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4 SALUTE E SICUREZZA SUL POSTO DI LAVORO IN EUROPA

4.1 La situazione in Europa

Ogni 5 secondi un lavoratore dell’Unione Europea è coinvolto in un infortunio sul lavoro e ogni due ore un lavoratore perde la vita sul lavoro. Secondo i dati ricavati dal bollettino statistico di Eurostat del 2009 nell’Unione Europea il 3,2% dei lavoratori ha subito almeno un infortunio sul posto di lavoro ed il 8, 6% ha dichiarato di soffrire di un qualche disturbo della salute causato dal lavoro, non necessariamente riconosciuto come malattia professionale. La sola esposizione sul posto di lavoro a uno o più fattori di rischio, che possono influire negativamente sulla salute fisica, è stata segnalata dal 41% dei lavoratori. Sono invece esposti a fattori a rischio per la loro salute mentale il 28% dei lavoratori. In totale risultano di aver subito almeno un incidente sul lavoro circa 6,9 milioni di lavoratori. Di questi il 73% si è assentato almeno un giorno dal lavoro (congedo per infortunio) ed il 22% si è assentato per almeno un mese. Le stime europee che riguardano gli incidenti e le malattie sul lavoro rimandano a dati che non vanno sottovalutati per capire la gravità del problema. Infatti negli ultimi anni nei paesi più avanzati anche se si è potuta osservare una diminuzione degli incidenti, mortali e non, si è purtroppo registrato un aumento delle malattie professionali (cancro, problemi all’apparato muscolo scheletrico e malattie cardiovascolari). Ben diversa è la situazione invece nei paesi che hanno assistito solo in quest’ultimo periodo ad un’espansione delle attività economiche. Qui i requisiti minimi essenziali di sicurezza vengono a mancare, determinando un notevole aumento degli incidenti sul lavoro. Senza considerare che queste ultime considerazioni valgono solo per quelle realtà dove esiste un sistema di notifica degli infortuni. Infatti molti degli incidenti e delle malattie non vengono nemmeno dichiarati in questi paesi, vista la scarsa efficienza dei sistemi di sorveglianza.

Inoltre l’evoluzione degli schemi migratori pone un altro problema all’attenzione della comunità non solo europea, ma anche internazionale. Infatti un aspetto significativo nella lotta per la sicurezza riguarda il numero di lavoratori emigranti in costante aumento nei paesi europei, sia per motivi politici che economici. Sono lavoratori che vengono occupati principalmente negli impieghi più a rischio e nel lavoro irregolare. Il più delle volte non hanno conoscenza del diritto al lavoro e della formazione ed informazione per poter lavorare in sicurezza, nonostante molti paesi europei accordano un posto sempre più importante alla prevenzione e riconoscano che i rischi devono essere contenuti con un sistema di gestione che prevenga gli infortuni ed i problemi di salute sul lavoro. Inoltre le misure adottate in materia di sicurezza sono alla base della qualità del lavoro oltre che della produttività delle imprese, ecco perché in un momento di crisi economica come questo si pone l’attenzione sul fatto che bisogna far rispettare le norme un materia. Ma nonostante tutto la sicurezza rimane sempre un’emergenza da affrontare in maniera decisa. I più colpiti sono i lavoratori maschi, giovani ed occupati in mansioni di tipo manuale. I giovani sono vittime d’infortuni sul lavoro più frequentemente dei loro colleghi anziani. Infatti si riscontra una percentuale di lavoratori maschi colpiti da infortuni pari al 5% tra i giovani di età inferiore ai 25 anni e diminuisce poi regolarmente con il crescere dell’età fino al 2,9% nella fascia più anziana (55-64 anni). Anche tra le donne il tasso di infortuni sul lavoro raggiunge il picco massimo del 2,7% nella fascia d’età più giovane (15-24 anni), ma dai 25 anni in poi resta costantemente al 2%. E quindi sempre considerevolmente più bassa di quella degli uomini. Le differenze di genere emergono anche guardando ai tassi di infortunio dei diversi settori d’attività economica. Per gli uomini i settori con più alto rischio sono l’edilizia, l’industria manifatturiera e l’agricoltura. I meno esposti al rischio sono gli occupati nei servizi finanziari, nella pubblica amministrazione e nel commercio. Per le donne i settori con il più elevato tasso d’infortuni sono i servizi sociosanitari, alberghi/ristorazioni ed agricoltura, come si può vedere dalle tabelle seguenti.

