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Fin qui è stato analizzato quanto Spinoza afferma a proposito del ruolo della ragione nell’essere umano, si è appurato che ciò che avviene contro i dettami della ragione non coincide con quello che proibisce la natura: questa constatazione ci spinge ad indagare cosa sia l’essere umano.

Nell’appendice alla prima parte dell’​Etica​, il filosofo olandese si è già schierato contro il libero arbitrio. Spinoza è difatti fermo nella convinzione che l’uomo si illude di essere libero di agire e di poter scegliere quali azioni compiere per raggiungere un determinato obiettivo: seguendo il parere dell’olandese, ciò può accadere soltanto perché l’essere umano non è consapevole della catena di cause ed eventi che lo influenza e lo veicola verso una direzione o un’altra.

Ma l’esperienza insegna più che a sufficienza che non c’è cosa meno della lingua che sia sotto il controllo degli uomini, e che nulla sanno fare di meno che moderare le proprie voglie; discende di qui che i più credono che noi facciamo liberamente solo quelle cose di cui ci importa poco, poichè la voglia di esse può facilmente essere sopraffatta dalla memoria di un’altra cosa, che ricordiamo di frequente; ma non quelle cose per cui proviamo un forte impulso affettivo, che non può essere sedato dalla memoria di altro. Peraltro, se non avessero sperimentato che noi facciamo tante cose delle quali poi ci pentiamo e che spesso, cioè quando siamo combattuti da moti dell’animo contrastanti, vediamo il meglio e ci atteniamo al peggio, nulla impedirebbe loro di credere che noi facciamo tutto liberamente.

A dimostrazione di quanto sostenuto dall’autore dell’​Etica​ v’è l’incapacità umana di far fronte alle proprie voglie. Spinoza evidenzia quanto emerge dall’esperienza: è proprio grazie ad essa che ciascuno scopre di avere delle difficoltà ad arginare i propri affetti, solo in tal modo l’uomo scopre che la sollecitazione a compiere l’azione non proviene dalla ragione, bensì dalla voglia o dal desiderio.

Spinoza considera gli ultimi due termini sostanzialmente sinonimi. Voglia e

desiderio sono determinanti nell’esistenza umana, al punto che questi sono raggruppati, e considerati dal filosofo olandese uno dei tre affetti primitivi.Ora, dato che il desiderio vede l’intreccio fra il ​conatus​ della mente e quello del corpo, questo ci offre l’occasione per approfondire il rapporto che si instaura fra i due nel campo delle passioni.

Il primo tema da affrontare è il corpo: un argomento che Spinoza tratta in maniera molto criptica, tuttavia egli offre spunti innovativi, se non rivoluzionari a tal proposito. L’assunto di base del filosofo olandese dichiara che da ogni attributo di Dio derivano infinite cose: sia da quello del pensiero, così come da quello dell’estensione,

quest’ultimo è prerogativa dei corpi.

E poi nessuno sa in qual modo e con quali mezzi la mente muova il corpo, né quanti gradi di moto possa dare al corpo, e con quanta velocità lo possa muovere. Ne consegue che quando gli uomini dicono che questa o quell’azione del corpo è originata dalla mente, che ha dominio sul corpo, non sanno quel che dicono e non fanno altro che confessare con giri di parole di ignorare senza meravigliarsene la vera causa di quell’azione.

Et III prop II scolio

Nel passaggio citato Spinoza riaccende la polemica con Cartesio, egli lo fa ponendo al centro il rapporto fra la mente ed il corpo. Il filosofo olandese accusa l’autore delle Meditazioni Metafisiche​ di non esser stato convincente nella spiegazione dell’unione fra la mente e il corpo: due sostanze che Cartesio considerava rigidamente distinte, che trovavano il proprio misterioso punto d’unione nella ghiandola pineale.

