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La stabile organizzazione occulta

Il concetto di “stabile organizzazione occulta” non trova origine nella legislazione tributaria vigente (nazionale, internazionale o comunitaria) né nella prassi amministrativa nazionale. Esso si è formato nel corso di verifiche fiscali in capo a società italiane appartenenti a gruppi multinazionali e che si ca- ratterizzano come entità giuridiche formalmente indipendenti. Il primario fondamento del concetto è rinvenibile nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, nel caso Philip Morris, sia ai fini delle im- poste sul reddito che ai fini IVA.

La nozione di “stabile organizzazione occulta” fa riferimento ad una sede fissa di affari in cui un’impresa estera esercita, in tutto o in parte, la sua attività, in forma consapevole o inconsapevole - attraverso una organizzazione di uomini e mezzi ovvero per il tramite di un soggetto il quale agisce in qualità di agente dipendente/ indipendente - senza tuttavia dichiarare, all’autorità fiscale del Paese in cui è localizzata, i relativi proventi dalla stessa generati e ad essa direttamente imputabili.

Alla nozione di “stabile organizzazione occulta” (di tipo materiale ovvero personale) si riferiscono una pluralità di fattispecie, celate, occultate o dissimulate, comunque non dichiarate, rinvenibili in base ad un procedimento logico-deduttivo basato su indicatori riscontrabili ed elementi rilevati nel corso di una verifica fiscale da parte dell’autorità competente.

Nella prassi, è frequente che la questione della “stabile organizzazione occulta” venga sollevata con riguardo ad una società italiana “formalmente autonoma”, sebbene legata a soggetti esteri da rapporti di controllo, ovvero con riguardo a rami d’azienda di questa. Meno frequentemente, la questione viene in considerazione nel caso (opposto) di enti privi di personalità giuridica, che si qualificano come mere promanazioni sul territorio nazionale del soggetto estero, a seguito dell’attività dagli stessi condotta. Alcune criticità possono manifestarsi, innanzitutto, con riferimento all’effettiva indipendenza del sog- getto che svolge attività in Italia rispetto all’impresa non residente, e, in secondo luogo, con riguardo alla circostanza che il soggetto medesimo agisca o meno nell’ambito della propria “ordinaria attività”. In siffatte circostanze, la “stabile organizzazione occulta”, laddove ne sia supposta/accertata l’esistenza, si configura, in genere, quale branch riconducibile alla fattispecie dell’agente dipendente (“stabile organizzazione personale”). La nozione di “stabile organizzazione occulta” fa altresì riferi- mento all’ipotesi in cui un soggetto agisce “formalmente” in qualità di “agente indipendente”, il quale, tuttavia, di fatto, non soddisfa i requisiti dell’“indipendenza giuridica ed economica” (agente dipen- dente cd. “di fatto”).

Ulteriori criticità possono insorgere con riferimento al carattere effettivamente “preparatorio o ausilia- rio” dell’attività svolta dall’impresa italiana rispetto a quella propria del soggetto estero. L’eventuale

122La stabile organizzazione nel diritto interno, nel diritto convenzionale e nelle Convenzioni stipulate dall’Italia,

di Michele del Giudice, in allegato alla rivista "Il fisco" n. 45 dell'1 dicembre 2008. Erosione della base imponi- bile e stabile organizzazione, di Piergiorgio Valente, in “Il fisco” n. 31 del 3 agosto 2015.

121 riqualificazione della prima quale stabile organizzazione in Italia del soggetto estero viene, in tal caso, effettuata ai sensi delle disposizioni che individuano le “stabili organizzazioni materiali”.

Nella valutazione in ordine alla sussistenza o meno di una stabile organizzazione, è necessario, innan- zitutto, tenere conto di quanto sancito dal paragrafo 7 dell’articolo 5 del Modello OCSE, in base al quale in linea di principio, una società italiana, la quale è controllata da una società estera (ad esempio, una holding), non è (e non può essere ritenuta) di per se stessa una stabile organizzazione (anche oc- culta) di quest’ultima entità giuridica.

