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Archivio storico della provincia di Salerno. A.3, n.1/4(1923)

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BIBLIOTECA P ROVINCIALE

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■JS BMSlS&g '•••. S7} /w*. / A i». ■ I H i r r r ^ r / c c> ~ - Y s

A R C H I V I O S T O R I C O

DELLA

PROVINCIA DI SALERNO

escluso

dal

prestito

Anno III. Fase. I. M a r z o 1923

S O M M A R I O

1. Il R e g a l i s m o a C a v a a i t e m p i d i F e r d in a n d o IV. —

An d r e a Ge n o i n o... p a g . 3

2. R icerca d e lla s e d e d ella a n tic a S c u o la M e d ic a S a -lernV ana — G i o v a n n i C a p a s s o ...17

3 . Teia e N a r s e te nella Valle d el S a r n o — G i u s e p p e

Zi t o ... ... 3 1

4. D o c u m e n t i su la r iv o lu z io n e d e l 1 8 2 0 in P r o v in c ia

d i S a le r n o Senatore M a t t e o M a z z j o t t i . 72 5. N o t a t r i s t e — P. E. B i i . o t t i ..., 9 0

(6)

S T A T U T O D E L L A S O C I E T À

j o

S c o p o e s e d e d e lla S o c ie t à .

Art. 1. — È costituita una S ocietà che si p ropone lo studio della Storia della P rovincia di Salerno in tutte le sue m anifestazioni attraverso i secoli.

La S ocietà ha sede in S alerno e provvisoriam ente nei locali della Biblio­ te c a P rovinciale.

S o c i.

Art. 2. — I soci sono o rdinar», corrispondenti, perp etu i, benemeriti ed o- norari.

Art. 3. — Sono ordinari i soci residenti nella Provincia.

Art. 4. — Sono soci corrispondenti quelli che risiedono fuori della P ro ­ vincia e contribuiscono al raggiungim ento dei fini della Società.

Art. 5. — La nom ina a soci ordinari o co rrispondenti è f itta dal Consiglio D irettivo dietro d o m a rd a diretta o su p ro p o sta di due soci.

Art. 6. — Ogni s o c n ordinario o co rrisp o n d en te assum e l’obbligo del pa­ gam ento annuo di L. 20 in 4 rate, p er un biennio.

Le dim issioni non presen tate per il me3e di N ovem bre vincolano per un altro biennio.

Art. 7. — Sono soci perpetui gli Enti ed i Privati che contribuiscano una vo lta tanto con una som m a non inferiore a L. 500.

Art. 8. — P o sso n o essere dichiarati benem eriti, su p ro p o sta del Consiglio Direttivo e con deliberazione dell’A ssem blea quei soci che apportino notevole contributo all'illustrazione della S toria della P rovincia di Salerno.

Art. 9 . — P o sso n o essere nom inati soci onorari quelli che occupano im­ p o rtanti cariche pubbliche nella P rovincia e in g enere qualsiasi altra persona che ne sia creduta m eritevole. La p ro p o sta verrà fatta alm eno da 5 soci ed intorno ad essa una C om m issione scelta dal Consiglio direttivo riferirà alla A ssem blea.

Art. 10. — I soci hanno diritto ad una copia dell’" A rchivio Storico Saler­

nitano „ e ad una riduzione del 30 0(0 sulle pubblicazioni fatte a cura della

Società.

C a r ic h e .

Art. 11. — il C onsiglio D irettivo si com pone di un P residente e 6 consi­ glieri, eletti dall’Assem blea. 11 Consiglio sceglie nel suo seno il Vice-presi­ dente, un T esoriere e un Segretario. L’assem blea può eleggere anche un P re­ sidente onorario.

Art. 12. — 11 P residente della S ocietà p resie d e l’A ssem blea ed il Consiglio p rovvede all’ osservanza dello Statuto, dei regolam enti e delle deliberazioni. In sua assen z a ne assum e le funzioni il V ice-Presidente.

Art. 13. — Il Consiglio p repara i bilanci, le p ro p o ste da presentare all’As- sem blea, am m inistra i fondi sociali, stabilisce prem i p er memorie relative agli studi di cui si occupa la S ocietà, nom ina in altri centri della Provincia e fuori D elegati fiduciari, che nella giurisdizione ad essi assegnata ra p p re ­ sentino la S ocietà e ne procurino l’increm ento.

Art. 14. — 1 com ponenti del Consiglio D irettivo durano in carica due anni e sono rieleggibili. D ecadono dalla carica quando ssn z a giustificati motivi non intervengano p e r tre v olte di seguito alle riunioni.

(7)

ARCHIVIO

s t o r i c o

PER LA

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ANNO III.

Marzo 1923.

FASC. I.

IL R E G A L IS M O A C A V A =

=

AI T E M P I DI F E R D IN A N D O IV.

Ad un avvenim ento di storia c a v e s e , perfettamente con son o alle vicende generali del Reame nella secon d a metà del secolo XVIII, accenna, di sfuggita, l’Adinolfi, (1) anzi il fatto, nella sua nota, si presenta m onco e di scarso interesse, m entre, esam inato nella sua integrità, sulla scorta di docum enti e memorie, apparirà in tutta la sua importanza.

Tom m aso G alise - l’Adinolfi scrive - nel 1776 fece una di- nunzia in Regia Cam era contro il m onastero (la Badia di Cava) per farlo obbligare per tutti i beni conceduti dai retro - principi e sovrani a pagare i pesi d ell’adoa (2) e quinternii, com e feudali; sostenne la dinunzia l’avvocato d. G iuseppe A ndrissani, la difesa in contrario fu fatta dagli avvocati d. M ichelangelo Cianciulli e d. Raffaele G iovannelli, ma poiché la R. Camera, per punto g e ­ nerale, aveva d eciso sin dal 1773 ch e le ch iese f)er i corpi g iu ­ risdizionali e feudali avessero dovuto pagare l’adoa ed i quinter­ nii, così decretò a 2 0 luglio 1787 che ancor quelli del m onastero vi erano soggetti e, per conseguenza, pur quelli della m ensa ve­ scovile e del capitolo della Cattedrale.

Dal G uillaum e (3) apprendiam o poco di più : ch e 1’ azione intentata da T om m aso G alise, avvocato, diede luogo a dibattimenti lunghi e accaniti, i quali furono causa di forti sp ese , ai tempi del governo degli abati Dattilo ed Ortiz ed anche oli re.

Ma se le con clu sion i cui si giu n se furono quelle già riferite - l’im posizione d ell’adoa e dei quinden nii - i fatti non sono stati tutti esposti ed il silenzio, in proposito, dei nostri storici non ha fatto apprezzare, al su o giusto valore, un tentativo schiettam ente regalistico.

Il G alise tentò di far sopprim ere la Badia e la m ensa v esco ­ vile cavese, con con segu en te devoluzione al Fisco dei loro beni.

(1) Storia della Cava, pag. 264, nota.

(2) La voce adoa, dal latino adunam entum , fin dall’epoca normanna, valse ad indicare la “prestan za in danaro» per il servizio m ilitare del Ba­ ronaggio. V. Bianchini - Della Storia delle Finanze del Regno dì Napoli - Voi. 1. cap. IH.

(10)

E noi, riportandoci a quei tempi, potrem o dire che la politica re- g alista non era hìiposta dalla capitale, ma trovava nel Reame dei co n sen si, che davano luogo ad iniziative battagliere e tenaci, se

non sem pre felici nei risultati.

* * *

Q uando si ricorda la rivoluzione delle idee del secolo XVIII, abitualm ente il p en siero ricorre aH’en ciclop ed ism o francese, cosi ricco di produzioni brillanti ed ardite e si dim entica che quel movim nto non com incia dai filosofi, com e metteva in rilievo il Rocquain, (1) bensì dai polem isti, che fiorirono, nel periodo della R eggenza, per la q u estion e della bolla U n ig e n iiu s ed ancora che altrove, com e qui, nel N apoletano, il pensiero affrettava i tempi nuovi, con ritmo costante ed anim atore.

