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La tutela collettiva del consumatore attraverso gli strumenti c.d di public

LA PROGRESSIVA EMERSIONE DEGLI INTERESSI COLLETTIVI DEI CONSUMATOR

6) La tutela collettiva del consumatore attraverso gli strumenti c.d di public

enforcement

Intendiamo dunque individuare i principali strumenti di tutela pubblicistica330, i più idonei, a questo punto della trattazione, a prendere atto della varietà delle situazioni coinvolte e dunque a ribadire il costante intreccio tra beni giuridici protetti331.

330 M.ANGELONE, La “degiurisdizionalizzazione” della tutela del consumatore, in Rass. dir. civ., 2016,

III, 723 ss.; ID., La nuova frontiera del public antitrust enforcement: il controllo amministrativo

dell’Agcm avverso le clausole vessatorie, in Rass. dir. civ., 2014, I, 9 ss.; ID., La tutela amministrativa

contro le clausole vessatorie alla luce dell’attività provvedimentale condotta dall’Agcm nel triennio 2013- 2015, in Conc. merc., 2016, II, 525 ss.; ID., Regolazione “indipendente” del mercato e “conformazione in

chiave protettiva” del contratto, in Riv. dir. impr., 2016, I, 103 ss.; E.BATTELLI, Illeciti antitrust e rimedi

civili del consumatore, in Contratti, 2006, II, 146 ss.; ID., Le funzioni delle Camere di Commercio di

regolazione del mercato e tutela del consumatore, in Riv. dir. impr., 2012, II, 279 ss.; ID., L’intervento

dell’Autorità antitrust contro le clausole vessatorie e le prospettive di un sistema integrato di protezione dei consumatori, in Eur. dir. priv., 2014, I, 207 ss.; ID., Pubblicità ingannevole, giurisdizione del G.O. e

natura degli interessi fatti valere dall’associazione dei consumatori, in Giur. it., 2007, VI, 1385 ss.; C.

CAMARDI, La protezione dei consumatori tra diritto civile e regolazione del mercato. Le pratiche

commerciali sleali, in Jus civile, 2013, V, 305 ss.; E.MINERVINI, L’autorità garante della concorrenza e

del mercato quale autorità di tutela del consumatore: verso una forma di regolazione dei mercati, in Riv. dir. comm., 2010, I, 1141 ss.

331 E.BATTELLI, L’intervento, cit., 209, secondo cui “il ‘concorrere’ di beni e servizi è funzionalmente connesso alla tutela del consumatore, volta a preservare, o meglio, ad accrescere la sua libertà e la sua consapevolezza. A tale risultato si perviene non solo frenando le intese o colpendo l’abuso di posizione dominante, ma anche reprimendo le pratiche commerciali scorrette che incidono sulla libertà di scelta e incentivando un’offerta corretta attraverso un contratto che risulti privo di clausole vessatorie”; C.

CAMARDI, La protezione dei consumatori, cit., 305 ss., ritiene che il diritto dei consumatori, dopo le

nuove misure di amministrativizzazione, stia divenendo sempre di più diritto delle imprese e dei mercati, ad onta delle declamazione di diritti fondamentali ed infatti sottolinea i nessi con il diritto antitrust; A. BUCELLI, Contratti del consumatore e Camere di commercio. Riflessioni da

un’esperienza sul campo, in AA. VV., Studi in onore di Rizzo, in corso di pubblicazione. Si veda

anche R.ALESSI, Politiche antitrust e diritti dei consumatori in Italia dopo le recenti riforme, in Jus

civile, 2013, I, 63; M.D’ALBERTI, La tutela dei consumatori nella disciplina della concorrenza e della

pubblicità, in AA. VV., La tutela giurisdizionale, cit., 167 ss.; C.PETRILLO, La tutela giurisdizionale,

cit., 421 ss., la quale insiste particolarmente sulla varietà delle situazioni protette dalla disciplina

a tutela della concorrenza e individua, al riguardo, i principali filoni dottrinali; G.GUIZZI, Il

divieto di pratiche commerciali scorrette tra tutela del consumatore, tutela del concorrente e tutela del mercato: nuove prospettive (con qualche inquietudine) nella disciplina della concorrenza sleale, in Riv. dir. comm., 2010, I, 1140 ss. Dell’evoluzione in materia dà conto P.SPADA, il quale individua uno

snodo fondamentale nella revisione di Lisbona (1958) dell’art. 10-bis della Convenzione di Unione di Parigi (1883), che annovera tra le ipotesi di concorrenza sleale anche la pubblicità c.d.

