’Ovest (L), che al Tepee del Ghiro (M) e, addentrandosi un po’ nel bosco, al Lago Indiano (N), dove «vive una biscia d’acqua»67. Da qui, se si svolta a sinistra ci si infittisce nel bosco, e il sentiero è meno
battuto, andando a destra, invece, si prende la via che riporta al villaggio, passando di fianco alla Roulotte di Meco (O). Subito dopo, le zone del tiro con l’arco e dell’addestramento dei guerrieri (P), affiancati dai Cerchi della Fortuna e della Sfortuna (Q). Poco prima di tornare al Tepee del consiglio, nascosta tra le fronde si trova la Sorgente (R), una fonte di acqua fresca di fiume. Proseguendo oltre, dopo la casa degli alberi caduti ed il tavolone in legno, sulla destra si trova il Sentiero dell’Est (S), che porta alla Casa del Fuoco (T), una nicchia formatasi in seguito ad un terremoto per cui un grande masso, crollando, si sarebbe fermato sulla parete rocciosa della collina, creando un camino naturale68. La Casa del Fuoco è il fulcro
delle pratiche quotidiane di condivisione, dal caffè della mattina, alla preghiere al Wakan, dalle chiacchere del dopo pranzo, al riposo del pomeriggio. Da qui si può raggiungere anche la Capanna del Coraggio (U), un’attrazione sicuramente divertente e curiosa per i bambini. È un piccolo Tepee dall’ingresso molto basso, e la sfida sta nel fare capolino all’interno per verificare se il mostro è in casa oppure se è già stato sconfitto, il primo che si arrischia a farlo è, appunto, il più coraggioso. Tornando al centro del villaggio, tra il Tepee della Medicina (C) e il secondo Tepee Caduto (G) si trova il secondo ingresso al villaggio (V), rivolto verso il lago, così che gli avventori dello stesso possano capitare tra gli indiani.