Fermo restando il suindicato principio, si rileva che in genere si possono configurare le seguenti cin- que principali fattispecie:

1. una società italiana è legata da rapporti di controllo ad una società estera (cd. “holding”): la società italiana può qualificarsi come “stabile organizzazione materiale occulta” della holding estera, ai fini delle imposte sul reddito. La riqualificazione quale “stabile organizzazione materiale occulta” può de- rivare, principalmente, dalla considerazione secondo la quale il business effettuato dalla società italia- na (la quale, ai sensi del paragrafo 7 dell’articolo 5 del Modello OCSE, non realizza di per se stessa una stabile organizzazione) può consistere, in ragione dell’ordinary business e delle modalità di svol- gimento dello stesso, in attività d’impresa per conto della casa madre;

2. una società italiana è legata da rapporti di controllo ad una società estera (cd. “holding”): la società italiana (la quale, ai sensi del paragrafo 7 dell’articolo 5 del Modello OCSE, non costituisce di per se stessa stabile organizzazione) può qualificarsi, in ragione dell’attività svolta e delle modalità di svol- gimento della stessa, come “agente dipendente” (ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, del Modello OC- SE) della holding estera. In tal caso, è “stabile organizzazione occulta” in Italia della società estera (holding), ai fini delle imposte sul reddito, la “stabile organizzazione personale”;

3. una società italiana è legata da rapporti di controllo ad una società estera (cd. “holding”): uno dei rami d’azienda della società italiana, in ragione dell’attività svolta e delle modalità di svolgimento del- la stessa (da parte del ramo d’azienda), può qualificarsi come “stabile organizzazione occulta” (“mate- riale” o “personale”) della holding estera, ai fini delle imposte sul reddito;

4. una società estera possiede in Italia un Ufficio di rappresentanza: quest’ultimo, in ragione dell’attività svolta e delle modalità di svolgimento della stessa, può qualificarsi come “stabile organiz- zazione occulta” della società estera, ai fini delle imposte sul reddito;

5. una società estera non possiede in Italia né una partecipazione in una società residente (la quale, ai sensi del paragrafo 7 dell’articolo 5 del Modello OCSE, non costituisce di per se stessa stabile orga- nizzazione) né un Ufficio di rappresentanza, ma svolge comunque “in incognito” (e per lo più consa- pevolmente) attività d’impresa attraverso uomini e mezzi che, collettivamente considerati, configurano “stabile organizzazione occulta”.

Con l’obiettivo di determinare se l’attività eventualmente svolta dalla società italiana (o da un suo ra- mo d’azienda) o dall’Ufficio di rappresentanza a vantaggio del soggetto non residente possa portare alla sua qualificazione quale “stabile organizzazione occulta” (“materiale” o “personale”) di quest’ultimo, occorre ricostruire unitariamente tale attività e le sue modalità di svolgimento, e affer-

122 marne (o escluderne) il carattere “ausiliario e preparatorio” o i requisiti che potrebbero portare alla conclusione in ordine alla sussistenza della “stabile organizzazione personale”, mediante un riferimen- to al programma del gruppo multinazionale, unitariamente considerato.

Rileva altresì il fatto che la società estera disponga, presso la società italiana, di una struttu- ra/organizzazione di uomini e mezzi per lo svolgimento dell’attività in nome e per conto, e sotto le sue direttive. È evidente che la presenza di personale – il quale svolge attività in nome e per conto della casa madre estera, che a sua volta fornisce direttive dettagliate e non svolge, piuttosto, una mera attivi- tà di direzione e coordinamento - può essere considerata indicativa della sussistenza, in Italia, di una “stabile organizzazione personale (occulta)”.

