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LA SOMMISTRAZIONE DI TEST E QUESTIONAR

6.2 LA JOB DESCRIPTION O DESCRIZIONE DEL MESTIERE

7. METODOLOGIE E STRUMENTI DI SELEZIONE

7.4 LA SOMMISTRAZIONE DI TEST E QUESTIONAR

Nel processo selettivo, ormai è di prassi affiancare ai diversi strumenti di selezione anche quelli testistici per giungere ad una quanto più approfondita e

completa valutazione del personale attraverso procedure standardizzate. Le modalità di somministrazione degli stessi adottate, possono essere di tipo tradizionale (uso di carta e penna) o date le innovazioni prodotte dagli sviluppi informatici (computerizzate).

Attraverso questi, si può verificare se le impressioni maturate nei confronti dei candidati sulla base di un primo approccio di natura prevalentemente intuitiva trovano conferma nei risultati prodotti dai tests che garantiscono “oggettività” e “obiettività” intese: come formulazioni di giudizio indipendente dalle caratteristiche personali del selezionatore e delle diverse circostanze o situazioni. Gli elementi peculiari dei test sono: le procedure standardizzate, ripetibili e non modificabili; il campionamento dei comportamenti e dei tratti prevalentemente attinenti ad una certa mansione o funzione aziendale; la previsione di un punteggio che consente un confronto obiettivo tra soggetti con percorsi professionali e personali diversi; la velocità di correzione e di elaborazione dei risultati; la possibilità di somministrazione in contemporanea ad un numero elevato di soggetti.

Le aree di osservazione sono molteplici in quanto, come più volte sottolineato quanto maggiori sono le informazioni di cui si dispone tanto maggiori sono le probabilità di individuare la persona giusta da inserire nell’organico aziendale. Tra queste, l’apertura e l’abilità mentale ossia la capacità di apprendere ed eseguire il lavoro; la verifica della sussistenza di specifiche conoscenze; le competenze e le attitudini; particolari predisposizioni, interessi o preferenze lavorative; l’analisi della personalità.

Data la numerosità, varietà e specificità dei test a disposizione di coloro che si occupano di selezionare risorse umane, non è possibile menzionarli tutti quindi, ricordiamo quelli di più larga diffusione quali:

1) -TEST COGNITIVI: il fine è quello di individuare soggetti idonei a svolgere determinati incarichi o a ricoprire specifici ruoli valutando le attitudini e le potenzialità.

A tal scopo, vengono prese in considerazione le funzioni cognitive come le abilità numeriche legate ad esempio allo svolgimento di compiti che implicano il ragionamento matematico non inteso ovviamente nell’accezione del saper fare i calcoli. Questi test vengono utilizzati particolarmente per selezionare figure di natura tecnico-scentifica, amministrativa o operanti nell’ambito della contabilità o progettazione;

2)-TEST DI EFFICIENZA INTELLETTIVA: volti a misurare quello che Spearman ha denominato “fattore g” relativo all’intelligenza generale, innata e non indotta dalla scolarizzazione, dall’esperienza o dall’educazione. Un esempio è dato dal test del domino la cui peculiarità è quella di far emergere la capacità di astrazione logica cioè la capacità di comprendere la relazione esistente tra vari elementi che compongono una stessa serie di dati. Esso può essere somministrato sia individualmente sia collettivamente. Frequentemente vi si ricorre nell’ambito di selezione di soggetti neodiplomati, neolaureati o comunque di persone in cerca di una prima occupazione;

3) -TEST DI RAGIONAMENTO VERBALE: in questo caso il punto focale è la capacità di cogliere le relazioni tra le parole quindi di astrarre, generalizzare e pensare in maniera costruttiva. Esso è particolarmente utile per selezionare ad esempio personale impiegato nell’area commerciale;

4)-TEST DI RAGIONAMENTO MECCANICO: che valuta la capacità di comprensione dei fondamentali principi meccanici e fisici e testa le conoscenze riguardanti il funzionamento di dispositivi complessi. Il campo di applicazione, è tendenzialmente riconducibile all’area ingegneristica, dell’elettronica e comunque ad ambiti tecnici;

5)- TEST RELATIVI ALL’USO DEL LINGUAGGIO: per verificare la capacità di eloquio, la corretta esposizione delle argomentazioni, il livello di dialettica. A questi test si ricorre quando i soggetti da inserire in azienda devono gestire rapporti interpersonali segreterie di direzione e quant’altro attiene alla sfera della comunicazione.

