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Separare la definizione delle politiche sociali dalla realizzazione delle attività conseguenti e promuovere il coordinamento delle politiche

sociali con le altre politiche di attenzione alla persona.

Attività A: individuazione dei soggetti con compiti di realizzazione delle politiche sociali di livello regionale.

Quadro di riferimento.

L’art. 5 della legge regionale n. 18/2001 e poi la legge regionale n. 1/2002 hanno definito la Regione come ente di programmazione, di indirizzo operativo, di coordinamento e di controllo, nonché gestore di alcune attività di realizzazione delle politiche sociali, mantenendo, in questi casi, in capo alla Regione il ruolo di ente che programma e verifica attività da esso stesso gestite. Queste funzioni sono attinenti alle attività di realizzazione delle politiche sociali non suscettibili di frazionamento a causa del loro carattere di elevata specializzazione e di una complessità organizzativa e gestionale tale da non consentire ai Comuni, singolarmente o associati nelle Comunità montane, il loro esercizio secondo criteri di efficienza e di economicità; esse riguardano:

- il servizio sociale professionale, ferme restando le competenze del Comune di Aosta;

- la tutela dei minori (servizio adozioni e affidamenti familiari, comunità e altre strutture di accoglienza, assistenza domiciliare educativa per minori, ecc.); - le provvidenze in favore di invalidi civili, ciechi civili e sordomuti;

- i servizi di interesse regionale per le persone disabili (Centri Educativi Assistenziali, servizi residenziali, servizi diurni, soggiorni climatici, ecc.), compresa l’informazione in materia di accessibilità ed ausili.

La separazione tra i momenti di definizione e di realizzazione delle politiche sociali ha l’obiettivo di riservare il primo alla Regione, che risulta così ridimensionata nei compiti ma rafforzata nella capacità di intervento, e il secondo alle Comunità montane ed al Comune di Aosta attraverso l’affidamento della gestione ad una pluralità di attori istituzionali e non, a fini di lucro e non, con una preferenza per i soggetti del terzo settore che presentano carattere di imprenditorialità privata non finalizzata al profitto economico.

Descrizione delle azioni.

Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:

1. completare il trasferimento delle funzioni agli enti locali secondo quanto previsto dalla l.r. 1/2002;

2. individuare le eventuali ulteriori funzioni regionali attinenti alla definizione delle politiche (l.r. 18/2001, art. 5 nn. 1-4 e 6-9) e quelle attinenti alla loro realizzazione (l.r. 18/2001, art. 5 nn. 5 e 10) da trasferire agli enti locali, prestando attenzione a distinguere, tra queste, quelle di livello esclusivamente regionale, non suscettibili di frazionamento a causa del loro carattere di elevata specializzazione e della complessità organizzativa e gestionale tale da non

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consentire ai Comuni associati nelle Comunità montane il loro esercizio secondo criteri di efficienza e di economicità;

3. istituire un gruppo di lavoro per l’approfondimento degli aspetti giuridico- organizzativi funzionali alla individuazione e definizione dei soggetti con compiti di realizzazione delle politiche sociali;

4. predisporre e sviluppare attività di accompagnamento ai processi legati al trasferimento delle funzioni, nell’ottica di assumere un effettivo ruolo di regia.

Attività B: promozione e sviluppo, nell’ambito dell’offerta di servizi sociali, dell’interdisciplinarietà e del coordinamento con le politiche per la salute, per l’istruzione, per la formazione, per il lavoro, per la casa, per i trasporti e per la tutela dei diritti.

Quadro di riferimento.

Già il Piano Socio-sanitario per il triennio 2002-2004 indicava l’integrazione socio-sanitaria come una priorità strategica in quanto condizione indispensabile per superare prassi settoriali e integrare competenze e servizi diversi grazie alla unitarietà e alla globalità degli interventi, consentendo una maggiore attenzione ai soggetti deboli e alla loro tutela.