Tra i criteri che consentono di individuare una “stabile organizzazione occulta” con riferimento alle principali cinque suindicate fattispecie (nell’ambito di una società che, benché sia legata ad altre del medesimo gruppo, risulta “formalmente” indipendente), si citano:

- la carenza di un’autentica separazione (inconsapevole o consapevole) - sotto il profilo dei soggetti cui è demandata la gestione dell’attività e lo svolgimento delle funzioni - fra la società italiana e l’impresa estera;

- la sussistenza di un rapporto di sostanziale (per quanto non formale) subordinazione (inconsapevole o consapevole) del personale dirigente della società italiana ai vertici del soggetto estero;

- la circostanza che il soggetto italiano svolga attività (volontariamente o involontariamente) a favore di una o più società estere del gruppo, in assenza di corrispettivo;

- la sussistenza di specifici accordi, aventi ad oggetto la preventiva determinazione della regolamenta- zione economica delle transazioni concluse tra la società residente italiana e il soggetto non residente; - la partecipazione del soggetto italiano ad una o più delle fasi necessarie alla stipula di contratti in nome e per conto dell’impresa estera, eventualmente anche in assenza, in capo al primo, del potere di negoziare i termini del contratto;

- la circostanza per cui le entità coinvolte si avvalgono (consapevolmente o inconsapevolmente), ad esempio, dei medesimi strumenti informativi.

La sussistenza di uno o più dei criteri sopra illustrati si può desumere, in concreto, dall’analisi dei con- tratti stipulati dalla controllata italiana, al di fuori dei limiti della sua “ordinaria attività” e, in generale, dalle dichiarazioni, scritte o verbali a contenuto confessorio (corrispondenza, anche informatica, fra soggetti di entrambe le società, accordi anche informali conclusi tra le stesse, consulenze di vario ge- nere rese da professionisti), rinvenute o rilasciate durante la verifica da parte delle autorità ispettive. Non meno rilevante è la circostanza per cui la scelta effettuata dal soggetto estero di non disporre di una stabile organizzazione in Italia (“stabile organizzazione non dichiarata”) abbia complessivamente comportato o meno un vantaggio dal punto di vista fiscale in quanto, ad esempio, la società estera è residente in una giurisdizione fiscale caratterizzata da una minore imposizione fiscale, o, comunque, si trova a sopportare un onere inferiore a quello cui i relativi redditi sarebbero sottoposti in Italia. Di prassi tale criterio può contribuire ad orientare il convincimento in materia da parte degli organi pre- posti all’accertamento.

123 Una volta identificata in Italia la “stabile organizzazione occulta” del soggetto estero, ai fini della qua- lificazione e della quantificazione del reddito da attribuire alla stabile organizzazione - in conformità con quanto previsto dalle disposizioni convenzionali applicabili (in particolare, l’art. 7 del Modello OCSE) e dalla normativa interna – si procede alla individuazione del reddito sottratto a tassazione per il tramite della determinazione del valore normale del margine di profitto conseguito da soggetti, terzi indipendenti, che operano in situazioni analoghe o similari e, quindi, attraverso il riconoscimento di una “percentuale” di costi ritenuta, per effetto della normativa in materia di transfer pricing, congrua. Ai fini della corretta quantificazione del reddito da attribuire alla stabile organizzazione (e, pertanto, da assoggettare a tassazione), si fa riferimento al principio internazionale dell’arm’s length e, dal pun- to di vista metodologico, alle disposizioni di cui all’articolo 7 del Modello OCSE.

L’approccio seguito dall’OCSE ai fini della determinazione del reddito della stabile organizzazione è quello del cd. “functional separate entity approach”, il quale tratta la stabile organizzazione come un’entità separata e attribuisce ad essa i redditi sulla base delle funzioni svolte, dei rischi assunti e de- gli assets (analisi funzionale) utilizzati nell’espletamento delle rispettive attività123.

