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3.3 La stregoneria

3.3.3 La stregoneria a Ipamba

Quando ho cercato di approfondire la questione della stregoneria nel villaggio di Ipamba mi sono trovata di fronte a un muro di silenzi, mezze parole, sguardi bassi e disagio.

La prima volta che ho chiesto della stregoneria a una ragazza – o, meglio, ho tentato di chiedere – sono stata bloccata dal mio interprete. Stavamo parlando di gravidanza e bambini con mama Jackie, di ventidue anni, con già una bimba e in attesa della seconda figlia. Ho chiesto al mio interprete, Jeremy, di chiederle se la stregoneria poteva influire in qualche modo nella gestione della gravidanza e del

parto. Ho utilizzato il termine sorcery e lui mi ha guardato ripetendolo un paio di volte con aria assente dicendomi che non sapeva cosa volesse dire, e pur provando a cambiare termine (wizard e witch) si è dichiarato ugualmente ignorante. Sul momento ho lasciato cadere l'argomento ma poi, troppo stupita, ho parlato del fatto con un amico, un artista locale, e lui mi ha assicurato che era impossibile che Jeremy non conoscesse il termine sorcery, anche perché suo padre è – a detta di tutti – un potentissimo stregone. Pare che anche il vescovo durante una funzione l'avesse pubblicamente indicato come stregone6.

Forte di questa rivelazione ho affrontato apertamente l'argomento con Jeremy, e questi ha ammesso di conoscere la stregoneria, ma che si trattava di qualcosa di pericolosissimo, a cui accostarsi con cautela e attenzione.

Mi trovavo in una situazione particolare, mi rendevo conto che domandare alle donne del villaggio della stregoneria, accompagnata dal figlio di uno stregone, poteva non creare le condizioni ideali per una conversazione sincera e serena. Ma essendo la vita e la morte così immerse nel contesto della stregoneria l'argomento veniva spesso sfiorato, in un certo senso circondato: i silenzi e le risposte evasive me ne suggerivano i confini.

Parlando con Veronica ad esempio, una ragazza di vent'anni con un figlio di poco più di due anni, le ho chiesto se, prima di partorire, si fosse confrontata con le amiche che avevano già dei bambini, e lei seccamente mi ha risposto “no” ed ha abbassato lo sguardo a terra. Quando ho provato a chiedere perché non ne avesse parlato lei era visibilmente a disagio e ha evitato di rispondere. In suo aiuto è corso il mio interprete che mi ha laconicamente detto «only jealousy». Di fronte alle mie richieste di chiarimento mi ha spiegato:

I said that there is someone, in term of that jealousy, there is someone they just even decided to kill your child..your..yeah, something like that..I mean, the one maybe already delivered..so when you are going to ask them about delivering they don't like even you to have a child...that's why we say she's

jealous..is a thing which is natural, it depend on the people, other one have jealous, other one don't have.7

L'uso di non parlare della propria gravidanza, e di nasconderla il più a lungo possibile, trova diverse motivazioni: la gelosia di altre donne, che possono ricorrere alla stregoneria per ostacolare il parto e fare del male alla partoriente e al neonato, una serie di convenzioni sociali e una forma di vergogna a parlare di argomenti inerenti alla sessualità.

Lianne Holten rileva come, nel villaggio del Mali in cui ha svolto ricerche (Farabako), le donne, per essere delle “buone donne” sottostassero a una serie di comportamenti volti a mostrarle come pudiche e “aventi shame”. Tra gli atteggiamenti che l'immersione in questo contesto della vergogna e del pudore comporta nelle cure prenatali si ha, ad esempio, l'evitare di andare in moto con il marito (che nel villaggio di Farabako ha ripercussioni concrete notevoli, in quanto è l'unico mezzo disponibile per raggiungere strutture sanitarie), l'attenzione a non mostrarsi nude a nessuno, in particolare a donne più giovani (e nel caso di Farabako costituiva un problema in quanto un'ostetrica era molto giovane) e il non parlare della gravidanza, cercando anche di nasconderla. Una levatrice ha detto all'autrice che spiegava il processo della nascita solo al momento del parto, non prima, perché le donne avevano shame nel parlare di gravidanza e parto. E nelle parole di una ragazza intervistata dalla Holten:

women only tell their best friends when they are pregnant, not everyone. They are afraid others will gossip “look, she's pregnant” which is the same as saying “look she had sex with her husband”. When a doctor says “you are pregnant” the woman also has shame. (Holten, 2013: 101)

Inoltre, a Farabako, la conoscenza è percepita come pericolosa, e va rivelata cautamente: la conoscenza sulla gravidanza e il parto può causare aborto o parto prematuro; per questo motivo alle giovani non si dice nulla in proposito e una donna incinta (e in generale le giovani donne) non possono assistere al parto di un'altra 7 Trascrizione letterale delle sue parole.

donna.

