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Storia, racconto e atto configurante

I. NARRAZIONE E STORIOGRAFIA NEL PANORAMA FILOSOFICO CONTEMPORANEO

I.3 I L NARRATIVISMO

I. 3.3. Louis O Mink e le peculiarità della comprensione storica

I.3.3.1 Storia, racconto e atto configurante

Al metodo della comprensione e alle peculiarità di quella storica Mink dedica nel 1970 un altro articolo338, nel quale approfondisce una questione già accennata in quello del 1968 e così enunciata: «l’ordine temporale non fa parte dell’essenza del giudizio storico»339.

Innanzi tutto, in che cosa consiste la comprensione? Consiste «nel prendere insieme in un singolo atto mentale cose che non sono esperite insieme, o che non possono esserlo, perché sono separate nel tempo, nello spazio, o dal punto di vista logico»340. Si tratta di un’abilità che è possibile trovare in una grande varietà di esperienze e che risulta evidente, ad esempio, nel caso di una narrazione, il cui significato viene compreso attraverso questa presa o sguardo d’insieme delle parti che la costituiscono. Questa idea, già espressa da Aristotele, e secondo la quale ogni dramma ha un inizio, una parte centrale e una fine, riguarda in realtà qualsiasi narrazione in quanto mimesis dell’azione. Queste ultime, azione e mimesis dell’azione, infatti non possono essere comprese che come un’unica totalità complessa341.

336 Cfr. ivi, pp. 109 e 110. Mink riconosce l’esistenza del problema relativo alla possibilità di valutare le sintesi

interpretative (cfr. nota precedente).

337 Ivi, p. 113.

338 History and Fiction as Modes of Comprehension, op. cit., pp. 42-60. 339 L.O. Mink, The Autonomy of Historical Understanding, op. cit., p. 108. 340

L.O. Mink, History and Fiction as Modes of Comprehension, op. cit., p. 49.

L’atto di “prendere insieme” non è però limitato alle arti temporali. Esso è riscontrabile ad esempio nel caso dell’inferenza logica nella quale, sebbene si abbia l’impressione di poter giungere alla conclusione procedendo esclusivamente seriatim, i matematici dimostrano di riuscire a cogliere l’inferenza come un tutto piuttosto che come una pura sequenza di trasformazioni regolate da leggi342.

La comprensione è operativa ad ogni livello della coscienza, della riflessione o indagine. Al livello più basso, essa consiste nel prendere insieme i dati della sensazione, della memoria e dell’immaginazione ed è necessaria nella percezione e nel riconoscimento degli oggetti. A livello intermedio è il prendere insieme un certo numero di oggetti al fine di giungere ad una classificazione o generalizzazione. Al livello più alto è il tentativo di ordinare insieme la nostra conoscenza in un singolo sistema; essa è necessaria alla comprensione del mondo come una totalità343. Si tratta in realtà di un fine raggiungibile soltanto da Dio e non dall’uomo, il quale anela comunque a realizzarlo.

Vi sono tre diversi tipi di comprensione: categoriale, teorico e configurazionale. Ciascuno di essi è rispettivamente tipico della filosofia, delle scienze naturali e della storia.

Ai fini di un chiarimento di concetti e questioni che hanno a che fare con la storia è sufficiente la trattazione del modo configurazionale, ma per comprendere meglio quest’ultimo bisogna contrapporlo agli altri due.

Ogni metodo ha a che fare con un tipo diverso di oggetti. Il metodo teorico, chiamato spesso ipotetico-deduttivo, consiste nel prendere insieme oggetti considerati come esempi di qualche generalizzazione. Si tratta di un metodo proficuo in quanto si riferisce a cose considerate membri di una classe o esempi di una formula, esperiti e non, attuali o possibili. È allo stesso tempo poco proficuo per il fatto di riferirsi a cose che hanno caratteristiche comuni, ma che trascura ogni particolarità concreta di ciascuna344.

Mentre la comprensione teorica ci consente di stabilire una relazione tra teoria e oggetti in base alla quale possiamo stabilire delle affermazioni vere riguardo a questi ultimi, la comprensione categoriale ci consente di stabilire una relazione tra categorie e oggetti sulla base della quale possiamo stabilire di che tipo possono essere gli oggetti in questione. In questo senso quello che viene chiamato spesso un framework concettuale o sistema di categorie è un sistema di concetti che a priori consentono di dare forma a quella che altrimenti sarebbe un’esperienza confusa345.

342 Cfr. ivi, p. 50. 343 Cfr. ibidem. 344 Cfr. ivi, pp. 51-52. 345 Cfr. ivi, p. 52.

Il metodo configurazionale consente invece di comprendere gli oggetti «in un unico e concreto complesso di relazioni»346. Con il metodo configurazionale un lettera che brucia viene compresa non come sostanza ossidabile ma come il legame con un vecchio amico. È con questo tipo di comprensione che noi possiamo cogliere insieme le immagini di un poema, o la combinazione di motivi, promesse o principi che spiegano il voto di un senatore, o quell’insieme di parole, gesti e azioni che ci consentono di comprendere la personalità di un amico.

Il modo configurazionale potrebbe essere considerato come quell’esprit de finesse di cui ha parlato Pascal, cioè come quell’abilità di prendere insieme un numero di elementi dando ad essi un giusto peso.

I tre modi descritti costituiscono atti irriducibili l’uno all’altro e non possono essere in alcun modo combinati in un singolo atto. Ciò per diverse ragioni. Innanzi tutto per l’innegabile caratteristica risolutezza della mente: la sua forza e i notevoli risultati che essa raggiunge dipendono dall’attenzione e dall’interesse che concentra di volta in volta su un unico tipo di oggetti corrispondente ad uno dei tre modi. La seconda ragione è che ciascun modo ha come suo oggetto la totalità dell’esperienza umana o il mondo dei fatti considerati, potremmo dire, da uno specifico punto di vista, assolutamente estraneo a quello altrui, e che non necessita affatto del contributo degli altri due. Non solo il modo configurazionale non è adatto a comprendere le particelle subatomiche a causa della loro natura di costruzioni ipotetiche, ma il suo apporto non è di nessuna utilità ai fini di una comprensione, unica possibile, di tipo teorico.

Infine l’esercizio di ciascun modo costituisce l’oggetto degli altri due o semplicemente un caso speciale o imperfetto di approssimazione degli stessi347.

Mink continua la sua trattazione chiarendo che quando si parla di comprensione non si intende affatto un tipo o una condizione della conoscenza. Infatti la conoscenza non implica necessariamente la percezione dei legami esistenti tra gli oggetti conosciuti348.

La conversione degli elementi della conoscenza nella comprensione consente una visione sinottica senza la quale noi potremmo certamente rivedere, passare in rassegna i frammenti della nostra conoscenza come in un quiz show da incubo, dice Mink, nel quale nessun fatto è legato in qualche modo all’altro.

Un ulteriore motivo di distinzione tra conoscenza e comprensione, secondo Mink, è da riscontrare nella natura «essenzialmente pubblica» della prima, la quale può essere comunicata,

346 Ivi, pp. 52-53. 347

Cfr. ivi, pp. 53-54.

distribuita ad una comunità. Viceversa la comprensione è «un atto individuale di vedere-cose- insieme, e soltanto questo»349.