I test dei quali si è parlato, per praticità, possono essere raggruppati nella più ampia categoria dei TEST ATTITUDINALI che in linea generale, servono a stabilire la propensione di un individuo per una data attività. Valutano non solo il livello generale di intelligenza ma anche specifiche abilità distintive che nelle diverse professioni possono essere requisiti essenziali e indispensabili e quindi dal possesso dei quali non si può prescindere.

Proprio per questo motivo, molti ritengono che i test attitudinali consentono un iter selettivo e una conseguente politica di assunzione non discriminatoria.

6-) QUESTIONARI DI PERSONALITA’: l’importanza di questi test ai fini di ricercare risorse umane valide da inserire nei diversi contesti aziendali, trova conferma nell’ indiscutibile consapevolezza che il successo di una organizzazione è fortemente influenzato dalla personalità di coloro che operano al suo interno.

Diversamente dai test cognitivo-attitudinali attraverso i quali viene misurato il rendimento, i test legati alla personalità, misurano alcune dimensioni della personalità in ambito professionale permettendo ai selezionatori di stimolare e interpretare reazioni tipiche, immediate e dettate dall’impulso di fronte a determinate situazioni lavorative.

Emergono per cui componenti caratteriali legati alla stabilità e all’equilibrio emotivo, al potenziale manageriale, alla capacità di leadership, alla collaborazione o integrazione in un gruppo di lavoro, alla competitività, all’atteggiamento remissivo o aggressivo, all’apertura o chiusura di fronte al cambiamento, alla fiducia nelle proprie capacità e alla propensione al rischio, all’atteggiamento accentrante o al contrario delegante.

I diversi questionari di personalità, possono essere distinti in due macroclassi: 1)- quelli unifasici che hanno ad oggetto la valutazione di un solo tratto della personalità 2)-quelli multifasici nei quali, vengono indagati più tratti della personalità. Questi ultimi sicuramente, sono più adatti per una efficace ed efficiente selezione del personale.

Un esempio, può essere rappresentato dal BIG FIVE QUESTIONAIRE (Bfq) introdotto in Italia nel 1993 da Capara, Barbaranelli, e Borgogni.

Esso, analizza cinque principali dimensioni del comportamento umano ritenute comuni alle differenti popolazioni. La prima è: l’Energia (E): volta a misurare il grado di fiducia ed entusiasmo con i quali vengono affrontati gli eventi e le circostanze della vita; la seconda è l’Amicalità (A): intesa come dicotomia fra altruismo e ostilità quindi, il fornire supporto emotivo e mostrare attenzione nei confronti degli altri da un lato e, l’egoismo e l’indifferenza dall’altro; la terza è la Coscienziosità (C): ossia l’affidabilità, la scrupolosità, la perseveranza, la responsabilità; la quarta è la Stabilità Emotiva (S): che chiaramente ricomprende numerosi aspetti come irritabilità, cambi d’umore, problemi legati all’ansia o alla depressione; la quinta è l’Apertura Mentale (M): che si riferisce alla predisposizione ad accogliere e sviluppare nuove idee, ad ampliare i propri orizzonti, ad esprimere i propri sentimenti. All’interno di ciascuna di esse, sono previste due sottodimensioni che sono: dinamismo-dominanza; cooperatività- cordialità; scrupolosità-perseveranza; controllo delle emozioni-controllo degli impulsi; apertura alla cultura-apertura all’esperienza. Le domande formulate, sono riferibili a situazioni “normali” oppure “competitive” e sono poste in maniera tale da poter verificare eventuali risposte date a caso.

E’ compito del selezionatore, informare il candidato che non esistono risposte giuste o sbagliate ed è quindi necessario non soffermarsi a riflettere ma piuttosto seguire l’istinto. Proprio per evitare che si inneschino determinati meccanismi, a fronte dell’elevato numero di item (affermazioni) contenute nel Big Five (132) il tempo concesso per portare a termine il questionario è relativamente ristretto. Il candidato ha cinque possibili alternative tra le quali scegliere e alle quali viene dato un punteggio che varia tra cinque e uno –da assolutamente vero per me ad assolutamente falso per me- . E’ presente poi, come accade per la maggior parte dei questionari di personalità una scala Lie (L) che indica in che misura il soggetto esaminato ha la tendenza a dare un’ immagine di sé alterata, in senso

positivo o negativo per cui a sovrastimarsi o sottostimarsi, a sopravalutarsi o sottovalutarsi.

Questo strumento, può essere impiegato per tutte quelle attività che richiedono una valutazione della personalità ai fini selettivi o di sviluppo professionale. I punteggi prodotti, vengono poi elaborati da un software e le differenti dimensioni e sottodimensioni vengono riportate su di un grafico che consente di interpretare i risultati e capire quali aspetti caratteriali dei candidati esaminati sono predominanti, quali nella norma e quali invece carenti.