In Francia, la filosofia politica, com e ben d issero due egregi storici d ell’antico regim e, il T ocq u eville ed il T ain e, si esibisce com e una nuova religione. D ivelte le a ssise della vecchia società feudale, tenta varcare i confini, agevolata, prima che dalle armi, dalla spigliatezza gallica, dalla forma e dallo stile delle su e produzioni. E jnentre il pensiero francese con sid era l’uom o astratto, vergine delle im pronte, che una storia tante volte secolare lasciò nella sua p sich e e nei suoi costum i - e, quindi, scaturì u n ’azione rivo­ luzionaria p a ssio n a le ed estrem ista - il pensiero napoletano sem ­ brò aver di mira una finalità più concreta e im m ed iata, la lib e­ razione definitiva d ello Stato dalla bardatura m edioevale, che l’uso e l’abuso dei diritti d i r e t t i e in d i r e t t i della C hiesa serrava an­ cora intorno alle su e membra intorpidite.

Nè questa tendenza sem brava in contradizione col sentimento religioso dom inante in qu este regioni. D op o il protestantesim o e la religione nazionale, segnatam ente d opo i 4 articoli del 1682 - scrive, con ram m arico, il p Berthe - (2) i cattolici respiravano il regalism o da tutti i pori.

Gli storici narravano le usu rp azion i papali su i diritti dei m onarchi, i giureconsulti stabilivano l’assolu tism o reale fondamento di ogni leg isla zio n e, i filosofi rincaravano la d o se e si tenevano dietro gli stessi giureconsulti. Molti ecclesiastici, - continua, allu­ dendo alla lotta ch e su b iron o i redentoristi, nel N apoletano -

plau-( lì L’esprit révolutionnaire avant la Révolution. Paris, Plon 1878. (2) V. la sua Vita di Sant’Alfonso.

(11)

dirono i nuovi decreti osteggianti nuove fondazioni, perchè avevano a cuore le antiche, cui sarebbero stati sottratti dei redditi.

Alfiere della riforma tra noi si presenta il G iannone, la cui opera principale vuol dare la dim ostrazione storica di un princi­ pio: “ non essere la C hiesa una s o c ie tà p e r f e t t a , ma una società come a dire puramente spirituale... quindi dover dipendere dalla potestà secolare in ogni cosa ...

11 Rinieri, (1) da cui togliamo queste parole, aggiu n ge che, con l’ Istoria civile, il suo autore distruggeva dalla radice il di­ ritto ecclesiastico, dando origine alla scuola del cesarism o o delle regalie, i cui principii spinsero re Carlo ed il su o successore, o, m eglio, i loro ministri, alla lotta contro le prerogative nobiliari ed ecclesiastiche, ch e “ parevano restringere q u elle sovrane Le vicende di quella lotta, esp u lsion e dei G esuiti, occupazione di Pontecorvo e B enevento, legislazione schiettam ente antichie­ sastica, fallimento della m issione Caleppi, son o note nei dettagli, avendo egregi studiosi ricostruito quel periodo importante della nostra storia, ch e va dall’avvento della dinastia borbonica al pre­ ciso delinearsi dei moti, che turbarono la vita, da tempo non più tranquilla, del Reame.

Non sarà inopportuno, ad ogni modo, ricordare ch e, special- mente per la questione della Chinea, la passion e politica, di cui, a Cava, darà prova T om m aso G alise, si rivelò violentissim a, prin­ cipalmente in pubblicazioni brevi, ma d ense di concetti innovatori e di esp ression i recise.

La R a c c o lta d i varie Chinee, che s i vendono d a S. P a lerm o , ricordata dal Conforti e dal D ’Aloe, che se ne mostra scandaliz­ zato, ha delle pagine non prive di brio, com e quelle dei pam - p h le ts francesi, e che rivelano quale giudizio abbiano dato delle pretese pontificie i più accesi regalisti del tempo.

N el “ D isc o r so „ in versi, dal titolo “ Al Papa il Re „ per esem pio, si ricorda ch e il Norm anno invitto non ebbe dal pon­ tefice Aversa, la P u glia, la Calabria e quel soglio ch e poi adornò

di armi e di leggi.

E infine il Re fa appello alla Ragione e al sen so Universale, che reclama i suoi diritti e che “ parla in mille menti e in mille lingue, a n ch e nel pastore romano „ ma quando si ispira a Cristo, non allor che seg u e

il vaneggiar di quei che sono, in veste di pastor, lupi rapaci.

(12)

* * *

D opo questa d igression e, dettata per ricordare 1’ ambiente e l’epoca, in cui b isogn a inquadrare la sua azione, ritorniamo a T om m aso G alise, b enché poco di lui p ossiam o dire.

Di antica fam iglia cavese, ricordata dal P olverino nella sua “ D escrizion e isterica della Cava „ illustrata da uom ini che eb ­ bero pubblici incarichi, ci apparisce com e un esp on en te locale di quel m ovim ento detto dagli avversari p a g l i e t t i s m o .

Non risulta se abbia fatto parte di qualcuna di quelle loggie m asson ich e, ch e fiorirono, in quei tempi, per 1’ ardente ed attiva propaganda d ell’autore della L ira Focense, l’abate Ierocades. (1) La sua tenacia nel perseverare, sen za avvilirsi, per gli insuccessi frequenti, in u n ’azione arrischiata contro la Badia

e

il

Vescovado

cavese è una prova del su o fervente spirito regalistico e può, a buona ragione, su pporsi che non sia stato il so lo a Cava ad a c ­ cettare quei sistem i, perché con un am biente locale ostile, o, per

lo m eno indifferente, non avrebbe potuto liberam ente, e per tanto tem po, ergersi a paladino dei principi innovatori, d an d o corso a procedim enti, ch e, com e ricorda il G uillaum e, levarono gran clam ore.

Tranquilla, per altro, ci ap p arisce la vita religiosa e civile cavese di allora.

Già il v escovo B orgia, autorevole* e pio aveva influito, con i suoi con sigli, su ll’anim o di A lfonso d e’ Liguori, ch e, giovane, era venuto, da tem po, in m ission e in alcuni nostri casali. (2) Nel 1786 le feste per l’incoronazione d ell’im m agine della Vergine dell’Olmo, nelle quali fu oratore il C acciolla, dim ostrarono ancora una volta l’attaccam ento dei buoni cavesi alla loro-P atron a.

L’anno seg u en te M.r D e G ennaro figurò tra i vescovi firm a­ tari di un ricorso al re — c h e non ebbe effetto — “ per ch ie­ dere rim edio a due capi di abusi, l’in o sserv a n za <dei sacri canoni e della d iscip lin a in c o n c u ssa della C h iesa con restrizione della potestà v esco v ile e avvilim ento dei prelati e l’infrazione del C on ­

cordato del 1741 (3)

In seguito le notizie e i docum enti del tem po rivelano una certa rilassatezza nel clero. D eve così su p p o rsi perchè 1’ autorità

(1) Conforti. N apoli dal 1789 al 1796. (Napoli 1887) cap. Vili. (2) V. le “ M emorie „ del T anhoia e la Vita scritta dal p. Berthe. (3) Battiloro a T orrigiani - 6-III-1767. Arch. vat. N unziatura di Napoli, voi. 287. V. Rinieri, op. cit. pag. LI!.

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ecclesiastica si mostra preoccupata del diffondersi del riprovevole vizio del gioco nella classe sacerdotale.

Intanto la politica regalista, diversa dal m oderno laicism o, che non si immischia direttamente di disciplina ed organizzazione ecclesiastica, spingeva i ministri napoletani a provvedimenti, che dovevano riuscire odiosi ai lodatori del buon tempo andato.

