Fondo ottocentesco: Congregazione della Carità Laicale e Collegio Somasco di Santa Giustina
I: Le vicende della Carità Laicale e dei somaschi di Salò
Tra i vari fondi che sono pervenuti alla biblioteca dell'Ateneo nel corso del XIX secolo, si è deciso di riservare un'attenzione particolare a quello proveniente dalla Congregazione della Carità Laicale, poiché risulta il più corposo dal punto di vista numerico e ha quindi permesso di poter avanzare delle considerazioni più precise quanto alla storia della sua costituzione. Quasi 400 sono i libri risultati segnati dal timbro della “Congregazione della Carità Laicale” o che presentano la scritta “Collegij S.ta Giustina Salodij Cler. Regul. Congr.is De Somascha”.
Come si trova scritto in molte fonti bibliografiche la Carità Laicale fece una donazione a favore dell'Ateneo, si è cercato quindi di raccogliere le informazioni relative a questa realtà per riuscire a definire meglio l’avvenuto e il nesso tra l’ente e i libri di provenienza somasca.
Il merito della fondazione della Congregazione della Carità Laicale245 si deve all'impegno di Sebastiano Paride conte di Lodrone 246, che, insieme al predicatore cappuccino Mattia Bellintani247 decise di concretizzare i nuovi ideali proposti dal Concilio dì Trento, nella Salò del XVI secolo.
245 Tra le opere finanziate dal Conte di Lodrone per Salò, oltre alla Compagnia Laicale, si ricordino la Casa della Misericordia, la Casa del Soccorso, del Seminario, del convento dei monaci Somaschi, la costruzione, le decorazioni a stucco, la pala d'altare e le pitture della cappella delle Reliquie in Duomo e il completamento della chiesa di Santa Giustina che comprese anche le pitture del coro. L. AIMO, La chiesa e il collegio di Santa Giustina in Salò, A.S.A.R.,Comune di Salò, 2014, p. 12.
246 Figlio di Sigismondo di Lodrone, non si hanno molte informazioni certe circa la sua data di nascita e nemmeno sul luogo, si sa che fu presente a Salò negli anni Ottanta del Cinquecento e abitò dapprima in via delle Rive e poi in Borgo Belfiore nel palazzo un tempo sede del comando dei Carabinieri. Fu un valoroso colonnello di cavalleria nelle armate di Filippo II. Nel 1591 fu nominato ambasciatore spagnolo alla corte di Roma e fu fautore dell'istituzione della diocesi salodiana. Dopo la morte della moglie Violante divenne frate nell'ordine dei Cappuccini (1602) con il nome di Giovanni Francesco. Morì a Trento nel 1611 e fu sepolto nella cattedrale di S. Vigilio. Il suo necrologio fu tenuto il 30 maggio 1612. Ibid., p. 10. 247 Nacque a Gazzane nel 1535 e morì a Brescia nel 1611, fu padre cappuccino come i suoi
due fratelli. Fu predicatore anche all'estero, Boemia, Francia. Disegnò chiese e fu amico di Carlo e Federico Borromeo. Procurò al Duomo di Salò molte reliquie di martiri, come testimonia una delibera comunale dell'11 settembre del 1594. Ibid., p. 11.
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Il casato dei Londrone era antichissimo e risultava proprietario di vasti possedimenti248, molti dei quali ricevuti anche come encomio per la fedeltà dimostrata al governo, della Serenissima che, per la preziosa alleanza offerta in molteplici occasioni, li infeudò dei territori presso Cimbergo e Muslone, quest'ultimo tra Gargnano e Tignale249. La famiglia risulta proprietaria di beni a Salò fin dal 1453250 e proprio in questa cittadina, il 5 ottobre 1595251, il conte Paride di Lodrone, con altri nobili tra cui Francisco Alberghino, Zampiero Arrigo, Giuseppe ed Angelo Segala, Camillo Barbelieno, « ... volentes omnes et singuli istituire in Terre Salodij Societatem Caritatis Christianae Pietatis medio et interventu R. di Patria Mathia Belintani ordinis Capuccinorum salodij...» diedero vita alla Compagnia della Carità laicale et «... singuli ipsi contribuerunt et contribuunt in ipsa societatem summas onnorum redditorum».
