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PROEM IO

La guerra greco-gotica, che desolò 1’ Ita lia per 18 anni, fu de­ finitivam ente decisa n e lla v a lle del Sarno, tra N arsete e Teia, con una cam pagna che per d ram m aticità di ev en ti, eroismo di uomini, valen tia di cap itan i ed effetti prossim i e lontani sui destini della P enisola è in som m o grado in teressan te. In alcuni tratti special- m ente, essa pare in v e n ta ta da un poeta, e p osta, perchè avesse uno scenario ben degno, in uno dei paesaggi più in can tevoli, so ­ lenni e su g g e stiv i del m ondo.

In q u ella v a lle , com e gu id ati dal destino, g li Ostrogoti andaro­ no a cercare la sa lv ezza e trovarono invece il loro calvario; iv i v is­ sero g li u ltim i tragici giorni del loro regno e d ella loro esistenza nazionale, e, prim a di scom parire, ne scrissero la pagina più b ella ; iv i l ’u ltim o re, dopo essere sta to a b ile com andante, fu guerriero di sovrum ano v alore, e il vecchio N arsete diede la prova m aggio­ re del suo genio stra teg ico ; iv i infine la rom anità trionfò ancora una v o lta d ella barbarie, ma per segnare la rovina d’ Italia.

La prima narrazione d e lla cam pagna è n ella Guerra gotica di Procopio di Cesarea. Ma questo storico, sia per l ’a b itu a le sobrietà, sia per l ’econom ia d e ll’ opera sua, non abbonda di particolari in q uella narrazione che solo per m ettere in riliev o la b attaglia defi­ nitiva; e di alcuni fa tti che la precedettero, o dà appena un cenno, o ne tace del tu tto , o ne trascura la connessione. E forse non ebbe un con cetto chiaro nè d e lla regione di cui pur descrive il fiume u il V esu vio, nè dei m ovim en ti d e g li eserciti. E g li co n o sce v a la Cam­ pania, p erchè c’era s ta to una prima v o lta , quando B elisario prese N apoli, e una secon d a, quando da B elisario stesso vi fu m andalo a raccogliere v e tto v a g lie , m a non fu testim one oculare della fin e

d ella guerra, e ne scrisse su relazione altrui.

La sua è però ancora la più am pia narrazione d ella campagna, perchè nessuno, ch ’io sappia, s ’è occupato di proposito di questo argom ento, ta n to che rim ane tu tta v ia incerto perfino il luogo pre­ ciso d e lla b a tta g lia , la quale è detta variam ente del Vesuvio, d> Nocera, di L ettere, del Lattaro e d’Angri.

Ora q u esto lavoro si propone d ’ interpretare, chiarire e in ­ tegrare Procopio e le poche n otizie di altre fonti con lo studio del

terreno, e di ricostruire tu tta la cam pagna, in m odo che essa a p ­ p aia, su lla scena dove a v v en n e, per quanto è p o ssib ile chiara e com ­ p leta n e lle sue ragioni in tim e e n e llo sv o lg im en to esteriore dei fa tti.

La prova am pia e forse anche e ccessiv a , se non esau rien te > di q u esta ricostruzione è n e llo schizzo topografico che vi abbiam o u n ito, n e lle poche n o te a p iè delle, p a g in e, e più n e ll’ A p p en ­ dice, d ove, per non interrom pere troppo spesso il racconto e per non ripeterci, abbiam o raccolto e ordinato in cinque paragrafi le

prin cip ali q u estion i.

D e lla Guerra gotica di Procopio abbiam o segu ito e c ita to il Testo greco e m e n d a to s u i m o n o s c r itti ecc . a cura di D . Compa- r e tti (R om a, F o rza n i e C., 1895-98 v o i. 3); m a a b b ia m o a n c h e te n u to p r e se n te l ’ e d iz io n e c r itic a di J. Ila u ry (P ro co p ii Caesa- rien sis o p e r a . omnia, L ip siae, T eubner, m c m v , v o i. 2).

I .

DA T A G IN A AL SARNO

N arsete, a cui l ’ im p eratore G iu stin ia n o a v e v a affidato la grande spedizione d ’ Ita lia , che doveva porre term ine a lla lunga guerra contro g li O strogoti, appena g iu n to, dopo una m arcia ar­ d ita e rapida, nel centro d ella P en isola, an n ien tò a T agina, n e ll’a­ gosto d e ll’anno 552 (1), in una pugna furiosa e breve, l ’esercito ne­ m ico c o m a n d a to dal re T o tila . U cciso l ’eroico T o tila , u ccisi o fa tti prigionieri circa un terzo dei suoi, e il resto in fuga e disperso, il regno degli O strogoti pareva a b b a ttu to per sem pre.