A Ipamba non ho riscontrato una forma così forte di pudore né di conservazione gelosa della conoscenza, tuttavia anche qui le donne non parlano della loro gravidanza con le amiche, un po' per vergogna un po' per paura della stregoneria, e non chiedono consigli alla madre, o informazioni sulla gestione della gravidanza o su come avvenga il parto. Per avere questo tipo di informazioni si rivolgono esclusivamente all'RCH (Reproductive and Child Health), dove si sentono a loro agio e parlano liberamente con le infermiere, senza temere attacchi di stregoneria.

Ho cercato di capire come funzionasse concretamente la stregoneria, come cioè agissero gli stregoni, se ci fosse qualche segno riconoscibile per identificarli. Ma mi è stato sempre risposto che non è possibile sapere con certezza se qualcuno è uno stregone, in genere tutti i vecchi e tutti coloro che si arricchiscono lo sono, ma si tratta solo di sospetti. In quanto al come gli stregoni agiscano, logicamente mi è stato detto che, dal momento che nessuno sa chi siano gli stregoni, non si può sapere nulla di certo sulla stregoneria, a meno che non sia tu stesso uno stregone.

Ho provato a chiedere esplicitamente se gli stregoni usino erbe o incantesimi, se vadano in giro di notte o abbiano qualche comportamento particolare, ma nessuno ha saputo rispondermi. O non hanno voluto darmi spiegazioni. Ma dal momento che anche coloro con i quali ero maggiormente in confidenza e non erano impauriti nel parlarmi della stregoneria si sono dichiarati ignoranti riguardo ai metodi stregoneschi, propendo a credere che veramente non vi siano idee precise riguardo alla pratica concreta della stregoneria a Ipamba. Anche perché quando chiedevo se qualcuno potesse rivolgersi a uno stregone per commissionargli qualche malvagità mi guardavano come se fossi pazza o non avessi capito niente di quello che mi avevano spiegato finora. Nessuno sa con certezza chi sia uno stregone ed è molto pericoloso avvicinarsi a loro e fargli sapere che li si sospetta, per cui perché mai uno dovrebbe rischiare così tanto?

Accludo il proseguimento della conversazione con Veronica - anche se in realtà era diventata un'intervista al mio interprete:

IO - In which way someone could kill your baby?

IO - What people have to do in order to use sorcery? J. - Ahh..I can't know, I'm not well aware about sorcery. IO - Try to ask her..

J. - About sorcery? (Molto poco entusiasta) IO - Yes

J. - She don't know, she's not aware about sorcery.8

Questa reticenza a parlarmi della stregoneria era veramente palpabile, una paura concreta. Quasi nessuna delle donne con cui ho parlato mi ha spiegato qualcosa a riguardo, nemmeno quelle con cui ero più in confidenza. Le uniche persone da cui ho avuto qualche informazione sono state il mio interprete, l'artista locale e un'infermiera tanzaniana dell'ospedale, unica tra questi tre a dichiarare con convinzione di non credere nella stregoneria.

Quest'infermiera, Rosa, si è rivelata molto utile per la mia ricerca, mi ha parlato molto direttamente e anche esplicitamente contro l'uso di credere nella stregoneria e di adottare tanti rimedi locali che possono rivelarsi pericolosi e dannosi. Nelle nostre conversazioni spesso si indignava, pensando che io credessi alla stregoneria e all'utilità dei rimedi locali. Dal suo punto di vista è tutto un problema di ignoranza, lei stessa ha ammesso che, prima di iniziare a studiare per diventare infermiera, credeva in molte pratiche che si è resa poi conto non avere fondamento scientifico e ora non teme ripercussioni di alcun tipo; nel suo lavoro, spiega con pazienza instancabile alle donne che vengono all'RCH come si svolgono la gravidanza e il parto, quali sono le motivazioni di certe scelte mediche e perché alcuni comportamenti dell'uso locale possono rivelarsi dannosi. Ma, come più volte mi ha detto, ci vuole tempo per cambiare la mentalità della gente.