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Shinjuku dorobō nikki, ovvero l‟inesauribile storia della soggettività mancata della gioventù

giapponese, una generazione che si scopre rapinata della vita, e per questo si mette in scena coma ladra e assassina. Torio/Umeko sono una reincarnazione della coppia Kiyoshi/Makoto di Seishun

zankoku monogatari, prototipo cioè di quel disorientamento giovanile condito con la mancanza di

un‟identità definita (sia politica che sessuale), che è al centro di Shinjuku dorobō nikki. Il film descrive così la ricerca dell‟intima natura dei due giovani protagonisti, e parallelamente il loro affrancamento da quel senso di frustrazione che regnava tra la maggior parte della popolazione studentesca dell‟epoca. Non bisogna dimenticare infatti che l‟insoddisfazione sessuale è una dei tanti tipi di frustrazione che accompagnano la ribellione, come sostenuto dallo stesso Ōshima.236

L‟opera fu girata nel bel mezzo dei disordini che nel 1968 ebbero luogo a Shinjuku. E immagini reali della protesta vengono utilizzate dal regista per concludere la pellicola. Nei minuti finali si può infatti assistere a scene di lotta, tumulti avvenuti fuori dalla stazione di Shinjuku Est, una delle più trafficare dell‟intero Giappone. Verso la fine di giugno del 1968, il 28 per la precisione, appena si sparse la voce che un gruppo di giovani si stava riunendo nei pressi della stazione, con intenzioni ancora poco chiare, Ōshima con alcuni operatori si diresse in quei luoghi.237 Nella confusione generale riuscì a girare immagini mosse, non perfettamente a fuoco

ma nelle quali è visibile un giovane che lancia una pietra contro il posto di polizia della stazione; una pietra che, guardando a ritroso, sembra preannunciare gli scontri dell‟ottobre di quell‟anno.

Il regista voleva fissare su pellicola e testimoniare una città indubbiamente calda in quegli anni. Shinjuku era il quartiere più libero e colorato di Tokyo, quello da cui partivano spesso i

235 “: 他者は(。。。)もはや韓国人という形をとらず、同じ日本人の内側に日本人として描かれるこ

とになる”, YOMOTA, Ōshima Nagisa..., op. cit., p. 185.

236 Ian CAMERON, "Nagisa Ōshima Interview" in Movie 17, 1969, p. 13. 237 ŌSHIMA, Ōshima Nagisa cho sakushū dai san maki., op. cit., p. 107.

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movimenti di rivolta e pretesta. Per le sue strade si mischiavano cultura underground, di massa e interessi politici. Le immagini e le influenze della controcultura hippy avevano raggiunto anche il Giappone, tramutarono Shinjuku nel territorio d‟avanguardia prediletto dell‟arcipelago. Qui si riunirono giovani provenienti da ogni angolo del paese, trasformando quell‟area della capitale nipponica in un melting pot senza precedenti, le cui tappe fondamentali prevedevano, tra le altre, la libreria Kinokuniya e gli spettacoli teatrali di Kara Jūrō davanti allo Hanazono Jinja. Vari elementi (appunto, gli hippy, il teatro, gruppi di canto folk, ecc.) sembravano essersi dati appuntamento tutti insieme a Shinjuku, la cui architettura era quella della ricostruzione del dopoguerra, nella quale si mischiavano senza soluzione di continuità le realtà giovanili delle proteste, con i segni dello sviluppo capitalista del paese.

In quei giorni e in quei luoghi Ōshima decise di ambientare la sua opera, dal forte taglio sperimentale. La sceneggiatura era scritta per tre quarti e anche in quelle pagine presentava dei “buchi”, lasciti intenzionalmente dal regista affinché fossero riempiti dall‟improvvisazione degli attori. Tra questi ultimi compaiono Yokoo Tadanori, famoso design dell‟epoca e Tanabe Moichi, vero presidente della catena di librerie Kinokuniya, nella parte di se stesso. A un certo punto, il dirigente partecipa a una specie di festa in cui compaiono molti nomi noti della cosiddetta “Ōshima gang” che parlano e scherzano in libertà, come loro stessi. Si possono riconoscere per esempio attori feticcio come Watanabe Fumio, Satō Kei, Toura Rokko, Komatsu Hōsei, il regista Wakamatsu Kōji, Matsuda Masao, Satō Shigechika, Yamazaki Tadakazu, Tamura Tsutomu, Tategawa Danshi.238

