Capitolo 2. La teoria dell'errore
2.1 Strumenti concettual
Il pensiero giovanile di Mackie muove i suoi primi passi all'interno di quella peculiare tradizione empirista, individualista, laica e sotto molti punti di vista libertaria portata avanti in Australia, a Sidney in particolare, da John Anderson. Figura controversa ma assai in- fluente, Anderson fu responsabile, oltre che di molte battaglie in favore della libertà di pen- siero all'interno dell'ateneo di Sidney, della formazione su questi principi libertari di svaria- ti filosofi e intellettuali australiani, conosciuti in seguito con il nomignolo di 'andersoniani'. Mackie fu tra questi.
In alcuni articoli scritti2 in seguito alla morte del maestro (avvenuta nel 1962), Mackie cerca di condensarne l'insegnamento mettendone al contempo in luce i limiti. La filosofia di Anderson, secondo la definizione che ne dà Mackie, è un tentativo di fondere “realismo, naturalismo, materialismo, pluralismo, determinismo e positivismo”3 in un'unica indagine, logica, ontologica ed empirista allo stesso tempo, non immune da un certo hegeliano amore per i 'sistemi' filosofici che differenzia Anderson dalla maggioranza degli empiristi. La let- tura retrospettiva di quest'opera che impegna Mackie negli anni sessanta è sicuramente più votata alla critica che alla difesa del maestro. Tuttavia, in questi saggi emerge come alcuni elementi della filosofia di Anderson siano confluiti, attraverso una rielaborazione, nel pen- siero maturo di Mackie. Tralasciando i tanto generici quanto ovvi temi di una propensione empirista, materialista e negatrice di ogni trascendenza religiosa e spirituale presenti in en- trambi gli autori, sono almeno due le caratteristiche salienti che è possibile ricondurre ad Anderson. Da una parte un'impostazione realista dell'ontologia, secondo cui esiste un mon- do di cui è possibile un'unica descrizione puntuale ed esaustiva. Dall'altra, come conse- guenza di questo punto di partenza, l'attenzione verso l'analisi fattuale, vista come il mi- glior mezzo per arrivare alla comprensione dei fenomeni. Sebbene il pensiero di Anderson non nasca come reazione alla scuola analitico-linguistica, gran parte della sua filosofia può essere letta, a posteriori della polemica portata avanti da Mackie, anche come una critica di questo approccio.
Ma non è ovviamente soltanto dell'empirismo di Anderson che il pensiero di Mackie si nutre. Il prescrittivismo di Hare, l'emotivismo neo-positivista e in generale tutta la tradizio- ne semantico-linguistica della filosofia analitica formano l'atmosfera intellettuale entro cui
2 J.L. Mackie, The philosophy of John Anderson “Australasian journal of philosophy”, (1962), ristampato in Logic and knowledge, op. cit.; J.L. Mackie, Rationalism and empiricism, “Australasian journal of philosophy”, 43 (1965), ristampato in Logic and knowledge, op. cit.
Mackie ha costruito la propria opera, spesso e volentieri proprio in reazione a essa. L'utilitarismo, fin qui non menzionato, è un'altra scuola di pensiero con cui Mackie intraprende un proficuo dibattito polemico durante tutta la sua carriera, adoperando come punto di riferimento in questo ambito gli scritti di Bentham, Mill e soprattuto di Henry Sidgwick.
In ambito metaetico è l'intuizionismo di George Edward Moore a costituire il principale bersaglio polemico di Mackie. I Principia ethica4 sono un testo di riferimento indispensa- bile per comprendere alcune parti di Ethics in cui è analizzata la concezione oggettivista e che in apparenza possono apparire sbrigative. L'opinione di Mackie è che Moore abbia for- mulato l'oggettivismo morale nel suo massimo grado di coerenza e solidità, sviscerando a fondo le contraddizioni di questa posizione5. Mettendo al centro della ricerca etica l'idea di bene, e definendo questo come una “nozione semplice”, una qualità non-naturale, i Principia ethica hanno avuto il grande merito di formulare la posizione oggettivista nella sua forma più paradossale sebbene più difendibile, quella di un realismo non-naturalistico e intuizionista dove i fatti morali non possono essere confusi coi fatti naturali inerti. L'in- tuizionismo è pertanto la teoria oggettivista definitiva, l'ultimo baluardo entro cui ogni me- taetica realista che si voglia consistente deve rifugiarsi.
