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SINDROME PREMESTRUALE E DISFORIA PREMESTRUALE

Definizioni ed eziopatogenesi

Si parla di sindrome premestruale (SPM) in presenza di una costellazione di disturbi fisici e psico-comportamentali, in assenza di patologie organiche o psichiatriche, che ricorrono regolarmente nella fase luteale del ciclo e che re- grediscono dopo la mestruazione. I sintomi fisici più frequenti sono: tensione mammaria, cefalea, dolori muscolari, meteorismo, ritenzione idrica; quelli psi- chici: labilità emotiva, depressione, ansia, agitazione, rabbia, perdita di controllo, astenia, difficoltà alla concentrazione, disturbi del sonno, alterazioni dell’appeti- to con fenomeni di cravings. Alcuni di questi sintomi sono riscontrati fisiologica- mente da molte ragazze in fase premestruale, ma la compresenza e la severità di più sintomi assume le caratteristiche di una sindrome, in grado di interferire con l’attività scolastica, le relazioni con amici e familiari, la vita sociale.

Il disturbo disforico premestruale è un’accentuazione del quadro psichico della sindrome premestruale, attualmente classificato tra i disturbi depressivi.

Si stima che dal 12 al 16 % delle adolescenti abbia una sindrome premestruale moderata o severa; mentre il disturbo disforico premestruale ha una prevalenza del 2-4%. Ricordiamo inoltre che per molte patologie organiche così come per molte condizioni psichiatriche, dal disturbo bipolare alle crisi psicotiche, è de- scritta la possibilità di una riacutizzazione catameniale.

Sicuramente esiste una vulnerabilità individuale alle fluttuazioni degli ormoni steroidei e dei loro metaboliti soprattutto nel sistema nervoso centrale. È dimo- strata anche una certa familiarità: circa il 70% delle figlie di madri che soffrono di sindrome premestruale ne soffrono a loro volta. Anche il sistema immune si

modifica in fase luteale, soprattutto in soggetti che soffrono di sindrome preme- struale, con maggiore produzione di mediatori infiammatori.

Diagnostica

In un colloquio per sindrome premestruale è importante rilevare la familiarità del problema, le caratteristiche del ciclo, lo stile di vita, il ritmo del sonno, even- tuali elementi di stress, la presenza di stati depressivi o di crisi di ansia pregresse, l’uso di farmaci. Importante una valutazione prospettica per almeno due mesi dei vari sintomi in relazione alle caratteristiche del ciclo mestruale: la soluzione più facile è l’utilizzo di app di controllo del ciclo mestruale su cui appuntare i sintomi insieme ad elementi di valutazione dello stato emotivo.

Sul piano degli esami ematochimici è stata proposta la valutazione della ma- gnesemia, della 25OH vitamina D, dell’emocromo, del TSH e della prolattina, so- prattutto per escludere altre patologie confondenti o aggravanti. Non esistono ad oggi esami ormonali utili per diagnosticare la sindrome o per selezionare l’approccio terapeutico.

Linee terapeutiche

L’approccio alla sindrome premestruale coinvolge, di solito, più piani di inter- vento (Fig. 7. 1) e richiede un coinvolgimento della ragazza nel monitoraggio dei risultati).

Il primo livello di intervento riguarda lo stile di vita con aumento dell’attività fi- sica ed eventuale ricorso a tecniche di rilassamento, la riduzione netta di fumo, alcool, caffeina (contenuta anche nelle bibite energizzanti) e di altri stimolanti e, il contenimento soprattutto nella seconda fase del ciclo, dell’assunzione di zuccheri e di cibi salati. Anche un alto intake di vitamina D e calcio da fonti alimentare si è dimostrato in grado di ridurre il rischio di SPM.

Come supplementazione per prevenire o ridurre la sindrome premestruale sono state avanzate varie proposte:

Ferro: è stata osservata una riduzione del rischio di sviluppare la sindrome pre- mestruale correlata in particolare all'assunzione di ferro non-eme, contenuto in alimenti vegetali e supplementi, ad una dose superiore ai 20 mg/die, lieve- mente superiore alla dose giornaliera raccomandata dai LARN 2014 (18 mg/ die). In presenza di contemporanea assunzione di elevate quantità di zinco (>25mg/die) l’aumentata assunzione di ferro non sembra avere effetti.

Calcio e vitamina D: la supplementazione con Calcio (Calcio carbonato 600 mg due volte al giorno), in associazione o meno alla vitamina D, si è dimostrata in grado di diminuire i sintomi della SPM, sia somatici, sia relativi alle alterazioni dell’umore a partire dal secondo mese di trattamento ed è massima dopo tre mesi.

