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Scuola e integrazione

Nel documento Migration and Research in Europe (pagine 84-90)

Secondo le ultime statistiche pubblicate dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) nel 2015, sono 815 mila gli alunni stranieri iscritti nelle scuole italiane. Erano soltanto 50 mila negli anni ’90. L’incremento della percentuale di alunni con cittadinanza non italiana nelle nostre scuole è stato dunque molto forte, per quan- to si registri nell’attualità un rallentamento dei nuovi in- gressi e delle presenze, mentre è in aumento il numero dei minori stranieri non accompagnati, più che raddop- piato se confrontiamo gli ultimi due anni.

L’Italia è tuttavia un paese che ha una tradizione piut- tosto recente in tema di immigrazione, almeno se parago- nata ad altri paesi come la Germania, in cui il fenomeno risale ad anni precedenti e assume caratteristiche strut- turali, oltre che numericamente più rilevanti.

È importante evidenziare che nell’ultimo anno vi è sta- to un aumento ridotto, soltanto 5 mila alunni stranieri si sono iscritti nelle nostre scuole, mentre nei periodi pre- cedenti i flussi registravano 30, 40, anche 50 mila iscrizioni l’anno. Sulla base delle ultime rilevazioni sembrerebbe che l’incremento non raggiunga il migliaio di nuove presenze, ciò dovuto a fattori determinati – quali la diminuzione del numero dei ricongiungimenti – poiché, sebbene rimanga alto il numero degli arrivi di stranieri adulti, essi transita- no dall’Italia dirigendosi poi verso altri paesi.

La nostra è una cultura dell’accoglienza e della piena inte- grazione, una scelta questa attuata fin dall’inizio, in coerenza con altri ambiti nei quali pure – primi al mondo – abbia- mo promosso e attuato la piena integrazione. Un alunno straniero che arriva in Italia, ancorché senza permesso di soggiorno, ha diritto all’istruzione e all’assistenza sanitaria. Si tratta di un principio che non è unanimemente condi- viso in Europa, anzi, in paesi quali l’Olanda, ad esempio, uno studente straniero deve permanere almeno 30 set- timane in una classe speciale prima di essere inserito in una scuola comune.

Aver scelto la cultura dell’inclusione, da più di qua- rant’anni, e aver voluto mantenere questa scelta, com- porta evidentemente un impegno straordinario da par- te dei nostri insegnanti, dei dirigenti scolastici e anche di tutti gli attori istituzionali coinvolti. Il maggior impegno è sicuramente richiesto ai docenti, proprio in ragione della complessità delle nostre classi, dove spesso possiamo tro- vare cinque alunni stranieri, un alunno disabile, un alunno

are nine types of special classes, and students are distrib- uted depending on their disability or disorders, as well as based on their learning level. Teaching is standardised, thus targeting homogeneous groups in terms of learning styles and intellective faculties. As a consequence, public authorities provide their teachers with “teaching kits”, de- pending on the classes they are teaching. The complex- ity of Italian classes, instead, due to the choice made in the 1970s, requires a much stronger effort. Customising teaching – as opposed to standardisation – becomes es- sential, just like adopting inclusive teaching approaches aimed at finding a common denominator in order to meet the different needs of all.

Therefore, our schools rest on four main princi- ples, namely universalism, communal schooling, focus on the person and his/her relations, and intercultural- ism. Actually, our goals include developing knowledge of the migrant’s mother tongue, and of the culture of their countries of origin. These are the principles of full inclu- sion and multiculturalism, which are founded on respect for other cultures.

And this is the general context that serves as an es- sential introduction to my speech.

However, given the Conference’s main theme – that is, the role of small- and medium-sized towns – I would like to dwell on a particular aspect, that is, organisation. In summary, one may say that our school administra- tion has adopted a three-pillar strategy, based on regula- tions, education, and organisation. I would like to linger on the latter, with reference to small- and medium-sized towns.

In some respects, large cities – metropolitan cities – are aggregates of small towns. For instance, Rome con- sists of 15 districts (currently called Municipi, whereas in the past there were 20 “Circoscrizioni”); Paris has 20 arrondissements; London has its City – that is, its origi- nal core, the Square mile, plus 32 surrounding boroughs. From an administrative – but also city planning – view point, these are small coexisting towns. Organisationally speaking, this is quite interesting, in that a macro-aggre- gate is divided into smaller elements, which are easier to manage and are coordinated to make up a bigger entity. The breaking down of large cities in smaller parts brings about problems of the homogeneity/lack of homogene- ity of the individual parts, of their identification, as well as those of the system’s internal links keeping the various elements together (including the administrative districts and different local entities, which have different functions and benchmarks).