3.7.1 La stabile organizzazione occulta nell’esperienza italiana

Come visto nei paragrafi precedenti, nelle maglie di un’ormai superata definizione convenzionale di stabile organizzazione, i gruppi internazionali hanno sostituito i contratti in virtù dei quali la controlla- ta operava come distributore con degli accordi di commissioni, senza che a tale sostituzione corri- sponda una sostanziale modifica nelle funzioni svolte. Per i servizi resi, l’impresa residente ottiene il ristoro dei costi più un mark up di volta in volta determinato e slegato dai risultati ottenuti dal gruppo. Spesso il ricarico è coerente con quelli mediamente praticati da imprese comparabili indipendenti, ma i profitti sono traslati attraverso altre pianificate operazioni quali, ad esempio, la duplicazione dei ser- vizi tra l’impresa residente e quella non residente che generano, per la prima, costi e, per la seconda, ricavi; gli aggiustamenti di fine anno sui termini del contratto; i servizi resi dall’impresa controllata non inerenti alla sua attività, ma riconducibili ad esigenze della controllante ovvero la creazione di strutture ibride.

Analogamente, le imprese multinazionali frammentano artificialmente le attività tra le diverse entità del gruppo, affinché queste, ai vari livelli, possano apparire formalmente come preparatorie o ausilia- rie, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 4 del Modello convenzionale dell’OCSE.

In questo difficile contesto, dove è necessario stabilire quando sussiste un effettivo collegamento so- ciale con lo Stato che esercita il potere impositivo nei confronti delle attività riconducibili a soggetti giuridici stranieri, assume rilevanza identificare l’effettivo collegamento dotato di una sufficiente in- tensità di volta in volta rilevante così da evitare una duplicazione impositiva o di condividerla con il suo Stato di appartenenza.

Premesso ciò, al fine di ottenere sempre maggiori gettiti fiscali, il Fisco, inizialmente, ha tentato di ve- rificare la sussistenza di elementi che potessero far emergere, nel territorio domestico, un’organizzazione di attività riconducibile allo svolgimento di funzioni occulte, direttamente imputa-

124 bili alla casa madre, ma svolte attraverso il ricorso ai servizi resi da società correlate attive nel Paese ospitante.

In ragione di ciò, lo sforzo chiarificatore della giurisprudenza domestica è stato indirizzato, da sempre, verso la ricerca di quegli elementi caratterizzanti una stabile organizzazione.

Di interesse, è la pronuncia della Suprema Corte contenuta nella sentenza n. 3367 del 2002, relativa al caso Philip Morris, nella quale è stato affermato che l’indagine deve riguardare l’attività compiuta dal- la struttura nazionale al di fuori del proprio ordinary business.

Nelle sentenze n. 3368/2002 e n. 7682/2002, depositate il 25 maggio 2002, sempre relative al caso Philip Morris, con riferimento alla presunzione di esistenza di una stabile organizzazione (cosiddetta "stabile organizzazione occulta"), la Sezione tributaria della Corte di Cassazione ha affermato che: -una società di capitali con sede in Italia può assumere il ruolo di stabile organizzazione plurima di so- cietà estere appartenenti allo stesso gruppo e perseguenti una strategia unitaria; in tale evenienza, la ricostruzione dell'attività posta in essere dalla società nazionale al fine di accertare se si tratti o meno di attività ausiliaria o preparatoria, dev'essere unitaria e riferita al programma del gruppo unitariamente considerato;

-l'affidamento a una struttura nazionale della funzione della operazioni d'affari da parte di una società non avente sede in Italia, anche se riguardante una certa area di operazioni, comporta l'acquisto, da parte di tale struttura, della qualità di centro di attività stabile ai fini Iva;

-la partecipazione di rappresentanti di una struttura nazionale durante la fase della conclusione di con- tratti tra la società estera e un altro soggetto residente, può essere ricondotta al potere di concludere contratti in nome dell'impresa estera, anche al di fuori del potere di rappresentanza;

-l'accertamento dei requisiti del centro di attività stabile o di stabile organizzazione, ivi compresi quel- lo di dipendenza e quello di partecipazione alla conclusione di contratti, va condotto non solo sul pia- no formale, ma anche - e soprattutto - su quello sostanziale.