Per la verità, se da una parte tale intreccio è comunemente affermato332, specialmente da chi segnala l’inopportunità di fare un massiccio ricorso agli organismi pubblici, evidenziando il rischio che i consumatori sarebbero in questo modo spinti a restare inattivi e irresponsabili e inoltre che tali strumenti non considerino adeguatamente le peculiarità dei consumatori, è doveroso anche prendere atto di alcune voci che tendono a sminuire tale connessione e così ad esempio di alcuni recenti arresti del Consiglio di Stato, i quali, pur individuando elementi di vicinanza, hanno posto l’accento sull’autonomia dei due strumenti, autonomia funzionale ma anche delle posizioni soggettive coinvolte333.

Il modello pubblicistico è già stato ampiamente sperimentato in altri Paesi (basti ricordare la nota esperienza della Federal Trade Commission statunitense) e, a mente del già citato regolamento dell’Unione europea n. 2006/2004, gli Stati membri hanno l’obbligo di adottarlo per contrastare le violazioni transfrontaliere.

Si tratta, certamente, di strumenti particolari, azionabili soltanto quando le

menzognera.

332 Sul punto di nuovo C.CAMARDI, La protezione dei consumatori, cit., 314.

333 Cons. Stato, 22 settembre 2014, n. 4773, in Foro amm., 2015, III, 781 ss., ove si afferma quanto

segue: “Il public enforcement e il private enforcement non vanno sovrapposti, essendone diverse sia la

natura, sia la finalità perseguita. Gli strumenti di public enforcement svolgono una funzione tipicamente punitiva ed afflittiva e sono finalizzati primariamente a garantire l’interesse pubblico ad un assetto concorrenziale dei mercati. La pretesa del privato al corretto esercizio di tale funzione punitiva, per quanto costituisca interesse giuridicamente rilevante, non ha, tuttavia, la consistenza e la pienezza del diritto soggettivo che il privato vittima di specifiche condotte anticoncorrenziali può far valere, con l’azione di risarcimento del danno, dinanzi al giudice civile, attivando, appunto, gli strumenti di private enforcement. Si tratta di strumenti di tutela che certamente conoscono momenti di interferenza, ma che operano, comunque, su piani autonomi e distinti”. A proposito dei rapporti tra private e public enforcement si veda anche G. GUIZZI, Il divieto di pratiche commerciali scorrette, cit., 1140 ss.; G.

IOANNIDES, Alla ricerca del giusto equilibrio tra public e private enforcement nel diritto antitrust, ivi,

252 ss.; R.TREMOLADA –F.BALESTRA MARINI, Il rapporto tra private e public enforcement del diritto

violazioni abbiano superato una minima soglia di apprezzabilità334 (al di sotto di tale soglia il privato potrà comunque rivolgersi al giudice ordinario), caratterizzati da maggiore celerità e peraltro da un procedimento il cui rispetto delle garanzie del giusto processo (a cui è stato infatti sostanzialmente equiparato) è stato più volte sottoposto all’attenzione della Corte europea dei diritti dell’uomo (sotto il profilo dell’imparzialità oggettiva delle Autorità, del contraddittorio, della parità delle armi335), ma innegabilmente connessi, più o meno direttamente, alle posizioni dei singoli, non foss’altro per il generale effetto dissuasivo che esso realizza rispetto ai consumatori.

Prima di procedere con l’esame delle prerogative assegnate in materia ad alcune autorità amministrative indipendenti, merita un cenno l’esperienza delle Camere di commercio336, che hanno ottenuto competenze in materia sin dall’art. 1 della l. 29 dicembre 1993, n. 580 (poi modificato dal d. lgs. 15 febbraio 2010 n. 23), precisando che si tratta in entrambi casi di misure c.d. di degiurisdizionalizzazione e che peraltro hanno comportato un’ibridazione dei ruoli tradizionali di tali enti337.

Alle Camere di commercio, che operano in ambito provinciale e sono presenti

334 M.ANGELONI, La “degiurisdizionalizzazione”, cit., 738.

335 Su cui si veda però, da ultimo, la discussa pronuncia della Corte EDU, 27 settembre 2011, in C

n. 43509/08, che ha ritenuto rispondente al principio della c.d. “full jurisdiction” il successivo controllo del giudice amministrativo, che è infatti competente ad esaminare i fatti, a valutare gli elementi di priva e a verificare la fondatezza e la proporzionalità della sanzione.