Nel corso del film vengono spesso inserite parole in giapponese. Ad aprire l‟opera infatti ci sono alcune scritte che riportano l‟orario di sette città del mondo. Ōshima vuol in questo modo indicare una contemporaneità globale dell‟azione. In tutto il mondo, dai paesi più ricchi fino a quelli del terzo mondo (da New York a Brazzaville), indipendentemente dalle differenze, le varie città sono interessate da scontri e disordini. E come a ribadire tale concetto, poco dopo un uomo rompe il vetro di un orologio e stacca le lancette. Questa “introduzione” è molto importante, perché serve a ricordare allo spettatore come i fatti che verranno raccontati in seguito non sono più limitati temporalmente, ma stanno accadendo, nello stesso tempo, in tutto il mondo. La vicenda acquista quindi una dimensione utopistica, liberandosi delle limitazioni che il tempo, inteso come fusi orari, e di conseguenza anche lo spazio, impongono. “La storia di Shinjuku cui lo spettatore sta per assistere, si svolge in uno spazio “magico” che ha oltrepassato il principio di realtà. Il film sembra voler preannunciare che i fatti della narrazione prendono avvio dalla

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completa dissoluzione delle distinzioni tra realtà e finzione, quotidianità e rappresentazione.”239.

La scena della distruzione dell‟orologio ha fatto poi parlare di una sorta di omaggio a Oktjabr (“Ottobre”, 1927) di Ejzenštejn; autore a cui rimanderebbe l‟intero montaggio del film.240

Entrano in scena a questo punto, alcuni membri di un gruppo teatrale tra i più importanti di quegli anni, il Jōkyō Gekijō, capeggiato da Kara Jūrō, ma senza alcuna spiegazione o un particolare contesto in cui poter inserire l‟azione dei personaggi. Vediamo Kara correre tra la folla, inseguito da un gruppo di uomini che lo costringono poi a spogliarsi. Tra i curiosi appare casualmente Okanoue Torio, protagonista del film e poco dopo l‟azione si sposta in una libreria. L‟intermezzo di Kara Jūrō, la sua esibizione, è un elemento importante nell‟economia dell‟opera andando a costituire anche in seguito degli interludi in cui egli canta una canzone, i cui versi riecheggiano spesso, fino ad avverarsi nel finale.241

Nella libreria Torio ruba dei volumi, ma viene scoperto da una commessa, Umeko Suzuki, che lo insegue e lo porta al cospetto addirittura del presidente della Kinokuniya, interpretato dal vero Tanabe. Vediamo in quest‟occasione qual è il titolo del romanzo rubato dal protagonista, ovvero il “Diario del ladro” (Journal du voleur, 1949) di Jean Genet, l‟opera che dà il titolo al film stesso. La sequenza mostra il suo carattere iconoclasta, secondo la Turim, nel mettere in scena il tradimento di una di quelle idee largamente diffuse, per cui nella società giapponese, pur fiorendo atti criminali ad alto livello, come la corruzione, nella dimensione del quotidiano, reati minori, quali taccheggio e borseggio non avvengano, in quanto violazioni di un “sistema d‟onore” radicato nella società giapponese da secoli.242

Ma il presidente Tanabe non denuncia il ragazzo, anzi gli dà dei libri. La seconda volta addirittura percependo che tra Torio e Umeko c‟era un‟attrazione sessuale inespressa, regala loro dei soldi affinché escano assieme. È a questo punto, tra l‟altro che scopriamo il nome del protagonista, o almeno quello che dà al presidente: Okanoue Torio, ovvero “il ragazzo-uccello sopra la collina”. Ma i due si separano appena fuori, su un ponte. Torio confessa di aver eiaculato quando ha rubato il libro. Il rapporto tra i due non si consuma, e la scena si conclude con Umeko che raccoglie i volumi che il ragazzo fa cadere, rivelando la sezione anatomica di un pene.

239 “観客がこれから付き合わせる新宿の物語とは、現実原則を超えた魔術的空間を舞台とし、現実と

虚構、日常と演戯 の区別が消滅してしまった後の出来ごとなのだと、フィルムは前もって宣言す る。”, YOMOTA, Ōshima Nagisa..., op. cit., p. 230.

