• Non ci sono risultati.

Una società possibile

1.4 Il lavoro 4.0

1.4.4 Una società possibile

La società, negli ultimi 20 anni circa, si è trasformata in modo sistemico, al punto che agli inizi del XXI secolo erano inimmaginabili i risultati ottenuti ad oggi. Nei paragrafi precedenti, abbiamo trattato della quarta rivoluzione industriale, di quali trasformazioni ha introdotto, delle tecnologie che stanno sviluppandosi, di industria 4.0 e di quali sono i riflessi sull’occupazione sia in termini di evoluzione del lavoro e delle relative professionalità che di possibile ri-distribuzione tra i lavoratori di nuova generazione. Abbiamo esaminato il mercato del lavoro, la domanda di occupazione che arriva soprattutto dai giovani, i loro possibili percorsi di studio per soddisfare la domanda e abbiamo citato anche quei ragazzi che si trovano ai confini della società, a grande rischio di esclusione, chiamati Neet. È evidente che la fluidità con cui la nostra vita scorre ci ha lasciati un po' sorpresi e disorientati, ma se vogliamo che i genitori smettano di lavorare 10 ore al giorno, fin che hanno il lavoro, mentre i loro figli restano completamente disoccupati, abbiamo bisogno di dotarci di una nuova organizzazionesociale64.

In Italia, un lavoratore lavora 1725 ore all’anno, ha un Pil pro capite di 35.685 dollari e la disoccupazione è del 12%. In alcuni paesi comunitari, come ad esempio in Francia, il lavoratore è impegnato 1482 ore all’anno, ha un Pil pro capite di 42.719 dollari e il tasso di disoccupazione è intorno al 10%; il

dato è ancora diverso in Germania dove si lavora mediamente 1371 ore all’anno, si ha un Pil pro capite di 48.042 dollari e la disoccupazione è al 3.8%. È evidente dai dati, che la ridistribuzione del lavoro, quindi della ricchezza, funziona; se i 23 milioni di lavoratori italiani lavorassero quanto i loro colleghi francesi, ci sarebbero 4,4 milioni di posti disponibili per i disoccupati.

L’innovazione tecnologica 4.0 ha sicuramente una connotazione di tipo sociale, in quanto un processo che coinvolge la collettività e rappresenta l’elemento contaminatore di una modalità nuova per innovare un servizio, un prodotto un modello sociale distribuendone gli effetti sulla collettività, coinvolgerà il singolo, sia in qualità di protagonista in quanto portatore di proposta che nel ruolo di utilizzatore del beneficio.

L’innovazione è un modello sociale, per ridisegnare una umanità che accompagni i cambiamenti della società65; un obiettivo primario della Strategia

Europea 2020, per dare risposte ai bisogni sociali con l’obiettivo di migliorare il benesserecollettivo.66

In Italia, dal 2016, 80 organizzazioni della società civile, oggi diventate oltre 170, hanno dato vita all’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS), con la finalità di dare concretezza alle indicazioni delle Nazioni Unite, rispetto all’Agenda 2030.

L’Agenda 2030 prevede 17 obiettivi globali tutti orientati al benessere delle persone, indipendentemente da dove vivano nel pianeta, nei Paesi in via di sviluppo quanto nei paesi avanzati, ed hanno la finalità di sconfiggere la povertà in tutte le sueforme.67

65 Manzini E., (2018), Le politiche del quotidiano, edizioni di comunità 66 Europa 2020

Fonte: Onu

Siamo in una fase epocale della nostra società: se da una parte la rivoluzione industriale ha avviato la trasformazione dei processi produttivi, offrendo all’umanità la possibilità di beneficiare di prodotti e servizi su scala planetaria, innovando di fatto il mercato del lavoro e il mercato finanziario, dall’altra, la presa di coscienza dell’opinione pubblica rispetto all' ingiusta e sbilanciata distribuzione della ricchezza del mondo, dato che circa un miliardo di persone del nostro pianeta vivono in stato di povertà assoluta, pone dei seri interrogativi.

A tale proposito, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a settembre del 2015, adotta un documento che, nei successivi 15 anni, avrebbe stimolato e stimola, interventi in aree di importanza cruciale per il pianeta e per i suoi abitanti.

Il percorso ha avuto inizio una quindici anni prima, nel settembre 2000; in occasione del vertice delle Nazioni Unite, i leader mondiali di 189 Paesi, adottarono la Dichiarazione del Millennio, “Millennium Development Goals”68, con la quale si impegnavano a rendere umana e dignitosa l’esistenza

degli esseri umani sulla terra. Certamente gli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennium, pur non raggiunti pienamente e soprattutto in modo omogeneo tra

le popolazioni del mondo, hanno comunque rappresentato una importantissima base di partenza per lo sviluppo di numerose aree. A differenza di allora, oggi ci troviamo nella condizione ideale per coniugare due mondi che in qualche modo, in passato, hanno fatto fatica a conciliarsi e sono l’innovazione sociale e l’innovazione tecnologica, entrambe contestualmente finalizzate al bene comune. Al proposito, rispetto a ciò, viene naturale ripensare a Keynes in Possibilità economiche per i nostri nipoti, che immaginava in 100 anni, siamo nel 1930, il ridursi a tre ore il tempo lavorato in una giornata, con un aumento salariale di 8volte69.

A suo dire:

«Il capitalismo non è intelligente, non è bello, non è giusto, non è virtuoso e non mantiene le promesse. In breve, non ci piace e stiamo cominciando a disprezzarlo. Ma quando ci chiediamo cosa mettere al suo posto, restiamo estremamente perplessi.»

(John Maynard Keynes, Autosufficienza nazionale, 1933)

È del tutto evidente che il futuro dell’umanità e del nostro pianeta è nelle nostre mani. Le nuove generazioni e le generazioni successive avranno la responsabilità che questo processo possa proseguire nel tempo e divenire irreversibile. Noi da parte nostra, oggi, abbiamo la responsabilità di educare i nostri giovani a modelli di socialità più sostenibili, equi e lungimiranti, capaci di costruire un futuro migliore per tutti, compresi i milioni di esseri umani a cui, ad oggi, non è stata data la possibilità di condurre una vita dignitosa, in grado di gratificarli.