L'intento era quello di colmare la lacuna nel campo dell'assistenza ai poveri e ai bisognosi, non limitandosi ad offrire solamente ricovero e sostentamento, ma cercando di assisterli personalmente, anche tramite l'istruzione, mettendo al primo posto il rapporto umano e religioso. Tra i nuovi impegni proposti dalla Controriforma vi era infatti quello di educare ad una rassegnata accettazione della miseria, che doveva essere portata a limiti sopportabili, in attesa della ricompensa divina in una vita futura252. Ovviamente per riuscire in questo era necessario un grosso impegno di forze fisiche, ma anche grandi quantità di denaro. Compito dei fondatori era quello di versare una somma di rendite annuali: il Conte per primo, per dare il buon esempio, conferì ogni anno «150 ducati da lire tre planetti»253. Per fare in modo che i finanziamenti non venissero interrotti con la morte dei
248 V. BONARI, I Conventi ed i Cappuccini bresciani, Milano, 1891, p. 175. G. BUSTICO,
Le vie di Salò, Salò, 1909, p. 226, G. DE FESTI, Genealogia e cenni Storici cronologici critici della nobile casa di Lodrone nel Trentino, in “Giornale Araldico”, Bari 1893, p. 183.
249 D. FOSSATI, Il feudo di Muslone, Salò, 1889, p. 18 e passim.
250 G. LONATI, L'opera benefica del Conte Paride di Lodrone nella Riviera di Salò, in
Commentari dell'Ateneo di Brescia, VII, 1937, p. 216, nota 3.Alla fine del XVI secolo tali beni
consistevano in : « Due corpi di case con corte et cortivi alle Rive, confina la via et esso Ill.mo val. L. 8000. Altro corpo di casa in contrada di S. Rocco con cortivo... più pezze di terra arativa, coltivata et olivata in contrada delle Rive, confina esso Ill.mo con li casamenti, il Rivo e li Pase Parolari. Una pezza di terra vitata et olivata in contrada S. Rocco, confina con la via, il Rivo, detto Ill. mo con la Casa».
251 A.O.S., Lib. I Ord., General Consiglio, del 5-10-1595, c. 2, recto e verso. AMG., Car. Luo., Sal. 42, del 5-X-1595. A.O.S., Lib. I Instr., General Consiglio, del 5-10-1595, c. 2, recto. Cfr. B. BONOMINI, La Pia Congregazione della Carità Laicale: una struttura caritativa nella
realtà socio-economica di Salò in epoca veneziana (1595-1630), tesi di laurea, relatrice
Prof.ssa Sacchi Olivieri Sandra, anno accademico 1974/75, pp. 84-103.
252 D. MONTANARI, I poveri della città. Carità e assistenza nella Brescia moderna, Brescia, Morcelliana, 2014.
253 A.O.S., Lib. I Inst., General Consiglio, del 5-10-1595, c. 2, recto. Cfr. BONOMINI, La
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fondatori fu stabilito che, in caso di morte prematura, il loro contributo sarebbe stato portato avanti anche dagli eredi.
Il santo designato per la protezione dell'istituzione non poteva che essere, quindi, il Santo della Carità, San Giovanni Evangelista.
In concreto tra le attività finanziate e sostenute dall'istituzione si elencano: le elemosine di pane e grano, ma anche la consegna di « denari al minuto». La cittadina venne suddivisa in sei sestieri o colonnelli, ad ogni sestiere corrispondeva un Consigliere che aveva il compito di gestire la propria area, fare un controllo sulla quantità e le situazioni in cui riversavano i poveri, creando quindi un piano d'azione. Ogni Consigliere nell'esercizio delle sue funzioni, portava sul petto, appesa ad un nastro viola scuro, una medaglia di metallo dorato con incisa, su una faccia, l'immagine di san Giovanni Laterano con un vaso e una biscia e, sull'altra, mezza nave alberata con il motto “Vento fertur amico”254.
Dopo due anni dalla fondazione si contavano a Salò centocinquanta poveri ed infermi da sovvenire nell'imminenza dell'Inverno.255 In questi casi veniva offerta la consegna di beni alimentari e tessuti per confezionare vestiti, il denaro invece era riservato ai casi più gravi o urgenti256. Ma gli interventi della Congregazione prevedevano anche di « .... far lattare una puttina de doi mesi... fin tanto sarà in età si possa dislatare...»257, aiutare una famiglia forestiera a stabilirsi ed integrarsi in città258 o pagare la degenza in ospedale di un infermo259, così come anche offrire sostegno ai cosiddetti “poveri vergognosi”, ovvero coloro che, soprattutto durante i periodi di carestia, per varie ragioni quali lo status, orgoglio, dignità, non dichiaravano i loro bisogni, rassegnandosi a vivere in condizioni di miseria e disumane260.
