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CAPITOLO 3: SOCIAL MEDIA MARKETING PER IL FOOD

3.3 Lo stimolo al passaparola positivo

3.3.1 L’efficacia del marketing del passaparola

Il passaparola online positivo è in grado di influenzare l’intenzione di acquisto del consumatore (Erkal e Evans, 2016; Tien et al., 2018). Per definizione, il passaparola è un flusso di conversazioni spontanee che avvengono fra consumatori e che, per questo, sfuggono al diretto controllo dell’impresa (Hennig-Thurau et al., 2004). Tuttavia, l’impresa ha la possibilità di assumere un ruolo attivo nello stimolo al passaparola positivo (Godes e Mayzlin, 2009). Questo significa che l’impresa, invece di aspettare che il consumatore, in virtù della sua soddisfazione con il prodotto, crei e diffonda messaggi positivi sul brand, può porre in essere una serie di azioni per incentivare le conversazioni fra consumatori che hanno ad oggetto il suo prodotto o servizio. Questo insieme di strategie e azioni di marketing prende il nome di “marketing del passaparola” e costituisce una forma di comunicazione iniziata dall’impresa, ma portata avanti dal consumatore. Infatti, secondo Godes et al. (2005) l’impresa può adottare quattro strategie diverse (ma che possono anche coesistere) con rispetto alle interazioni sociali che avvengono online:

1. osservatore, quando l’impresa si limita a raccogliere informazioni dalle interazioni sociali, attraverso il tracciamento delle conversazioni che avvengono online, allo scopo di comprendere le caratteristiche dell’ecosistema in cui è inserita;

2. moderatore, quando l’impresa incoraggia le interazioni sociali, creando luoghi in cui i consumatori possano scambiarsi informazioni;

3. mediatore, quando l’impresa assume il controllo dell’informazione, diffondendola in prima persona;

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4. partecipante, quando l’impresa ha un ruolo attivo nelle conversazioni che avvengono fra i consumatori, attraverso la creazione di passaparola.

Quando l’impresa assume il ruolo di partecipante nelle conversazioni che avvengono online fra i consumatori, ha la possibilità di esercitare un elevato livello di controllo su una comunicazione che, altrimenti, sarebbe immune alle sue volontà. Il passaparola creato dall’impresa viene definito esogeno, in contrapposizione a quello endogeno, ossia quello costituito da conversazioni che avvengono spontaneamente fra i consumatori (Godes e Mayzlin, 2009).

Una campagna di passaparola creato dall’impresa può avere impatto sulla consapevolezza dell’esistenza del brand e del prodotto o sulla preferenza manifestata dal consumatore nei loro confronti. Questo significa che, usando il marketing del passaparola, l’impresa può rendere un consumatore consapevole di un prodotto di cui ignorava l’esistenza oppure può persuaderlo modificando la sua percezione del prodotto. In particolare, il passaparola online creato dall’impresa può determinare un incremento significativo e apprezzabile delle vendite in una categoria di prodotto (Godes e Mayzlin, 2009).

In questo capitolo, è stato sottolineato il ruolo fondamentale che la produzione di contenuti da parte dell’impresa ha in ottica di strategia di marketing. Per quanto riguarda nello specifico il marketing del passaparola, oltre a produrre contenuti da pubblicare nei propri profili nei social media, l’impresa può stimolare il passaparola predisponendo un insieme di incentivi, che possono consistere, ad esempio, nella possibilità di ricevere gratuitamente il prodotto o in piccoli compensi monetari. Tuttavia, il successo di una campagna di passaparola dipende prima di tutto dalla scelta dei soggetti verso i quali indirizzare gli incentivi e dalla capacità di rendere credibile l’informazione veicolata.

Godes e Mayzlin (2009) hanno condotto uno studio allo scopo di comprendere quali sono i soggetti verso cui un’impresa dovrebbe rivolgersi per dare avvio ad una campagna di passaparola. A tale scopo, gli studiosi hanno progettato un esperimento in cui è stata lanciata una campagna di passaparola per una catena di ristoranti. I soggetti che hanno partecipato allo studio appartenevano a due gruppi distinti: il

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primo gruppo era costituito da consumatori che frequentavano i ristoranti e che partecipavano ad un programma di fedeltà istituito dall’impresa a capo della catena di locali, mentre il secondo gruppo era formato da individui che non rappresentavano consumatori dei ristoranti, selezionati dal database di un’agenzia di marketing competente nella creazione di campagne di passaparola. La campagna di passaparola prevedeva l’invio a entrambi i gruppi di soggetti di informazioni sulla catena di ristoranti, chiedendo poi di riportare in un form online la propria attività di creazione di passaparola. Per incentivare i soggetti, sono stati promessi premi sulla base del punteggio assegnato dall’agenzia di marketing rispetto alla significatività del passaparola creato. Va sottolineato, però, che i premi erano di basso valore, dimostrando l’esistenza di incentivi personali, non legati a quanto promesso dall’impresa, a partecipare alla campagna di passaparola.

Prima di tutto, l’esperimento ha messo in luce la validità della teoria della forza dei legami deboli, già descritta nel capitolo 1 di questa tesi, anche nel contesto del passaparola iniziato dall’impresa. Generalmente, si ritiene che il grado di similitudine fra il mittente e il destinatario di una comunicazione possa aumentarne il grado di persuasione, facendo in modo che siano i messaggi di amici e parenti ad essere più persuasivi, rispetto a quelli provenienti da semplici conoscenti o sconosciuti. Tuttavia, secondo la teoria della forza dei legami deboli, questi ultimi fungono da ponte fra reti sociali di legami forti che, altrimenti, risulterebbero isolate l’una rispetto all’altra. Poiché i soggetti che fanno parte della stessa rete sociale tendono ad entrare in contatto con informazioni simili, dai legami deboli risulta l’esposizione a nuova informazione, amplificandone la diffusione e raggiungendo un numero maggiore di persone, rispetto al caso in cui sussistano esclusivamente legami forti (Godes e Mayzlin, 2009).

