Si crea disparità tra le procedure in capo al debitore
GIUSEPPE RIPA E ALESSANDRO LATTANZI
Incertezze fiscali aleggiano sugli accordi di soluzione concordata della crisi in sede assistita.
Questo è quanto emerge dalla lettura dell' ultimo capoverso del comma 4, art. 19 del nuovo Codice della crisi d' impresa e dell' insolvenza (Ccii) e le attuali disposizioni fiscali disciplinate dal Tuir; difatti, la specifica che dispone che l' accordo produce gli stessi effetti degli accordi in esecuzione del piano attestato rischia di non estendersi anche all' ambito fiscale e rimanere confinata soltanto all' ambito concorsuale, ossia alle misure premiali, anche tributarie, di cui all' art. 25.
Il punto focale della riforma del Ccii è indubbiamente l' introduzione dei sistemi di allerta della crisi d' impresa e del suo procedimento di composizione assistita. La prima procedura è volta a far emergere tempestivamente la crisi, come definita dalla lett. a), art.
2, ricercando con l' ausilio degli organi di controllo o dello stesso Ocri una idonea soluzione, mediante l' adozione di misure riorganizzative dell' impresa.
Tuttavia, tale procedura è interna a quest' ultima, giacché non coinvolge direttamente i creditori, trattandosi quindi di un riassetto dell' attività svolta.
Diversa è, invece, la procedura delineata dall' istituto della composizione assistita della crisi, la quale prevede una diretta trattativa con i creditori, volta alla ristrutturazione stragiudiziale del debito, mediante anche l' ausilio dell' Ocri. In altre parole, se la riorganizzazione interna non dovesse essere attuabile oppure, se attuata, non abbia sortito effetti, occorrerà che il debitore si attivi in via esterna all' impresa.
Attivata la procedura, al debitore vengono concessi tre mesi per avviare le trattative con i propri creditori: ed è proprio qui che si rinviene la stragiudizialità dell' operazione, ossia la matrice privatistica, poiché il creditore si troverebbe a trattare direttamente con ogni singolo creditore, bussando «porta a porta», senza intervento alcuno del giudice. Tale procedura verrebbe poi rinforzata dalla eventuale pubblicazione presso il Registro delle imprese, rimanendo, a ogni modo, al di fuori di ogni ambito giurisdizionale.
Laddove l' Ocri ravvisi il buon andamento delle trattative, il termine potrà addirittura essere prorogato di ulteriori tre mesi, trascinandosi dietro anche i relativi benefici.
Posto che i creditori aderiscano alle proposte del debitore, gli accordi dovranno essere formalizzati per iscritto e depositati presso l' organismo di composizione della crisi; soltanto in tale momento gli accordi acquisiranno valore legale, e quindi produrranno «gli stessi effetti degli accordi che danno esecuzione al piano attestato di risanamento», giusto l' inciso dell' ultimo capoverso del co. 4, art. 19, Ccii. Per tali ultimi, si devono intendere l' esenzione (i) degli atti compiuti in esecuzione degli accordi dall' azione revocatoria e (ii) dalla responsabilità penale per i reati di bancarotta
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troverebbe a dover nettare lo sconto ottenuto delle relative imposte; il creditore invece, troverebbe agevolazione nella deducibilità delle perdite su crediti, stante la sussistenza degli elementi certi e precisi.
Ora, per quanto qui interessa, il «vuoto» in esame afferisce alla imponibilità della riduzione del debito a seguito della diretta transazione con i singoli creditori. Difatti, il co.
4-ter, art. 88, Tuir, afferente alle cosiddette sopravvenienze attive da falcidia, dispone, per le procedure di risanamento, la non imponibilità per la parte che eccede le perdite (pregresse e di periodo) senza contare il limite dell' 80%, la deduzione di periodo e l' eccedenza di Ace, nonché degli interessi passivi, co. 4, art. 96. Tra le procedure di risanamento, l' articolo in esame, allo stato attuale, annovera il concordato di risanamento, l' accordo di ristrutturazione dei debiti omologato e il piano attestato pubblicato nel registro delle imprese, ma non gli accordi di soluzione concordata della crisi.