Parallelamente a queste iniziative il conte Paride, già nel 1595 decise, previa autorizzazione del Vescovo di Brescia e del Senato Veneto, di trasferire a Salò la scuola dei dodici Chierici che Sigismondo, suo padre, aveva fondato nella terra di
254 AIMO, La chiesa e il collegio di Santa Giustina in Salò, cit., p. 43.
255 A.O.S., Lib. I Ord., General Consiglio del 21-11-1596, c. 11, recto; 8-11-1596,c. 10, recto: « fu posto di spendere il denaro in cassa...in panno per vestiti a poveri».Cfr. BONOMINI, La Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., pp. 84-103.
256 B. BONOMINI, La Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., p. 123.
257 A.O.S., Lib. I Ord., General Consiglio del 14-2-1597, c. 12, verso. Cfr. BONOMINI, La
Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., p. 139.
258 A.O.S., Lib. I Ord., General Consiglio del 6-12-1605, c. 109, verso. A.O.S., Lib. II Ord., General Consiglio del 9-2-1609, c. 38, verso; del 7-12-1615, c. 129, recto. Cfr. BONOMINI,
La Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., p. 139.
259 A.S.O., Lib. I Ord., General Consiglio del 22-4-1595, c. 5, recto; del 22-1-1604, c. 83, verso. Cfr. BONOMINI, La Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., p. 139.
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Lodrone a beneficio dei poveri del Contado. L'insegnamento fu da subito affidato ai Somaschi261, anche se il conte si riservava il ruolo di sorvegliarne la gestione.
I Somaschi erano giunti nella cittadina del lago grazie all'intervento del frate Mattia Bellintani. Il 28 settembre 1586 il console del Comune deliberò che: « Il reverendo padre fra Mattia Bellintani di Salò, dell'Ordine dei Cappuccini, ha con molta prudenza veduto il mancamento che ha la terra nostra di Salò di confessori e di chi insegni a figlioli lettere di grammatica et humanità et con molta carità anco proposto persone religiose, quali fanno questa professione vivendo di elemosina a casa sua et di sue fatiche […]»262.
Al loro insediamento, i Padri furono ospitati in San Benedetto, nell'ex convento di monache Benedettine, fatto chiudere da Carlo Borromeo a seguito della sua visita. Lo stabile « sito ad un quarto di miglio fuori le mura della città», fu acquistato per i detti Padri dal Conte di Lodrone il 16 Agosto 1596 ottenendo il consenso del Comune di Salò a patto che vi venisse offerto un servizio educativo per i giovani. Dalle fonti263 sappiamo che nell'abitazione erano presenti dodici
261 I Padri Somaschi appartengono ad un Congregazione religiosa fondata da San Girolamo Emiliani o Miani, un nobile veneziano nato nel 1486. Nel 1531 si convertì e decise di aderire al movimento religioso del Divino Amore, fiorente a quel tempo a Venezia. In particolare mostrò grande carisma nell'organizzare e promuovere opere di Carità. Intorno a lui si cominciò a formare un gruppo di proseliti che volevano condividere il suo stile di vita, fu così che decisero di regolarizzarsi e fondare la Compagnia dei servi dei poveri, ora chiamati Padri Somaschi. Nel 1537, alla morte del fondatore, la Congregazione ebbe il riconoscimento del vescovo di Bergamo (Somasca è infatti un comune di quella diocesi) in modo che potessero continuare con le loro opere benefiche, nel suo territorio. Successivamente divennero ordine religioso grazie alla decisione di papa Pio V. Dopo il Concilio di Trento ( 1545-1563) i Padri Somaschi divennero particolarmente attivi nell'organizzazione dei seminari che il Concilio aveva istituito, non solo nell'entroterra veneto, ma anche nella capitale. Sappiamo che a partire dalla seconda metà del Cinquecento nella società veneziana si riscontrò un cambiamento di approccio verso l'istruzione, ritenuta sempre più importante per la formazione personale, soprattutto per coloro che potevano permettersi di seguire dei corsi di studio e che poi avrebbero intrapreso carriere rilevanti in ambito amministrativo. Questa sensibilità andò man mano ad intensificarsi nel secolo XVII. E proprio in questo secolo, con lo scopo di educare il ceto patrizio, i Somaschi riuscirono a distinguersi per la gestione e i metodi di insegnamento. A Venezia l'Ordine si occupava di tre orfanotrofi con annessi ospedali e due seminari: il patriarcale, destinato all'istruzione del clero diocesano, con sede a S. Cipriano di Murano e quello ducale a S. Nicolò di Castello, frequentato dai chierici futuri addetti alla chiesa “palatina”. A questi si aggiunsero, dalla metà del XVII secolo, le scuole pubbliche che i Somaschi aprirono per « addottrinare la gioventù sulle buone scienze», si trattava per lo più di corsi esterni di grammatica, retorica, umanità e filosofia tenuti da insegnanti con esperienza, a cui si affiancava lo studio interno. Fu il Longhena stesso a progettarne gli edifici in quanto collegati alla fabbrica della chiesa di Santa Maria della Salute di cui i Somaschi ottennero l'officiatura. In quegli spazi fu deposta anche la biblioteca. BELLUCCI, Santa Giustina e le scuole in Salò nel secolo XIX, cit., p. 16 e A. BARZASI, Patriziato e studi a Venezia nella seconda metà del Seicento: alla scuola dei
Somaschi, in Studi veneziani, n. s. XLIV, 2002, p. 37 ss.
