L’entrata in vigore della Carta fondamentale non produsse, nell’immediato, particolari conseguenze, ma risulterà fondamentale non più di due decenni dopo56, allorquando si assistette al tentativo di una parte della dottrina di valorizzare, soprattutto nel settore privatistico, il disegno complessivo della Costituzione e in particolare le norme di carattere programmatico ivi contenute. Orbene, se da una parte deve rilevarsi che nel testo costituzionale il termine collettività è presente soltanto nell’articolo 32, a proposito della tutela della salute, definita per l’appunto diritto fondamentale dell’individuo, ma anche interesse della collettività, deve anche prendersi atto, al di là delle scelte lessicali compiute, del riferimento costante all’interesse della generalità dei cittadini ovvero del riferimento espresso alla dimensione sociale dell’individuo: segnatamente negli artt. 2, con riferimento alla protezione sociale della persona, 3, relativamente all’obiettivo della Repubblica di rendere possibile il pieno sviluppo della personalità di ciascuno, 9, a proposito della tutela del paesaggio
56 R. DONZELLI, La tutela giurisdizionale, cit., 89, descrive il periodo inaugurato dall’entrata in
come patrimonio della Nazione, 30, con riguardo all’educazione dei figli, 34, con riferimento all’accesso all’istruzione, 38, circa l’assistenza del cittadino inabile al lavoro, 41, circa i limiti e i controlli all’iniziativa economica, 42, relativamente alla funzione sociale della proprietà, 43, con riguardo all’esercizio di imprese, ma anche negli artt. 45 e 46. Ne risultano, dunque, particolarmente valorizzate, seppure a livello di mera direttiva, le istanze collettive e sociali57.
Che l’attenzione verso la collettività e verso la dimensione sociale dell’individuo possano però, sole, determinare l’interprete a ritenere possibile il riconoscimento di nuove situazioni soggettive in capo ai gruppi dipende in larga misura dall’approccio metodologico assunto, ma ciò è comunque fortemente messo in dubbio dall’unico articolo che la Carta ha riservato alla tutela delle situazioni soggettive protette, ove difetta qualsiasi riferimento agli interessi sovraindividuali ed invece si afferma che “tutti possono agire in giudizio” soltanto per la tutela dei propri “diritti e interessi legittimi” e si assumeva una prospettiva, per così dire, individualistica della tutela. Ciò anche se è doveroso notare che alla proposizione sarà da alcuni attribuita una portata valoriale tale da ricomprendere e da assicurare la protezione di ulteriori situazioni soggettive che fossero nel frattempo emerse58.
Volgendo comunque lo sguardo ai lavori della Costituente, nell’articolo 19 del Progetto di Costituzione comparve nuovamente il riferimento a un tertium genus di situazioni soggettive, come si evince chiaramente dalle parole riferite dal Codacci Pisanelli nella seduta pomeridiana del 28 marzo 1947, che propose
57 Per tutti il pregevole saggio di W.CESARINI SFORZA, Gli interessi collettivi e la Costituzione, in Dir. lav., 1964, I, 47 ss.; G.CHIARELLI, Gli interessi collettivi e la Costituzione, in Dir. lav., 1966, I, 3
ss.; G.RECCHIA, Considerazione sulla tutela degli interessi diffusi nella Costituzione, in AA. VV., La
tutela degli interessi diffusi nel diritto comparato con particolare riguardo alla protezione dell’ambiente e dei consumatori, Milano, 1976, 27 ss.
58 A. PROTO PISANI, Appunti preliminari, cit., 269; ID., Appunti sulla tutela giurisdizionale degli interessi diffusi e sulle azioni di serie risarcitorie dei consumatori, in Foro it., 2012, V, 251 ss.
infatti di estendere la tutela, oltre che ai diritti, a qualsivoglia interesse giuridicamente protetto59.