N arsete congedò i 5200 a u silia ri L ongobardi v e n u ti con lu i, per­ chè b ru talm en te feroci contro am ici e n em ici ; poi, espugnando l ’una dopo l ’a ltra le fortezze che fiancheggiavano la V ia F la m in ia , con tin u ò la sua m arcia verso R om a, che prese, e donde in v iò m i­ liz ie ad assalire C ivitavecch ia e Cuma, n e lla q uale T o tila a v ev a ri­ posto la m aggior parte del tesoro regio so tto la guardia del pro­

prio fra tello .

Ma il regno d eg li O strogoti in ta n to risorgeva d a lla sventura una seconda v o lta , per illu m in a r e di un raggio di gloria la sua li­ ne fatale. I su p erstiti di T agina raccolti a Pavi-a-; loro ca p ita le, do­ po la perdita di R aven n a, alzarono su g li scudi un nuovo re, T eia, figlio di Fredigerno (2), il g io v a n e c a p it a n o ch e, m a n d a to da T o ­ tila col m eg lio d e l l ’ eser cito a V erona p er sb arrare il p a sso a

(1) P er questa e le altre date v. il Paragrafo V dell’A ppendice. (2) P rocopio, op. ed ediz. cit., voi. Ili: p. 215-252.

N a rsete, a v e v a reso in tr a n s ita b ili quei luoghi con fo sse, ste c ­ cati e a lla g a m en ti; e, d o p o a v e r e a tte so in van o il nem ico, s ’ era ricongiunto col R e, a v e v a com b attu to a Tagina, e ue aveva pre­ sum ibilm ente raccolti e gu id ati i fuggiaschi a P avia (1).

Teia o ltre a ll’a b ilità stra teg ica riuniva in sè in som m o grado le m igliori q u a lità d ella sua gente : straordinaria vigoria di corpo, anima adam antina, audacia e risolu tezza, dispregio dei pericoli e d ella m orte, profondo sen tim en to d e ll’onore individuale: lu tte le q ualità tipiche di quei capi o regoli germ anici che attirarono in­ torno a sè le varie stirp i, e col fascino del proprio valore le trasse­ ro ad im prese avven tu rose, a conquiste di terre e di regni.

La guerra oram ai a v ev a assunto un carattere di selvaggia, in solita ferocia da entram be le parti.

I n u m erosi prigionieri fa tti a Tagina erano sta ti subito uc­ cisi, non sappam o se per in iziativa dei so ld a ti o per ordine dei capi (2).

Da parte loro i barbari risposero con m aggiore e più spiegabile ferocia: T eia uccise i 300 giovani d e ll’aristocrazia ita lica che T oti­ la aveva raccolti a P avia, come paggi in apparenza , come ostaggi in realtà ; a Rom a g li O strogoti fuggenti davanti a lle truppe df Narsete trucidarono quanti citta d in i incontrarono ; e furono pu­ re uccisi i senatori e i patrizi ch ’erano sta ti relegati n ella Cam­ pania (3).

Ed anche a ltro v e, sebbene non ne abbiam o n olizia , d ovette­ ro g li O strogoti incrudelire n ello stesso modo contro la popolazio­ ne italica.

Oltre che rappresaglia, è esplosione di odio a lungo contenu­ to, e quasi l ’esecuzione di un piano p restab ilito, poiché la strage avviene quasi contem poraneam ente n e ll’alta, n ella m edia e n ella bassa Ita lia .

T o tila aveva dim ostrato verso g l ’ ita lia n i una clem enza che in un barbaro è veram ente m eravigliosa; ed aveva sempre sperato di guadagnarsi il loro favore e di far pace con G iustiniano. Ora ogni illu sio n e è svanita. E ’ lo tta di vita o di m orte, lo tta di razza tra Italian i e O strogoti. Era sta ta l ’aristocrazia d ’ Italia, laica ed ecclesiastica, che aveva in d otto il vecchio Im peratore a l l ’ultim a e grande spedizione. Ora dinanzi ad un potente esercito v ittorioso, gli O strogoti, che erano rid otti ad una sparuta minoranza sparsa su di un vasto paese, in mezzo ad una popolazione nem ica, si sen­ tivano m ancare il terreno sotto i piedi, ed oltre a sodisfare la bra-

(1) Idem, voi. III. p. 206. (2) Idem, voi. III. p. 240. (3) Idem. voi. III. p. 252-53.

ma d ella v e n d etta s u g l’ Ita lia n i, ch ’erano la causa prim a d e lla lo- ro rovina, in ten d evan o anche disarm arne l ’o s t ilit à col terrore.