Il 17 febbraio 1776, per citarne qualcuno, un dispaccio reale escludeva il tribunale misto dalla cognizione delle cause dei lu o ­ ghi pii, (1) e il 17 agosto si ordinava al Cappellano m aggiore di infliggere un esem plare castigo ai padri Virginiani di Nocera, c o n ­ travventori dei regali ordini, per aver eletto il. loro abate. Il Ri- nieri aggiunge, citando altri casi, che i ministri regalisti Tanucci e -De Marco, la facevano da archimandriti dei monasteri del Reame. Fu proprio in quei giorni (agosto 1776) che l’avvocato T om ­ maso Galise comparve in qualità di denunziante nel Tribunale della R. Camera, pretendendo la sop p ression e del M onastero e della M ensa cavese. (2) Adduceva, come argomento a sostegno dell’istanza, che, in virtù di una bolla di A lessandro VI, i Padri di S. Giustina da Padova, ordine diverso da quello degli antichi benedettini cavesi, senza il sovrano a ssen so , si erano intrusi nel Monastero e che, del pari senza sovrano a ssen so , la M ensa ve­ scovile cavese era stata fondata con beni della Badia.

L’azione era intentata senza esibizione di docum enti, ma non perchè, crediamo, il Galise ritenesse che essen d o notori, nelle linee generali, i fatti asseriti non occorressero prove. Forse sperò che in quell'imperversare di provvedimenti, ispirati a “ principi antichiesastici „ bastasse additare alla magistratura istituzioni re­ ligiose perchè divenissero oggetto di disposizioni soppressive. L’in su ccesso del su o tentativo potrebbe provare che le autorità napoletane, segu en d o le direttive di un regalism o rigido e in eso­ rabile, non si dipartivano dalle norme generali di giustizia.

Il Regio Fisco, infatti, rinviò ogni decision e all’esibizione dei documenti, che furono presentati nel 1778 e “ la prima istanza fiscale che in quell’occasione fecesi, ella fu che il Razionale Com messario del Cedolario, riconosciute le cose opportune, avesse riferito quale relazione d ovesse procurarsi dal Denunziante, a sue

(1) Vicentini a Pallavicini. Arch. V. Nunz. di Napoli Voi. 295. Rinieri, op. cit. pag. LVI.

(2) V. la rara memoria: “ P er la Mensa vescovile cavese a esclusione della denunzia proposta da T. Galise „, di cui mi avvalgo per quanto ri­ guarda i vari procedim enti. 1 fatti sono del tutto confermati da docum enti inediti dell’Archivio capitolare cavese.

(14)

sp e se „ (1). Ed eccoci ora giunti ad un atto del G alise che ci illum ina su i cavilli procedurali del tem po. Inviò una supplica al Re, a sse ren d o che, per la prepotenza vescovile e abbaziale, si ele­ vavano difficoltà a lui on d e non p ro seg u isse in u n ’azione tanto vantaggiosa per il R. F isco, ed una Reai Carta del 12 maggio 1778 rim ise la s u p p l i c a del G alise alla R. Camera “ con ordine d ’in. formare col parere

Q ui il denunziante cam bia stràda e si presenta alla Curia del C appellano M aggiore, sosten en d o ch e il M onastero e la M ensa cavese d eb b an o dichiararsi di Regio patronato, perchè dotati di beni della Reai Corona, ai sen si di diplom i, di cui esibisce copia. Notificata tale petizione alla M ensa e al M onastero non vi fu op­

posizione, perchè l’asserita dotazione era* in oppugn abile, e secondo il vigente diritto ecclesiastico, (2) ne d erivavan o i diritti di Regio Patronato al sovrano, quindi “ la C uria, dopo le incuse delle contum acie, impartì, su ll’ista n z a del d enunziante G alise, termine, che fu cartolariam ente com pilato, n em in e c o n t r a d ic e n te „. (3)

Pure, prim a ch e si g iu n g e sse alla d ecisio n e sulla dichiara­ zione di Patronato, l’in stancabile G alise, con nuova istanza, cercò di sperim entare l’antica azione, tendente alla so p p ressio n e del Ve­ scovad o e della Badia cavese, con c o n seg u en te devoluzione al F isco dei loro beni. L’istanza, corredata questa volta da d ocu ­ menti, poggiava su lle ragioni anzidette: “ intrusione dei padri di S. G iustina nel M onastero „ e d iv ersio n e di beni a favore del­ l’erigendo V escovado cavese, s e n z a r e g io a s s e n s o . Ma la Curia del C appellano M aggiore non vi aderì e con sentenza del 1779 “ reintegrò al Regio Patronato ed il M onastero ed il Vescovado „ anzi g iu d icò l’istanza astiosa, in sosten ib ile e “ contradittoria alla prima azione intentata e prom ossa, p erchè quando sopprim evasi il M onastero e la M ensa non vi era più patronato e qui l’e­ sten sore della citata M emoria, R occantonio Fava, aggiunge che la Curia, per “ far tacere i latrati del denunziante si riservò la prov­ videnza della parte dell’istanza — riguardante la sop p ression e e

d evoluzione — qu an d o a v esse in teso l’avviso della Reai Corona N on può negarsi ch e la d ecision e del C appellano M aggiore, anche lui regalista, sia stata più conform e ai principi del dritto della

tesi dell’avvocato T om m aso G alise.

U n ’azione subordinata, infatti, — a n ch e iniziata con separato

(1) M emoria citata — pag. V-VI. ,

(2) I règalisti seguivano, in p roposito, le teorie del canonista Van Espen. (3 ) Memoria citata - pag. VI-VII.

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giudizio — è già pregiudicata quando si rivela contradittoria alla principale. E la Reai Carta del 4 settembre 1779 - - si ricordi che, benché mutati i ministri, non aveva cambiato rotta la politica antichiesastica napoletana — approvò la sentenza dela Curia.

Ma il G alise non si arresta e propone “gravezza contro quella parte della sentenza, che non aderiva all’istanza „. Muore intanto l’abate e l’interino eletto ch ied e al Sovrano d’ essere conferm ato nelle sua amministrazione ed ecco il G alise che lo incalza con una nuova azione, chiedendo al Patrono di non dar corso alla su p ­ plica dell’interino, perchè si era per decidersi circa la devoluzio­ ne al Fisco delle rendite della Badia. (1)

É un duello a ferri corti: ad ogni s e n te n z i ostile 1’ avvocato regalista oppone atti che riaprono la questione ed è curioso o s­ servare questo armeggiare di un privato, ch e vuole im pinguare il Fisco, contro gli Enti che si difendono, mentre le A utprità-che svolgevano una politica tutt’altro che ligia alla C hiesa - (2) costan ­ temente ne respingono la proposta.

E ciò «perché l’azione, intentata, con passionale perseveranza, giuridicamente non reggeva e ce ne convincerem o rileggendo la tesi difensiva della M ensa cavese.

La “supplica,, del G alise contro l’ interino della Badia fu ri­ m essa alla Curia del Cappellano M aggiore perchè d esse il p a ­ rere, che fu sfavorevole, anzi la conclusione della sua ra g io n a ta r a p p r e s e n ta n z a fu ch e il G alise non d ovesse pili avere ascolto circa la soppressione dei due Enti religiosi. Tal parere fu poi confermato con Reai Carta del 1780.

Ma il denunziante, per nulla avvilito dagli in su ccessi, imper­ territo, prosegue per la sua strada e rinnova la supplica, so ste­ nendo ancora la tesi soppressiva, al Sovrano, che con altra Reai Carta del 1781 ordina che “ non debba più avere udienza al riguardo

Eppure non vien posto così il sugello a questo strano epi­ sodio di regalism o locale; il G alise deduce “ ancora le stesse cose, umiliando una nuova supplica al Sovrano „ per mezzo della S e ­ greteria dell’Azienda, tacendo le avverse sentenze, e rinnovando l’istanza del 1776, abbinata alla denuncia per il pagam ento del- l’adoa e quindenni. E siccom e la R. Camera non aveva d eciso sulla richiesta principale della devoluzione dei beni al F

isco-co-(1) Memoria citata, pag. IX. Questi fatti sono taciuti dal Guillaume. (2) Nel 1779 il numero dei preti e Lei frati fu diminuito d ’autorità so ­ vrana. V. Rinieri, op. cit. pag. 13.