In particolare, la Suprema Corte fornisce indicazioni operative in merito all’individuazione delle carat- teristiche essenziali delle stabili organizzazioni c.d. “occulte” e delle stabili organizzazioni c.d. “plu- rime” di società non residenti facenti parte di gruppi multinazionali. Nel caso di specie, la Cassazione precisa che la qualificazione di stabile organizzazione sussiste qualora:

• un’impresa abbia legami “talmente penetranti” con la casa-madre da far diventare le società control- late, pur dotate di uno status di soggetti autonomi, “vere e proprie strutture di gestione dell’impresa esercitata da altre società”;

• i rapporti di dipendenza o di compartecipazione siano tali da poter essere assimilati a quelli che in- tercorrono con un agente dipendente.

In seguito, la medesima Corte, sentenza n. 20597 del 2011, ha precisato che l’identificazione di tali soggetti doveva raggiungersi attraverso l’esame sostanziale della situazione rilevata, prescindendo da- gli aspetti formali acquisiti. Da ultimo, possono citarsi le sentenze n. 1120 del 2013 e n. 10802 del 2012, dove gli Ermellini hanno indicato alcuni elementi indiziari ritenuti validi al fine della prova del- la presenza occulta di una stabile organizzazione. Ad esempio i giudici hanno valutato che gli elementi

125 formali identificativi di una stabile organizzazione personale possono essere rilevati dalle previsioni contrattuali tra la committente estera e la commissionaria domestica (potere di rappresentanza, potere di concludere contratti, partecipazione alle trattative per la loro conclusione), ma anche da aspetti so- stanziali quali la presenza di funzioni occulte.

In estrema sintesi, quindi, esiste una stabile organizzazione occulta ogni qual volta sia presente una le- gal entity svolgente attività imprenditoriale riconducibile al soggetto non residente (con esclusione delle attività puramente preparatorie o ausiliarie) sotto il controllo di quest’ultima nell’ambito di una strategia unitaria, in modo tale che si manifesti una vera e propria organizzazione di attività all’interno dell’impresa collegata o partecipata mascherata da un formale accordo.

Anche nel processo cognitivo di matrice penalistica, i Giudici nomofilattici hanno fornito il loro con- tributo, ritenendo radicata nel territorio nazionale una stabile organizzazione occulta qualora ivi si svolgano alcune attività tipiche dell’impresa, quali la governance ed il management, con la program- mazione di tutti gli atti necessari al raggiungimento dello scopo sociale.

Ogni qual volta si rende necessario accertare tale presenza, emerge il netto conflitto di interessi tra lo Stato di residenza dell’impresa estera, quello ospitante la commissionaria e le multinazionali. Sostan- zialmente, il primo è propenso a negare l’esistenza di una stabile organizzazione occulta facendo per- manere, per tal via, i profitti all’interno della sua giurisdizione; il secondo a favorire l’apprezzamento positivo degli elementi indiziari della presenza occulta (per entrambi gli Stati l’esigenza è quella di ot- tenere un maggior gettito attraverso l’utilizzo della leva fiscale in funzione antideficit); mentre la mul- tinazionale a disconoscere la presenza della stabile organizzazione, poiché favorevole al permanere dello status quo ante, dal quale trae indubbi vantaggi fiscale (migliore allocazione dei profitti, aggres- sive tax planning) ed economici (risparmio dei maggiori costi connessi al mantenimento di una struttu- ra operativa in un determinato Paese).

L’interesse contrapposto in gioco è alto: scovare una stabile organizzazione occulta, significa, in so- stanza, collegare l’impresa non residente al Paese in cui avvengono le vendite/prestazioni e, quindi, assoggettare a tassazione i profitti ivi prodotti secondo il criterio della residenza e del world wide prin- ciple124.