Sul versante puramente positivo, lasciando per il momento fuori quelle correnti di pensie- ro non prettamente filosofiche che diverranno protagoniste in [3] e [4], sono tre i pensatori nei cui confronti Mackie è maggiormente debitore: John Locke, David Hume ed Edvard Westermarck. Ci sarebbe da aggiungere a questa lista, sebbene il loro contributo sia assolu- tamente secondario, anche i nomi di molti altri autori appartenenti alla storia della filosofia anglosassone, da Thomas Hobbes a Geoffrey Warnock, passando per Joseph Butler, John Balguy e Charlie Broad solo per citarne alcuni, ma su essi Mackie non ha mai scritto nes- suna opera specifica. Su Locke e Hume invece Mackie ha composto delle opere storico- critiche, rispettivamente i già citati Problems from Locke e Hume's moral theory, mentre riguardo a Westermarck si è occupato in alcuni saggi e voci enciclopediche6. In tutti e tre i casi l'attenzione storico-critica è frutto di un interesse comune tra Mackie e l'autore studia-
4 G.E. Moore, Principia Ethica, Cambridge University Press, Cambridge, 1966
5 “L'intuizionismo semplicemente rende chiaro in maniera indigesta ciò che le altre forme di oggettivismo nascondono” (Ethics, p. 48).
6 J.L. Mackie, Morality and retributive emotions, “Acta philosophica fennica”, 34 (1982), ristampato in AA.VV., Edvard Westermarck: essays on his life and works, a cura di T. Stroup, Helsinki, 1982, e in
Persons and values, op. cit.; J.L. Mackie, Westermarck, Edward Alexander, in AA.VV., The enciclopedia of philosophy, a cura di P. Edward, London, 1967
to riguardo a certe tematiche e argomentazioni, le quali finiscono generalmente per essere incorporate nei suoi scritti una volta corrette e difese.
Non posso quindi non esaminare brevemente queste opere, cominciando da Westermarck. Mentre Hume e Locke infatti non hanno bisogno di presentazioni, il finlan- dese è una figura un po' oscura, ma importantissima per la formulazione della teoria dell'er- rore: è proprio per questo che comincerò da lui.
2.1.1 Edvard Westermarck
Edvard Alexander Westermarck (1862-1932)7, filosofo e sociologo appartenente alla ric- ca e colta minoranza linguistica svedese della Finlandia, è una figura poco conosciuta nel panorama filosofico nostrano. La sua fama è infatti maggiormente legata ai suoi studi di antropologia attorno al matrimonio e a quel fenomeno di imprinting sessuale invertito che porta il suo nome, l'effetto Westermarck. Nonostante questo, come sottolineato nelle sue memorie, l'interesse di Westermarck per la sociologia e l'antropologia nasce da interrogati- vi prettamente filosofici, e non viceversa.
Negli anni della sua formazione l'ambiente filosofico finlandese era dominato dall'ideali- smo e dall'influenza del pensiero tedesco. In controtendenza con questa moda culturale, a partire dall'età di venticinque anni Westermarck studia l'inglese in modo da poter leggere, tra gli altri, Darwin nella sua lingua originaria8. Secondo il suo connazionale Eino Kaila questa 'conversione' contribuì nel tempo, grazie alla fama crescente di cui godette Westermarck in patria, ad aprire il mondo della cultura finlandese al pensiero anglosassone e a svecchiarne l'idealismo.
L'influenza del mondo anglofono su Westermarck fu infatti molto accentuata9. Le opere della maturità uscirono quasi tutte in lingua inglese, e all'apice della sua carriera Westermarck divideva la propria opera di insegnamento tra le università di Helsinki, Ǻbo e
7 Oltre che la già citata voce enciclopedica curata da Mackie, data la scarsità di materiale su questo autore, per i dati biografici, la bibliografia e i cenni generali sulla sua formazione e carriera mi sono basato su tre articoli reperibili online: il primo, in finlandese, è la voce “Edvard Westermarck” di Wikipedia (Suomi), all'indirizzo http://fi.wikipedia.org/wiki/Edvard_Westermarck; il secondo, in inglese, è un articolo su
Pegasos, un database letterario finlandese, all'indirizzo http://www.kirjasto.sci.fi/ewester.htm. La terza fonte (in finlandese) è l'articolo di Juhani Pietarinen Edvard Westermarck moraalifilosofian dinosauri, “Tieteessä Tapahtuu”, 7 (1997), reperibile all'indirizzo http://filosofia.fi/se/arkiv/text/2720.
8 La prima edizione finlandese de L'origine della specie (il cui titolo abbreviato è Lajien synty) risale al 1913.
9 Westermarck stesso lo ammette nella prefazione a The origin and development of the moral ideas, Macmillian, London, II volumi, 1908 e 1915: “attraverso questo lavoro il lettore scoprirà facilmente quando sia grande il mio debito verso la scienza e il pensiero britannici, un debito molto più grande di quando io stesso ne sia consapevole” (p. vi).
la London School of Economics.