(16)

me aveva fatto la Curia del C appellano M a g g io re-si chiedeva in detta supplica che la si sollecitasse, on d e riferisse col parere, prima di decidere circa l’adoa e i q u indenn i.

La q u estion e veniva riaperta, com e non sarebbe possibile og g i, con una procedura diversa ed u n ’equa distribuzione delle pratiche nei com petenti uffici.

Il Sovrano, in data 12 febbraio 1784, ordinò alla Segreteria dell’A zienda di decidere in proposito ed il G alise eb b e torto. Nè di lui nè di altre su e eventuali m anifestazioni regaliste abbiamo ulteriori notizie.

11 difensore della M ensa vescovile con clu d eva la su a memoria in vocan d o un castigo “ per l’ostinato e cavilloso delatore, a.causa della sua stom achevole in sisten za Senza giu n gere tant’ oltre, conveniam o ch e il G alise si lasciò guidare da una esagerata pas­ sion e politica; ma dobbiam o ricon oscere altresì ch e mai si lasciò trattenere da preoccupazioni cam panilistiche - allora più vive a ssa i di oggi, per le scarse com unicazioni ed i m eno frequenti rapporti intellettuali tra le varie region i - perchè è ovvio ch e dalla so p ­ p ressio n e della M ensa e della Badia cavese gli interessi locali non avrebbero ricavato vantaggio di sorta.

* * *

La tesi difensiva del Fava, avvalorata da eruditi argomenti di diritto ecclesiastico e civile, ci interessa per citazioni di storia cavese, b en ch é, talvolta, inesatte.

In tesi generale, circa “ l’in tru sion e „ dei padri di S. Giustina da Padova - detti co sì perchè in quel M onastero, nei primi anni del secolo XV, con pochi ardenti segu aci, Luigi Barbo ricon­ d u sse alle pure fonti del secolo VI i rilassati figliuoli di S. B e­ nedetto - il Fava avrebbe potuto sosten ere ch e non rappresenta­ vano un ordine del tutto estraneo a quello benedettino.

D ’altra parte, non può dirsi, con lui, ch e “ poeticamente va fin gen d o il denunziante ch e Papa A lessan d ro VI esp u lsi a v esse li m onaci cavesi - che, com e in altri m onasteri, si erano dati al vizio e al m alcostum e (1) - con intrudere li padri di S. Giustina non così apparisce, se non dalla bolla pontificia, com e il Fava sostiene, dalla con ven zion e del 10 settem bre 1493 tra il cardinale

(1) T errestris olim P arad isu s C avense C jenobium ... erat hoc tem pore in speluncam latronum conversum et D raconum evaserat cubile. Ridolfi, p resso Guillaume - op. cit. pag. 243.

(17)

Carafa, ultimo abate com m endatario di Cava e d. Timoteo da Firenze, abate di S. Severino di N apoli, che agiva in nom e della Congregazione di S. G iustina (1).

Ma dalla ricordata bolla di A lessandro si ritennero lesi nei loro diritti e privilegi i nostri antenati, che ne erano assertori tenacissim i, e seguirono agitazioni e lotte, le cui vicende subirono, talvolta, l’influenza di contrasti ben diversi, di ben diverso inte­ resso storico.

Non poco, al riguardo, scrissero i nostri m onografisti e lo studioso, che di tal periodo interessante della nostra istoria vorrà occuparsi, potrà attingere notizie dai loro lavori, da cronache e da opere polem iche, ove mai non si creda mettere da parte fonti di tal genere.

Furono le “ Memorie storiche „ del nostro Notargiacom o brevi e vivaci, che richiam arono l’attenzione dei cultori di storia locale su fatti che non sarà inopportuno riassum ere per coloro che della nostra storia locale hanno una con oscen za soltanto sommaria.

Si doleva il Notargiacom o di non aver avuto ospitalità nel- l’Archivio della Badia e, nelle su e pagine, si mostra severo per i m onaci, che risposero con una pubblicazione polem ica dal ti­ tolo “ Cenno storico intorno al Sacro M onastero e Reale stabili­ mento della S. Trinità di Cava „, (2) che vide la luce senza nome d’autore; ma si sa ch e fu redatta da D. Mauro Granata. Tranne le prime pagine, tutto il “ C enno storico „ tratta con particolari e dettagli dell’aspra lotta tra i cavesi e il M o n a stero , ma con apprezzamenti di rado imparziali.

Il Guillaume che, giunto a tal punto della sua opera, è già troppo sintetico, ha utilizzato tra l’altro, le monografie di Notar­ giacomo, Adinolfi, e la storia manoscritta del Ridolfi; tuttavia tale periodo di storia cavese meriterebbe di essere ricostruito con maggior cura.

Basterà, qui, ricordare che Oliviero Carafa, già nominato, ultimo abate commendatario, rinunziando all’Abbadia di Cava, a condizione che la dignità episcopale d ovesse estinguersi alla sua morte, cagionò alla Badia gravi imbarazzi, che non ebbero termine con un su ccesso (3).

Si spiega facilm ente “ l'attacamento dei cavesi alla loro città

(1) Guillaume - op. cit. pag. 246. (2) Napoli - 1833.

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vescovile „ - titolo che non volevano a n d a sse perduto - e si deve ritenere, del pari, b enché non faccia questa considerazione il G uillaum e, ch e non potevano aver troppa fiducia nei frati, non potendo prevedere ch e la C on gregazion e di S. G iustina avrebbe fatto dim enticare gli antichi scan d ali, con la sua lodevole con ­ dotta riformatrice, di cu i, per altro, aveva già dato, in più d ’ un m onastero, ottima prova.

In questo stato d ’anim o deve credersi ch e si sia n o recati i rappresentanti di Cava p resso l’abate d. A rsenio da Terracina, per aver la conferm a d ei privilegi della città. E riuscirono ad ottenere an ch e formale p rom essa di una p en sio n e di trecento ducati d’oro, per l’erigen d o V escovado.

Qui riporta, in nota, il G uillaum e ch e i m onografisti cavesi pretendono ch e l’abate abbia ottenuto dalla C ongregazione di S. G iustina, riunita in C apitolo generale, nel M onastero di S. B enedetto in P olirone, l’approvazione di tali co n cessio n i mentre i cronisti della B adia cavese non ne accennano; anzi l’ illustre D e B lasi scrive ch e la C on gregazion e, del lutto ignorando il con ­ tenuto della convenzione, occorsa tra l’U niversità di Cava e la B adia, incaricò il notaio L. M anzella, su c c e sso r e di Pietropaolo T roisi, di com unicargliela, in forma riassuntiva. È una questione, non priva di in teresse, per la nostra storia, ancora da chiarire.

C om unque, perchè 1 religiosi pentiti delle p rom esse, non le traducevano in atto, i C avesi, eccitatissim i, penetrano armati nelle mura del chiostro ed, esib en d o una lettera del Gran Capitano, C on salvo da C ordova “ qui etait favorable aux habitants de Cava parce que Ies religieux de la S. T rinitè tenaient alors pour le parti trancais „, ottennero (1 5 0 9 ) la conferm a degli accordi di sei anni prima.

Qui la tattica m onastica muta; dalla negligenza circa l’esecu ­ zione degli im pegni si p assa alle proteste contro le violenze, ch e li avrebbero estorti ed il Reai C on siglio di N apoli ed il Papa d ànno ragione all’abate. Intanto a Cava l’agitazione aumenta, le d ecision i regie e pontificie son o tacciate di p a lese ingiustizia e in u n ’a ssem b lea si giu n ge a decreti re ch e ch iu n q u e osi parlare di conciliazione con i m onaci - evidentem ente vi era una tendenza moderata - debba essere scorticato com e S. Bartolom eo (1).