Spinoza per prima cosa elimina ogni dubbio riguardo la natura umana: questa non è una sostanza, piuttosto egli reputa l’uomo il frutto di modificazioni degli attributi di Dio. In altre parole, la mente ed il corpo sono due modi finiti di due attributi di Dio. La mente è un modo finito dell’attributo infinito del pensiero, essa è un’idea di Dio, inoltre

finito dell’attributo infinito dell’estensione: il corpo è una cosa estesa esistente in atto. Occorre chiarire che ciascun corpo è una specifica determinazione del moto e della quiete, solo una variazione fra questi ultimi due termini determina la differenza fra corpi differenti: fra di essi non v’è alcuna distinzione sostanziale.

Non c’è interazione fra il modo del pensiero e il modo dell’estensione, ovvero la mente non può determinare all’azione il corpo, nè quest’ultimo può fare la medesima cosa con la mente. Si può spiegare la relazione fra il corpo e la mente con il termine parallelismo: entrambi, infatti, derivano dall’infinita natura di Dio. Questi, dunque, sono parte dello stesso ordine e sono inseriti all’interno della stessa connessione di cause. Si ricorda che Dio è la Sostanza, di cui l’uomo è una modificazione: questo è esplicitato dagli attributi dell’estensione e del pensiero, i quali godono della medesima radice, ma mostrano la Sostanza da due differenti prospettive.

In conclusione si ritiene necessario specificare che la mente ha come prima idea il corpo, ma essa è affetta da molteplici idee; così pure il corpo entra in contatto e subisce l’influenza di altri corpi. Entrambi sono soggetti ad aumenti e diminuzione della propria potenza, sulla base del parallelismo poc’anzi illustrato, si evince che ad una

modificazione in tal senso dell’uno, corrisponde la variazione dell’altro.

Immaginazione

Le regole matematiche sono assunte da Spinoza come parametro di verità. Gli assiomi matematici e le teorie scientifiche sono considerati dal filosofo olandese argomenti che appartengono alla conoscenza razionale o di secondo genere. Si è in presenza di tale genere di conoscenza ogni qual volta la mente considera gli enti a partire dal proprio punto di vista. Si ha una conoscenza razionale ogni qual volta la mente contempla le cose in maniera chiara e distinta: ciò implica una ricerca delle concordanze che si instaurano simultaneamente fra più enti. La conoscenza razionale ha le peculiarità della necessità e dell’eternità, ovvero questa sonda l’ordine e la

che queste ultime sono inserite nella temporalità. Occorre ribadire che quanto appena descritto è peculiare del secondo genere di conoscenza, infatti in toto il filosofo olandese delinea tre forme dello scibile umano, di cui la più alta è l’intuizione.

In questo paragrafo si vuol discutere del primo genere di conoscenza, quello che ogni essere umano sperimenta nel proprio quotidiano e che prende il nome di

immaginazione​. Questo genere di conoscenza si basa sulla definizione che considera la mente l’idea del corpo esistente in atto, questa percepisce in tal modo soltanto il corpo che le corrisponde: qualunque altro corpo esterno è percepito dalla mente come affezione del corpo di cui essa ha idea.

Se il corpo umano viene colpito in un modo che implica la natura di qualche corpo esterno, la mente umana considererà quel corpo esterno come esistente in atto, ovvero come a sé presente, sino a che il corpo non sia colpito da un’affezione che ne escluda l’esistenza, ovvero la presenza, di quel corpo.

Et II prop XVII

Il corpo è costantemente in contatto con altri corpi, in tale frangente esso può mostrarsi affetto o essere efficiente: la mente formula un’idea delle affezioni che il corpo esterno compie sul corpo di cui essa stessa ha idea. D’altra parte, l’idea dell’affezione indotta dal corpo esterno, non implica la conoscenza razionale di tale corpo: la mente percepisce l’esistenza in atto di un corpo esterno soltanto tramite le affezioni che questo impone al corpo di cui la mente ha idea. Si può semplificare tale spiegazione dicendo che quando si afferma che la mente immagina, si intende che questa considera i corpi esterni attraverso le idee delle affezioni del suo corpo. La conseguenza di questo meccanismo è che la mente può considerare come presenti corpi esterni, da cui il corpo umano è stato precedentemente colpito, ma che al momento sono assenti: la mente umana, in altre parole, può cadere in errore.