In questi ultimi anni, è maturata la consapevolezza che il benessere sociale non è legato esclusivamente, e forse neppure in misura preponderante, all’integrazione socio-sanitaria bensì al coordinamento delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla persona: sanità, istruzione, formazione professionale, lavoro, trasporti, casa ed altro.

Le scelte qualificanti per l’integrazione puntano a riequilibrare le responsabilità nelle diverse politiche, attribuendo un nuovo ruolo alla comunità locale rispetto ai titolari della gestione delle politiche stesse.

Il processo di programmazione territoriale deve vedere la compartecipazione di tutti i soggetti istituzionali che hanno competenze nelle politiche sociali e nelle altre politiche di attenzione alla persona, al fine di concertare funzioni, ruoli e modalità di intervento collaborativi.

Le politiche sociali si inseriscono nelle strategie di promozione della qualità sociale e dunque dello sviluppo complessivo della società, sia nel senso dell’uscita dal circuito dell’assistenza, sia in quello della promozione di nuova occupazione, sia nel sostegno per il superamento delle difficoltà abitative.

Rispetto a queste ultime, in particolare, il riscontro di un crescente bisogno porta ad auspicare un miglioramento delle strategie di intervento, al quale è possibile pervenire esclusivamente attraverso un innalzamento del livello di coordinamento, di collaborazione e di assunzione di responsabilità da parte di tutti gli attori istituzionali e del terzo settore.

Ciò risulta prioritario per quanto riguarda il problema dell’emergenza abitativa per la quale la Regione, gli Enti locali ed il terzo settore devono individuare ed attuare risposte non solo immediate, ma anche adeguate soluzioni strutturali.

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Tutto ciò è legato alla consapevolezza che una risposta inadeguata alle difficoltà può spingere queste ultime a trasformarsi in emergenza e ad utilizzare in modo improprio gli interventi, spesso rincorrendo e tamponando, anche solo temporaneamente, i problemi invece di concertare e programmare adeguate risposte ai bisogni in un’ottica complessiva di politiche integrate.

Questo rischio si presenta con evidenza, in particolare, quando si affrontano i fenomeni legati all’immigrazione, per i quali la Regione ha già attivato numerosi interventi dal punto di vista dello sviluppo dell’integrazione a diversi livelli, ad esempio, con il progetto Cavanh. E’ necessaria la prosecuzione ed il rafforzamento di una strategia intra e interistituzionale di integrazione a favore delle persone straniere, anche attraverso il Consiglio Territoriale per l’Immigrazione, il quale é stato recentemente ricostituito ed ha ripreso la propria attività. Tale organismo, che include tutte le realtà operative nel settore, costituisce un ambito privilegiato per la promozione delle azioni di seguito indicate.

Descrizione delle azioni.

Al fine di dare attuazione all’obiettivo è pertanto necessario procedere alle seguenti azioni:

1. avviare il processo di coordinamento e integrazione delle politiche sociali con le altre politiche di attenzione alla persona;

2. attivare Gruppi di concertazione interistituzionali e multidisciplinari, tra Regione, Enti locali e Terzo settore, per la condivisione di funzioni, ruoli e modalità di intervento nelle scelte di valutazione e attuazione degli interventi sociali;

3. promuovere attivamente maggiori coordinamento, collaborazione ed assunzione di responsabilità a tutti i livelli istituzionali, al fine di concertare e programmare adeguate risposte ai bisogni, in particolare per quanto riguarda l’emergenza abitativa e l’immigrazione;

4. presentare, alla Commissione consiliare competente, entro il mese di marzo di ogni anno, contestualmente al rapporto sullo stato di attuazione dei piani di zona di cui all’allegato all’obiettivo 18, una relazione sull’attività e sui risultati delle azioni suddette;

5. giungere, sulla base dei dati di conoscenza e monitoraggio del fenomeno, alla definizione di una legge-quadro sull’immigrazione, che favorisca l’accoglienza, l’integrazione e la partecipazione alla vita comunitaria degli immigrati, nel rispetto dei loro diritti.

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Obiettivo n. 17.

Definire i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) regionali quale

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