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I vantaggi e gli svantaggi del sistema di Welfare comunista nel processo di emancipazione femminile

1.2 “L’altra metà del cielo”: le donne cinesi sotto la Cina comunista

1.2.2 I vantaggi e gli svantaggi del sistema di Welfare comunista nel processo di emancipazione femminile

Dopo la morte di Mao e la fine della Rivoluzione Culturale, il Governo cinese, sotto la guida di Deng Xiaoping (邓小平), si trovò a dover affrontare grandi cambiamenti per dare il via alla ripresa economica e condurre il popolo cinese verso la modernità. Riformare il sistema economico significava smantellare tutti quegli apparati che erano stati punti saldi del sistema della pianificazione economica socialista. Durante quel periodo lo Stato era direttamente, o indirettamente, attraverso le industrie di stato14, il soggetto che forniva i servizi di Welfare. Il famoso sistema della “ciotola di riso di ferro”, tie fan wan, (铁饭碗), consisteva nel creare un legame forte tra il lavoratore e lo Stato: al lavoratore erano forniti una serie di servizi tra i quali cospicue pensioni, assistenza sanitaria gratuita, accesso all’educazione dei figli. Il lavoratore metteva tutta la sua dedizione nel lavoro in fabbrica e oltre a ricevere in cambio servizi, poteva trasmettere il suo incarico al figlio o ad un nipote dopo il suo pensionamento.

Presupposto fondamentale per l’accesso a tutti questi benefici era lo status di lavoratore e se questo mancava, non era possibile la copertura. Per realizzare il progetto comunista di liberazione femminile

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attraverso il lavoro, questo sistema di servizi si dimostrò fondamentale. In effetti permise alle donne di uscire dalle mura domestiche e di dedicarsi al lavoro in fabbrica.

La forma di organizzazione sociale per eccellenza era rappresentata dall’Unità di lavoro, danwei (单 位) e la sua struttura aveva influenza predominante nella vita di tutti i giorni delle donne cinesi (Hinton, 2009). Nonostante le donne potessero usufruire di numerosi servizi, tra i quali nursery, asili, mense, lavanderie, la loro vita era strettamente ingabbiata in quel sistema. Esse dovevano per giunta rispondere, oltre che al capofamiglia, che rimaneva sempre il marito, alla propria Unità di lavoro. Questo sistema tutt’altro che equo è stato definito “sistema a strati” (Warneecke, 2009) poiché privilegiava alcuni strati della popolazione, primi fra tutti gli impiegati statali e gli ufficiali del Partito comunista, seguiti dai lavoratori delle imprese di stato residenti in territori urbani.

La donne, in particolare, erano discriminate anche dal sistema cosiddetto “a punti”. L’operaio riceveva punti lavorativi in base al tipo di attività da esso svolta e considerato il fatto che le donne venivano quasi sempre impiegate nei lavori meno qualificati come ad esempio quelli che prevedevano servizi di assistenza ai bambini, esse ricevevano meno punti e conseguentemente una paga più bassa. Anche in questo caso la tradizionale concezione di distinzione dei sessi, secondo la quale la donna è inferiore all’uomo, influenza la suddivisione dei compiti all’interno della società: la donna deve assecondare la sua naturale inclinazione a svolgere lavori intellettualmente e fisicamente meno impegnativi rispetto all’uomo (Hooper, 1975).

La discriminazione avveniva anche in base al luogo di residenza; attraverso l’hukou (户口), il governo divideva i cittadini urbani da quelli rurali. Il sistema di Welfare rurale, non era equiparabile a quello urbano, inoltre era amministrato dai governi locali che non possedevano le risorse per garantire una buona copertura di servizi di assicurazione sociale. I cittadini rurali si trovavano in una situazione di quasi completa mancanza di servizi primari tra i quali assistenza sanitaria e accesso all’educazione. Per avere una misura di questa disuguaglianza basti pensare che il sistema così strutturato, escludeva l’80-90% dei lavoratori rurali (Selden e You, 1997). Le famiglie rurali contavano ancora sulla struttura di aiuti basati su legami di parentela e non ricevevano alcuna pensione o contributo da parte dello Stato.

La collettivizzazione dell’agricoltura rappresentò un elemento fondamentale della politica economica portata avanti dal Partito comunista. Le zone rurali vennero conglomerate in Comuni agricole, controllate direttamente da quadri del partito comunista. Le donne soffrivano all’interno delle comuni in quanto, né potevano usufruire degli stessi servizi messi a disposizione delle operaie delle imprese

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di Stato, né potevano sperare in una qualche ascesa sociale. Le donne spesso, nonostante svolgessero attività lavorative autonome, non ottenevano mai la stessa indipendenza economica degli operai

maschi, in quanto la paga veniva normalmente elargita al capo famiglia, ovvero l’uomo. Questo sistema era reso forte dal fatto che la Cina in quegli anni era una nazione giovane e in crescita

economica. Quando nel 1960 il disastro economico risultato dalla Campagna del grande balzo avanti la colpì, era ormai chiaro che un sistema così dispendioso non poteva essere più sostenuto.