Tanta ostilità non poteva a lungo contenersi; i propositi di vendetta maturano, gli uom ini d ’azione, decisi a tutto, si armano

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e guidati dal duca di Ferrandina, Ferdinando Castriota, si diri­ gono al M onastero, ne forzano le entrate, scacciandone, con vio­ lenza, i monaci, mentre elementi torbidi, che mai m ancano nelle agitazioni, si danno ad atti di saccheggio.

Ma lo sd egn o del sovrano non tardò a m anifestarsi. Ferdi­ nando il Cattolico accordò un diploma, conferm ante gli antichi privilegi, ai monaci, che si erano rifugiati al Priorato di S. Angelo della Cripta, a Nocera dei Pagani, mentre dieci preti regolari ca­ vesi “ si erano istallati nell’antica casa di S. Alferio, per vegliare alla sua conservazione e celebrare gli uffici

D ’altra parte, Giulio 11 inviò a Cava il su o legato di Napoli, cardinale Nicola de Flisco, che, dopo un’inchiesta, scom unicò gli invasori della Badia, in cui fece rientrare i monaci e condannò ad una forte multa i C avesi.

La scom unica fu tolta per i buoni uffici di G iovanna IV, la Triste Regina, cui si era rivolto l’elem ento moderato; ma a condi­ zione che, ogni anno, nel giorno delle Ceneri, i C avesi portassero alla chiesa del m onastero un cero espiatcrio (1).

La “ definizione delle controversie ? cui non è il caso di ac­ cennare più oltre, ebbe luogo “ mercè un solenne istromento di convenzione passato tra la Corte di Roma, il M onastero e la città di Cava, a ssegn an d osi per fondo e dote del V escovado di Cava — che, in tal m odo, ven n e eretto, con soddisfazione dei Cavesi che, così, riportarono un pieno su cce sso — dalli beni del M onastero 1400 scudi d’ oro di Camera annui, e papa Leone X, con sua bolla, approvando tale econom ico convenio, dichiarò abolita l’an­ tica dignità vescovile, annessa alla C hiesa del M onastero e sta­ bilì ergersi nella città di Cava il V escovado sotto il titolo di nostra Donna in m ed io Cavae, divisa e separata dal Monastero

Tale bolla ebbe esecuzione ed assen so sovrano, insiste a dire il difensore della M ensa, (2) perchè avendo il Cardinale d ’Ara- gona, sull’esem pio del Cardinale Carafa, rassegnata la Commenda del Monastero di S. Benedetto d’Aversa “ nelle mani dell’ istesso

papa Leone X onde fosse an n esso al Monastero di Cava, allo

scopo di potervi restaurare l’antica disciplina monastica ed

aven-(1) E’ noto che G iovanna IV ebbe, per goderne in vita, tra le altre terre, Cava e il suo territorio, quando dovette perdere Altamura ed altri tenimenti in Puglia, da Ferdinando il Cattolico. V. Giannone. Istoria civile libro XXXIII. Guillaume, pag. 290.

(2) Meni: citata: Il Guillaume, a pag. 292, mette in rilievo il danno che subi la Badia, perdendo, in quella occasione, tra l’altro, S. Arsenio, con i suoi ricchi dominii.

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dovi il Papa annuito con su a bolla, l’abate cavese ricorse a Fer­ d in an d o il C attolico, nel 1514, d e d u c e n d o la s o p p r e s s io n e della C o m m e n d a e la c r e a z io n e d e l V escovado d i C a v a , con relativo a s s e g n o d e i 1 4 0 0 s c u d i aurei, (com e da bolla del 1513) ed espo­ nendo inoltre che e sse n d o si proceduto alla u nione del detto mo­ nastero di S. B enedetto d ’A versa con quello cavese, si supplicava la Sovrana M aestà di approvare le s u e s p o s t e rifo rm e , e l’appro vazione ven n e con regio diplom a, ch e il Fava riporta per intero. (1) Il denunziante, non ignaro di tal diplom a, sosten ev a che il regio a sse n so “ cadde su ll’u nione del m onastero di S. Benedetto di A versa con quello di Cava e non già esp ressam en te sulla ere­ zio n e del nuovo V escovad o ma, an ch e a chi non è competente di diritto, l’asserto potrà apparire sottile, non con vin cen te. Infatti il d ifensore della M ensa, con 1’ autorità d ell’ illustre giurista d e F ran ch is, a sserisce ch e l’a sse n so si esten d e, oltre ch e alla dispo­ sizion e ch e é principale oggetto della richiesta, an ch e ad altre ch e a quelle so n o a n n esse.

Il Fava - le cui ulteriori con sid erazion i d ifen sive è qui o p ­ portuno tralasciare - pur. m ostrandosi osseq u en te alla teoria della obbligatorietà d ell’a sse n so regio per la esecu zio n e delle bolle pontificie “ osservan za an tich issim a in q u esto R egno , a testimo­ nianza di A ntonio d’Amato, Marta ed altri gioreconsulti „ - cita dei casi in cu i la m ancanza del suddetto a sse n so “ non inficiò l’esecutorietà delle papali d i s p o s i z i o n i C o s ì fu per la bolla di E u gen io IV del 1434, con la quale fu unito il V escovado di Mon­ tecorvino di P u glia a quello di Volturara, per quella di Clemente VII del 1552, con la quale fu eretto il V escovad o di Campagna, per quella, infine, - per tacere altri casi - di P aolo III, con la quale fu unito il V escovado di B isaccia a quello di S. Angelo dei Lom bardi.

* * *

II risultato dei p rocessi intentati dal G alise e dei provvedi­ m enti regalistici del tem po fu la dichiarazione di R egio Patro­ nato e l’im p osizion e deli’adoa, che per la M ensa fu liquidata in ducati 9 3 ,1 0 (2) e quindenn i.

Prim a i diritti del V escovo - G iurisdizione civile e mista, Ma- strodattia, Portolania, P e si zecca e m isura, ancoraggio, e

falan-(1) Meni. cit. pag. XVIII - XXI.

(2) Da docum enti dell’Archivio capitolare cavese, comunicatimi dàl Can. A. De F ilippis.

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gaggio nel porto di Fuonti, jus comm erci e dogana nella Marina di Vietri, ju s del passo sulla porta della SS.m a Annunziata in Salerno - erano posseduti in franco allodio, quindi nulla la M ensa versava per il loro godim ento al Fisco; ma con decreto del luglio 1787 le fu imposto il gravam e suddetto a datare dal 1774, epoca dell’arresto della R. Camera, che, in tal sen so, colpiva i luoghi pii ecclesiastici, p o sse sso r i di Feudi e Regalie.

Le sp e se processuali, com e per il M onastero, furono gravi per la M ensa. M. Tafuri, per farvi fronte , fu dalla stessa Regia Camera autorizzato il 23 febbraio 1778, a contrarre un debito sulla M ensa vescovile di ducati duem ila „. (1)

L’anno seguente il M agistrato della Cava (2) dispose che fossero celebrati con molta pom pa “ i funerali di Carlo di Bor­ bone, re di Spagna padre delFA ugustissim o nostro sovrano e

principe benem erito della città suddetta (3)

Le iscrizioni latine sul m ausoleo e sulla porta della chiesa vescovile furono dettate dal parroco Gianiacopo Tagliaferro, m en­ tre, dal pergam o, recitò la funebre orazione il Canonico d. An­

drea Carraturo, lustro del Capitolo cavese, oramai regio.

Il Carraturo fu un degno rappresentante di quella schiera, eletta, se non num erosa, di ecclesiastici m eridionali, che prefe­ rirono alla politica ed ai lucrosi beneficii lo studio severo e se­ reno del p assato.

Ebbe u n ’erudita polemica col D e Blasi, circa un’ iscrizione dell’epoca romana, trovata nel casale di Bonea, ed entrambi ac cettarono, i.i ultimo, il parere del com petente Principe di Torre- muzza, palermitano. (4) S crisse le “ Ricerche storico-critiche sulla città di Cava „, che mai furono pubblicate per le stampe, ma che molti consultarono con frutto ed ora son o perdute.

