5. SPORT E ATTIVITÀ FISICHE IN ITALIA: MODIFICHE STRUTTURALI E NUOVE TENDENZE
5.3 La situazione italiana
5.3.1 Dallo sport di pochi allo sport di molti
prima rilevazione Istat, quando, alla vigilia delle Olimpiadi di Roma, l’Istituto realizza un’indagine in cui chiede agli intervistati di indicare se praticano sport con continuità e quale tipo di sport venga praticato, sulla base di una lista di dieci discipline.
Nel 1959 le persone che praticavano sport erano 1 milione 309 mila, pari al 2,6 % della popolazione (valore che sale al 4,9 % per i maschi e scende ad un 0,5 % per le femmine). Tra gli sport spiccavano il calcio, la caccia e gli sport di tiro, sport natatori e pesca, sport invernali e alpinismo.
Il quadro della pratica sportiva poteva essere riassunto in poche parole: “un paese in cui lo sport è per pochi, essenzialmente maschi, per lo più calciatori e cacciatori”.
L’Istat ripete l’indagine solo molti anni dopo, nel 1982. Il Paese è cambiato economicamente, socialmente e culturalmente e anche lo sport ha subito profonde trasformazioni: è aumentata la consapevolezza generale della sua importanza, nascono gli enti di promozione sportiva, si sviluppa un forte movimento associativo di base che pone al centro della sua azione la democratizzazione del settore.
La percentuale di praticanti passa ad un ben più sostanzioso 15,4 % (praticanti abituali sul totale della popolazione di 6 anni e più), che diventa 21,5 % per i maschi e 9,5 % per le femmine. Il rapporto maschi-‐femmine è ancora alto (più di 2 a 1), ma siamo lontani dal 9 a 1 del 1959.
L’altro aspetto fortemente positivo è il grande passo avanti fatto registrare dai giovani: lo sport viene finalmente percepito come un bisogno fondamentale.
Passando alle differenze territoriali, l’indagine rispecchia un Paese diviso in due, con il Sud e le Isole molto lontani dai valori del Centro-‐nord.
Le indagini ripetute nel 1985 e nel 1988 danno risultati molto simili.
La pratica continuativa raggiunge il massimo valore percentuale proprio nel 1988 arrivando al 22,9 % della popolazione di 6 anni e più, con un rapporto tra i sessi però ancora fermo ai valori del 1982 (31,9 % per i maschi e 14,4 % per le femmine), continua la grande spinta dei giovani e giovanissimi e cominciano a farsi largo anche gli anziani.
Se per l’italiano degli anni Ottanta un fisico snello e scattante era un imperativo dettato dai media, connotato da un alone superfluo e consumistico, se negli anni Novanta la magrezza viene associata a stati patologici individuati al look anoressico delle modelle, e ciò a cui si doveva aspirare era un approccio olistico e soft al benessere, nel nuovo millennio l’ottenimento di un corpo sano e attivo sembra porsi come dovere sociale. Le malattie legate ad uno stile di vita insalubre, fumo, sedentarietà, obesità, non sono più considerate un problema individuale e personale del singolo ma della società intera.
La percentuale dei praticanti cresce quindi negli attivi ed ‘edonisti’ anni Ottanta, cala nei ‘riflessivi’ anni Novanta per poi risalire moderatamente alla soglia del nuovo millennio.
È difficile accettare l’ipotesi che, dopo anni di forte crescita, il bisogno di sport e attività fisica sia fortemente diminuito. Questo soprattutto perché sono cambiate profondamente le modalità della pratica sportiva.
Insomma, se il passaggio dallo “sport di pochi allo sport di molti” è stato per certi aspetti lineare dal 1959 al 1988, quello dallo “sport di molti allo sport per tutti” si dimostra molto più difficile e complesso del previsto a realizzarsi. Nel 2010 sono stati circa 19 milioni 200.000 i cittadini italiani in età pari o superiore ai tre anni che affermano di aver praticato con continuità o saltuariamente uno o più sport, pari al 33 % del totale della popolazione. Di questi il 22,8 % del totale della popolazione lo fanno con continuità, mentre circa il 10,2 % pratica sport saltuariamente.
Circa il 28.2 % dell’insieme degli individui di tre o più anni residenti nel nostro paese, non praticano invece nessuna disciplina sportiva ma svolgono comunque attività fisica (fanno passeggiate, escursioni, nuotano, usano la bicicletta ecc.).