Tabella: tasso di infortuni sul lavoro secondo l’età ed il genere

I paesi con più alto tasso d’infortuni risultano essere la Finlandia (6,3%), la Francia (5,4%), la Svezia (5,1%) e la Danimarca (4,9%). Un tasso di infortuni inferiore al 2% si registra invece in Grecia, Slovacchia, Irlanda, Polonia, Ungheria, Bulgaria e Lituania. Ma a questo proposito in alcuni casi sorge qualche dubbio sull’attendibilità dei dati nazionali appena analizzati data l’eseguità del campione (vedi tabella nella pagina successiva). Infatti se per alcuni paesi di nuova adesione alla UE come la Bulgaria e la Lituania si conosce per sommi capi la situazione della sicurezza sul lavoro, in altri stati quali ad esempio la Finlandia e la Svezia è noto che il registro degli incidenti sul lavoro viene fatto in maniera attenta e precisa. Quindi mettere a confronto dati rilevati con modalità differenti senza contestualizzare la realtà dalla quale sono stati ricavati potrebbe portare a conclusioni fuorvianti. Come sempre le informazioni nate dalle percentuali vanno lette in un’ottica più generale senza fermarsi a guardare semplicemente dei numeri. Per quanto concerne l’Italia il tasso di infortuni è inferiore alla media UE (2,7%). L’85% dei lavoratori italiani infortunati si è assentato dal lavoro almeno un giorno in seguito all’incidente e nel 29% dei casi il congedo per infortunio ha comportato un’assenza di almeno un mese.

L’8,6% dei lavoratori dell’Unione Europea ha accusato durante l’anno almeno un problema di salute correlato al lavoro, ossia in totale circa 20 milioni di persone. Il fenomeno riguarda in egual misura uomini e donne, mentre le lavoratrici rappresentano una percentuale molto bassa tra le vittime di malattie professionali ufficialmente riconosciute in Europa. Sempre nel medesimo anno i lavoratori uomini e donne, che hanno avuto più di un disturbo della salute di origine professionale sono il 2,1%, cioè circa 5 milioni. A differenza degli infortuni i disturbi della salute di origine professionale colpiscono specialmente i lavoratori anziani, che sono stati più a lungo esposti al rischio.

Tabella: percentuale di lavoratori che soffrono di disturbi della salute

Le patologie più frequenti sono quelle di natura muscolo-scheletrica e psicosomatica. I lavoratori maschi accusano soprattutto disturbi della zona dorso-lombare, agli arti superiori ed inferiori, e problemi come stress, ansia e depressione. Per le donne invece i disturbi della zone dorso-lombare, tipici dei sollevamenti di carichi pesanti, sono un po’ meno

frequenti rispetto ai loro colleghi maschi, mentre sono più frequenti le patologie degli arti superiori e di problemi come stress, ansia e depressione.

In definitiva si ricava che in tutti i settori i lavoratori maggiormente colpiti da infortuni sono quelli:

- poco qualificati, ai quali manca la conoscenza del pericolo; - occupati in mansioni manuali;

- con orario di lavoro atipico (turni e lavoro notturno), dove subentra il fattore stanchezza. Nel corso dell’indagine Eurostat è stato esaminata anche l’esposizione dei lavoratori a fattori potenziali di rischio per la loro salute fisica o mentale. L’esposizione a uno o più fattori di rischio è stata segnalata dal 41% dei lavoratori intervistati, ossia 81 milioni di lavoratori. I fattori di rischio più ricorrenti sono:

- la postura da tenere durante il lavoro;

- i movimenti con sforzo fisico, come il sollevamento di carichi pesanti.

