La valle del Sarno fu nei tempi preistorici un s e n o marino, com e tutta la pianura cam pana. (T. F ischer, L a p e n i s o l a italiana. T raduz.ne italiana, U n ion e T ipografica Ed., p. 282) Dalla Carta G e o g n o s tic a dello studio di A. Verri ( S o r g e n t i , e s tu a r io e canale d e l S a r n o , Roma, 1902) appare ch e le pareti della valle sono for mate da m asse dolom itiche e calcaree e da quella vulcanica del Ve su vio, ed il piano da strati misti di detriti di rocce sedimentarie e di d eiezioni vulcaniche.
Ma quale era la parte inferiore della valle nel 5 5 2 -5 3 d. Cr.? Pro cop io, ch e parla abbastanza a lungo e con p recisione del Vesu vio e del S arn o, errando so lo nel far nascere il secondo dal primo e n ell’attribuire al primo la virtù curativa del clima del M onte Lattaro, nulla aggiu n ge circa le condizioni della valle; e perciò la su a descrizione d ev’e ssere integrata con la scorta di altre fonti e i risùltati di speciali ricerche.
E com inciam o dal lido. Nel seco lo X V Ì I l il R osini ( D isser t a z i o n e I s a g o g ic a a i p a p i r i e r c o la n e s i p. 28 e 29) congetturò che il mare, il quale ora dista da P om pei circa due chilom etri, prima d ell’eruzione vesuviana del 79 lam b isse le mura d ella*città, for m ando due seni: uno ad occid en te, e l’altro ad oriente, più grande, che s ’inoltrava fino alla m oderna Valle di Pompei ed al territorio di Lettere, co sicch é tutta la parte inferiore della valle sareb b e stata mare. L’opinione del Rosini , generalmente accettata, perchè trovava ap poggio nelle vaghe notizie di Livio, Seneca e P linio, parve confermata nel 1831, quando, scavandosi alcuni pozzi nella contrada M essign o, furono trovati grandi tronchi ritti, ch e si credettero alberi di navi ivi interrate.
Ma nei lavori della bonifica della valle, iniziata per il regio decreto dell’anno 1855, n. 2143, nella stessa contrada furono sca vati circa cento cip ressi d isposti in filari a scacch iera, con le ra dici n ell’antica terra e i fusti nelle pom ici dell’ eruzione del 79. Q uesta scop erta, ch e fu studiata e descritta dai più illustri scien
ziati del tempo: A. Palm ieri, O. Scacchi, G. Costa e N, T en ore, sfatò l’op in ion e del Rosini. Il Ruggiero, poi, ( I p o c h i a v a n z i di M. R u g g ie r o , N apoli, 1891. Nel capitolo intitolato : D e l s ito d i P o m p e i e d e l l ’a n tic o lid o d e l m a re: p. 61 e se g .) dopo aver fatto 14 saggi, congetturava con fondam ento ch e il lido antico ad oriente della foce del fium e poco o nulla variasse dal m oderno, e che quello ad occid en te certam ente non si addentrasse più in là del m ulino D e Rosa, perchè ivi so n o stati trovati resti di edifizi antichi con an fore; e p rocedendo verso Torre Annunziata proba- bilmente non si sp in g e sse entro terra più di un chilom etro, perchè solo entro questo limite si trovano nel sottosuolo con ch iglie marine e sabbia. A conferm a, l’ Ing. M atrone, nel 1901, tra la vecchia e la nuova strada T orre A nnunziata-Castellam m are, e propriamente tra il m ulino Bottaro e il m ulino D e Rosa, scopri una fila di 16 ma gazzini antichi preceduti da un portico, ad una profondità di m. 5,20 dal suolo, ovvero a m. 1,38 sul livello medio del mare (L. Iacono, N o t e d i a r c h e o lo g ia m a r ittim a . - Nella rivista N e a p o iis , anno 1, fase. Ili e !V : p, 354-55). Pom pei, dunque, non era sul mare, nè la costa s ’ è ab b assata, com e, tra gli altri, sosten n e nel 1903 anche il G unther, il quale, scam biando le piscine per case, affermò che il litorale del golfo di Napoli è, oggi, per lo meno 5 metri più b a sso di com ’era nei tempi dell’im pero (Iacono, art. cit. p. 356).