262 AIMO, La chiesa e il collegio di Santa Giustina in Salò, cit., p. 12.
263 Le notizie riportate, riguardo all'Accademia di San Benedetto e Santa Giustina, si trovano presso l'Archivio dei P. Somaschi di Genova: AMG.AF., 6,c. 161, sub anno 1650 contenute in un libro che raccoglie le informazioni della fondazione e dello stato di diversi collegi ordinati da Innocenzo X il 22-12-1649, con lo scopo di evidenziare e precisare quali erano le capacità
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stanze da letto, due scuole, due officine una piccola corte ed una grande, un orto e un giardinetto.
Man mano, poi, che l'organizzazione della Carità Laicale si fece più solida e i mezzi finanziari crebbero, anche il suo operato andò orientandosi verso l'istruzione264.
Il fondatore stesso aveva particolarmente a cuore questo interesse: l'istruzione dei giovani e l'inserimento ben ordinato della loro forza-lavoro nella società; anche perché diveniva fondamentale per la tutela di quel “buon ordine” sociale a cui tendevano concordemente sia lo Stato Veneziano che la Chiesa Cattolica265.
Venne stipulato un nuovo contratto266 con i P. Somaschi che avrebbero continuato ad insegnare non solo ai sei chierici di Lodrone, ma anche a sei laici. Tra le due categorie di studenti, vi era una differente proposta di insegnamenti, ai primi si impartivano lezioni di grammatica e lettere umane, per i secondi si dava maggior importanza ad esercizi di scrittura e all'apprendimento di tecniche di mestiere267. I chierici, perlopiù figli di contadini, dovevano avere più di 14 anni e saper già leggere, i sei mendicanti invece non potevano avere meno di 9 anni, né più di 12; compiuti i 19 anni i chierici dovevano lasciare la scuola, mentre gli altri erano portati a farlo già tra i sedici e i diciassette anni268.
Il 2 aprile 1602, veniva letta nel Pio Luogo della Carità Laicale una lettera del Lodrone, che aveva ormai lasciato Salò per entrare in convento tra i padri
ed i mezzi di sussistenza delle singole case. Il fenomeno riguardò tutti gli ordini religiosi in Italia; in seguito all'esame fu ordinata la soppressione di 203 case per insufficienza finanziaria, ma i due collegi di Salò resistettero in quanto autosufficienti. BONOMINI, La Pia
Congregazione della Carità Laicale, cit., p. 177.
264 La gestione delle opere di assistenza ai poveri e ai bisognosi furono affidate al Comune. AIMO, La chiesa e il collegio di Santa Giustina in Salò, cit., pp. 153-165.
265 B. PULLAN, Rich. And Poor in Renaissance Venice- The Social Istitutionis of a Catholic
State to 1620, Oxford, 1971, p. 272.
266 AMG. Car. Luo., Sal. 361, del 4-5-1602. Cfr. BONOMINI, La Pia Congregazione della
Carità Laicale, cit., pp. 178.
