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E’ infatti sulla bocca di tutti che tante sono le teste quante le opinioni, che di sentenziare chiunque è capacissimo, e che non ci sono meno differenze fra i cervelli che tra i palati; queste massime evidenziano a sufficienza come gli uomini giudichino in base alla disposizione del cervello, e che immaginino le cose più che non le capiscano. Se infatti capissero le cose, tutto questo discorso, come si vede nel caso della matematica, pur senza attrarli, almeno li

convincerebbe. Et I Appendice I

L’uomo è un animale razionale?

Nell’esordio del ​Trattato politico​, Spinoza sente l’urgenza di chiarire quale sia il proprio modello di riferimento per quanto concerne la sfera politica: il filosofo olandese intende mirare all’approccio pratico, tipico dei politici di professione; lui dichiara che nonostante gli uomini siano perlopiù guidati dal caso, essi grazie all’esperienza hanno saputo concepire modelli di organizzazione civili e politici funzionali.

D’altro canto Spinoza considera i filosofi troppo impegnati a costruire mondi ideali per poter fornire una lettura credibile della realtà: le loro congetture non permettono di guardare l’uomo per com’è, bensì soltanto per come costoro vorrebbero che fosse.

I filosofi pensano che gli affetti dai quali siamo combattuti siano dei vizi, e che gli uomini vi cadano per loro colpa. Per questo solitamente ne fanno argomento di riso, di compianto o di rampogna, e quelli che vogliono fare più mostra di santità lanciando maledizioni. Credono così di toccare il culmine della saggezza, mentre tutto quel che sanno fare è lodare in mille modi una natura umana inesistente e fustigare quella che c’è davvero. Non concepiscono gli uomini per come sono, ma per come li vorrebbero: con la conseguenza che, nella maggior parte dei casi, scrivono della satira al posto dell’etica, e non sanno mai elaborare una politica applicabile alla pratica, ma solo finzioni chimeriche o istituzioni realizzabili in Utopia, o nel famoso secolo d’oro

TP 1,2

Il filosofo olandese inserisce in questo passo una cripto-citazione della ​Repubblica​ di Platone, opera che viene utilizzata come bersaglio polemico. Spinoza sostiene che affermare che una città per essere ben governata debba aver a capo degli uomini virtuosi, nel caso della ​Repubblica ​dei ​re-filosofi​, equivale ad aver fede nel fatto che possano esistere uomini perfetti; mentre la realtà mostra una faccia ben diversa: tutti gli uomini sono passionali. Gli affetti sono parte della natura umana, questi sono il motivo per cui è necessaria una prassi politica, nè l’ignorante nè il saggio ne sono esenti. Così, credere un’utopia sullo stampo di quella platonica, comporta una perenne condizione di difetto degli uomini concreti rispetto al modello astratto in base al quale questi ultimi sono giudicati.

Ancor più interessante è la polemica che si instaura fra il filosofo olandese e i teologi, quest’ultimi sono reputati colpevoli di confondere gli affari pubblici con i privati, nonché di applicare alla politica le pie regole della religione.

Lo scontro con i teologi si fa ben più interessante quando si tratta l’argomento della potenza della mente. Costoro, al contrario di Spinoza, sostengono che la ragione umana sia stata creata immediatamente da Dio. Così le conferiscono un potere assoluto sugli affetti: l’uomo è la creatura prediletta, potenzialmente perfetta, capace di esser santo in qualche modo.

Ritengono infatti che la mente umana non sia prodotta da cause naturali, ma sia creata da Dio immediatamente, indipendente dunque da tutte le altre cose, sì da avere un potere assoluto di autodeterminazione e di retto uso della ragione. Ma abbiamo esperienze più che sufficienti per sapere come la sanità mentale non sia in nostro potere più della sanità del corpo.

TP 2,6

Il filosofo olandese si pone in netto contrasto con questa tesi: egli sostiene che se l’uomo fosse guidato dalla sola ragione, quest’ultimo farebbe affidamento soltanto su di essa, tutta la potenza umana sarebbe concentrata sulla mente. Non è così, poichè l’essere umano ha molteplici componenti. L’essere umano è considerato da Spinoza soltanto una cosa finita, che convive ed interagisce con le altre cose naturali, e proprio come queste egli non ha il potere di autodeterminarsi.

Ma i più credono che gli ignoranti perturbino l’ordine della natura piuttosto che assecondarlo, e concepiscono gli uomini nella natura come uno stato entro lo stato.

TP 2,6

Nell’ottica di Spinoza, l’uomo non è elevato rispetto agli altri enti naturali, per questo motivo non ha sempre la capacità di utilizzare la ragione in modo retto. L’analisi del filosofo olandese è pienamente coerente al suo interno; mentre di fronte all’evidente contrasto fra le loro tesi e la realtà dei fatti, i teologi sentono di dover giustificare la propria posizione, sostenendo che l’impotenza della mente umana sia dovuta al peccato originale.

Ma se anche il primo uomo aveva il potere di resistere o di cadere, ed era padrone della sua mente e integro nella sua natura, come è potuto avvenire che, consapevolmente e scientemente, sia caduto? Dicono che sia stato ingannato dal diavolo. Ma chi sarà stato a ingannare il diavolo? Chi, dico, avrà reso lui, che eccelleva sopra tutte le creature intelligenti, così pazzo da voler essere più grande di Dio? Si sarà forse ingannato da sé, lui che era sano di mente e che tendeva, per quanto dipendeva da lui, a conservare il proprio essere? E poi come può essere accaduto che il primo uomo, padrone della sua mente e col dominio della sua volontà, si sia lasciato circuire e rendere mentecatto?

TP 2,6

Il filosofo olandese in questo passo inveisce contro i teologi, i quali sono convinti che sia stata la caduta di Adamo a rendere l’uomo impotente e imperfetto nell’uso delle proprie funzioni. Il filosofo olandese controbatte sostenendo che se il primo uomo avesse incarnato la perfetta creatura di Dio, egli non avrebbe ceduto alla tentazione, non avrebbe mangiato il frutto proibito colto da Eva. Se Adamo fosse stato integro nella sua volontà e padrone della sua mente, perché mai avrebbe dovuto peccare? Per Spinoza è chiaro che anch’egli era attraversato dalle passioni, allo stesso modo di qualunque altro essere umano.

In altre parole il filosofo olandese non trova le ragioni per cui un uomo, in grado di disporre a pieno titolo della propria ragione, abbia potuto scegliere consapevolmente di vivere in balìa degli affetti e della follia. Il punto è che l’uomo è guidato dal ​conatus​, per questo motivo egli si cura del proprio desiderio per poter perdurare nell’esistenza.

Concludiamo dunque che non è nel potere di ogni uomo usare sempre la ragione ed essere al più alto livello della libertà umana. E ciascuno tende sempre, per quanto dipende da lui, a conservare il proprio essere; e dato che ciascuno ha tanto diritto quanto è il valore della sua potenza, tutte le azioni che uno tenta di compiere e che compie, le tenta e le compie per sommo diritto di natura.

TP 2,8