Vitamina B6: a dosaggi compresi tra 40 e 100 mg la B6 si è dimostrata in grado di ridurre i sintomi correlati alle variazioni del tono dell’umore; al dosaggio di 200 mg/ die, per due mesi, si aveva effetto anche sulla tensione mammaria. È tuttavia sconsigliato l’utilizzo di dosi superiori a 100mg/die a causa della pos- sibilità di provocare neuropatia periferica

Omega 3: la supplementazione con Omega 3 ha evidenziato in uno studio una riduzione di ansia, irritabilità e depressione sia per durata che per gravità. Magnesio: la supplementazione con magnesio è basata sulla osservazione che il livello di magnesio nei soggetti che presentano SPM è più basso rispetto ai non affetti. I risultati dei trials clinici sono contrastanti: alcuni hanno rileva- to una significativa riduzione di sintomi dolorosi e alterazioni dell’umore, altri hanno riscontrato prevalentemente un miglioramento dei sintomi legati alla ritenzione idrica (aumento di peso, edema delle estremità, tensione mamma- ria e meteorismo).

Fitoterapia: sono stati studiati la Vitex Agnus castus, Hypericum perforatum, Ginkgo biloba ed altri prodotti. Con durata variabile di trattamento. Gli studi più numerosi e con i migliori risultati sono stati effettuati su V. Agnus castus;

tale prodotto è prodotto è approvato in Germania per il trattamento della SPM e della mastodinia, è disponibile come estratto al 70% e viene utilizzato alla dose di 20-40 mg al giorno. Minore sembra l’impatto sui sintomi legati alla alterazione dell’umore.

Come terapia medica, in questa fascia di età, si propone un trattamento estro- progestinico in grado di abolire le fluttuazioni ormonali, meglio se usando un regime esteso o continuo e scegliendo progestinici più strutturalmente simili al progesterone, con lunga emivita e con dimostrata capacità di produrre me- taboliti con effetto sedante a livello del sistema nervoso centrale (drospireno- ne, nomegestrolo acetato, clormadinone acetato).

L’associazione contenente 20 mcg di etinilestradiolo e 3mg di drospirenone, in altri paesi, ha l’indicazione clinica di trattamento per il disturbo disforico premestruale. In presenza di controindicazioni all’uso degli estrogeni (esem- pio comorbilità con emicrania con aura) si può usare un preparato con solo progestinico in assunzione continua, anche se i risultati complessivi sul tono dell’umore sono minori.

Solo in caso di edema ed aumento di peso dimostrabile, che persiste anche dopo le modificazioni alimentari, può essere proposto un trattamento con spironolattone 100 mg al dì, come diuretico risparmiatore di potassio. Vanno assolutamente sconsigliati tutti gli altri diuretici.

La terapia con inibitori del re-uptake della serotonina (SRRI) non è la prima scelta in adolescenti, ma può essere utilizzata soprattutto in presenza di tratti disforici. Sono descritti risultati terapeutici anche con un’assunzione limitata alla seconda fase, individualizzata sulle caratteristiche del ciclo della ragazza. Anche un counselling psicologico può essere di aiuto per capire eventuali si- tuazioni scatenanti, come fronteggiare lo stress e per indirizzare ad eventuali interventi di psicoterapia breve. In caso di disturbo disforico premestruale la linea terapeutica deve essere concordata con il/la neuropsichiatra di riferi- mento.

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8. PATOLOGIE DELLA MAMMELLA

IN INFANZIA E ADOLESCENZA

M. Dei, G. De Masellis, MC. Lucchetti

NOTE DI EMBRIOLOGIA E SVILUPPO

Gli abbozzi delle mammelle si formano nella vita intrauterina come un’esten- sione di ectoderma lungo la cosiddetta “cresta lattea” (Fig. 8.1), che poi regre- disce limitandosi alla regione toracica, dove si struttura come due formazioni indipendenti composte da dotti e da stroma. Il complesso areola capezzolo si forma invece a partire da un gettone di mesenchima. Per fenomeni di mancata regressione possono perciò persistere nella vita extrauterina abbozzi di tessuto mammario o capezzoli dalle ascelle alla vulva. Il tessuto mammario è soggetto ad una prima differenziazione durante l’attivazione endocrina dei primi due anni di vita; successivamente si avrà l’incremento della componente stromale e poi di quella duttale sotto stimolo estrogenico in pubertà; mentre nei primi anni post-menarca si verificheranno ulteriori ramificazioni dei dotti e la strutturazione in acini ghiandolari.

Figura 8.1 Schema delle possibili sedi di tessuto mammario e di capezzoli ectopici