Let us now think of the complex Italian school sys- tem, with its 8 million or so students, 805,000 teachers and professors, more than 8,400 schools and education- con dislessia, altri con disagio sociale e altri ancora con

livelli di apprendimento molto diversi.

In altri paesi europei – ad esempio, il Belgio – esistono nove tipi di classi speciali nelle quali gli alunni vengono divisi in base alla tipologia di disabilità o disturbo e per livello di apprendimento. L’insegnamento è standardizzato e si rivol- ge dunque a gruppi omogenei per stile di apprendimento e doti intellettive. Di conseguenza, l’autorità governativa fornisce “kit didattici” ai docenti, predisposti in base alle classi in cui operano. Ben altro impegno richiede invece la complessità delle classi italiane, proprio in ragione della scelta di fondo operata negli anni ’70. La personalizzazione dei percorsi – anziché la standardizzazione – diviene una necessità, così come l’adozione di una didattica inclusiva, tesa a trovare un denominatore comune per intercettare i differenti bisogni educativi di tutti e di ciascuno.

La nostra scuola si ispira dunque a quattro principi ge- nerali: universalismo, scuola comune, centralità della per- sona in relazione e intercultura, poiché fra le linee direttrici della nostra azione vi è anche quella di sviluppare la co- noscenza della lingua madre, della cultura di provenienza. Sono questi i principi della piena inclusione, della multicul- turalità, fondati sul rispetto delle altre culture.

E questo è il quadro generale che ho posto come ne- cessaria premessa al mio intervento.

Vorrei però soffermarmi, in omaggio al tema del conve- gno – centrato sul ruolo delle medie e piccole città – su un aspetto specifico e svolgere una breve riflessione sul tema dell’organizzazione. Potremmo dire, in estrema sintesi, che l’Amministrazione scolastica orienta su tre grandi assi la propria strategia di intervento: uno è quello normativo, uno quello della formazione, uno quello dell’organizzazioo- ne. Vorrei dunque soffermarmi su quest’ultimo aspetto in rapporto al tema delle medie e piccole città.

Le grandi città, le città metropolitane, da un certo punto di vista sono un aggregato, una sommatoria di piccole città: Roma è divisa in 15 municipi (prima erano 20 circoscrizio- ni); Parigi ha 20 arrondissements; Londra ha la City, il nucleo originario, lo Square mile, ed è attorniata dai 32 boroughs. Dal punto di vista della suddivisione amministrativa, ma an- che dal punto di vista urbanistico, sono delle piccole città che coesistono fra loro, e ciò – in termini organizzativi – è piuttosto interessante, poiché la macro-aggregazione viene scomposta in elementi più piccoli, più facilmente gestibili, nell’intento poi di trovare elementi di coordinamento del- le parti in un tutto. La scomposizione in parti più piccole chiama in causa il problema dell’omogeneità/disomogenei- tà delle singole parti, della loro individuazione e dei nessi interni al sistema fra i vari elementi (ad esempio le suddi- visioni amministrative ma anche le diverse entità del terri- torio, con funzioni e punti di riferimento differenti).

al establishments and 41,163 educational buildings.1 Such a system obviously requires action guidelines based on a sound organisational theory.

Allow me to make a short digression, which will lead me towards my conclusions.

Airports are interesting entities to analyse, as they are complex structures whose functioning is based on organ- isational models that, at times, are the expression of a special way of “arranging” reality based on certain prin- ciples.

Berlin’s airport, for instance, has two runways – a land- ing strip and a take-off strip. These are parallel runways, designed based on obvious principles of functionality and order. Nevertheless, at times, problems arise if an aircraft needs to cross the other runway in order to reach its parking position. Take-off and landing protocols are quite rigorous, and any unexpected event may slow down the relevant procedures. London’s Heathrow airport, instead, has only one runway, which is used as a take-off and land- ing strip, with a 1-minute and 30-second time interval be- tween one aircraft and the other. Fiumicino airport has two main perpendicular runways; so, it may happen that a landing aircraft may hinder the take-off of another plane. Rome’s airport time is five minutes. At Heathrow airport, any landing aircraft is guided – like in all world’s airports – by the control tower. However, instead of being guid- ed step by step by air traffic controllers as is the case in many airports, pilots only hear a three-word sentence – “follow the green” – and by pushing a button, green lights are lit up showing the way to follow.

What does this mean in terms of organisation? It means that there is remarkable preparation and com- plex planning beforehand, but the operations are then ex- tremely easy. In other words, a robust theory of organi- sation permeates all aspects of the functioning and parts of that structure, with preventive action schemes for or- dinary and emergency traffic, always based on a logical benchmark framework.