Si tratta, però, come detto rispetto alle proposte emerse in occasione della legge istituiva della IV sezione del Consiglio di Stato e, prima ancora, rispetto alla legge abolitiva dei tribunali amministrativi del contenzioso, di soluzioni non compiutamente argomentate, frutto dell’intuizione di giuristi particolarmente sensibili, ma non ancora frutto di uno studio sistematico della materia e non ancora supportati da una significativa esperienza applicativa.
Nella propria relazione il Codacci Pisanelli si limitò comunque ad osservare che la figura dell’interesse collettivo non poteva essere ricompresa in quella del diritto soggettivo, senza spiegarne dettagliatamente le ragioni e neppure chiarendo quali fossero i caratteri che egli riconosceva propri del diritto soggettivo e che dunque avrebbero determinato la necessita di distinguere60. Il dibattito in Costituente - specialmente a fronte, come appena detto, della carenza di approfondimenti dottrinali relativamente al problema dei confini
59 In La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, I, Roma, 1970,
721 ss. L’opinione sarebbe stata poi ripresa dall’onorevole Domenidò, che nella seduta del 15 aprile 1947 si dichiarò favorevole all’inserimento degli interessi collettivi. Si veda inoltre l’opinione del Calamandrei, espressa nella seduta del 9 gennaio 1947, consultabile, di nuovo, in
La Costituzione della Repubblica nei lavori preparatori dell’Assemblea costituente, VIII, cit., 1985, il
quale fa però leva sulla difficoltà di distinguere diritti e interessi, prospettiva particolarmente feconda per il nostro studio: “È difficilissimo capire esattamente dove finisca il compito della
magistratura ordinaria e dove cominci quello delle sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato. La differenza tra diritto soggettivo ed interesse legittimo va diventando sempre più capillare e sottile. Una differenza sostanziale vi poteva essere quanto vi era una netta distinzione tra il diritto pubblico ed il diritto privato; ma quando, come avviene attualmente in una quantità sempre maggiore di rapporti, gli istituti del diritto pubblico si vanno rivestendo di carattere privato e in istituti che erano prima di puro interesse privato si va sempre più infiltrando l’interesse collettivo, riesce difficilissimo vedere fin dove arrivi il diritto soggettivo e dove invece cominci l’interesse occasionalmente protetto”.
60 R. DONZELLI, La tutela giurisdizionale, cit., 95, osserva che “esemplificazioni di questo fenomeno venivano indicate nei poteri di impugnativa negoziale rimessi a coloro che ne abbiamo interesse, oppure nella figura dell’abuso del diritto, se non anche nel divieto di atti emulativi. In altre parole si richiamava l’attenzione sulla mancata esaustività della formula ‘diritto soggettivo’, dovendosi al contrario estendere la garanzia costituzionale del diritto di azione anche agli interessi meritevoli di tutela non riconducibili a tale contenitore classificatorio”.
rispetto al diritto soggettivo e all’interesse legittimo61 - conferma in definitiva la resistenza delle categorie tradizionali. Si preferì, insomma, confermare queste ultime e affidare alla giurisprudenza la concretizzazione degli interessi sovraindividuali, che avrebbe infatti dovuto eventualmente decretarne la nascita e lo sviluppo alla luce dei mutamenti storici e sociali. Ciò anche se la scienza giuridica, come noto, si sarebbe dimostrata in quegli anni tutt’altro che unita nell’accogliere le istanze di mutamento e dunque, prima di tutto, di abbandonare la prospettiva formalistica.
Desta dunque stupore che in questo contesto una pronuncia della Corte di legittimità (Cass., sez. III, 5 febbraio 1948, n. 17162) abbia affrontato la questione della tutelabilità degli interessi collettivi con uno straordinario livello di maturità (considerato, appunto, lo stato del dibattito e le sue contraddizioni), più o meno lo stesso che caratterizza le recenti pronunce in materia consumeristica63.