D ell’Orazione, che recitò in occasiona dei funerali di Carlo di Borbone, non riuscirà inopportuno riportare, com e conclusione di questo lavoro, inteso ad illustrare la vita cavese del tempo, qualche brano, da cui si rilevano notizie di avvenimenti locali, come il p assaggio del Re, nel recarsi a Persano e la sua breve dimora nelle nostre mura.

(1) V. nota precedente.

(2) Il “ m agistrato cavese „ era com posto nel 1789 da d. G. Consiglio, d. B. P agano, d. V. Consiglio, d. P. Adinolfi e d. D. Galise.

(3) Come si vedrà, Re Carlo fu ospite di Cava. V. Carraturo - Orazione nei funerali di C. di Borbone - Iscrizioni - pag. XXVII. Salerno, Stamperia Campo 1789.

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Se per singoiar d on o del Cielo — diceva il Canonico ai “ governanti illustrissim i „ — fu pur Egli un tem po il felice So­ vrano di questi R egni, e tutte se co sul T ron o a com un bene se ­ derono le Regie non m eno ch e le C ristiane Virtudi, troppo è ben ella dovuta al raro su o merito ed all’eterna m em oria dei glorios suoi pregi l’afflizione, ch e opprim e ogn i cuore e per cui ogni terra ed ogni riva sospira: ed e sse n d o stato il vostro particolare Benefattore, troppo è lodevole la vostra condotta, che, cambiando a d esso in queste m acchine ferali, in queste nere gramaglie, in questi tristi om ei gli archi trionfali, gli apparati di gioia, gli ap­ plausi e gli evviva on d e cerca sse di festeggiar tante volte o il suo sem plice p a ssa g g io per q u este piazze, o la sorte avventurosa di averlo per ospite o i distinti favori, ch e compartirvi gli piacque, non tardiate alcun poco a prender parte ancor voi nella comune amarezza.

Più oltre l’oratore si riporta alle nostre storiche vicende, ai grandi sovrani, c h e regnarono su N apoli e Carlo, vincitore dei suoi nem ici “ pacificatore delle Sicilie „ benefattore di Cava, per aver riconosciuto i suoi antichi privilegi, senza le tergiversazioni e gli ostacoli ch e, al riguardo, o p p o se qualche viceré austriaco gli apparisce il più nobile, e il figliuolo F erdinando, “ con le sue virtù gli sem bra possa “ mitigare i! dolore per la paterna scom parsa

La politica antigesuitica e regalista dei sovrani borbonici non rese reticente, nell’elogio, l’eloquente oratore. E gli parla d ell’erede di Carlo con l’istesso rispetto, con la devozione, ch e per lui mostrava il battagliero avvocato regalista, nelle su e “ su p p lich e „ ostili alla M ensa e al M onastero.

E forse fu proprio il Carraturo ad estrarre d all’A rchivio ve­ scovile, ove trascorreva le su e ore di studio, i docum enti e le copie dei diplom i utili alle Memorie d ifen sive, da opporre alle tesi ardite e radicali di Tom rnaso G alise.

Svanita la dolorosa im pressione per la morte di Carlo, ritornò normale e tranquilla la vita cavese. Lontano, in Francia, si ad­ densava un nem bo, che, poi, anche qui, a Cava, travolse vite e ricchezze; ma rare e travisate giu n gevan o le notizie e nulla lasciava prevedere i sa n g u in o si eventi di un prossim o avvenire.

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RICERCA PELLA SE P E PELLA A N T IC A

SCUOLA M E P IC A SALERNITANA

U na dissertazione (1) inserita nell’Archivio Storico della Pro­ vincia di Salerno (a. I. f. I) col titolo e con una dichiarazione esplicita (2) tende a far ritenere ch e la sede d ell’antica celebre Scuola M e d ic a di Salerno sia stata determinata ; in verità poi, nel testo si dà per determinata soltanto la sede ch e la “ Scuola „ avrebbe occupata dal 1250 in poi.

Se queste con clu sion i fossero giuste, i risultati che esse esp ri­ mono sarebbero, anche con la detta limitazione, abbastanza so d ­ disfacenti; e n essu n o dovrebbe goderne più di me, ch e potrei reclamare il merito di avere, nel 1918, primo intuita e provata la cosa per il periodo più antico, dal 1250 al 1414 (3).

Il guaio è ch e si tratta di conclusioni in m assim a parte ipo­ tetiche, se non arbitrarie, nelle quali io caddi scrivendo un arti colo affrettato per un giornale quotidiano, ed è caduto più tardi il prof. Sinno, forse per eccessiva deferenza alle mie vedute.

Intendo, ora, per quanto è in me, fare nella maniera più completa am m enda del mio errore e rimettere sulla giusta via le ricerche della vera sed e della celebre “ Scuola , ora fuorviate.

Per procedere con metodo, fissiam o innanzi tutto quale sia Yantica “ Scuola Medica Salernitana „ alla quale deve rivolgersi il nostro pensiero, quando queste parole si pronunziano sen z’altra specificazione.

Non è, certo, quella qualsiasi accolta di brave persone, larghe dispensatrici di diplomi e di lodi sm accate, che negli ultimi s e ­ coli dette in Salerno pietoso spettacolo al mondo: è, invece, l’in­ sieme di quegli uomini, che, nel tramontare e risolversi del m ondo antico, salvando qualcosa dell’antico sapere e dell’antica civiltà, furono — e nell’oscurità generale parvero anche più che non fossero — faro potentissim o di vita superiore intellettuale e mo­ rale. Furono essi a conquistare a Salerno il nome di C i t t à Ip ­ p o c r a tic a e a richiamare nelle su e mura da tutte le parti del

(1) S l n n o H . D eterm. della Sede della Se. Medica d i Salerno. (2) A pag. 32: “ In essi [negli archivi] ho rinvenuto i documenti, che risolvono definitivam ente la quistione „.

(3) V. il M e z z o g io r n o , a. I, n. 33 [16 giugno 1918], e il “ G i o r n a l e di S a l e r n o „ a. 1, n. 15.

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m ondo accessib ile la folla di studenti c h e dovevano co si larga­ mente diffonderne e co sì ferm am ente co n so lid a rn e la fama.

E’ una nota, questa, sulla quale giova insistere: la antica celebre S c u o la M e d ic a d i S a le r n o dovè contare i su oi alunni forse a m igliaia, e certo a molte centinaia, g iacch é era caratte­ ristico delle città di stu d i di quei tempi avere la popolazione qualche volta addirittura raddoppiata dall’afflusso di scolari, che vi si portavano con servi, con amanti, con m ogli e figli (1), ed a Salerno, nell’epoca del m assim o sp len d o re della su a Scuola, non si contrapponeva ancora alcuna d egn a rivale.

E’ di qu ella S cu ola ch e i cultori delle glorie passate vorreb bero identificata la S ed e, per avere un lu ogo ove nella potente su g g estio n e dei ricordi lo spirito a v e sse m odo d ’esaltarsi e go­ dere. Ma n e ssu n o potrà appagarsi della determ inazione della Sede delia scu ola di m edicina della d ecad en za, ch e, una volta docu mentata diversa da quella della S cu ola M edica fam osa, si riduce, o m’inganno, a un fatto di sem p lice in teresse locale.

Terrem o, q u in d i, ai nostri fini bene in m ente, ch e l'antica, la g r a n d e S cu ola, la S cu ola Salernitana di fama m ondiale, fiorì p r i m a del 1000 e nei primi c in q u a n ta n n i del nuovo m illennio. 1 due secoli dal 1050 al 1250 rappresentano già una sp ecie d ’estate di S. Martino d ell’antica istituzione.

Il D e Renzi, che ha illustrato largam ente (2) q u e st’ultim o pe­ riodo di splendore, riferisce le voci n ostalgich e ch e si levavano già nel XI e nel XII seco lo verso la scuola antich issim a, glorio­ sissim a, testim oni ora a noi della graduale su a d ecadenza.

