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Nella più antica redazione statutaria duecentesca si stabiliva che gli statuti della società dovessero essere letti almeno ogni sei mesi al corporale e ad ogni necessità sia della società così come dei singoli soci179. Nella stessa si prevedeva che entro due mesi dall’inizio del loro ufficio, i consoli avrebbero dovuto eleggere gli statutari tra gli uomini migliori della società per aggiornare la legislazione aggiungendo o eliminando le norme per l’utilità della società; per la compilazione degli statuti questi ultimi avrebbero ricevuto 5 soldi per un banchetto180. Tale statuto dovette essere disatteso, come dimostrano le successive redazioni statutarie pervenute e datate a partire dal 1322 che, verosimilmente, rappresentano l’intero corpus redatto dalla Società dei sarti bolognese181; d’altronde se gli statuti del 1244 in seguito alla provvisione del 1255 vengono approvati il 3 gennaio 1262, a quella data risultavano ancora validi182. Nel XIII secolo si prescriveva che gli statuti potessero essere modificati soltanto con la volontà dei soci e tramite gli statutari183 e che dovessero essere redatti in due libri lignei, uno presso i consoli, l’altro nella sacrestia di S. Pietro o altrove secondo la volontà della maggior parte dei soci184. Una provvisione del 1458 stabilì che due volumi stessero presso la sede della società185.

All’interno dello Statuto del 1322 si stabiliva che la legislazione corporativa dovesse essere osservata da tutti coloro che esercitavano l’arte della sartoria, compresi i membra, e che questa in alcun modo avrebbe potuto essere interpretata, senza l’approvazione di tre parti dei ministrali e dei 40 del consiglio della società che si sarebbero espressi con fave bianche e nere. Per apportare riforme agli statuti sarebbe stata necessaria una riunione di almeno 100 soci per la discussione dei cambiamenti che sarebbero poi stati scritti dal notaio ed approvati soltanto con il consenso di due parti dei 100 o più uomini presenti. I ministrali erano tenuti a rispettare tale procedura pena una multa di 100 soldi di bolognini e di 3 lire di bolognini per chi avesse contestato tale sistema186.

179 Statuti, 1244, rub. 16. 180 Statuti, 1244, rub. 18.

181 Statuti 1322; Statuti 1322a; Statuti 1332-34; Statuti 1379. 182

A. Gaudenzi (a cura di), Statuti delle Società del Popolo di Bologna, cit., p. 281. L’approvazione annuale degli Statuti corporativi da parte del partito popolare bolognese risalgono al 1255 (cfr. A.I. Pini, I Libri matricularum Societatum Bononiensium e il loro riordinamento archivistico, “Quaderni della Scuola di Paleografia e Archivistica dell’Archivio di Stato di Bologna”, XV, Bologna 1967; R. Greci, Bologna nel Duecento, cit., p. 548).

183

Statuti 1244, rub. 45. 184 Statuti 1244, rub. 40. 185 Provvisioni 1458.

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1.3.12 Le condanne

Può valere la pena analizzare le condanne considerate all’interno delle redazioni statutarie qui analizzate non solo per valutare eventuali cambiamenti di atteggiamento nei confronti dell’una o dell’altra trasgressione, ma anche per metterle in connessione con motivazioni politiche per esempio.

Nel 1244 le cifre delle multe variavano dai 5 ai 20 soldi, la più applicata era quella pari a 10 soldi. Gli statuti stabilivano che la metà delle multe riscosse andasse ai consoli, i quali però nel caso non riscuotessero integralmente le condanne dovevano rimborsare la società di tasca propria.

Negli Statuti del 1322 e 1332/34 esiste una maggiore gamma di multe, 12 denari, 2, 3, 5, 20, 40 e 100 soldi, 3, 10 fino a 25 lire; le multe più frequenti erano quelle da 20 e 100 soldi insieme a quelle di 3 e 10 lire. All’interno di questi statuti compare per la prima volta e per alcuni reati la figura dell’accusatore, al quale sarebbe spettato la metà della multa e, secondo quanto stabilito nel 1379, gli si sarebbe garantita la segretezza. Come già accadeva negli statuti comunali infatti, la possibilità di accusare, conservando la propria segretezza e guadagnando anche qualcosa, era un sistema che consentiva da un lato l’incentivo da parte dei sari a controllare i colleghi, dall’altro fungeva da deterrente per tutti sapendo che chiunque avrebbe avuto un interesse economico ad effettuare la denuncia187. Negli Statuti del 1379 era previsto che alcune multe venissero divise a metà con il Comune di Bologna e così nelle provvisioni del XV secolo. La gamma delle multe variava da 5, 10, 20, 40, 100 soldi, 3, 5, 10 fino a 25 lire; le più frequenti erano quelle da 100 soldi e 3 lire. Per il XV secolo non si segnala nulla di nuovo, se non una multa da 50 lire per chi non avesse rispettato le decisioni prese dai funzionari della società che avessero svolto il ruolo di arbitri nelle controversie e nel caso di trasgressione da parte di prestatori ebrei ad accettare in pegno vesti non finite, la metà della multa sarebbe stata devoluta dalla società per la costruzione della nuova chiesa di San Petronio188.

Nelle redazioni statutarie del XIV secolo era ammessa anche la discrezione dei funzionari della società, i quali per alcune trasgressioni avrebbero potuto applicare cifre più o meno onerose, valutando il reato, la condizione e lo stato dei trasgressori.

187 Sul tema cfr. M. Vallerani, La giustizia pubblica medievale, Il Mulino, Bologna 2005; Id. L’amministrazione della giustizia a Bologna in età podestarile, Bologna 1992.

30 La Società dei sarti prevedeva fin dal primo Statuto pervenuto del 1244 la messa al bando di soci e funzionari che avessero commesso reati particolarmente gravi. I casi previsti erano, nel 1244 i consoli che non riscuotevano le ammende e le persone che si rifiutavano di entrare nell’arte. Negli Statuti del 1322, 1332-34 i soci insolventi che non pagavano le multe, coloro che facevano lavori a domicilio, i discepoli che si separavano dal proprio maestro senza licenza, le persone che si rifiutavano di obbedire ai funzionari della società e di dare garanzie. Inoltre i maestri che tenevano discepoli di più di 18 anni senza che questi ultimi avessero fornito garanzie all’arte, i discepoli che iniziavano lavori contro volontà del proprio maestro, i maestri che offrivano lavoro a discepoli banditi, i sarti insolventi che non pagavano i debiti contratti con la società. Infine era previsto il bando perpetuo per le persone che sottraevano o impegnavano lavori altrui.

1379: discepoli che si separano dal proprio maestro senza licenza di quest’ultimo; coloro che sottraggono o impegnano lavori altrui il bando perpetuo; non iscritti alla società che fanno lavori a domicilio; maestri che collaborano con i banditi; coloro che non danno garanzie all’arte.

1466: nelle 5 provvisioni non è previsto il bando.

Si vede chiaramente come gli statuti della prima metà del Trecento siano più severi a differenza di quelli della seconda metà del secolo, che limitano il bando a meno reati; persiste invece in entrambi il bando perpetuo per sottrazione o pegno di lavori altrui in entrambe le statuizioni.