Nell’immaginazione la mente è passiva perché la struttura della conoscenza immaginativa è rigida e vincolata dall’associazione di idee create dall’esperienza casuale. Ne consegue che l’immaginazione lavora sempre su idee mutilate, questa è un misto di conoscenza e ignoranza perché conosce nel tempo, da questo si evince che in tal caso non si può mai avere conoscenza dell’intera catena causale.

L’idea di una qualsiasi affezione del corpo umano non implica la conoscenza adeguata del corpo esterno.

(...) Perciò la conoscenza adeguata del corpo esterno non è in Dio; ossia, in quanto ha l’idea di un’affezione del corpo umano non implica la conoscenza adeguata del corpo esterno.

Et II prop XXV

L’immaginazione è la facoltà che genera le sensazioni e le idee inadeguate: definire un’idea falsa non è una scelta corretta per la filosofia spinoziana. La falsità per il filosofo olandese consiste di una privazione di conoscenza, propria delle idee frammentarie e confuse tipiche dell’immaginazione: per questo risulta più corretto parlare di idea inadeguata.

Dico espressamente che la mente non ha di sé stessa, nè del proprio corpo, nè dei corpi esterni una conoscenza adeguata, ma soltanto confusa, tutte le volte che percepisce le cose secondo il comune ordine della natura; cioè, tutte le volte che è determinata a considerare questa o quella cosa dall’esterno, ovvero dal casuale incontro con le cose, e non dall’interno, vale a dire dal fatto che considerando simultaneamente molte cose è determinata ad intendere le loro concordanze, differenze ed opposizioni: tutte le volte infatti in cui si dispone dall’interno in questo o in altro modo, allora vede le cose chiaramente e distintamente, come mostrerò più oltre.

Et II prop XXIX Scolio

Difatti in un sistema deterministico ogni cosa è collocata al centro di una rete di cause, ogni cosa è sostenuta da un argomento logico che si snoda dalla natura di Dio: ciò che è determinato da cause è logicamente necessario. Nell’immaginazione tutto ciò non emerge, dal momento che essa racconta la nostra esperienza del mondo con

spiegazioni casuali. A parer di Spinoza, avere un’immagine equivale ad avere un processo corporeo: è un’affezione passiva del corpo che genera un’immagine.

Che poi gli uomini non abbiano di Dio una conoscenza altrettanto chiara di quella che hanno delle nozioni comuni, dipende dal fatto che Dio non lo possono immaginare come i corpi, e perché hanno associato il nome di ​Dio​ a immagini di cose che sono soliti vedere, cosa che a mala pena gli uomini possono evitare, dato che sono di continuo da corpi esterni. E certo il più degli errori consiste unicamente in questo, che non applichiamo correttamente i nomi alle cose.

Uno dei limiti della conoscenza immaginativa si riscontra nella conoscenza di Dio. Quest’ultimo è colto adeguatamente dalla mente umana, la quale ha nozione

dell’essenza eterna della Sostanza. Eppure l’immaginazione non può arrivare a tanto, poiché l’ostacolo insormontabile a cui questo tipo di conoscenza non può porre rimedio è che Dio non si può immaginare come un corpo. Gli uomini sono continuamente colpiti da corpi esterni, ma fra questi non v’è mai il corpo di Dio, inteso come commistione di moto e quiete. Questo spinge gli esseri umani ad associare la divinità ai corpi che sono soliti vedere, da ciò si evince che la nozione di Dio diviene oggetto di uno dei peculiari errori umani: l’incapacità di associare i giusti nomi alle cose, questa è una grande fonte di discordia fra gli uomini che agiscono e vivono guidati dall’immaginazione.