In tal modo è possibile riscontrare la corrispondenza tra ciò che “dice” il Big five e il giudizio espresso dal selezionatore sull’intervistato a seguito del colloquio conoscitivo. Questo questionario può essere integrato ricorrendo a due ulteriori strumenti progettati sul modello del Big Five: 1) il Big Five Observer (BFO) nel quale, ci sono, quaranta coppie di aggettivi opposti valutati su di una scala e che permettono di osservare in maniera standardizzata il comportamento di un soggetto in situazioni organizzative e/o lavorative convenzionali (ad esempio durante un assestment center, nel corso di lavori di gruppo o durante attività formative); 2) il Big Five Adjective (BFA) nel quale, sono indicati 175 aggettivi attraverso i quali descrivere sinteticamente e rapidamente se stessi e quindi esprimere un’ autovalutazione sui tratti della propria personalità o indicare come si viene descritti dagli altri (eterovalutazione).

Questi strumenti possono essere utilizzati sinergicamente per avere un riscontro su quanto risulta dal Big Five e al tempo stesso per avere un quadro più completo sulla personalità dei candidati.

Infine, si possono somministrare anche i cosiddetti Questionari di Interessi Professionali: tesi ad individuare una particolare propensione ed attitudine (collegata alla propria immagine) dell’individuo verso determinate attività.

Vengono quindi indagate quelle che possiamo definire come “preferenze soggettive” attraverso questionari per lo più autovalutativi che consentono agli specialisti della selezione di capire verso quali aree professionali è orientato un soggetto e verificare ulteriormente se il profilo risultante è in linea con la posizione ricercata. Questi questionari, hanno una funzione complementare rispetto a quelli attitudinali. Questi ultimi danno un’ idea sulle oggettive possibilità di riuscita in una data professione, quelli di interesse professionale indicano invece la probabilità che ha un soggetto di trarre soddisfazione e quindi di aver successo in futuro nello svolgimento di una determinata attività.

Inoltre, come già detto più volte affinché il processo di selezione sia il più completo ed esaustivo possibile è indispensabile analizzare, osservare e valutare non solo quello che è il comportamento verbale (CV) ma anche e soprattutto il comportamento non verbale (CNV) del soggetto esaminato.

Esso, nel corso degli anni, è stato oggetto di studio da parte di molti autori: Burkhardt, Weider-Hatfield e Hocking (1985); Goldberg e Rosenthal (1986); Parsone e Liden (1984) e altri. Il comportamento non verbale, si manifesta in diversi modi ciascuno dei quali, può avere un diverso peso nella comunicazione intervistato-intervistatore.

Diverse quindi sono le espressioni non verbali individuabili (canesstrari e Ricci Bitti, 1989). Tra queste ricordiamo: A) il comportamento spaziale ossia la postura, la vicinanza fisica; B) il comportamento motorio legato alla gestualità delle mani, del capo e del corpo in generale; C) l’espressione del volto e quindi degli occhi, delle sopracciglia, della bocca e dell’insieme dei muscoli facciali che possono esprimere assenso, dissenso, perplessità, sicurezza, convinzione; D) lo sguardo che può trasmettere sensazioni di smarrimento, agitazione, disattenzione o al contrario di pacatezza tranquillità, competenza; E) l’aspetto esteriore, elementi come la conformazione fisica, l’abbigliamento,il trucco, l’acconciatura dei capelli possono risultare per un buon e attento selezionatore indicatori utili per una più esauriente valutazione dei candidati incontrati; F) aspetti non

linguistici del comportamento verbale come il tono di voce, le pause, la continuità dell’eloquio, tremolii o momenti di schiarimento di voce, frequenti ripetizioni di particolari intercalari possono essere interpretati come titubanza, scarsa comprensione di quanto viene detto, necessità di riprendere il filo del discorso, timidezza etc.

