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V FRUTTI DEL SOCIALISMO ITALO-TEDESCO

Nel documento Politica, criteri ed eventi (pagine 79-83)

Ciò non di meno, l’ assassino è colpevole dell’ uc­ cisione, il ladro del furto e il socialismo italo-ger- manico della rovina dell’ Italia a Caporetto.

Ma, un tale giudizio si dice essere semplicista. E da chi? Lo si dice « semplicista » dagli avvocati degli assassini e dei ladri dinanzi ai giurati e nei tribu­ nali, a scopo di difesa, e dai deputati dei socialisti italiani, alla Camera, pure a scopo di discolpa po­ litica e storica. Si chiama anche « semplicista » un tale giudizio da coloro che questi signori temono e con essi ed i loro accoliti non vogliono venire al «tu per tu ». E sostengono anche il « semplicismo» del giudizio coloro che hanno vissuto finora nel mondo dei sogni e perciò non hanno veduto nè assassini, nè ladri, e meno che mai i socialisti italiani prepa­ rare prima, e poi eseguire, il loro colpetto. Fanno essi i sociologi e gli strateghi, senza alcuna prepa­ razione. Hanno essi la mente fatta in modo che, quanto più essi rendono nebulosa e complessa la

briola nella rivista inglese The New Europe del 9 maggio e 16 maggio 1918, nè 82 e 88, — e di cui havvi un altro esem­ pio nell’ ingenuità con cui viene contradetta la esposizione assolutamente veritiera dei fatti redatta dal signor Louis Piérard nel Mercure de France, 16 gennaio 1918, n. 470, tomo 125, dal signor Jean Alazard, in lettera diretta al Mer­ cure de France e pubblicata nel fascicolo 1° marzo 1918, n. 473, tomo 126, di fronte a queste falsificazioni, mi corre l’ obbligo di affermare, che numerose bande di prigionieri italiani, fatti a Caporetto, giunsero a Mauthausen gridando ivi : « viva l’Austria >, « viva il socialismo » e vennero a battaglia con gli antichi prigionieri, in modo che intervenne la truppa austriaca. Di ciò sono stati testimoni parecchi ufficiali ita­ liani, allora prigionieri, e dippoi liberati, tra i quali uno dei miei figli, medico del 7« bersaglieri ciclisti, ferito e fatto pri­ gioniero nell’ invasione del Trentino del 1916. D ’ altronde perchè non si pubblica la relazione della Commissione d’ in­ chiesta ? Credo di sapere il perchè !

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spiegazione di un evento, più quest# riesce per loro luminosa, perchè nessuna delle singole condizioni hanno forza mentale sufficiente per poterla indivi­

duare, mentre la loro somma pur produce in loro

un qualche chiarore.

Anche chi è affetto di cateratta spesso giunge ad avvertire la differenza tra il giorno e la notte, ma giammai il poverino saprebbe dire se un fiore è rosso o giallo. Si contenta, in fatto di luce, di avvertire quel « singolare complesso di circostanze » che di­ stingue la luce solare dal buio pesto.

3. — Il danno sofferto dall’ Italia per mano della preparazione socialista, durata anni ed anni, sboc­ ciata giù più volte, — chi non ricorda i casi del Fer­ rarese e la settimana rossa — ha avuto un culmine

a Caporetto.

Ma, è acqua passata e si sa che quella non ma­ cina più. Volgiamo perciò prima lo sguardo alla

« piena-» che ancora non è giunta ai ponti.

Il solo gruppo socialista, nella Camera italiana, si rifiutò di approvare Cordine del giorno Boselli, nella tornata del 14 novembre — dopo Caporetto. E questo un fatto.

Suonava l’ ordine del giorno così:

« La Camera afferma la necessità della concordia nazionale, della fusione di tutte le energie per fron­ teggiare l’ invasione nemica, mediante il valore del­ l’ esercito e la fede negli Alleati».

Il resoconto del giornale La Tribuna, continua così: « L ’ on. Marcora dice: Metto ai voti l’ ordine del giorno dell’ on. Boselli ispirato ai più alti sensi della concordia nazionale e alle ragioni più nobili della nostra guerra: chi approva si alzi in piedi.

«Tutti i deputati, meno il gruppo socialista, si alzano in piedi, e acclamano calorosamente e entu-

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siasticamente. Da più parti si grida: Viva l’ Italia! Alla solenne manifestazione, che dura qualche mi­ nuto, si associano le tribune ».

«Tutti i deputati, meno il gruppo socialista». Ecco il fatto.

4. — Per i socialisti parlò alla Camera l’ on. Tram­ polini. Non permise la Direzione del partito che par­ lassero Turati e Treves, per aver essi tentato di mettersi al riparo della generale reprobazione, fa­ cendo, ora, con caratteristica viltà, qualche conces­ sione al sentimento patriottico.