Ed i più esposti sono i lavoratori manuali, 65% per gli uomini e 52% per le donne. Per gli uomini le più alte percentuali di esposizione al rischio si registrano nell’industria estrattiva e mineraria, nella pesca e nell’edilizia; per le donne invece nell’agricoltura e nei servizi sociosanitari.

Mentre il 28% dei lavoratori, cioè circa 56 milioni di persone sono invece esposte a fattori di rischio professionale, che possono mettere a repentaglio la loro salute mentale. Dalle interviste effettuate è emerso che i fattori di rischio più frequente per la salute mentale riguardano l’organizzazione degli orari ed il sovraccarico di lavoro (oltre il 20%). Questo tipo di rischi riguarda soprattutto i lavoratori non manuali altamente qualificati (37%) ed è più frequente nel settore sociosanitario (oltre 40%), nei servizi finanziari, nei trasporti e nella pubblica amministrazione. In Italia la percentuale di esposizione al rischio per la salute fisica è inferiore alla media europea di tre punti percentuali (38%), mentre quello relativo alla salute mentale è inferiore alla media UE di dieci punti (18%).

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Altri aspetti interessanti sul mondo del lavoro in Europa sono emersi da un’indagine condotta dall’Agenzia Europea per la salute e la sicurezza sul lavoro nella primavera dello scorso anno, sui rischi nuovi ed emergenti dei luoghi di lavoro e sui rischi psicosociali nelle imprese europee dai dieci dipendenti in su. Dalla ricerca, che è stata effettuata sulla base di 36 mila interviste svolte tra dirigenti e RSPP (Responsabile Servizio Prevenzione e Protezione) delle imprese dislocate su tutto il territorio europeo sia del settore privato che pubblico (fatta eccezione per il settore agricolo, della pesca e della silvicoltura), è scaturito che:

- 4 dirigenti su 5 sono preoccupati dallo stress lavoro correlato;

- i settori a maggior incidenza da stress sono quello sociosanitario (94%) e dell’istruzione (84%);

- tra i RSPP intervistati il 42% sostiene che il problema stress sia il più difficile da gestire ed affrontare;

- tra gli ostacoli che incidono in modo determinante nell’affrontare le politiche sulla sicurezza le mancanze di risorse sia economiche che di personale e di tempo incidono per il 36% , mentre la mancanza di consapevolezza del 26%;

- le piccole imprese necessitano di un adeguato supporto tecnico nell’affrontare una concreta ed efficace valutazione dei rischi.

Tali risultati evidenziano gravi lacune soprattutto nelle piccole e medie imprese, che spesso non tengono in considerazione il problema sicurezza; tra le imprese di più grandi dimensioni, in cui è presente un rappresentante ufficiale sulla sicurezza, si è riscontrata una maggiore attenzione al problema dei rischi psicosociali nuovi ed emergenti: dallo stress lavoro-correlato, al bullismo, al mobbing, alle altre forme di violenza fisica e mentale all’interno delle strutture lavorative. I risultati ottenuti permettono di approcciare in modo più efficace la prevenzione dei rischi lavorativi, perché identificano le misure più idonee,

le forme di miglior supporto all’elaborazione delle procedure di valutazione rischi da parte del personale addetto.

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Il direttore dell’EU-OSHA, Jukka Takala, ha così commentato l’indagine: “Nel pieno della crisi finanziaria, il 79% dei dirigenti esprime la propri preoccupazione per lo stress sul lavoro, già riconosciuto quale peso notevole sulla produttività europea… è senza dubbio allarmante che il 26% delle organizzazioni dell’UE abbia predisposto procedure per affrontare lo stress”. Continuando nel commento dei risultati il direttore ha anche evidenziato quanto sia importante, ed in alcuni casi necessario, il supporto in competenze, assistenza e strumenti tecnici per prevenire e gestire in modo efficace il processo di gestione del rischio e dell’attuazione delle misure preventive. Solo così si potrà garantire una forza lavoro più produttiva e in grado di migliorare la redditività e la competitività economica delle imprese europee.

4.2

Strategia comunitaria per la sicurezza e la salute sul lavoro 2007-