Let us now go back to school policies and to the or- ganisation of the educational and vocational training sys- tem, with their complexity, integration mechanisms, and, most importantly, the will to combine reception and the respect of people’s rights with quality inclusion. A good case, for instance, is the management of foreign student flows. At times, foreign students may concentrate in small

1 According to a Study called “Preliminary Data on Public Schools” (“Anticipazione sui principali dati della scuola statale”) for 2016/2017 published in September 2016 by the Ministry for Education, University, and Scientific Research (MIUR), there are 7.816.408 pu- pils and students in public schools; there are 8,406 educational insti- tutions, including 125 Provincial Centres for the Education of Adults (CPIA).

colato quale è quello italiano, con circa 8 milioni di alunni e studenti, 805 mila docenti, oltre 8.400 istituzioni sco- lastiche e 41.163 sedi scolastiche.1 È evidente che non si può non avere principi direttivi degli interventi da attuare ispirati a una buona teoria dell’organizzazione.

Vorrei concedermi allora una breve divagazione, che mi consente di argomentare e concludere su questo tema.

Un caso interessante su cui riflettere riguarda gli aero- porti, cioè strutture complesse il cui funzionamento riman- da a schemi organizzativi talora espressivi di un certo modo di “ordinare la realtà” sulla base di determinati principi.

L’aeroporto di Berlino, ad esempio, ha due piste: una per l’atterraggio e una per il decollo. Sono piste paral- lele che rispondono a principi di funzionalità e di ordine molto evidenti, eppure a volte si presentano talune dif- ficoltà se un aereo, per parcheggiare, deve attraversare l’altra pista di decollo. I protocolli di decollo e atterraggio sono piuttosto rigidi e un imprevisto può determinare un rallentamento delle procedure. L’aeroporto di Heathrow, a Londra, ha soltanto una pista, sia per il decollo sia per l’atterraggio, con un intervallo di volo fra i diversi vet- tori aerei di un minuto e trenta secondi. Fiumicino ha due piste principali, perpendicolari fra loro, così può ca- pitare che l’arrivo di un aereo ostacoli il decollo di altri. L’intervallo di volo nello scalo romano è di cinque minuti. A Heathrow, un aereo in atterraggio viene preso in carico – come in tutti gli aeroporti del mondo – dalla torre di controllo, ma il pilota, anziché essere guidato passo passo dai controllori di volo, come accade in molti aeroporti, sente pronunciare una sola frase, con due parole: “follow the green”, mentre un pulsante accende un percorso lu- minoso verde che mostra la via da seguire.

Cosa significa tutto ciò dal punto di vista organizzativo? Significa che vi è una grande preparazione, un com- plesso planning organizzativo prima e un’estrema sempli- cità di uso dopo. In altri termini, vi è una robusta teoria dell’organizzazione che riesce a permeare ogni aspetto del funzionamento e dell’articolazione di quella struttura, con schemi di intervento preventivi riferiti al flusso ordinario o di emergenza, ma comunque ricondotti a un quadro di riferimento logico.

Torniamo ora ai nostri temi di politica scolastica e all’or- ganizzazione del sistema di istruzione e formazione, con le complessità che vi sono insite, le dinamiche dell’inte- grazione e, soprattutto, la necessità di voler consapevol- mente contemperare l’accoglienza e il rispetto dei diritti di tutti con la qualità dell’inclusione. Un caso concreto 1 Secondo il Focus “Anticipazione sui principali dati della scuola sta-

tale”. Anno Scolastico 2016/2017, pubblicato nel settembre 2016 dal MIUR, alunni e studenti della scuola statale sono precisamen- te 7.816.408, le istituzioni scolastiche 8.406, compresi 125 Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA).

areas, which creates issues due to their excessively high concentration. When that happens, instead of coping with the phenomenon in emergency mode – when the stu- dents are already on our schools’ doorsteps and wish to register – it is important to think ahead.

There is the example of three Italian cities that have dealt differently with the problem of an excessively high concentration of newly arrived foreign students in Italy.

There is the well-known case of Rome’s primary school “Pisacane”, where 95% of the students are foreigners, that of Milan’s “Paravia”, and there are those of some other schools in Northern and Central Italy. Integration is obviously more difficult in those cases, and the language factor plays a role. However, the principle of “balanc- ing” the number of Italian and foreign students in order to improve teaching and learning for everyone cannot be a top-down exercise, and the actual contexts should be taken into consideration. Based on the natural order of things, a school located in a neighbourhood with a very high presence of immigrant families will necessarily have a high number of foreign students, thus suffering from over-concentration. Therefore, preventive action based on the principles of good organisation involving all stake- holders could really make a difference. Such is the case for Vicenza, where there is a similar situation, with a very high concentration of immigrants in some areas of the city. Through synergies and networking, all the schools of the municipality – for a total of eight school districts – together with municipal authorities, healthcare authori- ties, and the relevant social services, have implemented a strategy aiming at overcoming the existing hindrances and at facilitating access to the schools located through- out the municipality. For instance, they provide free trans- port for foreign students, and communicate to their fam- ilies through “cultural mediators”. This example clearly shows that implementing abstract principles requires de- ploying organisational, practical, and operational capa- bilities, besides developing synergies among all relevant institutions.