Quindi, il comportamento non verbale ha l’importante funzione di rendere percettibile ciò che può non trasparire dalla comunicazione verbale come atteggiamenti interpersonali, informazioni sulle modalità relazionali: simpatia, ostilità, dominanza, sottomissione, dipendenza, intraprendenza. E’ possibile inoltre, comprendere attraverso l’analisi delle emozioni e di tutti quei comportamenti inconsapevoli ed inconsci quale immagine la persona selezionata ha di sé e confrontarla con quella che invece consapevolmente e consciamente e in alcuni casi anche ingannevolmente vuol trasmettere al selezionatore. In conclusione, l’analisi del comportamento non verbale nel processo di selezione del personale, rappresenta un valido ausilio per approfondire alcuni aspetti (motivazione, abilità, tratti caratteriali), fugare eventuali dubbi o al contrario confermare le impressioni maturate nei confronti dei soggetti colloquiati. Naturalmente per un appropriato utilizzo di questo strumento, occorre che la persona incaricata di individuare la miglio risorsa da inserire (indipendentemente dal fatto che l’attività di selezione sia svolta da personale interno o esterno all’azienda), abbia a sua volta un determinato comportamento non verbale in modo da non influenzare il comportamento dei potenziali aspiranti ai ruoli ricercati. Infatti, segnali o cenni di approvazione o disapprovazione, ricercati solitamente dai soggetti esaminati, possono essere interpretati positivamente (possibilità di successo) o negativamente (possibilità di insuccesso) e di conseguenza incidere sulla spontaneità e trasparenza delle risposte; potrebbe essere trasmessa una sensazione di scarsa attenzione per le argomentazioni e i temi trattati ( anche se a onor del vero potrebbe trattarsi di una tecnica di selezione volontariamente utilizzata) e per riflesso potrebbe essere considerato

come un comportamento “tipico” dell’organizzazione aziendale e incidere sulla decisione di accettare o rifiutare l’offerta di impiego.

7.5 LA GRAFOLOGIA

Un’altra metodologia introdotta per selezionare il personale sia da parte delle aziende sia da parte delle società di consulenza che si occupano di reclutare candidati è la GRAFOLOGIA.

Essa, è nata nel 1600 ed è una disciplina che studia la scrittura, attraverso la quale, vengono evidenziati gli aspetti caratteriali più nascosti e le effettive risorse delle persone incontrate ed esaminate.

La grafologia, inizialmente è stata utilizzata in ambiti diversi: scolastico, nelle consulenze familiari o giudiziarie, in psicoterapia per poi, trovare applicazione anche nella selezione del personale.

Ha avuto larga diffusione negli Stati Uniti, in Europa, in particolar modo nei paesi nordici come l’Olanda e il Belgio nei quali, la grafologia è ritenuta una scienza a tutti gli effetti e ad alto indice di affidabilità, in Israele e secondo studi statistici in Francia dove, l’esame grafologico, è utilizzato da più del 90% delle aziende. Questa disciplina, ha avuto uno sviluppo a fasi alterne e oggi possiamo affermare che è nuovamente in auge ed anzi sulla cresta dell’onda in quanto aggiunge nuove e importanti informazioni sui soggetti da valutare rispetto a quelle desumibili dai tradizionali metodi di selezione.

E’ comprensibile, quindi, come anche in Italia, alcune aziende e società di selezione, per ridurre il rischio di commettere errori nell’individuazione di candidati idonei a ricoprire determinate posizioni hanno mostrato apertura verso questo metodo di valutazione.

Tuttavia, il numero di coloro che ricorrono a questo “prezioso strumento” è ancora esiguo. Le ragioni di ciò, sono da ricercare nell’ ancora assente capacità nel nostro paese di conciliare la conoscenza del mondo e quindi dei problemi organizzativi tipici di un’azienda con il metodo grafologico. Di conseguenza, la

scarsa esperienza aziendale ne ostacola lo sviluppo e la grafologia non viene riconosciuta come scienza sebbene, in un contesto come quello attuale, economicamente difficile, la selezione del personale, dovrebbe essere maggiormente selettiva in quanto,il prezzo da pagare a seguito di scelte sbagliate è alto quanto più è importante strategico è il ruolo da ricoprire all’interno dell’azienda. Comunque, partendo dal presupposto che, l’esame grafologico non può e non deve sostituire il tradizionale iter selettivo (colloqui individuali e di gruppo, assesment center, test psico/attitudinali etc) è pur vero che i grandi gruppi industriali e le importanti società di consulenza e selezione del personale che ne fanno uso nel processo di scelta delle risorse umane, acquisiscono un vantaggio competitivo e ne fanno un punto di forza rispetto alla concorrenza. Secondo alcuni studi, quello che può essere definito “test della scrittura” è particolarmente adattato per la valutazione di personale di alto livello perché predittivo di successo manageriale. Attraverso di esso, è possibile verificare la presenza o meno di caratteristiche indispensabili in tale ambito come: l’attitudine e la propensione alla carriera e al comando, al coordinamento di altre risorse, le capacità decisionali.

In ogni caso, è indubbio che il ricorso al metodo grafologico in relazione all’ obiettivo dell’azienda di mettere la persona giusta al posto giusto, è estensibile a tutte le diverse aree aziendali.

