L‟Italia intera, è stata definita il paradiso dei geologi perché presenta un territorio geologicamente giovane e attivo, dove vulcani, terremoti e alluvioni forgiano continuamente il territorio e la pazienza degli abitanti. In Sicilia, ancor più che in altre regioni italiane, lo scontro fra le “placche” si rende manifesto e peculiare con una varietà di paesaggi geomorfologici ( Piacente, 1999) che non possono riscontrarsi
altrove. Questa “geodiversità” (Sharples,1993; Gray, 2004) che si evidenzia
nei territori e nei geositi che andremo qui ad analizzare, è tutta da conoscere e valorizzare perché rappresenta il luogo più idoneo a suscitare l‟interesse per la comprensione del paesaggio (Panizza, 2005).
Qui si tende a rimarcare che lo studio della geodiversità, unitamente al già noto concetto di biodiversità, rappresenta oggi una delle più recenti tematiche di ricerca e un punto di contatto con il pubblico,
con gli studenti, con chi promuove la valorizzazione del territorio e ne gestisce la tutela ( Bollati, Pelfini, 2010) .
Certo non ci si improvvisa geografi o naturalisti come non ci si improvvisa medici o calciatori, ma mentre i nostri ragazzi conoscono alla perfezione la formazione delle squadre di calcio, ci chiediamo perché non dovrebbero conoscere la formazione geologica del terreno su cui mettono sopra i loro piedi ?
La valorizzazione turistica dei beni ambientali e di conseguenza anche il cosiddetto “geoturismo”(Hose, 2000) inun territorio variegato e
ricco come quello della Sicilia, estremamente accidentato e povero di infrastrutture oltre che complessivamente fragile, non si può porre come obiettivo il raggiungimento di grandi afflussi turistici ma deve autolimitarsi attraverso meccanismi di selezione della clientela, presumibilmente rivolgendosi a segmenti di nicchia e non certo al turismo di massa. In quest‟ottica il turismo ambientale dovrebbe perciò rimanere in qualche modo selettivo, profondamente culturale e non dato in pasto alle masse militarizzate dei tour operator.
Vero è che il turismo è un‟attività economica e come tale, opera in vista del conseguimento del guadagno monetario, essendo inserito in pieno nel gioco del mercato (Ugolini, 2005) ma la visita dei luoghi più
sensibili dei nostri territori, deve essere condotta sempre con “passo felpato” e nel massimo rispetto del bene fruito che, come sappiamo, si va in qualche modo a “consumare” con la fruizione.
Vogliamo quindi ribadire che la nostra analisi, anche sulla base di nuove richieste del mercato, si concentra su tipologie di risorse paesaggistiche fruibili soprattutto nell‟ottica di un approfondimento culturale, privilegiando quei beni che possono possedere un valore intrinseco sia per la loro singolarità, ma anche per la loro emblematicità, cioè per ciò che possono rappresentare nel contesto storico, scientifico, naturalistico, culturale o meglio in sintesi, nel loro “contesto geografico” (Manzi, 1998).
Sotto questo aspetto sono state individuate due tipologie estreme di turisti con esigenze opposte, fruitori di risorse naturalistiche e culturali, che ben evidenziano il “target” a cui possiamo fare riferimento; in un caso troviamo turisti con poco tempo a disposizione che sfruttano viaggi organizzati, hanno bisogno di vedere (fotografare) quante più cose possibili, di lasciarsi impressionare dai siti più pittoreschi ed emotivamente più
coinvolgenti, di solito hanno strumenti culturali flebili ma sono interessati anche alla veloce visita dei musei più importanti. L‟altra tipologia per certi versi opposta, di turista culturale, è quello che ha più tempo a disposizione, interessato al contatto umano con la popolazione locale, alla ricerca “dell‟ABC del paesaggio (componente Abiotica, Biotica e Culturale)” predisposto alla ricerca del valore del silenzio o meglio ancora della solitudine, capace di spendere molto, persino a dimorare in eleganti case signorili del luogo, o in sommessi conventi, piuttosto che in anonimi alberghi; fornito di solidi strumenti culturali, può anche essere eticamente anticonsumista e quindi cercare di spendere con molta oculatezza il proprio denaro, pur non lesinando le spese per musei o per risorse enogastronomiche locali, ricercate e di pregio (Buratti, Ferrari, 2011) .
Nel procedere del nostro lavoro, non potevamo curare e scandagliare in ogni dettaglio le peculiarità naturalistiche dei territori della Sicilia, studi che sono stati già ampiamente pubblicati da specialisti naturalisti con dovizia di particolari,7 quanto quello di trovare un filone culturale comune che, a partire dal rispetto della risorsa turistica, ne evidenzi le problematicità e nel contempo la bellezza, secondo canoni non più propriamente estetici, ma geografici. Nel mare magnum delle pubblicazioni divulgative e scientifiche che sono state consultate per elaborare questo lavoro, ci siamo adoperati a ricercare un linguaggio che possa esser fruito anche da non esperti, riducendo il rigore delle definizioni scientifiche e spiegandone il significato in maniera semplice, affinché siano fruibili anche da un “pubblico” di lettori, non esperti di scienze naturali; come scrive Piero Gagliardo nella sua memorabile “Relazione introduttiva alle Giornate della Geografia” svolte a Cosenza nel 2013 “il processo di conoscenza della complessità e della interdipendenza degli elementi costitutivi della crosta terrestre deve poter essere comunicata in modo semplice e chiaro al grande pubblico…uscendo dalla logica della formazione di una “classe colta” e provare ad educare in modo corretto al rapporto con la natura, con l‟obiettivo di migliorare la qualità della nostra vita e di tutti i viventi.”
7 i naturalisti hanno già dato un fondamentale contributo alle conoscenze dell‟eccezionale
territorio della Sicilia orientale, su cui, in appena duecento kilometri lineari insiste la maggiore
biodiversità climatico- floristica d’Europa : dalla flora semidesertica di Capo Passero alle
Certo esiste una intrinseca difficoltà nel far “vedere” il patrimonio geologico a chi geologo non è, a dare voce alla muta roccia che voce non ha, soprattutto se mancano quegli elementi di spettacolarità che la geologia non sempre può esprimere; ma quanta storia, quanta scienza, quanti “tormenti” dentro quel granellino di sabbia apparentemente insignificante…
Anche per questo, il lavoro qui presentato, non vuole essere una guida naturalistica per esperti studiosi o per appassionati alpinisti, in grado di percorrere ore e ore di cammino per godersi la vista in situ di qualche prezioso fossile ma al contrario, nell‟infinità di geositi interessanti a cui può rimandarci una guida geologica, noi qui, non possiamo che indicare solo quelli che hanno un più ampio rapporto con il sistema geografico culturale, che siano rappresentativi dell‟evoluzione geografica del paesaggio e che siano facilmente fruibili da un turista curioso e interessato alla salvaguardia ambientale, secondo un processo epistemologico già indicato da numerosi autori (Ugolini, Terranova, Brandolini, Firpo, 2005) .