The second example concerns Cortona, from a dif- ferent angle, that is, the outstanding use of resources by the municipal authorities. In this respect, it is worth high- lighting that Italy is the country spending the most money on inclusion and integration policies (even more than the United States) in the world, according to the findings of a Conference held in Brussels in 2013 and organised by Thomas Parrish, American Institutes for Research, Palo Alto, California.2 And the Italian figures only include na- tional spending, as the resources spent by the local gov- 2 Inclusive education in Europe: putting theory into practice, International

Conference (Brussels, 18 November 2013). è, ad esempio, quello della gestione dei flussi di studenti

stranieri le cui presenze possono talora orientarsi su por- zioni ristrette di un territorio, creando problemi di eleva- ta concentrazione. In tali circostanze, più che affrontare le situazioni in termini di emergenza – quando, per così dire, i ragazzi premono già alle porte delle scuole per iscriversi – pensare prima è importante.

Vediamo tre esempi di città italiane che hanno affron- tato in maniera diversa il nodo dell’eccessiva concentra- zione di alunni stranieri neo-arrivati in Italia.

Sono noti i casi della scuola “Pisacane” a Roma, con una percentuale di alunni stranieri che toccava il 95%, o della “Paravia” di Milano, così come di altre scuole col- locate nel centro-nord. È evidente che in questi casi il processo di integrazione è reso più difficile, e non solo per la mancata interazione linguistica. Tuttavia il principio di “equilibrare” le presenze di alunni italiani e stranieri, al fine di migliorare la qualità dell’apprendimento di tutti, non può essere calato astrattamente dall’alto ma deve tener presente i dati di realtà. È nel naturale ordinamento del- le cose che una scuola collocata in un quartiere ad altis- sima presenza di famiglie immigrate accolga un numero elevato di alunni stranieri, determinando così fenomeni di elevata concentrazione. Ecco allora che un’azione pre- ventiva, fondata su principi di buona organizzazione, che veda partecipi tutti gli attori istituzionalmente competen- ti, può realmente fare la differenza. È questo il caso di Vicenza, che presentava una situazione di tal genere, con elevati flussi migratori concentrati in talune aree della cit- tà. Operando in sinergia secondo una logica di rete, tut- te le scuole del centro urbano – otto istituti comprensivi – più il Comune, le ASL, i servizi sociali, hanno messo in atto una strategia volta a rimuovere gli ostacoli e facilita- re l’accesso alle scuole distribuite sull’intero territorio co- munale, predisponendo un servizio di trasporto gratuito per tutti gli alunni stranieri e utilizzando mediatori culturali per dialogare con le famiglie. Da questo esempio emerge con chiarezza come, nell’attuazione di un principio astrat- to, debbano essere messe in campo capacità organizzati- ve e pratiche operative, oltre che la sinergia fra le diverse istituzioni competenti in materia.

Un secondo esempio riguarda la città di Cortona, per un altro aspetto: la virtuosità del Comune nell’utilizzo delle risorse. A tale riguardo, bisogna premettere che l’Italia è il Paese che più spende al mondo per le politiche di inclu- sione e integrazione (più degli Stati Uniti), secondo quanto è emerso in un seminario tenutosi a Bruxelles nel 2013 e condotto da Thomas Parrish, dell’American Istitutes for Research di Palo Alto in California.2 E questo dato è re- 2 Inclusive education in Europe: putting theory into practice, International

ernments are hardly quantifiable.3 Cortona is a ‘virtuous’ municipality. The town uses 197,000 euros from the two funding lines provided for by Laws No 328/2000 and No 285/1997 to hire educators and special needs assistants who support teachers in local schools. As it is a town with some 15,000 inhabitants, that amount is equivalent to almost 12 euros per inhabitant. If the same were done in large cities, considerable amounts would be involved. The town of Prato provides another example. It is a town with many Chinese immigrants, but also Albanians and Romanians, which leads to high concentrations of for- eign students in the classrooms. Again, local schools have joined together – based on good organisation and net-

Nel documento Migration and Research in Europe (pagine 84-90)