Infatti, utilizzata con cognizione di causa, l’analisi grafologica permette di indagare numerosi aspetti tra questi, si annoverano: l’intelligenza razionale che ricomprende il grado di autonomia nello svolgimento dei compiti e quindi la capacità di problem solving; l’energia e il dinamismo intese come resistenza psicofisica e livello di tolleranza dello stress; la flessibilità o la rigidità mentale e quindi la capacità o meno di adattamento a diversi contesti o situazioni; la capacità organizzativa e comunicativa; la propensione ai rapporti sociali e l’estroversione; la leadership e quindi la tenacia; la responsabilizzazione dalla

quale traspare anche il livello di coscienziosità e professionalità nonché il senso di appartenenza all’azienda, la gestione dello stress, l’equilibrio emozionale, lo spirito critico e la riservatezza; il temperamento che è indice di apertura o chiusura mentale, atteggiamento remissivo o competitivo, di concretezza o superficialità.

Altri parametri misurabili attraverso l’analisi grafologica e utili per selezionare e valutare le risorse mane sono: la capacità di programmazione e pianificazione del lavoro; la presenza di una struttura mentale caratterizzata da ordine e metodo che richiedono oltre alla capacità di raccogliere e coordinare le idee anche elasticità concettuale e d’azione. Infine, non è da trascurare l’ulteriore possibilità di valutare quella che viene definita “capacità auto-affermativa” ossia la volontà e il desiderio di migliorarsi continuamente oltre che in termini di performance lavorativa anche in termini personali al fine di accrescere il contributo apportato in azienda.

In definitiva, attraverso questo metodo disponibile da molti anni ma di nuovo utilizzo nella selezione del personale almeno per quel che concerne la realtà italiana, è possibile arricchire la già ampia gamma di strumenti presenti sul mercato del lavoro per ridurre ulteriormente il rischio di introdurre persone non in linea con gli obiettivi e la cultura delle organizzazioni aziendali.

Permette al tempo stesso di meglio conoscere i propri collaboratori, rafforzandone e incentivandone la motivazione, sostenendoli nelle fasi di transizione, cambiamento o inserimento al lavoro. Infine, può contribuire anche a ridurre il turnover di personale permettendo alle persone di ricoprire ruoli gratificanti che gli permettono di crescere professionalmente e personalmente e conseguentemente di sentirsi realizzati a vantaggio naturalmente della produttività e redditività delle imprese.

E’ auspicabile quindi che la figura del grafologo –il cui compito è quello di individuare ed evidenziare caratteristiche e potenzialità, aree critiche e di miglioramento dei candidati in relazione ai diversi elementi: profilo ricercato, contesto aziendale, funzione da ricoprire- divenga parte integrante dell’ufficio risorse umane delle aziende e/o delle società che si occupano di ricerca e selezione del personale.

Gli addetti alla funzione Risorse Umane o per loro conto i referenti della società di selezione, dopo aver valutato i risultati prodotti dall’utilizzo sinergico dei diversi strumenti a disposizione, procedono ad un’ulteriore scrematura dei soggetti candidati ad entrare a far parte dell’organico aziendale e viene elaborata la cosiddetta short list contenente una rosa di candidati ritenuti in possesso dei requisiti richiesti dal job profile. Per questi, viene redatto un dossier confidenziale che è il cuore di tutto il lavoro selezione, a testimonianza dell’attività svolta. Nel caso in cui la ricerca è seguita internamente all’azienda sarà poi presentato alla direzione generale o al diretto responsabile della funzione interessata che possono avere un ruolo decisionale nella scelta finale.

Una ugual procedura è prevista nel caso di outsurcing. A differenza però della prima ipotesi questo documento è il prodotto per il quale la società di consulenza viene retribuita ed è perciò fondamentale ancor più che nel caso precedente che venga curato al massimo nei particolari sia nella forma sia nei contenuti. Particolare attenzione deve essere data alla parte linguistica, espressiva ed espositiva, all’incisività, alla esposizione dei vari step seguiti nell’iter selettivo e ai quali è stato sottoposto il candidato.

La descrizione del profilo professionale, attitudinale e personale deve essere dettagliata e analitica. Devono essere messi in luce non solo gli aspetti positivi e i punti di forza individuati ma anche quelli negativi, le criticità riscontrate, eventuali aree (ad esempio di natura tecnica) da esplorare ulteriormente.E’ utile anche menzionare l’adattabilità al ruolo proposto.

In sintesi, deve essere tracciato un profilo personologico completo contenente tutte le informazioni necessarie per poter comprendere quanto e in che misura la persona possa corrispondere idealmente alla figura ricercata.

Sinteticamente, un dossier confidenziale deve essere strutturato in maniera tale