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N OTE SULL ’I TALIA SECONDO B ONNEFOY

Non è certo sfuggita all’attenzione della critica la predilezione di Yves Bonnefoy per l’Italia, cui ha dedicato innumerevoli saggi sull’arte e la letteratura, oltre a palesarne i molteplici influssi nella sua opera creativa. La civiltà artistica della nostra penisola ha costituito una delle principali fonti di ispirazione del grande poeta francese che, tra i suoi modelli letterari, annovera poeti italiani quali Dante, Petrarca e soprattutto Leopardi.

Nell’ambito dei suoi contributi sull’Italia letteraria e artistica, ad esempio, nel celeberrimo L’arrière pays, l’autore francese ricorda come «fin dai primi giorni, alcuni sublimi versi di Dante – “ma come i gru van cantando lor lai…” – fino ad altri, più recentemente non meno sconvolgenti, di Leopardi, l’Italia è stata per me, nella vita vissuta o in quella immaginata, tutto un labirinto di insidie e insieme di lezioni di sapienza, tutta una rete di segni di una misteriosa promessa».169

È soprattutto nell’Arrière pays, infatti, che Bonnefoy mostra di identificare la sua ricerca di un «vrai lieu», in cui poter vivere con una maggiore pienezza rispetto ad altri contesti, nell’Italia centrale, tra Toscana, Umbria e Marche.

Come sottolinea Gabriella Caramore170 non è un caso che la scelta di un luogo elettivo ricada proprio sull’Italia e non nelle terre d’Oriente, da sogno per un uomo occidentale, ma anche troppo lontane, né nei pur amati luoghi della Grecia dove, secondo il poeta francese, i toni duri e dolorosi della tragedia non sono addolciti neanche dal clima. Nel cuore della latinità, invece, Bonnefoy ritrova uno spazio geografico dove le asperità sono mitigate dalla dolcezza, in cui le forme antiche si aprono alla modernità della storia, in cui riconoscere e ritrovare epifanicamente insomma una rasserenante coincidentia oppositorum.

169 Yves Bonnefoy, Avant propos 2004 a ID., L’entroterra, ed. italiana a cura di Gabriella Caramore,

Roma, Donzelli, 2004, p. 5.

170 Gabriella Caramore, Introduzione a Bonnefoy, L’entroterra, edizione italiana a cura di Gabriella

Nel commentare la traduzione italiana dei suoi Récits en rêve,171 Bonnefoy ha, ad esempio, ammesso di essere felice ma anche turbato nel vedere i suoi racconti pubblicati in Italia in quanto «l’Italia è il luogo dove queste immaginazioni hanno preso forma».172

All’effetto di straniamento più generale, insomma, cui potrebbe condurre un lavoro di traduzione, si aggiungerebbe in questo caso una forma suppletiva di spaesamento dovuta al fatto che la versione sia in italiano.

Le sensazioni dello scrittore francese sembrano riconducibili a quelle descritte da Freud a proposito del perturbante, in quanto l’Italia rappresenta per lui uno strato originario dell’esperienza:

l’Italia mi ha molto aiutato a ricordare come sotto le rappresentazioni, che fanno velo, vi sia una traccia, un presentimento dell’Unità. Quando vidi sorgere di fronte a me, in una indimenticabile prima sera fiorentina, la sconvolgente facciata di Santa Maria Novella, e poi la massa chiusa ma silenziosamente respirante di Orsanmichele.173

E poi la scoperta dei luoghi italiani prosegue lungo le città più piccole e le campagne, dove l’autore è colpito dal semplice, dall’immediato che in esse si percepisce, per poi arrivare a questa sorprendente conclusione: «Il sogno italiano, privandomi del mondo, me lo restituiva; e in ciò assomigliava a quei momenti» propri dell’infanzia per cui l’effetto del viaggio è inteso come un ritorno all’origine, al paese natale che gli permettono, in modo apparentemente tortuoso, di fargli rivivere il suo rapporto originario con la Francia, attraverso la traduzione italiana.

La sensazione di turbamento del traduttore è anche di Leopardi quando dovendosi confrontare con i classici greci o latini afferma che la sua mente «tumultua e si confonde. Allora prendo a tradurre il meglio, e quelle bellezze per necessità esaminate e rimenate a una a una, piglian posto nella mia mente, e l’arricchiscono e mi lasciano in pace».174

La funzione della traduzione è qui individuata con estrema lucidità: essa consente alla mente di assorbire lo choc provocato dalla lettura che per qualche ragione genera inquietudine, secondo un impatto simile all’unheimlich descritto da Freud e consistente nell’apparizione di qualcosa di familiare che ritorna in forme estranee e

171 Bonnefoy, Récits en rêve, Milano, Egea, 1992.

172 Lo ricorda Cesare Greppi nel suo L’autore spaesato, in «Semicerchio», XXX-XXXI, 2004, p. 45. 173 Ibidem.

pertanto fonte di terrore. Con la traduzione si pone in qualche modo ordine tra i contenuti riaffiorati alla coscienza mediante un processo di razionalizzazione.

Il motivo dell’unità da ricercare in Italia affiora anche nello scritto Une terre pour les images, pubblicato e tradotto per i tipi Donzelli con il titolo La civiltà delle immagini in cui sono riuniti tanti altri scritti tra pittura (Piero della Francesca, Andrea Mantegna, Tiepolo, Veronese…) e letteratura (Ariosto, poeti dell’Arcadia, Leopardi) dedicati all’Italia:

Esiste un’unità di questa, a dispetto di tutto ciò che separa o perfino contrappone, prendiamo questi nomi a caso, un Botticelli e un Magnasco, oppure Palladio e Bernini? E se ne esiste una, in cosa consiste questa unità, cosa la distingue da altre ricerche condotte in quegli stessi secoli in altre regioni d’Europa? È la questione che vorrei affrontare, dopo avere tentato di comprendere spiriti tanto differenti, per non dire antagonisti, quali Mantegna, Tiepolo, Ariosto, Leopardi.

Una questione simile ha molto senso, ai miei occhi, e posso anche dire che l’ho sempre avuta in mente fin dai primi giorni del mio interesse per l’Italia: essa sarà stata in ogni momento il punto di fuga di ogni mia prospettiva, e la risposta che ho creduto di poterle dare è anch’essa, nella mia riflessione, piuttosto antica, benché mi sia occorso del tempo per capire in modo sufficientemente chiaro, e stavolta servendomi di qualche concetto, ciò che all’inizio presentivo solo intuitivamente. Mi è occorso del tempo, in quanto questa mia idea non è così semplice. Essa crede di vedere, in effetti, una dualità al cuore stesso di un’unità: la «doppia postulazione».175

Questo tentativo di ricondurre la dualità in unità, è ravvisabile, come vedremo in seguito, anche negli scritti teorici su Leopardi dove la formula della double postulation usata per definire la dualità dell’Italia, insieme monumentale e narrativa, secondo la distinzione che Bonnefoy mutua da Focillon, è usata anche per spiegare la doppia postulazione del nulla e dell’essere nella poesia di Leopardi.176 Ma procediamo con ordine, presentando quest’altro grande poeta-traduttore leopardiano.