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2.1 GENESI

2.1.7 Verso l’Uomo

Fanon in conclusione della sua diagnosi chiama all’azione, all’agire. Le ultime pagine di Peau noire et masques blancs assumono un tono e delle sfumature non riscontrabili nelle pagine iniziali se non nell’accenno alla non passività dell’uomo di colore e al già richiamato « destino nelle mani del nevrotico stesso ».

Non si tratta dell’azione drastica e necessaria descritta nel primo capitolo de I

dannati della terra che prese corpo nove anni più tardi - figlia della necessità impellente di

fornire una risposta immediata alla tragica situazione vissuta in Algeria e in qualità di un input dal quale far scaturire un’autentica rivoluzione - bensì la necessità di insistere nuovamente 158 su di un preciso momento storico dal quale sono scaturite l'imposizione culturale, la mistificazione e la violenza fisica che riducono i rapporti tra gli esseri umani nei termini di rapporti tra differenti razze.

Ivi, p. 223. Nel testo Fanon ha fatto riferimento al martinicano e non alla società martinicana.

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Su tali aspetti si farà necessariamente ritorno nelle pagine successive. L’intento di fondo è quello di mostrare

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Fanon, nelle sue conclusioni, ha fatto quindi appello ad Hegel e a Marx. L’influenza del primo è esplicita in tutto il testo e si è maggiormente concentrata nel capitolo

Il negro e il riconoscimento - rappresentativo della struttura dialettica sulla quale Fanon ha 159 costruito il suo ragionamento; la citazione tratta dal 18 Brumaio richiama, invece, 160 immediatamente l’attenzione sulla necessità del momento rivoluzionario che “svincolato dal proprio passato” risulti in grado di condurre ad un autentico rinnovamento.

La duplice alienazione - fisica ed intellettuale - sintetizzabile in un’unica formula come esplicita “disumanizzazione” trova fine nell’atto di disalienazione che obbligatoriamente si vincola all’effettivo riconoscimento dell’uomo come essere universale e nel disconoscimento dell’esistenza di un’idea preconcetta di uomo bianco e di un uomo nero.

Nonostante la differente forma di alienazione rilevata da Fanon è nella società borghese occidentale che ha individuato la matrice e la principale responsabile di tale edificazione. Così Fanon nelle pagine finali ha esposto e ribadito la sua duplice conclusione:

« Per il negro che lavora nelle piantagioni di canna di Robert non c’è che una soluzione: la lotta. Egli intraprenderà e condurrà questa lotta non dopo un’analisi marxista o idealista, ma semplicemente perché non potrà concepire la propria esistenza che sotto la specie di una battaglia condotta contro lo sfruttamento, la miseria e la fame » ; 161

ma non meno « rivoluzionario » risulta l’atteggiamento dell’intellettuale di colore. Fanon ha preso le mosse dall’assunto che

« […] l’alienazione intellettuale è una creazione della società borghese. E chiamo società borghese ogni società che si sclerotizzi entro formule determinate, interdicendo ogni evoluzione, ogni cammino, ogni progresso, ogni scoperta. Chiamo società borghese la società chiusa dove non sia sano vivere, dove l’aria è putrida, le idee e la gente in stato di

stesso, a partire da una rilettura proprio del capitolo primo de I dannati della terra - Della violenza. Cfr. F. Fanon, Il negro e l’Altro, cit., pp. 226-231.

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« La rivoluzione sociale non può prendere la sua poesia dal passato ma soltanto dal futuro. Non può

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cominciare da se stessa prima d’essersi spogliata di tutte le superstizioni relative al passato. Le rivoluzioni precedenti facevano appello ai ricordi della storia mondiale per drogarsi circa il proprio contenuto; per raggiungere il loro contenuto le rivoluzioni del XIX secolo devono lasciare che i morti seppelliscano i loro morti. Là, l’espressione superava il contenuto, qui il contenuto supera l’espressione » (Karl Marx, Il 18 brumaio). Riportato in ivi, p. 234.

Ivi, p. 235.

putrefazione. E credo che un uomo che prenda posizione contro questa morte sia, in un certo senso, un rivoluzionario » . 162

Le pagine che seguono approfondiscono gli aspetti che nel presente capitolo sono stati solo accennati ma che richiedono necessariamente chiarificazioni e approfondimenti.

Si è resa necessaria, all’interno del presente Capitolo, presentare una breve sintesi, seppur nelle intenzioni sufficientemente esauriente, del messaggio che Fanon ha inteso lasciare attraverso il suo primo scritto. Al di là delle varie interpretazioni frutto delle possibili e differenti pressioni esercitabili sui molti aspetti sollevati da Fanon, si è preferito privilegiare e mettere in risalto quel messaggio che pur spingendo verso prospettive che a pieno titolo possono essere definite utopistiche, più che volte ad offrire concrete soluzioni, risultano tutt’oggi utili al fine di mettere quantomeno in discussione - se non radicalmente a compromettere del tutto -, l’intero edificio culturale costruito dall’interno della società occidentale, faro attraverso il quale sono stati illuminati in maniera esclusiva ed escludente gli aspetti del vivere.

Fanon spinge quasi inevitabilmente a schierarsi, a prendere parte. La sua sfida però è stata quella di un uomo consapevole - al di là dei toni che in seguito alla sua prima opera hanno assunto, spesso come risultato di una interpretazione fuorviante, le sue analisi successive -, che principalmente il motore della cultura potrà determinare i destini di una umanità che ha intrapreso un difficile cammino basato precipuamente su di una costante e diadica opposizione, piuttosto che sulla collaborazione.

F. Fanon, Il negro e l’Altro, cit., pp. 235-236.

CAPITOLO TERZO:

FANON, CÉSAIRE E IL « GRANDE ABISSO NEGRO »

Alla fine dell’alba germogliando insenature fragili le Antille che hanno fame, le Antille butterate di vaiolo, le Antille esplose dall’alcool, naufragate nel fango di questa baia, nella polvere di questa città sinistramente naufragate 163