E fu proprio dopo un viaggio nel Regno Unito e un periodo di studi presso il British Museum che Westermarck scrisse la sua prima dissertazione (in svedese), Det menskliga äktenskapets historia, uno studio sulle origini del costume matrimoniale10. Quest'opera rap- presenta uno dei primi tentativi seri di applicare la teoria darwiniana allo studio del com- portamento e della cultura umana, e fa di Westermarck un precursore della sociobiologia e della psicologia evolutiva11.
Lo studio si pone di fronte a un quesito che potremmo definire un 'classico' all'interno della ricerca darwiniana sull'uomo: quello della sessualità. Le conclusioni di Westermarck sono volte a confutare il mito della 'promiscuità originaria' e a studiare l'origine evolutiva del legame affettivo tra i due sessi12. L'accento sulle basi biologiche del comportamento contro l'idea di una natura umana indefinitamente plasmabile riecheggia in maniera davve- ro impressionante certe polemiche attuali tra la sociobiologia e l'antropologia culturale, tanto che queste, a posteriori, si ammantano di una strana atmosfera da déjà vu. Stravagan- te per i tempi è inoltre lo smantellamento a suon di dati antropologici dei classici pregiudi- zi di matrice cristiana riguardanti l'omosessualità. Ancora più stravagante (e anche questa presente nei moderni dibattiti naturalistici) è poi l'idea che il comportamento omosessuale sia assolutamente naturale13, sia nel senso etico del termine che in quello biologico. In ogni caso, le ricerche sulla sessualità e sugli usi matrimoniali proseguiranno per tutta la carriera accademica di Westermarck, e lo porteranno a specializzarsi in campo etnologico nei co- stumi della cultura marocchina. Gli ultimi anni della sua carriera saranno impiegati a esplo-
10 Il saggio fu tradotto in inglese nel '25 (The history of human marriage) e in finlandese nel '32 (Avioliiton
historia).
11 “Si può inoltre ritenere Westermarck un pioniere nei campi della sociobiologia e della psicologia evoluti- va” Wikipedia (Suomi), voce “Edvard Westermarck”. In Finlandia il nome di Westermarck è comunemen- te associato al pensiero darwiniano e neo-darwiniano, lungo una tradizione che dai pensatori morali scoz- zesi porta prima a Darwin e giunge infine alla sociobiologia di Trivers. Vedi a proposito H. Sarmaja,
Ihmisluonto ja Juhani Pietarisen moraali, “Tietessä tapahtuu”, 1 (2004) e Ihmislajin perheenmuodostuksen evoluutiopsykologinen perusta, “Yhteiskunta politikka”, 68 (2003). Il debito di
Westermarck con l'illuminismo scozzese, almeno per quanto riguarda la metodologia e i principi guida della ricerca, è piuttosto ampio, anche se non è stato ancora, per quanto ne so, analizzato approfondita- mente.
12 In The origin and development of the moral ideas Westermarck si esprime così riguardo agli obiettivi del suo primo lavoro: “in un lavoro precedente ho cercato di mostrare come verosimilmente non vi è stato al- cun stadio nello storia sociale dell'umanità in cui il matrimonio non è esistito, essendo questa istituzione con tutta probabilità un'eredità di un progenitore scimmiesco” (p. 364). Tornando alla questione, aperta nella nota precedente, dell'influenza dell'illuminismo scozzese sulla metodologia e sui contenuti del pen- siero di Westermarck, c'è da dire che, come ha notato Gladys Bryson (Man and society: the scottish
inquiry of the eighteenth century, Princeton, New York, 1945, p.183) questa tesi sulla naturalità del matri-
monio riprende l'analisi operata da Henry Home (Lord Kames) in Sketches of the history of man. 13 The origin and development of the moral ideas, vol II, xliii
rare i territori della psicoanalisi freudiana, di cui Westermarck sarà un critico, soprattuto per quanto riguarda il complesso di Edipo.
Come filosofo, Westermarck si è occupato di etica e di filosofia della religione: della pri- ma con The origin and development of the moral ideas14 (due volumi, 1906 e 1912) e con Ethical relativity15 (1932), della seconda con svariate opere minori culminanti in Christianity and morals16 (1936).