C oncludendo, p ossiam o affermare col F ischer (Op. cit.: p. 110) che le con d izion i geografich e delle coste (del golfo di Napoli) “ non hanno subito alterazioni nei tempi storici, giacché la for- “ inazione di nuova terra alla foce del Sarno è del tutto insigni- ficante, e le oscillazioni del livello marino, le quali si vollero “ desumere da quelle del co si detto Tem pio di Serapide di Poz- “ zuoli, e che del resto so n o molto discutibili, non sarebbero “ state mai tali da esercitare u n ’ influenza apprezzabile sul ca- “ rattere delle coste
Il fiume chiam ato Sarno dagli scrittori classici, appare in
Procopio col nom e di D ragone (P rocop io, op. cit., voi. Ili, p. 260). 11 Cluverio ( I ta lia A n tiq ., Lugduni, 1624, tom. Il: p. 1157), ed altri dopo di lui credettero ch e fo sse un errore di copisti; ed anche recentem ente il G inett ( L ’I ta lia g o t i c a in P r o c o p io d i Cesarea, 1904: p. 65) sospettò uno scam bio di nomi. Ma da do cumenti pubblicati nel C o d e x d i p lo m a tic u s cavensis (Tom o 111 pag. 12; tomo IV pag. 152, e tomo IV, p. 146) appare senza dub bio che il fiume, durante il m edioevo, in tutto il suo corso, è chiamato D ragone, D ragu n teio, D ragoncello, pur non avendo
perduto il nom e classico, ch e torna ad affermarsi nell’ età mo derna, mentre l’altro cade in d isu so . S eco n d o Strabono (libr. V) il Sarno era navigabile, ma certam ente per chiatte o scafe soltanto; e tale fu nel m edioevo, o n d e il nom e di Scafati alla cittadina posta nel m ezzo del su o corso; ed ancora a d esso , quantunq ue diminuito d’acqua, vi si va coi lintri. P rocopio (Voi. Ili p. 260) d ice solo che non era guadabile nè a piedi nè a cavallo, com ’è pure a- d esso , perchè l’alveo angusto si profonda ancora tra sp o n d e alte e sc o sc e se . La corrente, a causa della poca pendenza, è silenziosa e lenta, tanto ch e in q u alch e punto pare imm obile; perciò forse Silio Italico (libr. V ili) diede al fium e l’appellativo di “ mitis „.
Q uale fo sse il corso inferiore del S arn o nei tem pi antichi e n e ll’età di mezzo non sappiam o. Al principio del sec. XIX, come appare da una carta topografica dello Stato M aggiore borbonico, ch e ci è servita per lo sch izzo topografico, era assai tortuoso, e i suoi m eandri non erano di form azione recente, perchè segn an o in quel punto il confine tra la provincia di Salerno e quella di Napoli.
Forse esistevan o an ch e al cadere d ell’im pero, e da questo serpeggiam ento silen zio so probabilm ente derivò al fium e il nome di D ragone, com e l’Ofanto ebbe da Orazio l’appellativo di “ tau- riforme „ per l’impeto rum oroso della sua corrente.
Con la bonifica il corso da Scafati al mare è stato rettificato e ridotto a m eno della metà; e nello ste sso tratto il volum e delle su e acque, c h ’è di circa m. c. 24 ,8 4 , si trova quasi dimezzalo, perchè alim enta i due canali scavati più a monte.
R iguardo al terreno della valle, b isogn a tener presente che un alto strato di cenere e lapillo s ’è venuto am m assando su di esso per effetto delle 40 e più eruzioni del V esuvio avvenute dal 79 in poi.
In Colum ella (lib. X, v. 135) è ricordatala “ d u lcis Pompeia palus, vicina salinis H erculeis D o v ’era questa palude di acqua dolce, e dove le vicine saline, delle quali fa m enzione an ch e Plu tarco nella vita di M. C rasso? Il C a p a sso ( T o p o g r a f i a storico - a r c h e o lo g ic a d ella P e n i s o l a S o r r e n tin a , N apoli, 1846; p. 7 e 8, in nota) crede che la Petra H erculis di cui parla P linio (H is to r ia nat., X V I I , 2 ) sia lo scoglio ora detto di R evìgliano di fronte alla foce del Sarno; e poiché tutto il lido, com e si sa da Mar ziale, “ H erculeo nom ine clarus erat „ , pone di contro al detto sco g lio le saline, e ssen d o il luogo pianeggiante e adatto ai rista gni marini.