Discutere di un sistema di Welfare socialista, può portare a credere che visto il carattere egualitario dei principi comunisti, esso sia maggiormente paritario, ma come già accennato, per molti motivi il sistema adottato nella Rpc si è dimostrato fallimentare sul piano universalistico, discriminando i più poveri e i più deboli strati della popolazione. Nemmeno con le donne il sistema si è dimostrato più equo. La struttura del Welfare State influenza la partecipazione della forza lavoro nel mercato, sia femminile che maschile. Un sistema che gravi pesantemente sulla famiglia come fonte di sostegno, relegherà maggiormente la donna tra le mura domestiche. Durante il periodo di pianificazione economica alle donne erano forniti dei servizi di copertura di Welfare, ma esse facevano parte solo per il 32% del gruppo dei lavoratori delle imprese di Stato. L’età di pensionamento delle donne era, ed è tutt’ora di 55 anni, mentre per gli uomini era di 60. Ciò significava che le donne avevano meno possibilità di guadagnare anzianità lavorativa; di conseguenza ottenevano una pensione più bassa rispetto al soggetto maschile. Nonostante le discriminazioni, la partecipazione femminile al mercato del lavoro era molto alta considerando il grado di sviluppo della Rpc degli anni ‘50/60.

Il 1978 viene considerato l’anno della svolta della Cina verso un’epoca di riforme che porteranno il paese verso un nuovo sistema economico definito “socialismo di mercato”, guidato da una classe dirigente nuova con a capo il leader carismatico Deng Xiaoping. Egli dovette affrontare molti problemi ereditati dal periodo di caos lasciato dalla Rivoluzione Culturale. Durante quell’epoca molti giovani erano stati mandati nelle campagne per “rieducarsi”15, così quando la Rivoluzione culturale finì decine di milioni di giovani tornarono nelle città. Molti di essi non potevano trovare lavoro e il loro disagio sociale minava la stabilità del paese in quanto, spesso le frustrazioni dovute all’incapacità di trovare un’occupazione venivano sfogate nell’alcolismo e nella violenza. Così il governo promosse alcune riforme per stimolare il settore imprenditoriale privato. La trasformazione delle imprese di

15 In quel periodo di fanatismo ideologico le scuole vennero chiuse e molti giovani studenti vennero mandati

nella campagne (1968). Lo scopo di questo processo doveva essere quello di rieducarsi attraverso il lavoro fisico.

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Stato in private, lo smantellamento delle Comuni e dell’economia collettiva, privò lo Stato del compito e della possibilità di essere il maggiore fornitore di servizi (Lu e Feng, 1997).

Il sistema di Welfare tradizionale aveva bisogno di essere modificato16. Le modifiche portate dalle riforme economiche inizialmente non fecero altro che aggravare la condizione degli strati più poveri della popolazione, in quanto i benefici rimanevano efficaci per coloro che ancora erano dipendenti statali, mentre i nuovi lavoratori delle imprese private si ritrovarono completamente scoperti. Negli anni ’90 iniziarono ad essere introdotte riforme più radicali che portarono il sistema di Welfare verso una sorta di “privatizzazione”, si iniziò a virare verso un sistema di Welfare contributivo dove la responsabilità si spostava dallo Stato, alle imprese e al cittadino. Uno dei più grandi cambiamenti fu la fine della politica di “assunzione a vita” e l’introduzione di nuovi contratti lavorativi che prevedevano in considerazione la possibilità per il lavoratore di essere licenziato. Per cercare di arginare gli effetti delle riforme economiche il Governo introdusse alcuni sussidi per i più poveri e per coloro che si erano ritrovati senza lavoro in seguito allo smantellamento delle imprese di stato. Per quanto riguarda le aree rurali il sistema di assistenza sociale era sostanzialmente basato sull’aiuto reciproco dei suoi componenti.

Con le riforme la responsabilità divisa collettivamente all’interno delle Comuni agricole, si trasferì sulle spalle della famiglia privata. Il nuovo sistema di responsabilità familiare minò il già debole sistema di Welfare, lasciando la maggior parte della popolazione rurale senza servizi, quali assistenza medica ed educazione. La decollettivizzazione dell’agricoltura sradicò il sistema di assistenza sanitaria delle Comuni agricole e lasciò senza copertura sanitaria l’80% della popolazione rurale (World Bank, 1992).

Se le riforme economiche da un lato, hanno portato la Cina ad uno sbalorditivo sviluppo, dall’altro non sono state affiancate da un’efficace modifica del sistema di Welfare socialista. La crescita economica è stata accompagnata dall’acuirsi delle disuguaglianze e dalla perdita di servizi primari per la popolazione. La famiglia è tornata a farsi carico di forti responsabilità, sia nelle aree urbane e ancor di più nelle aree rurali. La donna ha potuto beneficiare in un primo periodo, del sistema di Welfare comunista. L’emancipazione femminile, sebbene avrebbe dovuto essere favorita, è stata in realtà contenuta dalle scelte attuate dal Pcc, che in quegli anni si è trasformato nel vero padrone della

16 In una prima fase di riforme il governo si concentrò maggiormente sulla riforma delle SOEs e sulle riforme

economiche più che sulla riforma del sistema di welfare; è una fase in cui i dipendenti delle vecchie SOEs continuano ad ottenere i benefici ed i nuovi lavoratori dei settori privati si trovano esclusi.

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vita del singolo individuo. La collettività e il bene dello Stato sono sempre stati anteposti alle singole categorie, anche di quelle più deboli e svantaggiate.

Anche se la donna è riuscita ad uscire dalla vita segregata che l’aveva vista protagonista per tutta l’epoca imperiale e attraverso il lavoro ha acquistato una nuova indipendenza, nei momenti critici Mao e il Partito hanno sottolineato come la sua funzione all’interno della società sia stata sacrificata rispetto a quella maschile. Anche il Partito comunista cinese, non ha saputo distaccarsi completamente dalla visione confuciana, ed ha invece mantenuto un approccio paternalista e patriarcale nello sviluppo di un modello di servizi applicato ad uno stato socialista (Warneecke, 2009).

1.3 Le donne cinesi nell’epoca del socialismo di mercato e le