La voce più antica, nella seco n d a metà del seco lo XI, è del­ l’arcivescovo Alfano 1, poeta e m edico dei m igliori del tem po suo, che, riferendosi al regno di Guaim ario IV (prim a metà del secolo) ebbe a scrivere (3) della sua Salerno:

Tum m edicinali tantum flo r e b a t in arte P osset ut hic nullus languor habere locum. S ed postq u a m patria e p a te r e t iuus ante suorum Ora propinquorum confo ditur g la d iis,

Q uidquid habere p riu s fu e r a t haec vita decoris, M omento p eriit, fu m u s et um bra fu it.

(1) Filippo Augusto, nel XIII secolo, fu costretto per sim ile ragione ad allargare la cinta delle mura di Parigi.

(2) Coll. S alernit. - N apoli, tip. del Sebezio, 1852; e Storia doc. della

Se. med. d i Sai., 2. ed. - N apoli, N obile, 1857.

(3) O de ad Guidonem fr a tr e m P rincipis Salernitani, in U g h e ll i Italia

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Sono versi che dicono chiaram ente l’ intristirsi e le cause dell’intristimento della Scuola: guerre e guerriglie combattute per decenni intorno alla Città.

Un secolo più tardi, G iovanni da Saresbury [S a lis b u r y ] “ che scriveva nel 1160, giugne ad affermare che la Scuola Salernitana in quel secolo godeva una fama anche minore di quella che aveva ottenuto per lo passato „ (1).

Cent’anni dopo, la decadenza dovevr. essersi notevolmente aggravata, se Corrado IV di Svevia sente il bisogno di proporsi [rescritto del 1252] la riforma dello Studio ed il rin n o va m en to

dell’antica gloria della città di Salerno:

“ Volentes s u p e r hoc a n tiq u o ru m renovare tem p eriem ... u n i­ versale s tu d iu m in c iv ita te n o s tr a Salerni... p r o v id im u s refor- mandum , ut C ivita s ipsa, a n tiq u a m a te r et d o m u s s tu d ii... re- novata q u a s i p a r a n y n p h a s cien tia e et sin g u la riu m h o s p ita la r ia f a c u lta tu m d o c e n tib u s et a d d is c e n tib u s se p r a e b e a t g lo r io s a m

Prima che fosse trascorso un altro secolo (siam o al sec. XIV oramai) non occorrono più induzioni a formarsi una idea dello stato in cui la Scuola M edica di Salerno s ’è ridotta, perchè un contemporaneo, il Petrarca, attesta che è sostanzialm ente finita: “f-uisse S a le r n i m ed icin a e f o n t e m f a m a est: se d nihil est q u o d senio non e x a r e s c a t (2) Parole chiare, se altre mai.

Il secolo XV seg n ò probabilm ente un periodo di collasso,

(1) D e R . Op. cit. I, 226.

(2) P e t r a r c . ititi. Syr. Opp. voi. I. p. 622 — La mia é una citazione di seconda mano da Sprtingel [Hist. de la Médéc. II. 366. Paris 1815] alla quale sono costretto dopo esserm i inutilmente rivolto a tutte le biblioteche pubbliche e private di Salerno. Lo stesso passo é riportato dal Mazza

[Hist. epit. de reb. Salern. — Neap. 1681, p. 133-4] così: “ Exim ius Poeta Franciscus Petrarca in suo Itinerario anni 1330. Salernum medicinae fo n - lem appellat, ac G ym nasium nobilissimuni, ubi fe lic ite r litterarum omnium disciplina consista „.

A sua volta il De Renzi [op. cit. I, 360] lo ha trascritto in questi termini: “ egli [Petrarca] scriveva nel 1330: Salernum medicinae fontem ac Oimnasiuni nobilissimum, ubi feliciter litterarum otm ium disciplina consistit; e soggiu-

gne nihil esse quod senio non crescat Conchiude naturalmente che “ la

testimonianza del Petrarca non mostra essere in realtà la Scuola in declinazione „. Non avrebbe to r tj se il verbo [/u/'sse] scartato dalla sua

citazione non fosse abbastanza esplicito, e se con la parola decrepitezza

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sp ecie dopo ch e alcuni dei m igliori com ponenti 1’ Almo Collegio di Salerno furono chiam ati a costituire il C ollegio Napolitano (1). Mi sem b ia di poterlo dedurre da questi due fatti capitali: ch e nella prima metà del ’500, quan d o i P rincipi di Saler- lerno [i Sanseverino] rivolgeranno le loro cure alla Scuola, avran­ no — se ci atteniamo a quanto ne dice il D e R. (2) - l’aria d ’averla quasi fondata e x - n o v o ;

e che, nella prima metà del ’600, l’Almo Coll. Ipp. Salem .— che pure in quell’o cca sio n e sarà stim olato insiem e d a ll’ orgoglio e d all’in te r e sse — si troverà n ell’im possibilità d ’addurre nel lungo litigio sosten u to contro l’Almo Coll, dei M ed. di Nap. innanzi al R. Coll. C ons. docum enti di m atricole che risalgano al di là d e ll’anno 1500. V enne presentato, com e dice il D e R. (3), “ un d o c u m e n to che d i m o s t r a v a che d a l 1 5 0 0 , d a c c h é esistevano u f f i z i a l i r e g i s t r i f i n o alla m e tà d e l X V I I s eco lo s i trovavano s c r i t t i m i g l i a i a d i m e d ic i che a v e a n o p r e s o L a u r e a d a quel

C o lle g io e che e ra n o v e n u ti... „

Le sorti della Scuola, in breve, s ’intonarono in ogni tempo alla fortuna politica della città. La S cu ola fiorì qu an d o, capitale d ’uno stato in d ip en d en te, S alern o eb b e i suoi r e g o li-p e r valermi d ell’appropriata parola del M a zza -a proteggerla e a curarne lo sviluppo; d ecad d e qu an d o, con gli ultimi N orm anni e definitiva­ m ente con i loro su c c e sso r i, la Città, non più residenza del So vrano, p a ssò in seco n d a linea tra quelle dello Stato più grande, del quale era venuta a far parte; s ’ im m iserì quando - continuo con le parole dello Storico citato (4) - a d in fe r io r e s D yn a sta s [i C olonna e gli O rsini] S a l e r n i p r i n c i p a t u s e s t t r a n s l a t u s (1419); ebbe una certa ripresa con l’avvento degli am biziosi Sanseverino; ma, col cadere di questi, ricadde subito a n c h ’e ssa nel marasma protrattosi in lunga stentata agonia per più d ’altri due secoli.

É netto d u n q u e il distacco tra la prima, l’an tich issim a Scuola S alern itan a-ch e son tentato di chiam are lo n g o b a rd a -e l’altra che

(1) R egina Jo a n n a II. die 8. m ensis A ugusti, a nni 1430, Neapolitamim

cum fu n d a ss e t C oltegium, tres M oderatores e S a i ernitano Collegio coopta­ vit, et in Priorem elegit S a lva to rem Calendari S a le rn ita n i C ollegij Prio- rem et in illius Doctorum num ero p o su it Loysium T rentacapilli, et Pau- linum C aputsvrupha, om nes m illtes M edicos Salernitanos... [ M a z z a H . Op. cit. p. 132],

(2) Op. cit. p. 389. (3) Op. cit. p. 360. (4) Op. cit. p. 31.

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pretese continuarla o, meglio, intese sfruttarne la fama meravi­ gliosam ente sopravvissuta ai secoli e alle mutate fortune.

Ciò prem esso, esaminiamo un poco i risultati ai quali il Sin n o in quella sua dissertazione è pervenuto.

Egli ha dato notizia d’un istrumento e di alcune Relazioni di Arcivescovi in S. Visita.