Il Ruggiero (O p. cit. p. 65) crede che la palude fo sse sulla riva sinistra, tra M essign o e il mare, perchè in due scavi ivi fatti
non si son o trovate con ch iglie marine e sabbia, ma terra e nic chi di acqua dolce. Già il Cluverio nel secolo XVII aveva notato una palude tra la foce del Sarno e T orre A nnunziata. Noi p os siamo dire ch e tutto il lido, in qualunq ue punto di esso fossero le saline, era paludoso, p oich é, fino a poco tempo fa, è rimasto tale, e il terreno adiacente è stato coltivato a riso. Nella C a r ta dello Stato M aggiore borbonico, sulla sinistra del Sarno, a poche cen tinaia di metri dal mare e parallelam ente ad e sso , è segnato un lungo canale, detto F o sso M aestro, ch e dalle vicinanze di Castel lammare va al Sarno; ed un tratto del vecchio alveo del Sarno serve ora di sco lo alle abbondanti sorgenti dei campi circostanti. E paludi furono an ch e nella parte più interna della valle durante il m edioevo, e fino ai nostri giorni. E si spiega. “ La vallata del Sarno „ com e dice V. D egli Uberti (In Verri, op. cit., p. 61) “ e tutte le particolari vallate dei suoi affluenti che solcano l’agro no- cerino, son o vera conserva d ’acqua, si che basta scavare pochi palmi per averne a dovizia .,. E dalla C a r ta id r o g r a fic a del Verri appare ch e l’acqua dei pozzi in qualche luogo è appena a 30 centimetri sotto il livello della cam pagna. La contrada M essi- gno, che porta nella C a r t a dello Stato M aggiore borbonico anche il nome di “ Le Paludi . , dovette essere in parte, e alm eno per un certo tem po, p alu d osa a n ch ’essa. E poco più a monte di Mes- signo è 1’ affluente del Sarno detto Fium icello della Marna, che taglia da su d -est a nord-ovest quasi tutto il piano sulla sinistra del fiume. N asce nella valle, ed è stato an ch ’esso approfondito e rettificato in alcuni tratti dall’ing. F. Alfinito, il quale ci ha detto che nei lavori incontrò terreno torboso per oltre un metro, e che, essen d o il vecchio alveo ineguale e insufficiente a contenere le acque, q u este im paludavano su lle rive. 11 fiumicello non era, e non è neppure a d esso , guadabile, a causa specialm ente del fondo lim accioso, com e si a r g u isc e ’ anche dal nome che porta.
Più a m onte si trova un altro affluente, detto fiumicello dello Sguazzatorio, il quale, com e indica il nom e, fu un tempo stagnante.
Di paludi, infine, p resso Angri e Stabia nel m edioevo è men zione nel C o d e x D ip i. Cav. (T om o I. p. 56, 63, 72; Tom o li, p. 78 e T om o IV: p. 282).
La valle, sp arsa di paludi e quindi malsana, doveva essere quasi disabitata nel medioevo: Pom pei era sepolta, ed il suo nome negl’itinerari, più ch e una “ m ansio ,,, indicava forse un luogo rimasto fam oso. S icard o, principe di Benevento, com e scrive Mar tino M onaco, n ell’8 3 8 si accam pò con l’esercito “ in Pom peio Cam po, qui a Pom peia urbe C am paniae, nunc deserta, nomen acce-
pit. (L. P ep e, M e m o rie s to r ic h e d e l i ’ a n tic a Valle d i P o m p e i, 1887: p. 2 0 ). Il villaggio La Valle p resso P om pei appare abitato dal secolo XI al XVI, quando rim ase deserto per la malaria; ed è risorto verso il 1880 intorno al fam oso Santuario della V ergine col nom e di Valle di P om pei (P epe, op . cit. p. 21 e seg.).