336 In proposito, da ultimo, A.BUCELLI, Contratti del consumatore, cit.; C.CAMARDI, La protezione dei consumatori, cit., 305 ss. Si veda anche G.ALPA, Gli interessi diffusi dei consumatori nell’ordinamento

camerale, in Impresa e Stato, 1994, XXV, 111 ss.; M.ANGELONE, La tutela amministrativa, cit., 525 ss.; E.BATTELLI, Le funzioni delle Camere di Commercio di regolamento del mercato e tutela del consumatore,

in Rivista di diritto dell’impresa, 2012, II, 279 ss.; ID., Il controllo amministrativo delle clausole inique,

in Eur. dir. priv., 2012, IV, 1093 ss.; R.CASO, Le camere di commercio tra giustizia contrattuale e

regolazione del mercato: una nuova autorità (indipendente?), in Riv. dir. impr., 1999, III, 487 ss.; F.

GALGANO, Le nuove frontiere delle Camere di Commercio, in Impresa e Stato, 1994. Riferimenti anche

in A.PALMIERI, La tutela collettiva, Torino, 2010, 35 ss.

337 Queste ultime due considerazioni sono proprie anche di M. ANGELONE, La “degiurisdizionalizzazione”, cit., 729-730.

sull’intero territorio nazionale, sono attribuite, per quanto d’interesse, ben tre diverse funzioni: quella di costituire commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e consumatori e utenti (art. 2, lett. e della legge citata); di predisporre schemi di contratti-tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti (art. 2, lett. h); di promuovere forme di controllo sulla presenza di clausole inique inserite nei contratti (art. 2, lett. i). Strettamente connessa a quest’ultima funzione è la legittimazione ad esperire, anche in via d’urgenza, l’azione inibitoria ai sensi dell’art. 37 c cons.

Come è evidente, mentre la predisposizione di forme conciliative può assolvere indirettamente alla scopo di tutelare la collettività dei consumatori, come diremo nel paragrafo conclusivo, la collettività è tutelata ben più direttamente dalla predisposizione concertata di contratti tipo (che hanno riguardato una molteplicità di settori e non soltanto quelli dei consumatori: dal settore immobiliare e dei trasporti, a quello assicurativo, bancario e finanziario) - che ovviamente non privano il professionista della libertà di concludere i contratti prescindendone -, ovvero dal controllo sulle clausole inique e dall’esperimento (in ciò consiste l’effetto deterrente del controllo) dell’azione inibitoria qualora le imprese non abbiano ottemperato ai rilievi dell’autorità, inibitoria di cui però le Camere hanno fatto un uso molto oculato, considerandola una soluzione eccezionale338 (non è un caso che si parli del modello delle Camere di commercio come un modello di soft law).

338 Na danno conto E.BATTELLI, L’intervento, cit., 212; A.BUCELLI, Contratti del consumatore, cit. Più

in generale, circa il significato dell’attribuzione della legittimazione all’esercizio dell’azione inibitoria alle Camere di Commercio, si veda E.V.NAPOLI, Azione inibitoria. Legittimazione delle

Camere di commercio all’azione inibitoria dell’uso delle condizioni generali di contratto. Art. 1469 sexies c.c., in Nuove leg. civ. comm., 1997, IV-V, 1277 ss. In giurisprudenza si vedano ad esempio Trib.

Ancora, 28 febbraio 2005, in www.dejure.it; Trib. Firenze, 19 febbraio 2003, in www.dejure.it; Trib. Torino, 22 settembre 2000, in www.dejure.it.

Nell’ottica da noi assunta, che è quella di segnalare indici delle intersezioni tra situazioni giuridiche è ancora più interessante sottolineare che è la stessa composizione delle Camere a riflettere la pluralità degli interessi coinvolti ed infatti, a mente dell’art. 10 della legge citata, in seno al Consiglio devono essere presenti anche un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, delle associazioni a tutela dei consumatori e dei liberi professionisti.

É testimoniata, di seguito, dallo scambio dialettico339 che le Camere mirano in ogni caso a instaurare e specialmente in caso di controllo delle clausole vessatorie.

In definitiva, per i motivi appena indicati, a dispetto dell’art. 1 della l. n 580 del 1993, che descrive le Camere di commercio quali “enti pubblici (…) che svolgono

(…) funzioni di interesse generale per il sistema delle imprese”, il modello di tutela

descritto, a ben vedere, si colloca a metà strada tra quello privatistico e quello pubblicistico340.

7) Le autorità amministrative indipendenti e la tutela collettiva. In particolare

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