Appare eccessivamente estensivo ritenere come la produzione degli stessi effetti, dettati da una norma
«fallimentare», possano riverberarsi tout-court in altri ambiti, financo a quello tributario.
In altre parole, l' estensione di tali effetti dovrebbe ritenersi operante soltanto in ambito oggettivo, ossia dal piano agli accordi di risoluzione concordata in materia concorsuale; mentre, appare altamente improbabile una estensione anche soggettiva, ossia riferita ai soggetti che partecipanti (i.e.
: debitore e creditore), in termini di determinazione del reddito d' impresa.
La stessa relazione illustrativa nulla dispone in merito alla estensione delle esimenti sopra descritte anche in ambito fiscale, anzi, dal tenore letterale delle parole, emerge come il campo di applicazione sia solo quello concorsuale. Il dubbio di tale estensione afferisce anche alla specialità della normativa fiscale, la quale identifica sempre la metodologia di determinazione del reddito d' impresa, sia per il debitore che per il creditore, non lasciando autonomia alcuna ad altri settori.
Detta distonia comporterebbe, quindi, in capo al debitore un trade-off di non poco conto e cioè trovarsi dinanzi la scelta, da un lato, tra gli accordi di cui all' art. 19, Ccii, più snelli e meno costosi dal lato consulenziale, ma più onerosi in termini fiscali; dall' altro, invece, gli accordi in esecuzione di piani di risanamento, ex art. 56, Ccii, più farraginosi e costosi, stante anche la necessaria attestazione del professionista indipendente, ma portatori di sicuri, o meglio, normativamente espressi benefici fiscali.
Certo, la fattispecie sopra descritta, benché astrattamente configurabile, ben potrebbe realizzarsi allorquando, tirando le somme, il beneficio fiscale risulti maggiore del costo per la redazione del piano e della sua attestazione.
Vieppiù che la procedura di cui all' art. 19 è prodromica a quella dell' art. 56, poiché il nuovo Codice dispone che nel caso in cui i primi accordi non vadano a buon fine, la crisi si trasformerebbe in insolvenza reversibile (da verificare), tale per cui il debitore verrebbe invitato dall' Ocri a presentare domanda di accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell' insolvenza, ossia, appunto, il piano attestato, l' accordo di ristrutturazione o di concordato preventivo liquidatorio o in continuità. È quindi possibile affermare che «la produzione degli stessi effetti»
tracciato dalla norma in esame, valga sì ai fini fiscali, ma limitatamente alle misure premiali di cui all' art. 25, Ccii, ossia alla riduzione del tasso legale di maturazione degli interessi e delle sanzioni sui debiti tributari, purché vi sia stata la tempestiva proposizione dell' istanza di cui all' art.
19, come disposto dal co. 1, art.
24. A ogni buon conto, si evince come nessun riferimento sia riconducibile alla determinazione del reddito del debitore e del creditore. E quindi, i dubbi sollevati iniziano ad assumere una connotazione più che evidente. Allora,
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In conclusione, appare auspicabile l' estensione del beneficio fiscale de quo anche agli accordi in esame attraverso una diretta modifica normativa (magari toccando anche l' art.
101, co. 5, in merito alle perdite su crediti), in modo tale da consacrare le potenzialità della procedura di risoluzione della crisi e renderla effettivamente appetibile, equiparandola alle procedure maggiori.
Ciò in quanto, detta equiparazione, ancorché vi sia tempo per arrivare alla linea di partenza (i.e.:15 agosto 2020), permetterebbe al debitore di avere un più compiuto panorama degli strumenti di tutela a sua disposizione, senza dover, invece, sperare in eventuali successive, ma non del tutto scontate risoluzioni ministeriali o dell' Agenzia delle entrate ovvero alle pronunce giurisprudenziali. E sul punto basterà citare la recente equiparazione del concordato in continuità c.d.
indiretta alle procedure liquidatorie, al fine di beneficiare della piena non imponibilità delle sopravvenienze attive da falcidia, avvenuta in data 20 settembre 2018, attraverso la risposta alla interrogazione parlamentare n. 5-00047, ossia ben sei anni dopo l' entrata in vigore dell' art. 186-bis, l.f.
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