Il discorso del Prampolini, a base di ibis redibis era inteso a sommergere le responsabilità dei socialisti negli eventi di Caporetto in un mare magnum di concause che, poi, col tempo, sarebbero state tra­ mandate alla storia, — quando un’ inchiesta sarebbe stata fatta, quando gli alibi si sarebbero potuti pre­ parare, quando la memoria fosse diventata fallace, quando i testimoni fossero scomparsi e quando nuovi interessi fossero venuti a primeggiare, in modo da lasciare indifferente l’ Italia tutta.

Questo pensiero è chiaramente, ed impertinente­ mente, formulato dal Prampolini in questa conclu­ sione : « allora sarà precisato — contro le malvagie voci interessate e contro la semplicistica credulità dei volghi — quanti elementi politici e tecnici abbiano prodotto, in una confluenza fatale, la situazione pre­ sente ».

Ma, intento del Prampolini era anche di riaffer­ mare nettamente e audacemente la posizione presa e sempre mantenuta dai socialisti nei riguardi della guerra. Sono parole sue testuali, come le precedenti, anche queste:

« La fase attuale di una guerra (la fase attuale sono gli eventi di Caporetto!) che noi invano depre-

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cammo e che abbiamo sempre avversata, è l’ epilogo di un dramma dal quale essa non può dissociarsi.

« Essa accende più vivamente il nostro dolore di uomini e di cittadini, ma non può mutare la nostra posizione politica quale essa è e quale fu sin dal­ l’ inizio, non quale ad altri piacque, per tristo giuoco polemico, di raffigurarla».

Guerra che « sempre deprecammo e che abbiamo sempre avversata». Ecco il fatto.

5. — Ma, non aveva finito di parlare il Prampolioi, che la Direzione del partito socialista, cioè, il Laz­ zari, segretario del partito, e il Serrati, direttore del-

YAvanti!, disconobbero quanto aveva potuto dire il

Prampolini, e quanto aveva simulato di appoggiare il gruppo parlamentare, cioè, disconobbero essi ogni distinzione tra guerra di difesa del territorio nazio­ nale e guerra d ’ invasione, e deprecarono soltanto la prima, perchè fatta dagli italiani, ma non pure la se­ conda, perchè fatta anche dai compagni di Germania, e scissero ogni loro responsabilità da tutto quanto poteva esservi stato di attenuato nell’ atteggiamento del gruppo parlamentare nei riguardi delle « diret­

tive internazionali » del partito. È anche questo un

fatto di cui forniamo la prova, per brevità in nota (4).

(b Ecco il testo della dichiarazione pubblicata nell’ Avanti!: * La dichiarazione del Gruppo parlamentare letta da Ca­ millo Prampolini alla Camera, sebbene ponga il Gruppo in posizione assai diversa da quella di tutte le frazioni borghesi, non ci ha soddisfatti e non ci soddisfa. E mancheremmo al no­ stro dovere ove non accennassimo sul giornale del partito a questo nostro dissenso. Non sappiamo quanti siano i com­ pagni che pensano come noi. Non sappiamo neppure se, in questo momento, noi rappresentiamo la maggioranza del par­ tito. Saremmo disposti a cedere quest’ arma di lotta ad altri, ove il governo ci avesse consentito di provare le nostre forze e di misurarle in regolare congresso. Poichc questo ci

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Ma giova qui ricordare che le « direttive interna­ zionali » del partito ufficiale socialista nuir altro

è conteso e la situazione assai strana non ci consente altra soluzione, restiamo al nostro posto. Restiamo per difendere fino all’ultimo, per quanto ci è permesso, le nostre direttive — che abbiamo ragione di ritenere condivise da gran parte del proletariato socialista — in una situazione che è davvero per noi penosa. Restiamo sopratutto per obbedire a quegli impegni che ci siamo assunti nella Internazionale, di fronte a compagni che, prima di noi, avevano sofferto le stesse pene ed erano passati attraverso le medesime angoscie. Questi im­ pegni sono superiori a tutti gli avvenimenti della guerra. «Non possiamo neppure accennare alle ragioni del dis­ senso. Abbiamo per disciplina del nostro movimento un più alto rispetto di coloro che oggi, con azioni individuali, della cui sincerità abbiamo anche argomenti positivi per dubitare, lo stanno in ogni modo compromettendo con evidente detri­ mento della futura azione di classe del proletariato interna­ zionale.

« Ci auguriamo di potere quanto prima dimostrare in momenti meno tristi, la bontà di questo atteggiamento che non muteremo, assolutamente, mai, per quante delusioni ce ne possano derivare, per quanti dolori esso ci possa arrecare ».

E messa in dubbio dalla Direzione del partito la sincerità del Tarati, del Treves, del Prampolini, del Modigliani, la sin­ cerità di tutto quanto il Gruppo parlamentare, — e siamo pie­ namente consenzienti in questo dubbio, — ed è francamente affermato che il partito resta alla difesa * degli impegni assunti nella Internazionale ».

E questo il fatto.

Voglia l’ on. Prampolini conservare il documento per il giorno della inchiesta sulle responsabilità.

Un esempio pratico della condotta che « gli impegni as­ sunti nella Internazionale » impongono ai capi del socialismo italiano è fornito dalla condotta del deputato De Giovanni.

Il 5 luglio fu esaminata dagli Uffici della Camera una

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