Una quota rilevante infine dichiara di non praticare né sport né alcuna attività fisica. Questi costituiscono il popolo dei sedentari che rappresenta il 38,3 % del totale della popolazione italiana. L’interpretazione dei dati relativi all’evoluzione temporale dei comportamenti dei cittadini nei confronti dell’attività fisico sportiva evidenzia come la quota dei praticanti aumenti significativamente tra il 1995 e il 2000, per poi crescere in maniera regolare fino al 2010 .
Diminuisce costantemente la popolazione che, senza praticare sport, svolge almeno un’attività fisica. Il numero di chi afferma di non praticare sport, nè di svolgere alcuna attività fisico motoria, aumenta costantemente nel corso del tempo: passa infatti dal 37,8 % del 1995, al 38,4 % del 2000, al 41 % rilevato nell’indagine del 2006, per poi ridiscendere al 38,3 % del 2010.
Si registra dunque un incremento costante del grado di attività fisica della popolazione italiana, i cui ritmi di crescita hanno seguito comunque un rallentamento nel corso dell’attuale decennio.
La contrazione dei comportamenti intermedi desta preoccupazioni non trascurabili in quanto denota l’esistenza di quote crescenti di cittadini che, non riuscendo a trovare canali e strumenti idonei per la pratica di forme elementari e non strutturate di attività fisica, rischiano di non svolgere alcuna attività e di andare ad aumentare il numero dei sedentari.
È quindi auspicabile che si presti particolare attenzione a questi segmenti di domanda di attività fisica che si manifesta spesso in forme implicite e che richiede la predisposizione di modelli di offerta specifici e mirati.
fisica presso le fasce di popolazione interessate, si dovrebbe operare nella direzione di fornire aree, ambiti e ambienti attrezzati in grado di favorire lo sviluppo dell’attività fisica all’aria aperta, svolta senza i vincoli propri della pratica sportiva organizzata o comunque soggetta a regole e codici precostituiti.
5.3.2 Le caratteristiche dell'utenza
Gli uomini dimostrano di possedere una maggiore propensione verso la pratica dello Sport. Nel 2010 sono più di 11 milioni gli uomini che dichiarano di praticare uno o più sport con continuità o saltuariamente, quasi il 38 % della popolazione maschile in età pari o superiore alla soglia dei tre anni.
Nello stesso anno i circa 8 milioni di donne che praticano sport rappresentano il 26,6 % delle donne di tre e più anni residenti sull’intero territorio nazionale.
Nel decennio compreso tra il 2000 e il 2010 l’ampiezza della forbice che separa il grado di attivazione alla pratica sportiva degli uomini nei confronti delle donne si sta restringendo.
Per quando riguarda il numero di cittadini che, senza praticare sport, svolgono tuttavia qualche forma di attività fisica assistiamo ad una contrazione del numero: in questo caso l’entità del decremento pare coinvolgere in misura pressochè analoga tanto la popolazione maschile che quella femminile.
L’indice di inattività, invece, risulta aumentare in entità molto più elevata tra gli uomini che tra la popolazione femminile.
Questi dati dimostrano che il processo di invecchiamento della popolazione penalizza di più le dinamiche maschili. Al contrario le donne, partendo da valori nettamente più bassi, sono ancora nella fase potenziale in cui incrementare la partecipazione, grazie soprattutto alla spinta delle giovanissime.
Il fattore età rappresenta un altro elemento decisivo in grado di influenzare notevolmente la propensione dei cittadini verso la pratica sportiva. I maggiori livelli di attivazione si registrano nelle classi di età comprese tra i 6 e i 14 anni.
Nella fascia d’età dei più piccoli (tra i 6 e i 14 anni) la quota degli sportivi continuativi si assesta sul 57 % nel 2010.
Dopo questa soglia ci si imbatte in un gran numero di abbandoni che paiono quindi interessare soprattutto i ragazzi che frequentano o che hanno appena concluso la scuola media superiore. Nella fascia di età dei 15-19enni la partecipazione scende al 42 %.
L’allontanamento dei giovani dallo sport e il loro conseguente adagiamento alla sedentarietà è un fattore allarmante: i ragazzi si muovono sempre meno per mancanza di spazi aperti (criticità avvertita maggiormente nelle realtà cittadine), ma soprattutto per l’affermarsi di passatempi reputati assai più interessanti ma che non comportano alcuno sforzo fisico.