N a rsete, quando sep p e che i v in ti a v ev a n o e le tto un nuovo re- ordinò al gen erale V alerian o, che con un corpo di m iliz ie aveva scortato i L ongobardi ai confini, di ferm arsi a far b uona guardia Sul Po, perchè g li O strogoti di q u e lle parti non avessero lib e r tà di concentrarsi a P a v ia . Ma poco dopo V alerian o ci appare n e l l ’ I- ta lia cen trale, dove a ssa le ed espugna P ietra P ertusa, un forte d> grande im p ortan za stra teg ica su lla V ia F la m in ia , che N arsete a- v ev a girato e che era necessario a lla sicurezza d e lle sue com unica­ zioni con R avenna (1). Come a v esse V alerian o esegu ito l ’ incarico sul Po, e perchè fosse sta to rich iam ato non sap p iam o. E ’ q u esto uno dei p u n ti oscuri d e lla guerra. Ma è p rob ab ile che e g li, com e poco prim a a v ev a d ovu to rinunziare a lla presa di V erona per le prote­ ste dei F ranchi, che s ’erano da padroni s ta b iliti n e ll’a lta Italia, così si fosse allora d ovu to ritirare dal Po per non dar loro pretesto di dichiararsi ap ertam en te o s t ili ai Greci, ai q u a li m olto im porta­ va non tirarsi addosso un a ltro n em ico, prim a di avere debellato

g li O strogoti.

T eia, m entre a tten d ev a so lle c ita m e n te a riorganizzare l ’eser­ cito ,v ed en d o che la lo tta oram ai era d iv e n ta ta assai d isu g u a le, col teso ro la scia to da T o tila a P a v ia , te n tò d ’ indurre T eo d ib a ld o , re dei F ranchi d ’A u strasia, a scendere in cam po in siem e con lu i. Ma i F ranchi non v o llero uscire d a lla loro am bigua n e u tr a lità , (2) forse perchè il re era un g io v a n e dappoco, forse perchè credettero mi­ g lio r p artito asp ettare che la lo tta fosse decisa per a ssa lire il vin­ citore strem ato di forze e im padronirsi fa cilm en te d e l l ’ Ita lia .

T eia così non p o tev a contare che so lta n to s u lle sue forze ; e, lan ciato c erta m en te un u ltim o a p p e llo al suo popolo, col maggior numero d ’uom ini che p otè raccogliere, decise di prendere l ’offensiva.

La sa lvezza, se an cora era p o ssib ile , sta v a solo n e ll’auda­ cia e n e lla rapidità d e lle m osse. Occorreva provare, e presto, alla m assa d e g li O strogoti sparsa per 1’ Ita lia che il regno loro non era finito ; occorreva alim en ta re o, secondo i casi, riaccendere n ei cuo­ ri la speranza d e lla riscossa, e con essa im pedire le diserzioni, rac­ cogliere nuove forze, prolungare la difesa d e lle fortezze che ancora erano in potere dei suoi ; e, poiché la fortuna è v o lu b ile e piena di sorprese la guerra, occorreva essere p ron ti a co g liere le occasioni fa v o rev o li che si p otessero presentare.

N on a v ev a T o tila , con q u alch e m ig lia io d ’uom ini appena, e sen z’arm i e danaro, ripresa la guerra e ricon q u istata l ’Ita lia ? (;ì).

(1) Idem , voi. Ili: p. 245-47 e 258. (2) Idem, voi. Ili: p. 246 e 256. (3) Idem, voi. II: p. 232 e 338.

E se pure era destino che g li O strogoti perissero, la loro fine doveva essere alm eno degna di un popolo glorioso.

Ma urgeva innanzi tu tto soccorrere il c a stello di Clima (1). Il tesoro che T o tila vi a v ev a raccolto predando per ta n ti anni 1’ I t a l i a , doveva essere ben g r a n d e , se c o stitu ì il perno di quasi tu tta l ’u ltim a fase d ella guerra, e fu l ’anno seguente una d elle cause d e ll’ in vasion e dei Franco-A lem anni. E se ne com prende la ragione : im possessarsi di esso significava per Nar­ sete non so'o tagliare i nervi al nem ico, ma accrescere i m ezzi con cui pagare i propri m ercenari. Per Teia aveva poi una im portanza cap itale, perchè nei regni barbarici non v ’era un ordinato sistem a d’ im poste, e il tesoro pubblico era il tesoro del re, che consisteva in m onete e m e ta lli preziosi, gem m e, corone e gioie, chiusi in co­ fani, di cui i re ste ssi avevan le chiavi e che tram andavano ai loro d iscendenti com e la parte più im portante del loro retaggio; sicché, quando era perduto il tesoro, si credeva quasi perduto anche il regno (2).