240 TURIM, The films of Ōshima Nagisa., op. cit., p. 81.

241 ここはアリ・ババ、謎のまち/誰かが、あなたに尋ねます/朝は海の中、昼は丘、夜は川の中、そ

れは誰/ベロベロベロ、ベロベロベロ、子供さん、ここはアリ・ババ、謎のまち

解けても解けない謎々に/今夜はフクロウも鳴きません/朝は海の中、昼は丘、夜は川の中、それは 誰/ベロベロベロ、ベロベロベロ、子供さん、ここはアリ・ババ、謎のまち

Questa è Ali Baba, città misteriosa/ Qualcuno ti chiederà/ Chi è che la mattina è in mezzo al mare, a mezzogiorno sulla collina, la sera sul fiume?/ Bero, Bero, Bero, un bambino.../ Questa è Ali Baba, città misteriosa.

Misteri inestricabili/ Stanotte non canta neanche il gufo/ Chi è che la mattina è in mezzo al mare, a mezzogiorno sulla collina, la sera sul fiume?/ Bero, Bero, Bero, un bambino.../ Questa è Ali Baba, città misteriosa.

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La coppia intraprende nel corso dell‟opera una ricerca e un‟indagine sulla propria sessualità che sembra concludersi alla fine con il loro coito. Ma prima di arrivare a esso, i due giovani “sperimentano” e osservano diversi aspetti dell‟atto sessuale:243

1 – La vetrina di un negozio divide i due. Umeko è entrata in una boutique di vestiti e, sulle note della canzone di Kara Jūrō, ruba un abito. Se fin dall‟inizio l‟immagine dell‟opera era in bianco e nero, adesso improvvisamente arriva il colore, preannunciato dal rosso del vestito che Umeko ruba.244 Torio le ha voluto far sperimentare la “sessualità” del furto, pur conservando per

sé un punto di vista strategico che gli consente di osservare voyeuristicamente la scena dall‟esterno del negozio. La vetrina poi fornisce una sorta di specchio sostitutivo che riflette il furto, operando una distorsione dei ruoli, uno scambio dei generi che ritorna poi più volte nel corso della narrazione.

2- Seguendo il consiglio di Tanabe, che si configura come una sorta di figura paterna per i due, Torio e Umeko si sottopongono a una terapia sessuale presso l‟abitazione di Takahashi Tetsu. Egli esprime la propria opinione a proposito della disfunzionalità della coppia, affermando sia dovuta a un problema di androginia e ambiguità sessuale.

3- I due giovani osservano di nascosto un rapporto sessuale in un ryokan, spiando dal giardino. Vestiti con abiti tradizionali giapponesi, in un ambiente dal sapore passato, pare esserci stato un passaggio improvviso verso un jidaigeki. La sequenza inoltre sembra preannunciare una scena che comparirà qualche anno più tardi, nel 1976, in Ai no koriida.

4- Ōshima inserisce un interessante intermezzo “realista” in cui membri della troupe e del cast del film bevono e discutono di sesso. Si tratta di una scena alquanto diversa dai soliti banchetti presenti nelle opere del cineasta, dal momento che in questo caso abbiamo i vari partecipanti agire in una dimensione extradiegetica, con anche gli attori ripresi al di fuori dei rispettivi personaggi.

5 – Dopo la scena dell‟hotel, Satō Kei e Fumio Watanabe inseguono i due protagonisti. Torio cerca di violentare la ragazza ma è messo fuori gioco dai due “inseguitori”, che prendono poi il suo posto. I due sembrano essere usciti dal banchetto della scena 4, e prendono corpo come una forza esterna che viola la donna portando alla “deformazione” della coppia. Torio e Umeko ritornano quindi verso la libreria, dopo un appuntamento fallito, a causa delle forze del mondo reale, a loro avverse.

Questi cinque momenti si articolerebbero quindi come un tentativo da parte di Ōshima di un‟analisi di vari aspetti della sessualità (voyeurismo, scambio dei generi, violenza sessuale),

243 ibid. pp. 84-86.

244 Il film infatti è fotografato in bianco e nero, ma senza alcun preavviso si registrano a volte delle infrazioni

dell‟unità cromatica del racconto. Quando subentrano i colori sono tutti imperniati al rosso, colore del sangue, colore del sesso.