Nonostante gli indici di attivazione verso lo sport diminuiscano proporzionalmente all’aumento dell’età, in controtendenza rispetto ai giovani troviamo le fasce d’età più mature: nel tempo vengono rilevati incrementi significativi, soprattutto per l’inclinazione dei senior a mantenersi attivi e in forma sempre più a lungo. I 45-55enni passano dal 16 % degli anni ‘90 al 22 % di oggi, i 55-60enni dal 10 % al 15 % e gli over 60 dal 4,4 % all’8,8 %.
L’aumento della sedentarietà interessa tutte le fasce di età intermedie ad eccezione dei ragazzi al di sotto dei 10 anni e degli adulti al di sopra della soglia dei 55 anni.
È probabile, dunque, che si assista alla presenza di una domanda di attività fisico sportiva che inizia a coinvolgere segmenti non trascurabili appartenenti ad aree sociali e generazionali di norma estranee alla pratica fisico sportiva.
L’interpretazione dei dati e delle tendenze emerse dai risultati delle indagini fa emergere le notevoli difficoltà a fidelizzare alcune fasce di praticanti tradizionalmente coinvolti nell’attività sportiva. 5.3.3 Le dinamiche territoriali
Abbiamo accennato alle profonde differenze territoriali nella pratica sportiva in Italia, differenze che permangono nonostante la generale spinta alla pratica che si registra in tutto il Paese: esistono infatti zone ed aree territoriali che si caratterizzano per la presenza di un elevato grado di cultura sportiva e per una forte propensione dei cittadini nei confronti della pratica sportiva e realtà dove i livelli di penetrazione della pratica sportiva presso la popolazione risultano molto più limitati.
L’ambito territoriale su cui si è ritenuto opportuno di focalizzare l’attenzione ha coinciso con la dimensione regionale che rappresenta in termini politici ed amministrativi il livello più appropriato per la realizzazione di politiche mirate, finalizzate alla crescita quantitativa e qualitativa della pratica fisico sportiva.
Negli anni il Nord-ovest ha perso definitivamente la leadership del movimento, è il Trentino-Alto Adige che guida questa speciale classifica con una persona su due che pratica sport, mentre uno su tre lo fa con continuità. Seguono a distanza Lombardia, Veneto e Lazio; su livelli intermedi, comunque superiori ai valori medi nazionali, si collocano un gran numero di regioni (Marche, Friuli
Venezia Giulia, Emilia Romagna, Sardegna, Piemonte, Toscana e Valle d’Aosta); al di sotto della media rilevata sul piano nazionale si trovano tutte le regioni meridionali, ad eccezione della Sardegna, Umbria e Liguria.
Il sorpasso effettuato dal Nord-est nei confronti del Nord-ovest è talmente forte che può essere considerato di tipo strutturale e non occasionale, questo significa che è frutto di scelte e investimenti che hanno riguardato sia gli aspetti strutturali (costruzione di impianti sportivi, aree attrezzate, sostegno generale all’attività), sia quelli culturali, incidendo in modo profondo sui comportamenti e i costumi della popolazione.
I livelli di sedentarietà più estesi, con indici al di sopra del 50% rispetto al totale della popolazione, si registrano sempre in molte regioni meridionali (Puglia, Calabria, Basilicata, Sicilia, Campania, Molise); valori superiori alla media nazionale vengono registrati anche in Sardegna, Abruzzo, Liguria, Umbria e Lazio, mentre in Trentino e Veneto, viceversa, il grado di sedentarietà raggiunge i livelli più bassi rilevati sul piano nazionale;
L’Italia meridionale e quella insulare procedono appaiate, ossia con ritmi di crescita molto lenti che, se sono positivi rispetto alla loro situazione di dieci-venti anni fa, non lo sono altrettanto se confrontati con il ritmo di crescita delle regioni del Nord-est del Paese.
5.3.4 Le motivazioni dei praticanti
Ragazzi e ragazze fanno sport per un insieme abbastanza ampio di ragioni, alcune relative allo sviluppo delle competenze sportive e al piacere di confrontarsi con gli altri, ma altre riguardano il bisogno di stare con gli amici e di spendere energia attraverso l’attività fisica.
A partire dagli ani ‘70 sono state realizzate ricerche che volevano identificare i motivi che favoriscono, nei giovani, la persistenza nell’attività sportiva, servendosi di un modello psicologico che definiva sette sistemi di incentivi che dirigono il comportamento degli esseri umani. Dai loro risultati emerge che l’affiliazione (l’opportunità di stabilire rapporti interpersonali significativi, fare e mantenere amicizie), l’eccellenza (l’opportunità di acquisire abilità sportive e di esprimerle), e lo stress (l’opportunità di svolgere attività eccitanti per tentare di superarle) sono i motivi che si trovano alla base della scelta di praticare una disciplina sportiva. L’aggressività, il potere (voler influenzare e dominare gli altri) e l’indipendenza (l’opportunità di fare cose per conto proprio) risultano poco rilevanti nel determinare il coinvolgimento sportivo.