Nessuno è esente dalla conoscenza immaginativa poiché l’uomo è fisiologicamente predisposto ad essa, difatti il corpo umano è costantemente in contatto con oggetti esterni: ne registra la forma, ne conserva le tracce, le immagini e, talvolta, ne viene influenzato tramite un aumento o una diminuzione della propria potenza. In altre parole le variazioni che producono una variazione di potenza sono i moti dell’animo.

Questo genere di conoscenza è descritto nella seconda parte dell’​Etica​.

Diciamo che la mente umana immagina allorché considera i corpi esterni attraverso le idee delle affezioni del suo corpo; né la mente può immaginare altrimenti i corpi esterni. E dunque la mente in quanto immagina i corpi esterni, non ne ha una conoscenza adeguata.

Et II prop XVI Dimostrazione

La conoscenza inadeguata nasce dalla traduzione degli eventi fisici in eventi mentali: la prima idea della mente è il corpo che le corrisponde, incluse le sue modificazioni e le affezioni che lo colpiscono. Le affezioni nascono dall’incontro fra il corpo esterno e dalla percezione del corpo che le subisce. Questo tipo di conoscenza ha come prodotto la percezione da parte della mente, delle affezioni del corpo: conosciamo il corpo

esterno non per com’è, ma per come lo percepiamo. La mente ha come idea il corpo, ma non ha una conoscenza scientifica dello stesso, lo percepisce tramite le sue affezioni. Questa ne ha una conoscenza diversa rispetto a quella che ne ha Dio: questo ha l’idea di tutti i corpi dei quali il corpo umano è composto ed è affetto, con i quali interagisce.

Dico che siamo attivi quando in noi o fuori di noi accade qualcosa di cui siamo causa adeguata, cioè quando alla nostra natura deriva qualcosa in noi, o fuori di noi, che è chiaramente e

distintamente intellegibile per mezzo di essa sola. Dico invece che siamo passivi quando accade qualcosa in noi, o qualcosa deriva dalla nostra natura, di cui non siamo causa se non parziale.

Et III Definizione II

E’ doveroso precisare che compiamo ​azioni​, siamo attivi qualora produciamo in noi o al di fuori di noi qualcosa di cui siamo causa adeguata, ovvero siamo in grado di percepire in maniera chiara e distinta la causa di qualche turbamento, in modo tale da poter reagire di conseguenza. Al contrario siamo preda delle ​passioni​ qualora qualcosa di cui non siamo causa, o del quale non possiamo rintracciarla, ci colpisce, in questo caso siamo passivi poiché siamo confusi e non possiamo capirne gli effetti.

Così pure la mente, come il corpo è necessariamente attiva in alcune circostanze e passiva in altre, per natura ha sia idee adeguate che idee inadeguate. In altre parole sia l’ignorante che il saggio sono influenzati dalle cose esterne, ma più la mente produce idee inadeguate, più è passiva rispetto agli oggetti esterni che la colpiscono. Dunque l’ignorante vivrà in balìa delle passioni molto più del saggio.

Quest’ultimo punto non è così lapalissiano dato che alcuni attribuiscono alla mente la capacità, di conseguenza il dovere, di governare il corpo. Tale è la convinzione di coloro che sostengono che la mente sia stata creata direttamente da Dio: le attribuiscono un potere che non le appartiene ed infine le attribuiscono colpe che, al contrario, nel quadro delineato da Spinoza non hanno motivo di esistere.

Ma sebbene queste cose stiano in termini tali da non lasciare alcun motivo di dubbio, credo tuttavia che a malapena gli uomini si lasceranno indurre a soppesarle con equanimità, se non le proverò in base all’esperienza, tanto salda è la loro persuasione che il corpo ad un solo cenno della mente ora si muova, ora stia fermo, e faccia tante cose che dipendono soltanto dalla volontà e dall’inventiva della mente. Di fatto nessuno ha sino ad ora determinato quel che può un corpo, ossia, a nessuno sinora l’esperienza ha insegnato di quali azioni un corpo sia capace, e di quali no, in base alle sole leggi della natura, considerata soltanto come corporea, senza essere determinato dalla mente.