N arsete, indovinando l ’ intenzione di Teia, mandò a guardare i passi d ella Toscana due fra i suoi m igliori generali: Giovanni, ni- dote di V italian o, e. F ilim u th . Ma Teia, eludendo la loro vigilanza, lasciate le vie più corte lungo il versante tirrenico, dopo lunghi e m olti giri, scese lungo il versante adriatico, e giunse n ella Campa­ nia, senza che punto i nem ici se ne accorgessero. La marcia ardi­ tissim a era riuscita. Ma raggiunse anche lo scopo di soccorrere Cu* m a ? Le fon ti tacciono a questo proposito. E ppure, se Procopio dà a lla marcia q uello scopo, se Teia giunse im provviso n ella Cam­ pania, se le forze dei Greci erano d ivise e quindi non grandi do­ vevano essere q u elle che assediavano Cuina, e se è im possibile d’altra parte supporre una titubanza nel riso lu to re ostrogoto, que­ sto m o lto p rob ab ilm en te, co str etti g li assed ian ti a ritirarsi, do­ v e tte rifornire di uom ini e v e tto v a g lie il forte, e sostituire, nel com ando, al fra tello di T o tila il proprio fratello A ligerno, che,per il suo valore e l ’intim o legam e di sangue dava la maggiore garenzia di una difesa ad oltranza del prezioso deposito (3).

(1) Idem, voi. IH: p. 257.

(2) C. Balbo — Storia d ’Italia sotto i barbari, Firenze, 1856, p. 256 — F. Dahn. Storia delle origini dei popoli germanici. Traduz. italiana, Milano

1880: p. 385.

(3) Questa nostra ipotesi risolve due minute questioni connesse tra loro su cui gli storici hanno sorvolato.

Prima questione: chi fu il com andante di Cuma? Il testo di Procopio nelle edizioni del Com paretti e dell’Haury non lascia dubbi: Totila aveva lasciato di presidio in Cuma dei soldati, “ ponendo a capo di essi il pro­ prio fratello con Erodiano „ (“ Sp^ovià ~e aOioìf tòv àìH/.ifòv xiv aótod Jùv ’HpotSiavffi è7t'.anfjoa{; „). Com paretti, voi. Ili, p. 256, Cap. 34. Haury, voi. Il,

N on era prudente portarlo con sè in q u e lla guerra pericolo­ sa di rapide m anovre, e ta n to m eno in v ia rlo , attraverso 1’ Italia centrale, quasi tu tta in potere del nem ico, a P a v ia , dove, se pur fosse giu n to sa lv o , sa reb b e poi s ta to e sp o sto a lla c u p id ig ia d ei Fran­ c h i, v ic in i e m a lfid i. A Cuma, in vece, era al sicuro, perchè la fortezza, p osta tra g li stagn i di L ico la e d el F usaro, su di una roccia tra ch itica a lta o tta n ta d u e m etri, a picco sul m are, erta verso terra e m unita di mura e di torri, era, se difesa bene, ine­ sp u gn ab ile. E in fa tti resiste tte a g li a s s a lti di tu tto l ’esercito ne­ m ico g u id a to da N a r se te in p e rso n a , e non si arrese che dopo circa 15 m esi di a sse d io , q u a n d o A lig e r n o v o lle , c o n s e g n a n d o il tesoro ai G reci, d e lu d e r e le b ra m e dei F ran co-A lam an n i, venuti in Ita lia non a soccorso d eg li O strogoti, oram ai d e b e lla ti, m a a sfra tta re la loro sventura (1).

N arsete, quando seppe che T eia era n e lla Cam pania, richiamò in fretta G iovanni, F ilim u th e V aleriano, e con tu tte le forze corse da R o m a ad a s s a lir lo . C erta m en te, se 1' a ssed io di Cuma era sta to ro tto , e g li p r o v v id e a r im e tte rlo per a ssicu ra rsi le spalle da p e r ic o lo s e in c u r sio n i di q u e lla g u a rn ig io n e.