In tale occasione la Corte era stata chiamata ad affrontare, in assenza di una attribuzione legislativa inequivoca, la questione della legittimazione di un ente pubblico ad agire per la repressione della concorrenza sleale e per il diritto al risarcimento del danno derivante dalla contraffazione di un marchio e concluse che l’ente è titolare del diritto di azione per il risarcimento del danno (subito dalla massa indistinta dei privati) in ragione dell’unitarietà dell’interesse tutelato, diritto di azione definito anzi necessario, indefettibile e indipendente dalla volontà del privato.
Per riscontrare la ripresa del dibattito si dovette attendere un decennio e in
61 Tutta l’opera di R.DONZELLI, La tutela giurisdizionale, cit., è caratterizzata dalla presa d’atto di
mancanza di approfondimenti sulla natura degli interessi sovraindividuali (per un esempio, con riguardo alla materia consumeristica, si veda 817).
62 Consultabile in Giur. compl. Cass., 1948, I, 39 ss.
63 Così anche R. DONZELLI, La tutela giurisdizionale, cit., 121. Il che conferma tra l’altro che la
particolare le riflessioni di Santoro Passarelli64, il quale, con l’aspirazione di rifondare il diritto sindacale dopo l’abolizione del sistema corporativo, individuò nell’interesse collettivo uno strumento imprescindibile. A tal proposito, -limitandosi ancora una volta, a riassumere grandemente il pensiero dell’autore e dunque trascurando, ad esempio, le riflessioni concernenti il rapporto tra interesse collettivo e pubblico65 - occorre osservare che questi pose l’accento sull’oggetto del bisogno per osservare che la sua evanescenza e quindi la sua distanza dall’individuo permette ancora una volta di distinguere gli interessi collettivi veri e propri (mere aspirazioni individuali) dal diritto soggettivo individuale.
L’interesse collettivo verrà però poi definito, ponendo singolarmente l’accento sul bisogno generico di una comunità che esso rappresenta, non quale somma di interessi individuali, ma quale combinazione degli stessi e verrà detto che esso “è indivisibile, nel senso che viene soddisfatto non già da più beni atti a soddisfare il
bisogno della collettività”, motivo che subordinerebbe la sua tutela giurisdizionale
all’intervento di un ente.
Ciò che in questa sede preme ricordare è che l’illustre autore è ben consapevole della dimensione soggettiva dell’interesse sovraindividuale e che infatti a lui si deve il merito di aver posto maggiormente l’accento sull’oggetto dell’aspirazione, che non sarebbe soltanto un bene evanescente, ma anche insuscettibile di appropriazione individuale. Con la conseguenza che la soddisfazione dell’interesse da parte del singolo, determinerebbe la soddisfazione del gruppo66.
La definizione di Santoro Passarelli, ad ogni modo, sarà punto di riferimento per
64 F.SANTORO PASSARELLI, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, ed. 1995, 5 ss.
65 Espresse ad esempio in F. SANTORO PASSARELLI, voce Autonomia collettiva, in Enc. dir., IV,
Milano, 1959, 369 ss.
la dottrina successiva, a partire da quella che fu impegnata nello sforzo ricostruttivo della nozione riflettendo intorno alla materia ambientale.
Per completare il quadro della dottrina nel periodo anteriore agli anni ‘70 del secolo scorso devono infine essere menzionate le posizioni di Nicola67 e Pier Giusto Jaeger68, i quali, riflettendo il primo intorno all’efficacia normativa delle attività processuali e alla natura del rapporto di lavoro e il secondo sulla nozione di interesse sociale, posero ancora una volta l’accento sull’intensità del rapporto tra il privato e il bene69, criterio che varrebbe, ancora una volta, a differenziare gli interessi collettivi, comunque propri del singolo individuo70, dalle altre situazioni sostanziali71. Mentre continuò a difettare il confronto strutturale tra gli interessi collettivi e il diritto soggettivo (gli autori si limitano, come detto, a rintracciarne il discrimine nell’oggetto della tutela), nel pensiero dei due Autori, a conferma del “vizio processualistico” cui si accennava in precedenza, si ravvisò comunque la presa d’atto dell’urgenza di predisporre un processo per tali situazioni soggettive72.