Inoltre si è scoperto che i giovani sono motivati dagli stessi incentivi indipendentemente dall’età, dallo sport praticato, dal genere e dalla cultura.
Un’indagine condotta dal Coni nel 2010 su un campione di giovani tra i 9 e i 18 anni enuclea le motivazioni di base che incentivano alla pratica di una disciplina: uno stimolo può essere fornito dall’entusiasmo per il lavoro e per il gioco di squadra, dal divertimento, nonchè dalle dinamiche rassicurative date dalla certezza di fare parte di un gruppo; dal desiderio di stare con gli amici e di farsi nuove amicizie; la gratificazione generata dall’apprendimento o dal perfezionamento di nuove abilità sportive; il desiderio di mantenersi in forma e di migliorare il proprio fisico; l’ambizione e il desiderio di essere popolare e importante, lo spirito agonistico che invita alla sfida contro un avversario o contro i propri limiti e la gratificazione dal ricevere medaglie, premi, e soprattutto dalle vittorie.
Per quanto riguarda gli adulti, rispetto ai motivi per cui si pratica sport emergono forti differenze di genere. Le cause di gran lunga prevalenti che favoriscono la propensione verso la pratica sportiva attengono a due sfere distinte: per un verso si richiamano le motivazioni di tipo ludico e la volontà di trovare forme adeguate di utilizzazione del tempo libero, per l’altro si rimanda all’esigenza di cura del proprio corpo, in modo da preservare livelli adeguati di benessere psico fisico.
Gli uomini praticano sport soprattutto per passione/piacere (71,5 %), per svago (52,5 %), per mantenersi in forma (49,3 %), per scaricare lo stress (30,5 %) e frequentare altre persone (26 %). Seguono la possibilità di stare in mezzo alla natura (14,6 %) e i valori che lo sport trasmette (16 %), due motivazioni molto più sentite dagli uomini rispetto alle donne.
Ai primi posti nella graduatoria delle motivazioni indicate dalle donne troviamo invece il tenersi in forma (59,8 %), seguito dalla passione/piacere (52,5 %) e dallo svago (47,5 %). Le donne, inoltre, attribuiscono maggior valore alle potenzialità terapeutiche dello sport: il 15,7 % di esse, infatti, dichiara di praticare sport a scopo terapeutico contro l’8,6 % degli uomini.
Volendo riassumere questi dati potremmo dire che per le donne lo sport è più benessere psicofisico, mentre per gli uomini è più passione e svago.
Accanto a differenze di genere nelle motivazioni per cui si pratica sport emergono anche forti differenze di età. I giovani, più degli altri, vivono lo sport come una passione, ne sottolineano l’aspetto socializzante e l’importanza per i valori che trasmette. Superata la soglia dei 20 anni, pur rimanendo importanti le motivazioni legate all’aspetto ludico e di piacere, acquistano più importanza il desiderio di mantenere una buona forma fisica e la necessità di scaricare lo stress; questa motivazione è indicata soprattutto dagli occupati. Infine, all’aumentare dell’età vengono sottolineate sempre più le capacità terapeutiche dello sport e la possibilità di stare in mezzo alla natura.
migliaia di giovani ne sono interessati. Raramente ciò accade perchè è nata in loro una nuova passione a cui si vogliono dedicare o perchè vogliono più tempo a disposizione per studiare. Lo sport spesso viene abbandonato perchè i giovani non trovano soddisfatti i bisogni che li avevano inizialmente spinti ad intraprendere questa attività. A volte per la ridotta interazione con l’allenatore e con gli altri compagni, a volte per gli allenamenti percepiti troppo ripetitivi, a volte i più competitivi lasciano perchè sentono di non imparare a sufficienza. Conoscere i motivi che allontanano dallo sport non è sufficiente per impostare un’efficace azione di prevenzione nei confronti del fenomeno dell’abbandono precoce; allenatori ed educatori sportivi dovrebbero analizzare quali sono le ragioni che favoriscono il coinvolgimento sportivo e impostare la loro attività sul soddisfacimento di questi bisogni.
In generale non emergono particolari differenze tra uomini e donne nei motivi della non pratica sportiva.