p. 670. In alcuni codici, p erò (ibidem) si tro v a “ «O-csù „ con lo spirito dolce, che significa “ di lui e non può riferirsi a Totila, ch’è il soggetto. E al­ lora a chi? A T eodibaldo, re dei Franchi, o a Teia, che sono nom inati en­ tram bi due periodi prim a? Sono tro p p o lontani, e, quanto a T eo d ib ald o , si o p pone la gram m atica e la logica. E’ assai probabile che i copisti abbiano segnato lo spirito dolce invece dell’aspro; quindi, secondo la lezione mi­ gliore, il com andante è il fratello di Totila. Ma Agatia (Ediz. teubueriana del Dindorf, H istorici G raeci M inores, L ipsia, 1871, voi. II: p. 147 e seg.) dice che a Cuma durante l’assedio com andava Aligerno, fratello di Teia. P er il M uratori (A n n a li d ’Italia, P rato, 1867) il com andante é Aligerno, ma questi prima (s a. 552) é detto fratello di Totila, e poi (s. a. 553) di Teia. P er il Balbo (op. cit. p. 212 e 217) il com andante è, durante e prim a del­

l ’assedio, Aligerno, fratello di Teia. Il Villari (Le invasioni barbariche in

Italia, 3. ediz., Milano, 1920: p. 242) si limita a dire soltanto che, dopo

Tagina, gli O strogoti del Sud, “ sotto il com ando di Aligerno, fratello di T eia, si chiusero in Cuma „.

O ra la discrepanza fra P rocopio ed A gatia riguarda, in fondo, momenti diversi, e può essere elim inata supponendo che T eia so cco rresse Cuma e ne m utasse anche il com andante. Ma T eia riuscì a soccorrere Cuma? Ecco la seconda questione. Il Balbo (op. cit. p. 217), il Villari (ibidem ) e l'Hartmann

(Geschichte Ita lien s im M ittelalter, G otha, voi. I, p. 335) dicono di no.

Noi crediam o di sì. La loro è un’ipotesi che si fonda solo sul silenzio di P rocopio, e non risolve la prima questione. La nostra, invece, fondandosi su altri dati di P rocopio stesso (p. 257, 258 e 260) ne riem pie la strana la­ cuna, lo mette di accoido con Agatia, e risolve entram be le questioni.

II.

LA V A L L E D E L SARNO (1)

Teia s ’era già ritirato n e lla bassa v a lle del Sarno ; ivi Narsete lo raggiunse v er so la m e tà di gennaio del 553, e si accam pò di

fronte a lui.

Q ual’era la v a lle in quel tem po ?

Studi recen ti hanno senza dubbio provato che, contrariam en­ te a quanto s ’era creduto, la costa intorno al golfo di N apoli non s ’è ab b assata che poco o n u lla , nei tem pi storici; che Pom pei non fu su di un profondo seno m arino che ne lam b iva le mura e ne co­ stitu iv a il porto, e che affatto in sign ifican te è stata la formazione di nuova terra a lla foce del Sarno ; cosicché il lido da Oplonti a Stabia, e c c e tto un prim o e b r e v e tr a tto che non ha im portanza per l ’a rg o m en to , p o co o n u lla v a ria v a da q u ello che si vede adesso da Torre A nnunziata a C astellam m are.

La v a lle , che ora è un m eraviglioso giardino popolato di case e d’opifìci, era sparsa di paludi pestifere e disabitata : Pom pei era una « m a n sio »; S tab ia, un v illa g g io ; e n e l l ’interno la città di Nocera

era priva di m ura.

Il Sarno, che ora corre diritto a lla foce, descriveva p robabil­ m en te in q uel tem po n el suo corso inferiore m olte e profonde curve, per le q u a li ebbe forse l ’ altro nome di Dragone con cui è indicato da P rocopio e dai notai m ed ievali. E su lla sinistra il fiu- m icello Marna, suo affluente, che nasce n ella v a lle stessa, errava an ch ’esso pigro al pian o, tra stagni e acquitrini.

Con la bonifica, com inciata verso la metà del secolo scorso e com piuta ai giorni nostri, i corsi d ’acqua sono stati rettificati e in ­ can alati, prosciugate le palu d i e risanata la v a lle . Il volum e del acque del Sarno è ora assai ridotto nel suo corso inferiore, perchè a m onte se ne dipartono due ca n a li, dei quali uno, detto del Conte, scavato su lla fine del secolo X V I, anim a g li opifici di Torre Annun­ ziata, e l ’altro chiam ato R ottaro, di costruzione posteriore, i m u­ lini d ello stesso nom e, e si scarica nel fiume poco lontano d alla foce. Il Sarno era n avigab ile, secondo Strabone, e lo è tu ttavia con zattere ; in cassato, come allora, tra rive a lte e ripide, non si può passare a guado al pari del suo affluente la Marna.

La v a lle secondo g li itinerari antichi aveva parecchie vie, chef salvo i probabili m utam enti subiti nel corso dei secoli, costitu isco­ no ancora per n ecessità topografiche le principali arterie d ella re­