Inoltre, il grado di competenza della fonte di un messaggio rispetto al prodotto gioca un ruolo altrettanto importante nell’aumentare la capacità persuasiva dei suoi consigli. In virtù della sua maggiore familiarità con il prodotto (perché ne ha fatto maggiore esperienza), un consumatore fedele è ritenuto più persuasivo rispetto ad un soggetto meno fedele al prodotto. Tuttavia, un consumatore fedele è anche soddisfatto del prodotto ed è, pertanto, probabile che lo abbia già consigliato alla

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propria rete sociale, avviando un flusso di passaparola in merito. Questo significa che, attraverso una campagna di passaparola, l’impresa riuscirà ad ottenere un incremento maggiore nel volume del passaparola in merito al suo prodotto se si rivolge ai consumatori meno fedeli, in quanto è probabile che gli individui che hanno con loro un legame, forte o debole, non siano già informati sul prodotto in questione (Godes e Mayzlin, 2009). Questo, però, non implica che i consumatori fedeli non possano avere alcun ruolo in una campagna di passaparola iniziato dall’impresa. Infatti, la scelta di rivolgere gli incentivi a consumatori fedeli piuttosto che meno fedeli dipende dalla situazione di consapevolezza circa l’esistenza del prodotto presente nel mercato. Se esiste un elevato grado di conoscenza del prodotto, l’impresa dovrebbe avere come obiettivo la formazione o l’orientamento della preferenza dei consumatori nei confronti di questo prodotto. Pertanto, l’impresa dovrebbe affidarsi a consumatori fedeli che inviano messaggi ad amici e parenti, in virtù del fatto che la capacità persuasiva di un messaggio è massima in questa situazione. Quando, invece, è necessario creare consapevolezza circa l’esistenza del prodotto, l’impresa dovrebbe concentrarsi sulla diffusione delle informazioni fra un numero quanto più grande possibile di individui, affidandosi ai consumatori meno fedeli che inviano messaggi ad altri soggetti con cui hanno legami deboli (conoscenti) o assenti (sconosciuti), in virtù della loro capacità di fungere da ponte fra nodi che altrimenti non sarebbero connessi.

Il ruolo della fedeltà al prodotto è importante anche con riferimento al concetto di leadership di opinione. Un opinion leader è un soggetto in grado di influenzare i membri della sua stessa rete sociale e, pertanto, può essere ritenuto capace di diffondere le informazioni anche nel contesto delle campagne di passaparola. Tuttavia, Godes e Mayzlin (2009) sottolineano come ci si possa attendere che siano solo gli opinion leader fedeli a creare spontaneamente passaparola, evidenziando che, invece, manca una relazione fra creazione del passaparola e leadership di opinione quando l’opinion leader è meno fedele.

3.3.2 Il problema della credibilità

Un aspetto fondamentale relativo alle campagne di passaparola iniziate dalle imprese è quello relativo alla credibilità dell’informazione. Nel capitolo 2, è stato sottolineato

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il ruolo della credibilità della fonte e del messaggio del passaparola nel processo di adozione dello stesso nell’ambito del processo di decisionale di acquisto del consumatore e, di conseguenza, della formazione della sua intenzione di acquisto (Erkal e Evans, 2016; Tien et al., 2018). In particolare, si è fatto riferimento al fatto che se un consumatore dovesse percepire che la fonte del passaparola consiglia o raccomanda un prodotto per motivi che non sono legati al prodotto, ma che sono condizionati, ad esempio, esclusivamente da incentivi di natura economica, allora riterrebbe quel soggetto meno credibile (Aghakhani et al., 2018).

Questo concetto è valido anche (e soprattutto) nel caso del passaparola iniziato dall’impresa. L’efficacia del passaparola nel processo decisionale di acquisto deriva dal fatto che esso è percepito come fonte imparziale di informazione sui prodotti, rendendolo capace di ridurre il rischio percepito connesso all’acquisto e facendolo preferire ad altre fonti di comunicazione relative al prodotto, quali, ad esempio, la pubblicità tradizionale. Pertanto, se un consumatore ritiene che la positività di un messaggio sul brand, prodotto o servizio, derivi unicamente dal fatto che esiste un incentivo di natura economica a pubblicarlo e a diffonderlo, allora non considererà più il passaparola veritiero, evitando di utilizzarlo nel proprio processo di acquisto. Inoltre, i consumatori più fedeli raggiunti dagli incentivi dell’impresa nell’ambito di una sua campagna di marketing del passaparola potrebbero non voler mostrare nei propri profili nei siti di social networking che stanno ottenendo un guadagno economico dalla creazione e diffusione di messaggi che hanno ad oggetto il brand, in quanto il loro scopo primario è mostrarsi esperti nell’uso di un prodotto (Moran e Muzellec, 2017).

Per questi motivi, un’impresa che progetta una campagna di passaparola deve tenere a mente anche le considerazioni relative alla credibilità del passaparola e a tutti i fattori che la determinano, oltre a quelli più direttamente legati alla costruzione della campagna.

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