Angri e Lettere appaiono solo nel secolo X ; Scafati è p o ste riore. N ocera è ricordata da P rocopio col nom e di città (voi. Ili, pag. 260), ma non ha alcuna im portanza nella cam pagna del 552- 53; e certam ente era priva di mura, com e tutte le città e i paesi della Cam pania, eccetto Cuma, perchè Totila, dove ve n’erano, le aveva abbattute, seco n d o il metodo usato altrove ed a Roma stessa, a cciocché non servissero di rifugio ai Greci (P rocopio, voi. II ; p. 241, 254, 363 e 368). Stabia non è affatto nom inata da P rocop io. Distrutta da Siila, nel su o territorio sorsero delle “ ville,, di cui una o alcune m antennero il nom e, e ch e furono distrutte an ch ’e sse dall’e ruzione del 79; ma nel secon d o secolo una novella Stabia doveva già esistere, perchè G aleno la ricorda com e un castello “ Xwpiov ^ { D e m e th o d o m ed en d i, lib. V); è sed e v escovile sulla fine del seco lo V (U ghelli. I t a l i a S a c r a , tom. VI, pag. 804); ed e sistev a certam ente al tempo della guerra gotica com e una :i villa „ dalla quale e da altri luoghi B elisario richiam ò i profughi citta lin i di N apoli (H is io r ia M isc e lla , lib. XVI). Il C ap asso pone la nuova o terza Stabia, nel sito dell’odierna C astellam m are (O p. cit. p. 13 e seguenti).
N el secolo XII il “ Porto di Stabia „ è dall’arabo E drisi detto eccellente a n c o r a g g io ,, ( L ’ I ta lia d e s c r i t t a nel “ Li br o d e l Re R u g g i e r o „ com pilato da E drisi, con versione e note di M. Amari e C. Schiaparelli. Roma, 1883: p. 95).
N ei secoli XIII e XIV, p resso N ocera, Angri e Scafati v’erano b osch i nei quali andavano a caccia i re A ngioini (O rlando, S to r ia d i N o c e r a d e i P a g a n i , 1884, voi. II, p. 81 e se g .). E se si c o n sideri che, al tempo degli ultimi imperatori, nella Cam pania erano lasciati incolti 5 2 8 0 4 2 iugeri, la valle, an ch e nel secolo VI, doveva essere coperta di b oscaglie ch e in siem e con le paludi ne rende vano il p a ssa g g io difficile e pericoloso per un esercito.
D elle 4 strade ch e attraversavano la valle, la Popilia, che da N ola m enava a N ocera lungo la testata, ha per l’argom ento una im portanza secondaria, e perciò ci occuperem o soltanto delle altre. Sappiam o che g l’itinerari antichi non son o esenti da errori, e perciò ne teniam o conto solo quando si accordano con altri dati.
S econ d o la T avola P eutingeriana e l’ A nonim o R avennate, non v’ è alcun dubbio ch e la via ch e veniva da N apoli per O plonti,
giunta a P om pei si biforcava: un ramo m enava a N ocera, e un altro, lungo il mare, a Stabia. (R a v e n n . A n. C o s m o g r a f ia ecc.
Edid. M. P inder e G. G. Parthey, Berolini, 1860 — M ommsen,
C o rp u s in s c r ip t, la t., voi. X, P ars I, Berolini, 1883: p. 58 — Fiorelli, D e s c r iz io n e d i P o m p e i , 1875: p. 26). La via Pom pei-Stabia è ri cordata pure dalla lapide viaria in lingua osca, ch e trovasi nel fornice della Porta Stabiana di Pom pei. Ma un’altra via congiun
geva Stabia a N ocera. E ssa appare dai detti itinerari ed è ricor data da un docum ento del 1025, col nome di stabiana, come “ bia publica m aiore ,, e p assava per “ Angre „ ( C o d e x “D lpl. C a ven sis, toni. V. p. 96).
C osicch é la rete stradale antica, date le esigen ze topografiche della valle, in gen erale corrisponde, pur coi mutamenti che ha potuto subire nei secoli, alla m oderna.
C he tanto la strada P om p ei-N ocera, quanto l’altra litoranea, Pom pei-Stabia, avessero ciascu n a un ponte sul Sarno al tempo del l’impero, è da su p p orsi data la loro importanza; e di uno abbiamo anche la p iova in un’iscrizione pom peiana, in cui si parla di un fondo posto al di qua del P onte del S irno, “ cìtra pontem Sarni „ (M ommsen, C o r p u s in sc rip t, la t., su p p l. al voi. 4 \ P a r s IL, N. 3864, p. 497). Se questo ponte, poi, fosse sulla prima o sulla seconda strada, noi non sappiam o; ma è più probabile che fosse sulla se conda, poiché l’iscrizione doveva riferirsi ad un ponte vicino o al ponte più vicino, e h ’ era appunto quello sulla Pom pei-Stabia, mentre 1’ altro, che presum ibilm ente era, com e pure ad esso, presso a S ca fati, distava da Pom pei il doppio.