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costruiti secondo un percorso circolare tutt‟altro che solido. La conclusione infatti sembra apparentemente infruttifera, poiché Umeko e Torio sono costretti a tornare nella libreria senza aver risolto nessuna delle questioni considerate.245

Poco dopo si colloca una delle scene più suggestive dell‟intera carriera cinematografica di Ōshima: Umeko, nascosta in un bagno della libreria, riemerge dopo la chiusura. Essa si ritrova completamente sola tra gli scaffali ricolmi di libri. La ragazza comincia allora ad ammassare volumi su volumi al centro della sala, mentre in sottofondo si sentono numerose voci leggere brani delle opere che man mano la ragazza sfoglia e accatasta. Ōshima poi si sofferma pazientemente sui vari titoli: si inizia dal “Diario del ladro” di Genet, per passare poi a un‟incredibile varietà di autori, giapponesi e non, poeti e saggisti: Yanagita Kunio, Yoshimoto Ryūmei, Tamura Ryūichi, Hagiwara Sakutarō, Tomioka Taeko, e poi Muhammad Ali, Stalin, Henry Miller. Più che un discorso unico si tratta di numerosi frammenti che, anche sovrapponendosi, affrontano numerose questioni legate alla sessualità, genere e cambiamento sociale. Con più il numero dei libri aumenta, e con più le voci che recitano le proprie pagine crescono, rendendo sempre più vivida l‟idea che la libreria non sia più deserta, ma animata da un fiume di persone. Anche tale scena sembra ricollegarsi idealmente all‟idea di universalità cui rimandava la liberazione dalle briglie cronologiche nell‟incipit. Se inizialmente appaiono fotogrammi che indicano l‟autore e l‟opera recitati, gradualmente simili spiegazioni scompaiono. Ecco quindi che l‟atemporalità iniziale è fortemente enfatizzata da questa ridda di voci anonime che decantano versi e prosa. Non è sbagliato definire Shinjuku dorobō nikki come un “performance movie”246 ovvero un‟opera che si dipana tra immagini, voci e parole a schermo.

Le scene ambientate nella libreria sembravano condurre tutte verso questo momento. Quando arriva Tanabe per far uscire la ragazza, Torio cerca di convincerlo a prendere il suo posto e fare l‟amore con lei. Ma anche il sesso è divenuto un atto fascista (la posizione manji, a svastica).247

Nell‟occasione si può poi assistere a un nuovo capovolgimento dei ruoli nella coppia, con Torio che indossa la gonna della giovane. Ma il presidente interrompe il gioco. Umeko usa il denaro ricevuto da Tanabe per infilarlo nella gonna indossata dal ragazzo, dicendogli “anata o katta wa” (“Ti ho comprato”).

La sequenza successiva mette in scena una nuova teatralizzazione della sessualità, questa volta a opera del gruppo teatrale di Kara Jūrō. Torio interpreta il protagonista del dramma Yui Shōsetsu. La scena è una summa perfetta del dipanarsi della pellicola attraverso piani narrativi confusi, nel quale viene conferito grande rilevanza all‟atto del rubare. Furto e recitazione: anche alla fine c‟è uno scambio (un furto?) di ruoli, quando Kara cede il suo Yui Shōsetsu a Torio, che recita in

245 TURIM, The films of Ōshima Nagisa., op. cit., p. 86. 246 YOMOTA, Ōshima Nagisa..., op. cit., p. 231. 247 TURIM, The films of Ōshima Nagisa., op. cit., p. 87.

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scena accanto alla moglie (vera) di Kara, che a bordo palco suggerisce le battute al ragazzo, mentre viene “ostacolato” da Umeko, ragazza di Torio (falsa). Ci sono quindi due Yui. Come due sono i furti: Torio a Kara, e lo stesso Kara alla realtà. Ma è possibile individuare poi un‟altra sottrazione ancora: Yui che vuol rubare lo Stato.248 “Torio ruba e fa del furto, come Genet, un

gesto estetico oltre che anarchico, un atto di risarcimento della libido repressa.”249

Torio è riuscito a rubare la parte principale e per lui tutto si risolve, attraverso il sangue mestruale di Umeko egli ritrova la propria “soggettività”. E la sua appena ritrovata coscienza soggettiva gli permette infine di poter vedere quello che accade intorno a lui: la rivolta.

