Cap II L’opzione mediterranea, tra fedeltà atlantica e integrazione europea
2.1 La strategia dell’ancoraggio
Questa strategia in politica estera, che chiamerei “strategia dell’ancoraggio”, fu un aspetto fondamentale per tutta la politica italiana almeno dal 1956 fino alla seconda metà degli anni Ottanta. Definita anche - probabilmente con eccessiva severità - «strategia della dipendenza », ritengo che in questo modo si escluda che 100
l’Italia utilizzasse questa strategia anche - e sopratutto - per interessi nazionali, piuttosto che per mera sopravvivenza politica. Il 1956 segnò quindi l’inizio di una fase di maggior protagonismo della politica estera italiana nel mediterraneo, che si sarebbe prolungata con alterne fortune per tutto l’arco della Guerra Fredda. La strategia dell’ancoraggio permetterà all’Italia di perseguire obiettivi autonomi, garantendo allo stesso tempo la massima fedeltà alle direttive dell’alleato in quel momento considerato più forte, o più conciliante: che fossero gli Stati Uniti - e allora la direttrice atlantica avrebbe preso il sopravvento - oppure la CEE - e allora quella europea avrebbe modellato le scelte italiane.
Con la fine del conflitto mondiale e la presenza dell’Italia tra i membri fondatori della North Atlantic Treaty Organization (NATO), accanto alle direttrici classiche della politica estera italiana post-unitaria se ne era affermata una terza, 101
che rapidamente aveva assunto assoluta preminenza sulle altre due: la direttrice atlantica. Questa preminenza era dovuta alla convinzione della nuova classe dirigente che l’alleanza con gli Stati Uniti potesse garantire il ripristino della perduta posizione internazionale dell’Italia, nonché al mantenimento dei delicati equilibri
B. Bagnato, Alcune considerazioni sull’anti-colonialismo italiano cit.
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M. De Leonardis, L’Italia, alleato privilegiato degli Stati Uniti nel Mediterraneo?, in Id. (a
99
cura di) Il Mediterraneo nella politica estera italiana, Il Mulino, Bologna, 2003
La definizione è di Silvio Pons: «Italy maintained a form of sovereignty much more
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closely linked to the initial phase of the Cold War, as its ruling classes still followed a "strategy of dependency” which acknowledged the country’s economic and political frailties, and negotiated its integration and inter-dependence in the Western system accordingly». S. Pons, Cold War Republic: The ‘External Constraint’ In Italy During The 1970s, in A. Varsori, B. Zaccaria (eds), Italy cit., p. 38
Quella mediterranea e quella europea-continentale. Cfr P. Ignazi, F. Giacomello, F.
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interni scaturiti dalla guerra . In aggiunta, le decisioni di De Gasperi nell’immediato 102
dopoguerra videro un prevalere dell’attenzione di Roma nei confronti dell’ambito europeo , il che comportò un ridimensionamento della dimensione mediterranea 103
nell’azione internazionale italiana negli anni successivi. Il diverso grado di lealtà mostrato a fasi alterne verso l’una o l’altra direttrice era ormai il fattore determinante nel modellare le scelte nazionali nel bacino . 104
Le motivazioni alla base di questo oscillamento stavano nella persistente diffidenza sia americana che anglo-francese nel volere concedere margini di autonomia nel Mediterraneo all’Italia. Ecco quindi che
le esigenze nazionali dalle quali Palazzo Chigi non poteva prescindere 105
rischiavano di suscitare apprensioni presso gli alleati perché interpretabili come espressione di una tentazione autonomistica rispetto al legame atlantico. Fu dunque sempre cura dell’Italia inserire la difesa di quegli interessi all’interno di un più ampio disegno occidentale .106
L’Italia dunque si copriva le spalle attraverso l’espressione di fedeltà alle strutture multilaterali a cui aveva liberamente aderito dopo la fine del secondo conflitto mondiale: la NATO e la CEE. Almeno fino agli inizi degli anni Settanta, l’Alleanza Atlantica ebbe un notevole sopravvento rispetto alla Comunità Europea: l’Italia poteva affermare, rispetto alle rimostranze degli alleati, che
la politica mediterranea proposta da Roma si inserisse in un disegno di rafforzamento del blocco occidentale. L’opzione anti-coloniale era 107
un’importante strumento per sostenere la possibilità che la politica estera italiana divenisse, nel Mediterraneo, un elemento di appoggio a quella degli Stati Uniti e per mostrare, di conseguenza, una automatica simmetria tra interessi della penisola ed esigenze occidentali in quell’area .108
A. Varsori, Europeismo e mediterraneità nella politica estera italiana, in M. De Leonardis (a
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cura di), Il Mediterraneo nella politica estera italiana del secondo dopoguerra, Il Mulino, Bologna, 2003, p. 25
Ivi, p. 27
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«La politica mediterranea dell’Italia […] rimaneva schiacciata tra esigenze e lealtà
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diverse.» (in E. Calandri, Europa e Mediterraneo, tra giustapposizione e integrazione in M. De Leonardis (a cura di), Il Mediterraneo cit., p. 53
Al tempo sede del Ministero degli Esteri.
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B. Bagnato, Alcune considerazioni cit., p. 302 106
L’autrice si riferisce all’azione politica dell’Italia nella seconda metà degli anni Cinquanta,
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in particolare al supporto ai movimenti di liberazione anti-coloniali e alle dure critiche all’intervento anglo-franco-israeliano contro Nasser del 1956.
Ivi, p. 313
In questo stava dunque la “strategia dell’ancoraggio”, per come venne perseguita con convinzione negli anni successivi. Giocarsi l’indipendenza attraverso l’allineamento appariva l’opzione realisticamente più percorribile per un paese dapprima nemico sconfitto ed ora alleato minore. Questo «muoversi ai margini delle alleanze» aveva come precisa causa, vale a dire la mancanza di identità geopolitica propria dell’Italia post-unitaria, dalla quale derivava la notevole difficoltà di identificare e promuovere un’interesse eminentemente nazionale . Allineandosi ad 109
un attore più forte dello scenario globale, la legittimità delle azioni italiane diventava intrinseca all’alleanza stessa. Dato che una delle costanti storiche della collocazione internazionale dell’Italia era di operare all’interno di un sistema di alleanze con attori nazionali di vario livello, garantito però dalla presenza di attori molto più forti la 110
“strategia dell’ancoraggio” diventava la carta migliore per giocare la propria autonomia nei ristretti margini dati dalla condizione di minorità.