C om unque sia, noi sappiam o da P rocopio ch e un ponte era sul Sarno, e che gli O strogoti dopo averlo occupato si accampa rono vicino ad e sso , in prossim ità del mare, da cui ebbero le vettovaglie per due mesi: ce n ’è quanto basta per affermare che, senza dubbio alcuno, il ponte di P rocopio era sulla strada Pom pei-Stabia; e perciò abbiam o posto il campo degli Ostrogoti su questa strada, p resso il ponte detto ora della Persica, ed il campo dei Greci di fronte, sulla riva opposta, e propriamente sulla col linetta dove era sepolta Pom pei, alta 42 m. sul livello del mare- Ma il ponte della P ersica è forse il ponte di P ro co p io ? Una ri sposta precisa non possiam o darla. Non è certamente antico il ponte che ora si ved e a Scafati, e su cui la strada Pom pei - N o cera attraversa il fiume, perchè prima era di legno e fu costruito di pietra dal P rin cip e P iccolom ini, signore di Scafati, nel 1753, come è detto in una lapide posta nel palazzo com unale di quella cittadina (P ep e, op. cit. p. 79, in nota). Di un ponte più antico,
p u r e di legno, disfatto d a m a la n d rin i nel 1346, è r ic o rd o nei Reg. Angioini ( O r la n d o , o p . cit. voi. II: p. 82 in nota, e p. 87).
Il P o n te della P e r s ic a , a s c h ie n a d ’ a s in o e q u a t t r o arcate, c h ’è mezzo in terrato , ora, sul vecchio alveo del S a r n o , n o n sap piam o q u a n d o sia stato c o stru ito ; ma è e v id e n te m e n te a s s a i più antico. A giudizio del c h ia r.m o Ing. Iacono, in te rp e lla to in pro posito, e sso fu costruito, fo rse nel m edioevo, al p o sto di u n ponte classico, se n o n è p ro p rio u n po n te classico re s o irriconoscibile d a ll’attuale s tr u ttu r a este rn a , c h e n o n lascia v e d e re qu ella interna.
P o t r e b b e d u n q u e e s s e r e il p o n te di P ro c o p io , rifatto o re s ta u ra to .
E q u e s ta ipotesi è re sa più p ro b a b ile d a altri fatti. In primo luogo n e s s u n d o c u m e n to ci attesta c h e il fium e a v e s s e m u tato il suo
co rso dal sec. VI al principio del XIX, q u a n d o io troviam o assai s in u o s o . Inoltre, nell'itinerario d ell’A n o n im o R avennate, tra Stabia e P o m p e i è s e g n a ta u n a “ m a n sio „ d e n o m in a ta “ S a m u m E se è vera, com e pare, l’op in io n e del M o m m s e n (op. cit. voi. X, P a r s I, p. 58) c h e la “ m a n s io „ se n z a nom e in d ic a ta nella Peu tin g erian a, t ra Stabia e P o m p e i, a tre miglia dalla p rim a, sia qu ella di Sarno, il fium e doveva d e s c riv e re fin d ’allora il s u o m e a n d r o maggiore, p r e s s o l’estrem ità del q u a le è il p o n te della P e rsic a , p o ic h é da C a s te lla m m a r e a q u e s to p o n te c o r r o n o circa m. 4300, c h e corri s p o n d o n o a p p u n t o a c irca tre miglia ro m a n e . *
N o n è su p e rflu o a g g iu n g e re , a p ro p o s ito di s t r a d e , c h e quella vecch ia, T o r r e A n n u n z ia ta -C a ste llam m a re , si allo n ta n a dal mare fino a m. 1500, d e s c r iv e n d o u n a c u rv a c h e a v r e b b e evidentem ente evitata, se il te r r e n o p a lu d o s o lo a v e sse p e rm e s s o . La n u o v a stra da, infatti, d e tta di S chio, c h e r iu n is c e gli estrem i della curva, è
sta ta c o stru ita d o p o la bonifica.