Il debito di Mackie nei confronti dell'antropologo finlandese è vasto. Solo quello con Hume è più profondo, ma soltanto perché a sua volta già Westermarck era stato influenzato pesantemente dalle tesi humeane e dalla Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith. Il peculiare relativismo morale sviluppato dal finlandese a partire dallo studio dell'antropolo- gia trova largo spazio nell'opera di Mackie, così come l'idea che la società sia il luogo d'origine della morale attraverso lo sviluppo di soggiacenti sentimenti pre-morali che Westermarck chiama emozioni retributive17. Il finlandese appartiene infatti a quella catego- ria di 'genealogisti della morale' che hanno cercato di delineare una storia naturale dei con- cetti morali e religiosi adottando come motore storico privilegiato la teoria darwiniana del- l'evoluzione18. Sistema di regolamentazione della sfera sociale, la morale nasce su un piano immanente e assume la forma ideologica di assoluto per svolgere al meglio la propria fun- zione. Da qui l'illusione che essa possa trascendere i limiti sociali di partenza e situarsi an- che su un piano irrelato e atemporale, l'idea ovvero che i giudizi morali siano oggettivi:
“Nessuna delle varie teorie della scienza normativa può sostenere di aver for- nito argomenti conclusivi in suo favore; nessuna di esse ha provato che i giudizi morali possiedano una validità oggettiva, che esiste qualcosa di assolutamente
14 Quest'opera uscirà in finlandese nel 1933 (col titolo di Moraalin synty ja kehitys). Le uniche traduzioni in Italiano di quest'opera (nonché uniche in generale, per quanto riguarda questo autore) riproducono soltan- to due dei 52 capitoli dell'originale: il xx, a cura di Fabrizio Sciacca, è contenuto in E. Westermarck, La
vendetta di sangue, ETS, Pisa, 1996, mentre il xliii, a cura di Massimo Consoli, è contenuto in E.
Westermarck, L'amore omosessuale, Del Giano, Roma, 2004.
15 E. Westermarck, Ethical Relativity, Greenwood Press, Westport, 1970
16 Libro che avrà una sua traduzione finlandese (Kristinusko ja moraali) soltanto nel 1984.
17 Vedi The origin and development of the moral ideas, vol. I, ii-iii-iv. Westermarck nel suo porre le emo- zioni retributive di approvazione e disapprovazione come fondamento della moralità rielabora uno dei temi portanti contenuti nella Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith: che il contenuto del nostro sen- so naturale di giustizia nasca dai sentimenti di risentimento e gratitudine, interpretati questi in chiave re- tributiva (A. Smith, Teoria dei sentimenti morali, Rizzoli, Milano, 1995, II, i). A questo proposito, Westermarck è piuttosto esplicito nel suo giudizio sulla teoria di Smith: “dal canto mio sono dell'opinione che la Teoria dei sentimenti morali di Adam Smith costituisca il contributo più importante portato da un pensatore britannico alla psicologia morale, e ciò deriva in primo luogo dall'enfasi posta sul carattere re- tributivo delle emozioni morali” (Ethical relativity, p. 71).
18 Come nota Mackie, già a partire da The history of human marriage “la teoria dell'evoluzione per selezio- ne naturale è adoperata come un principio guida nella formazione di teorie e ipotesi” (Westermarck,
buono o cattivo, giusto o sbagliato, che i principi morali non esprimano altro di più che le opinioni di coloro che credono in essi”19.
Pure, l'oggettività dei giudizi morali è un'idea fissa sia del pensiero ordinario, sia dei fi- losofi morali, tanto che “la stessa idea propria del senso comune che i giudizi morali pos- siedano una validità oggettiva è considerata la prova di un possesso reale di questa validità”20. L'argomento, chiosa Westermarck, si riassume nell'idea che qualcosa ritenuto generalmente valido, non possa poi non esserlo. Ma si tratta di tutto tranne che di una di- mostrazione. Esso porta alla luce invece un errore tipico della psicologia umana, una ten- denza generale del suo funzionamento:
“Vi è quindi una tendenza largamente diffusa ad assegnare validità oggettività alla nostra esperienza soggettiva, e questa tendenza è particolarmente forte e persistente riguardo alla nostra esperienza morale.”21
Questa schematica formulazione di una rivendicazione di oggettività del linguaggio mo- rale come legge psicologica generale contiene gran parte degli elementi presenti nella tesi concettuale della teoria dell'errore e nel modello proiezionista. Ed è importante notare come in Westermarck la questione dell'oggettività sia già posta nei termini di un problema ontologico22, proprio come farà Mackie decenni dopo. Altrettanto interessante il fatto che, sebbene soltanto sotto forma di spunti sparsi, si possa rintracciare in Westermarck l'idea (sviluppata da Mackie nella sua proposta normativa) che una presa di coscienza lucida del- la natura relativa dei nostri valori sia il miglior modo per garantire la costruzione di una so- cietà aperta e tollerante, capace di emanciparsi dalle proprie superstizioni e da concetti vuoti e inumani come quello del dovere fine a se stesso.
