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4.3 ‘The loss of aura’: il carattere trasformativo della letteratura irlandese

Il recupero della tradizione gaelica incarnata dai filí non si limita a porre in evidenza la valenza storica della letteratura, ma anche il suo carattere trasformativo che si sviluppa riconoscendo la continuità con la tradizione culturale occidentale e canonica. La peculiarità dell’esperienza letteraria irlandese consiste nell’esprimere la propria specificità a partire dalla tradizione canonica alla quale essa appartiene e entro la quale opera.

Glissant sostiene che a questo primo livello corrisponde uno stadio della letteratura anche orale, non necessariamente scritta nella lingua del colonizzatore, e popolare, i cui testi sembrano rifiutare il realismo perseguito dall’Occidente e si focalizzano sull’evocazione simbolica delle situazioni, cercando di mascherare dietro il simbolo, di dire non dicendo.

La letteratura gaelica dei filí, non espressa nella lingua del colonizzatore, è una produzione sicuramente simbolica. Pur avendo una vocazione principalmente sociale, essa non la esprime attraverso dei contenuti razionalmente penetrabili, ma piuttosto mediante l’uso del suono come pratica incantatoria e di un immaginario magico. I bardi gaelici sono poeti e intrattenitori, sciamani, veggenti, satiri, visionari, che esprimono il loro pensiero nella forma di sogno, ricorrendo spesso all’immagine dell’aldilà. La loro vocazione simbolica rimane una delle caratteristiche fondamentali del romanzo di riscrittura irlandese contemporaneo: il magico, l’irrazionale, l’incantatorio, sono elementi che nel contesto irlandese si fondono con un genere che è nato e si è sviluppato nella tradizione occidentale come espressione massima del realismo.

Secondo Glissant, questa letteratura simbolica è popolare e può essere anche orale. La poesia cantata dai filí ha sicuramente una forte componente legata all’oralità, ma si fonda allo stesso tempo su delle norme e principi metrici rigidi e non nasce inizialmente come espressione popolare, ma piuttosto vi si adatta all’incontro col colonizzatore inglese. E’ già a questo primo livello precoloniale che la letteratura irlandese in quanto europea e interna al canone evidenzia la sua peculiarità in relazione alle altre letterature della postcolonialità e il recupero delle sue origini può rappresentare una chiave di lettura della valenza trasformativa della letteratura contemporanea.

La letteratura irlandese non diventa canonica in epoca modernista con l’adozione forzata degli scrittori irlandesi come Joyce da parte del canone inglese, ma essa fa già parte del mondo classico sin dalle sue origini bardiche: aderisce a regole rigide – fino all’età di dodici anni i futuri bardi imparavano a padroneggiare un complesso sistema di quartine sotto la guida di un ollamh (professore) –, è scritta da un’élite per un’élite e si ispira alla tradizione greca e latina. La poesia bardica irlandese è a tutti gli effetti classica e la sua particolarità consiste nel fatto che all’arrivo dei colonizzatori inglesi la difesa del classicismo diventa l’alternativa più radicale e ribelle all’imposizione del loro potere e sistema culturale. La difesa dei valori classici e del mondo greco e latino dai quali la tradizione gaelica proviene rappresenta l’unico modo per preservare l’identità irlandese di fronte all’assimilazione inglese, ancora nella letteratura contemporanea.

I filí difendono la tradizione canonica dalla quale provengono, ma non rimangono cristallizzati in essa perché ciò porterebbe alla morte della cultura e letteratura irlandese. I bardi irlandesi scelgono piuttosto di adattare, trasformare, rimodellare la loro produzione di derivazione classica e aulica alle nuove esigenze imposte dal sistema coloniale e dunque sono i primi a investirsi della consapevolezza della valenza trasformativa della letteratura, i primi a prendere le distanze da nozioni assolute di canone, agendo all’interno di esso.

I filí hanno sempre rappresentato una casta privilegiata, ma con l’arrivo dei Tudor perdono il loro prestigio, subiscono quella che viene definita ‘the loss of aura’, il passaggio dal mecenatismo aristocratico alle nuove condizioni di mercato aperto. Così scrive Kiberd su di loro:

For four centuries they had shown nothing but contempt for the common people: and they had developed a mandarin language which was comprehensible only to the elite. That language, priding itself on its archaic qualities, over the centuries had grown resistant to further development or change. The virtuosity of the poets was, for the most part, of that kind which leaves an artist invulnerable to criticism and yet incapable of evolution. Now the filí found that, if they whished to survive, they would have to employ the language of a more vulgar market133.

Di fronte alla morte imminente della loro tradizione culturale, i bardi irlandesi si adattano a scrivere adottando un linguaggio più popolare. Se prima si distinguevano per una poesia che doveva essere oscura e complicata, inaccessibile

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alla comprensione del popolo, ora accettano di dover parlare alle masse per sopravvivere – e qui torna la concezione di Glissant della ‘letteratura come atto di sopravvivenza’ –. La letteratura gaelica non muore con la colonizzazione inglese, non viene assimilata e annullata dal suo canone letterario, ma mantiene un’identità e specificità proprie all’interno di esso perché scopre il suo carattere trasformativo, perché crea una continuità fra la dizione rigida della tradizione bardica, fondata sui principi del canone classico greco e latino, e il linguaggio volgare di strada attraverso cui rivolgersi in modo diretto e comprensibile alle masse. Esprimendosi in gergo popolare i filí cercano di vendere la loro poesia alle masse, ma, mantenendo il legame con la tradizione classica, esprimono al contempo disdegno e disprezzo nei loro confronti, cercando così di tener viva la propria identità gaelica di fronte all’assimilazione inglese:

[…] their ‘adherence to tradition may in itself have been a strategic response to the chaotic socio-political factors’, as well as an attempt to protect a communal code that seemed on the point of disintegration134.

4.4 ‘Ireland as a test-case for the world’: la convivenza culturale