L’istrumento [not. C. B a r o n e - Arch. not. di Salerno] specifica che n ell’anno 1742 la Città di Salerno cede al Sem inario “ due “ stanze grandi, situate una di e sse dentro l’atrio della Cattedrale “ Chiesa di questa Città e propriamente sotto il cam panile della “ medesima, destinata per la lettura delle leggi Civili e Canoni- “ che; ed un’altra stanza grande situata disotto l’anzidetta, colla “ Porta corrispondente al principio della grada di essa Cattedrale “ Chiesa, destinata per la lettura della Filosofia e Medicina, pro- “ prietarie [sic] di essa Città „. Non c’è dunque alcun dubbio: in quest’aula “ umida e poco illuminata „ la Scuola di M edicina s ’era ridotta nel 1742; per giunta doveva condividerla con la Scuola di Filosofia.

Nelle relazioni di S. Visita [arch. M ensa Arciv. - a. 1500 - 1591 - t. I. - ult. fase.], poi, si legge:

1510 e 1511: C a p p e lla S. C a th a r in a e in qua leg itu r p e r doctores....

1567... la cap ello d i S. C a te rin a d i c a s a Solim ele f o r e a l l ’a t r i o ...

e solo nel 1575 si parla d ’una cappella superiore d i S. Caterina, in qua r e g g ltu r s tu d iu m m ag n lfic o ru m legistarum , e d ’ una cappella inferiore, in qua r e g g itu r stu d iu m artista ru m .

Nelle Relaz. di S. Vis. dal Sinno riportate non c’è altro. Benché la Scuola di med. non venga — com e si vede — indicata per nome, è certa però la sua inclusione nella dicitura Stu d iu m a rtista ru m usata nella relaz. del ’75, perché un protoc. notar, di pochi anni priiaa (1) dice che il dottor collegiale Francesco Alfano, condotto dalla Città, teneva le sue lezioni de d i j j e r e n t i i s f e b r iu m , intus ecclesiam dive catharine de Salerno in s tu d io medicine et philosophie.

1 docc., per quanto sforzati, non dicono di più : i capitoli della Scuola, i verbali di riunione del Collegio, i diplomi di laurea dànno la conferma, oramai superflua, che nella- prima metà del secolo XVI quasi certamente, e nel secolo XV non im probabil­ mente, la “ Scuola „ fosse già installata in quella tale aula.

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Per i secoli precedenti il S in n o, in m ancanza di documenti, riparla della tradizione che S. T om m aso d ’A quino (S ec. XIII) abbia insegnato teologia nell’aula ch e tre sec o li più tardi troviamo in ­ dicata col nom e di ginn, sup. di S. Cat., d ed u cen d on e che nel sec. XIII. “ q u ell’aula unitam ente all’altra inferiore costituiva la sed e della celebre A ccadem ia Salernitana „.

È quello che avevo scritto io tre anni prima: “ É tradizione “ ricordata da antichi storici e viva e sicura an ch e o g g i, che du- “ rante la sua perm anenza in Salerno S. T om m aso abbia letto “ T eologia proprio nell’aula (quella superiore) ch e ora, per altra “ via, sappiam o destinata nell’antico “ Studio „ appunto a quel- “ l’insegnam ento.

“ S e si ritiene tale tradizione accettabile - e non vedo che “ cosa potrebbe opporsi - sarà an ch e logico am mettere ch e in quel “ secolo (sec. XIII) quando lo “ S t u d i o „ era già antico famoso e “ organicam ente costituito, nell’edificio nel quale si leggeva Teo- “ logia dovevano aver se d e tutte le altre discip lin e. È probabilis- “ sim o, anzi, ch e fin d ’allora si valessero d ell’aula superiore le “ s c h o la e le g is ta r u m e di quella inferiore le sch. a r tis ta r u m così “ com e si trovano indicate nei secoli XV e XVI „ (1).

La su p p o sizio n e da me fatta non aveva niente d’assurdo; ma il mio ragionam ento peccava in q uesto, ch e lo “ Studio „ del sec. XIII - u n iversa le s t u d i u m del rescritto di re Corrado - lo imma­ ginavo costituito in organism o u nico com p ren sivo di tutte le d i­ scip lin e (legali, teologich e, filosofich e e m ed ich e) c h ’erano oggetto d’insegnam ento superiore in quei tem pi, mentre da tutti i docu­ menti a noi rim asti appare indiscutibile in vece, ch e 1’“ Almo Col­ legio Ippocratico „ abbia goduto costantem ente autonom ia piena com p leta assoluta, am m inistrativa didattica giurisdizionale.

Ad essere precisi, qualche riserva potrem o fare per l’auto­ nom ia am m inistrativa, ch e si piegava - negli ultimi secoli almeno - a con ced ere alla Città il p r i v i l e g i o di pagare i lettorj e fornire i locali per l’insegnam ento; ma ricorderem o in com p en so i privilegi fiscali goduti, fra tutte le facoltà dello Studio Salernitano, dalla s o la S c u o la M e d ic a .

E data pure l’esisten za d ’un tale Studio com p lesso, alla mo­ derna, sb agliavo sem pre neH’am mettere im plicitam ente ch e dovesse trovarsi insediato in edificio unico, quando, non sen za fondamento di credibilità e tradizione, c’è chi ritiene ch e la s te s s a Scuola

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dica si sia valsa per l’esplicazione dell’attività sua di più edifici a un tempo.

L’aula designata, poi, é tale che — anche bene ridotta, come ora è, in chiesetta, e con le vie intorno slargate in vere piazze — basta darle un’occhiata, per sentire la più viva ragionevole ripu­ gnanza ad ammettere che la celebre “ Scuola „ finché fu degna del su o nome, abbia mai potuto aver sede in quelli che erano sostanzialm ente scantinati d ell’ aula di teologia, limitati a setten­ trione dal muro di sostegn o d’un terrapieno, ad oriente dalla base del campanile, e con la terrasanta del Cimitero addossata al muro meridionale. Era tale aula, insom m a, che, sino quella parodia d’Almo Collegio degli ultimi secoli di cui s ’ è discorso, si racco­ glieva al bisogno un po’ dovunque, meno nella spelonca che avrebbe dovuto essere la sua sed e naturale (1'.

L’antica “ Scuola „ conosceva e praticava le norme fonda­ mentali dell’igiene (che, anzi, codificò nel suo testamento scien ­ tifico) e deferiva troppo all’autorità d’Aristotile e d ’ Ippocrate per non attenersi ai loro suggerim enti anche nella scelta della propria sede, quando la Scuola appariva al mondo, non una sem plice fu­ cina di medici, ma un Sanatorio portentoso, se non addirittura il Santuario della M edicina. C onosceva anche meglio l’arte di met­ tere in valore il proprio sapere, circondandolo di tutto l’apparato atto a far colpo sul pubblico dei profani e dei clienti, per non cercarsi una sede decorosa che sfruttasse -bene i vantaggi del­ l’esposizione salubre della città in cui prosperava.

11 Mazza — tardo p r io r e della Scuola — quando vuole esaltare la salubrità di Salerno, si richiama appunto alla autorità di Ippocrate e di Aristotile: N o n s o lu m ... ob situm o p tim e con. stitu ta videtur, se d adhuc iu x ta H ip p o c r a tis regulas, qui eas

C ivitates situ m orb o sissim o esse collig it, quae a d O ccidentem vergunt: non s ic Urbs nostra, cuius m a io r p a r s est a d O rientem, a d Solem et a d ventos e x p o s ita , ut la u d a tu r a I’hiiosoph o et ab H ippocrate. (2) L’aula della Scuola degli ultimi tempi, invece, si trova al piano, in condizioni che sem brano studiosam ente cercate per privarla di quei tali essenziali vantaggi.

Ma queste mie si ridurrebbero a sem plici parole se non ci

(1) Delle sette risoluzioni accademiche riportate dal De Renzi nella

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riunione collegiale, fa 3. è presa in gym nasio super. Div. Cath., la 4. e la 7.

in Palatio Civitatis, la 5. e la 6. in Domibus Domini Prioris.

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