2.1.2 John Locke
Nel 1976 Mackie pubblica il suo studio sul Saggio sull'intelligenza umana23 di John
19 Ethical relativity, p. 44 20 Ethical relativity, p. 46 21 Ethical relativity, p. 49
22 L'intuizione westermarckiana che “i nostri giudizi morali scaturiscano dall'oggettivazione delle emozioni morali” secondo Mackie “mina tutti i tentativi di giustificare l'oggettivismo etico tramite un appello al si- gnificato dei termini morali e incidentalmente rivela la ferma comprensione di Westermarck per le que- stioni sostanziali, spesso oscurate dall'attuale ricerca etica basata sullo studio del funzionamento del lin- guaggio morale” (Westermarck, Edward Alexander, in The enciclopedia of philosophy, op.cit., p. 285). Per questo motivo Westermarck non va scambiato per un emotivista, come sembrerebbe fare per esempio Georg von Wright (Valutazioni, in Mente, azione, libertà. Saggi 1983-2003, p. 165).
Locke, con il titolo di Problems from Locke. In esso, infatti, non viene proposta un'inter- pretazione complessiva e generale del grande empirista inglese, quanto un'analisi di sette punti problematici che la sua filosofia ha lasciato in eredità. Questi sono:
i) La distinzione tra qualità primarie e secondarie. ii) La teoria rappresentazionale della percezione. iii) La definizione dei concetti di sostanza e di essenza. iv) Il problema delle idee astratte e degli universali. v) I concetti di identità e di diversità.
vi) La natura dell'identità personale.
vii) La questione generale dell'empirismo e delle idee innate.
Tramite quest'opera Mackie presenta il retroterra filosofico che ha portato alla luce le tesi di Truth, probability and paradox24 e di The cement of the universe, e prepara la strada ad alcuni dei concetti che introdurrà in Ethics.
È affatto superfluo far notare che ognuno dei sette problemi ricopre nella filosofia di Mackie un interesse particolare. La distinzione tra qualità primarie e secondarie ('i') costi- tuisce assieme a spunti presi da Westermarck e da Hume la base del modello proiezionista, e la teoria rappresentazionale della percezione, secondo cui il contenuto della percezione è formato interamente da oggetti intenzionali25 ('ii'), le è funzionale. I problemi legati alle de- finizione di sostanza, essenza, idea astratta e universale ('iii' e 'iv') si ricollegano alle que- stioni più generali dello statuto degli enti e della nostra conoscenza di essi (questioni fon- damentali tra l'altro per la formulazione dell'argomento a partire dall'eccentricità), e tocca- no, a un livello ancora più astratto, il tasto “dell'irrisolta tensione”26 tra realismo ed empiri- smo entro cui si muovono sia la filosofia di Locke sia quella di Mackie. Il concetto di iden- tità ('v') prepara il terreno a quello più importante, negli sviluppi che ne trae Mackie27, di identità personale ('vi'). Infine, la problematica dell'empirismo e delle idee innate ('vii'), ol- tre a fornire da sostegno per l'argomento a partire dalla relatività, è importante per com- prendere la natura convenzionale della morale mackiana: un convenzionalismo che non per questo assume i contorni di un generico ambientalismo o di un relativismo assoluto.
La distinzione tra qualità primarie e secondarie spicca in ogni caso per importanza. Essa
24 J.L. Mackie, Truth, probability and paradox, Oxford University Press, Oxford, 1973
25 Questa interpretazione contenuta in Problems from Locke è ripresa e chiarita in Locke and representative
perception, in Logic and knowledge, op. cit.
26 Inventare il giusto e l'ingiusto, p. 17
27 Il problema dell'identità personale (che non tratterò in questa sede) è affrontato da Mackie durante tutta la sua carriera filosofica: vedi per esempio J.L. Mackie, Multiple personality, in Persons and values, op. cit.; J.L. Mackie, The trascendental 'I', in Z. van Straaten (a cura di), Philosophical subjects: essays
è presentata da Mackie come il punto di arrivo di un'indagine volta a portare alla luce un errore del senso comune. Un errore che, in una nota a piè di pagina28, l'australiano afferma essere simile a un altro, questa volta di stampo morale, che spera di emendare in un opera successiva (che ovviamente sarà Ethics).
Ma perché è importante la distinzione lockeana per la teoria dell'errore?