Al primo posto tra le motivazioni per cui non si pratica sport, viene indicata la mancanza di tempo (il 40,2 % dei non praticanti). Seguono la mancanza di interesse (30,3 %), l’età (24,1 %) e, a pari merito, la stanchezza,pigrizia e i motivi di salute (15,5 %).
Soltanto in pochi casi la mancata pratica dello sport può venire attribuita a motivazioni di carattere economico, alle condizioni di disabilità e a disfunzioni riconducibili alla assenza o alle carenze di funzionamento degli impianti sportivi.
La mancanza di tempo costituisce un fattore di impedimento alla pratica sportiva più per gli uomini che per le donne, mentre queste ultime sottolineano in misura maggiore l’importanza dei problemi causati dalla difficoltà di conciliare l’attività sportiva con le esigenze della vita familiare.
5.3.5 Le attività praticate
La diversità del percorso nei confronti della pratica sportiva si evidenzia se si analizza il rapporto che gli uomini e le donne hanno con le differenti attività sportive nelle varie fasi della vita.
L’avviamento allo sport dei piccolissimi avviene in piscina: più della metà dei bambine che da 3 a 5 anni praticano un’attività sportiva sono iscritti ad un corso di nuoto. Questo accompagna la crescita anche fino ai 10 anni, quando nasce l’innamoramento per il calcio nei maschi, e per la danza nelle femmine. In generale c’è la tendenza, con l’avanzare della crescita, ad allontanarsi dalle discipline individuali per dedicarsi agli sport di squadra. Il nuoto quindi scompare quando i bambini ottengono sufficiente autonomia decisionale, per essere riscoperto in età adulta.
Il primato del calcio è evidente fino ai 19 anni, età da cui inizia una diminuzione che non coincide, però, con la crescita particolare di altri tipi di sport. La fascia di età tra i 45 e i 54 anni è quella in cui gli uomini praticano più discipline sportive: a pari merito si collocano gli sport invernali (coinvolgono oltre il 20 % degli sportivi in questa fascia d’età), il tennis, il ciclismo e il jogging. In tutte le altre fasce di età si evidenzia la pratica di tanti sport ma con dati poco significativi. Man mano che ci si addentra nell’età adulta infatti si delinea il declino della dimensione agonistica e degli sport di squadra e la contemporanea affermazione delle finalità salutiste ed edoniste.
Le donne sperimentano un percorso molto diverso. Anche in questo caso le piccole iniziano con il nuoto, che poi diminuisce al crescere dell’età per conoscere un nuovo picco tra 25 e 34 anni e poi diminuire di nuovo. Nella fascia d’età tra gli 11 e i 14 anni, che coincide con la scuola media inferiore, le ragazze più dei ragazzi scelgono e praticano diversi tipi di sport: la pallavolo è il primo sport, segue la ginnastica e la danza.
Dopo gli 11-14 anni lo scenario si modifica: crescono la ginnastica e gli sport invernali, continua il declino del nuoto e inizia quello della pallavolo.
Anche per le donne emerge un picco per gli sport invernali tra i 45 e i 54 anni e cresce l’importanza degli altri sport. Acquagym, mountain bike, spinning, aerobica rappresentano un’enormità di attività emergenti.
L’evoluzione dei modelli di pratica fisico sportiva che ha caratterizzato i comportamenti di consumo degli italiani ha comportato effetti di ricaduta rilevanti anche sulla scelta delle attività praticate. Risulta in questo quadro significativo sottolineare il forte peso raggiunto dall’insieme delle attività di palestra (Ginnastica, Fitness, Aerobica, Cultura fisica, Danza e ballo) che insieme interessano più del 31 % del totale dei praticanti. Nell’odierno approccio al fitness si ravvisa un crescente interesse verso i servizi mirati al benessere non solo fisico ma anche mentale ed emozionale; questo atteggiamento ‘olistico’ è sempre più diffuso nelle discipline ‘body&mind’, promettono di allenare la mente tanto quanto il corpo. Fanno parte di queste discipline le arti marziali di derivazione orientale (aikido, tai chi chuan) e le ginnastiche terapeutiche (yoga, pilates). Altri servizi offerti sono i classici aerobici, con allenamento cardiovascolare (cardio), tonificazione (tono) e allungamento (stretching).
Grande fortuna conoscono le discipline ispirate a tecniche di combattimento, in voga anche presso le donne come autodifesa e autopercezione.
Rientrano nell’area fitness-wellness anche le attività che vengono svolte all’aperto: anche in questo caso vengono privilegiate attività più soft come la camminata, la corsa leggera, la camminata a