L‟opera presenta quindi l‟equazione tra soggettività ed eros, ovvero una conquista, alla fine, dell‟orgasmo all‟interno delle meccaniche della coppia che fino a quel momento i due non erano mai riusciti ad avere insieme per tutta una serie di disfunzioni (bibliofilia, scambio dei ruoli, ecc). E l‟assenza di soggettività dei due li condannava a non essere, non accorgersi della realtà, e a vivere una “sovrapposizione schizofrenica delle esperienze significanti, senza riconoscerle”.250

Al centro di un cerchio di neve artificiale bianca sta Umeko, che si traccia una linea nel ventre dopo aver intinto un dito nel proprio sangue mestruale. Ella inscena una sorta di seppuku, atto ripetuto poco dopo anche da Torio. La macchina da pressa mostra poi una cicatrice sotto il seno destro della ragazza, che racconta di quando a diciotto anni era stata aggredita da un uomo armato di coltello, come se la canzone cantata ossessivamente per tutto il corso del film da Kara Jūrō, che termina con la “danza del rasoio”, fosse divenuta reale. La ferita di Umeko è simile a quelle che la “sorella” di R in Kōshikei dice siano scolpite nella pelle delle donne coreane. Sono la prova della violenza sessuale maschile, che culmina nelle immagini evocate dalla canzone di Kara.

Il finale del dramma rappresentato mette in scena una rivolta storica che va a fare il paio con quella attuale, vera, che chiude l‟opera, ovvero le immagini girate dal vero da Ōshima a Shinjuku. (Come a voler sottolineare che entrambi sono atti rivoluzionari. Il secondo in maniera pratica e diretta, il primo come rivoluzione dell‟immaginazione). Ma come rimarcato anche da Desser, “Ōshima makes clear at what level „revolution‟ is to take place: imagination, the idea that something that starts with imagination can change reality”.251 Chiosa quindi l‟autore: “Crime and

sexual problems, theatre and the student rebellion, are linked in a reciprocal relationship revolving around a dialectic between reality and fiction (imagination). And it is this ‘revolving around‟ that causes the film's complexity, that makes this „revolving around‟ a „revolution‟” .252

248 Yui Shōsetsu è un personaggio realmente esistito. Fu a capo del cosiddetto Keian jiken, ovvero un tentativo di

colpo di stato fallito, nel 1651.

249 ARECCO, Nagisa Ōshima, op. cit., p. 78. 250 ibid. p. 77.

251 DESSER, Eros plus..., op. cit., p. 94. 252 ibid.

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I problemi sessuali di Torio e Umeko derivano dall‟inversione dei loro ruoli. Per questo Tanabe li manda da un terapista che rivela loro che il protagonista ha caratteristiche femminili, mentre lei con le sue tendenze lesbiche assurgerebbe a occupare il ruolo “maschile” nella coppia. Ōshima tuttavia non vuol reprimere simili “inclinazioni”, ma anzi spinge affinché siano lasciate libere di fluire nella loro relazione. Tutto ciò rappresenta uno stadio positivo di sviluppo verso un cambiamento sociale. Ovvero la liberazione della figura maschile dall‟idea tradizionale giapponese di mascolinità, analogamente alla proteste politiche: una volta che la società nipponica viene immersa in un turbamento politico al cui termine sta l‟ideale democratico, anche i giapponesi possono iniziare a sentirsi liberi da quell‟attitudine “tradizionalmente” rigida e repressiva verso la sessualità. 253 Tuttavia i due non consumano il loro rapporto fintanto che non si appropriano del

ruolo di Yui Shōsetsu dalla rappresentazione di Kara Jūrō. Questo perché lo scambio dei ruoli da solo non è sufficiente. La loro sessualità viene “potenziata” dalla rivoluzione immaginifica in cui partecipano, proprio come la rivoluzione dell‟immaginario contenuta nella rappresentazione teatrale rafforza la rivolta studentesca che chiude Shinjuku dorobō nikki.

“Non c‟è diegesi” è la provocazione lanciata da Desser, “solo un forte senso di luogo: Shinjuku.”254 Le parole dello studioso americano non sono affatto lontane dalla verità, dal

momento che la dimensione diegetica del film viene violata ripetutamente con l‟inserimento di scritte e didascalie, prima, poi l‟intromissione nella vicenda di attori e “addetti ai lavori” nel ruolo