267 Dal saggio della prof.ssa Barzasi apprendiamo che un importante punto di riferimento per il metodo di insegnamento nelle scuole somasche a Venezia fu l'opera Delineatio studii
adolescentis patritii veneti, pubblicata nel 1691 in appendice all'Hermathena del docente
somasco Stefano Cosmi. L'intento non era quello di impartire aride lezioni scolastiche, ma di rielaborare e rilanciare messaggi ideologici e modelli etico-politici. Alla base stava l'insegnamento del latino, seguito da storia sacra, civile e naturale. Per quanto riguarda la filosofia naturale e la retorica suggeriva di seguire i testi di Aristotele e Cicerone. In generale Cosmi promuoveva un'attenzione più profonda da riservare allo studio dei testi e alla loro comprensione. BARZASI, Patriziato e studi a Venezia nella seconda metà del Seicento: alla
scuola dei Somaschi, cit., p. 37 ss.
268 Un sistema simile veniva proposto anche nelle scuole veneziane gestite dall'ordine: nel 1632 il patriarca Conter stabiliva che gli allievi del seminario patriarcale potevano accedervi solo se avessero avuto meno di 9 anni, e non più di 14, fossero stati di nascita legittima ed attenti e disposti a seguire le regole scolastiche, ASV, Procuratori di San Marco de supra, b. 155, fasc. 5. Anche a Venezia, come per il modello salodiano, accanto ai seminari sorsero dei convitti per ospitare gli studenti. Ivi.
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Cappuccini, con la quale dichiarava di voler togliere ai Somaschi delle libertà di gestione dell'istituto e affidare unicamente alla Congregazione le selezioni per l'organico e la sorveglianza sulla scuola269.
Il Seminario fu poi direttamente trasferito presso la sede della Carità Laicale, nell'edificio situato nella contrada Carità Vecchia. Era il 6 marzo 1603 e gli studenti frequentanti risultavano sei, ma per accrescere le finanze dell'istituto il conte, ormai già padre cappuccino Giovanni Francesco, concesse che, oltre che dai chierici, il Seminario potesse essere frequentato da altri dieci giovani.
I requisiti per accedervi rimasero gli stessi: che i candidati fossero nativi e abitanti del contado di Lodrone e che fossero disponibili ad ccettare l'obbligo di restare in Seminario fino al sacerdozio, cioè almeno sei anni270, ma se prima la selezione avveniva solo per scelta del fondatore, ora era necessario superare un concorso. Una volta terminati gli studi ginnasiali la Carità Laicale si impegnava al loro mantenimento presso i Seminari di Brescia o Trento, per concludere gli ultimi anni di studio271.
Dopo quattro anni però, nel 1608, le difficoltà di gestione dell'istituto portarono la Congregazione a riprendere i contatti con l'Ordine Somasco272. Veniva così a ripristinarsi un legame destinato a durare molti decenni, fino a che la comunità somasca non lasciò il Garda.
Nel 1624 fu possibile cambiare sede: fin dall'arrivo dei Padri a Salò, il conte si era adoperato per acquistare un stabile che sarebbe diventato la loro sede ufficiale, insieme a quella del Seminario e delle altre scuole. Il terreno designato fu quello della tenuta della famiglia Traccagni273 ( img. 10).
269 AMG., Car. Luo., Sal. 360, del 2-4-1602. Pochi mesi dopo, il Conte diede le dimissioni affidando l'incarico di reggere alla Compagnia al Rev.do Gabriele Brighi, prima di lasciare però, fece una donazione che avrebbe permesso alla Compagnia di trarne 1000 ducati annui d'entrata da investire nella scuola e nel seminario dei chierici e per far acquisto di fabbriche per servizio di dette scuole. Cfr. BONOMINI, La Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., pp. 178.
270 Alla base dell'organizzazione del Seminario erano norme statutarie molto rigide, severità degli insegnanti e durezza dei corsi, da qui si può comprendere il frequente abbandono degli studi.
271 AIMO, La chiesa e il collegio di Santa Giustina in Salò, cit., p. 49. Sappiamo, dai documento conservati nell'archivio parrocchiale di Salò, che l'istituto fu sempre molto frequentato, fatta eccezione per gli anni del dominio napoleonico.
272 A.O.S., Lib. II Ord., General Consiglio del 15-1-1608, c. 21, recto; 18-1-1608, c. 22, recto. Cfr. BONOMINI, La Pia Congregazione della Carità Laicale, cit., pp. 181. 273 AIMO, La chiesa e il collegio di Santa Giustina in Salò., cit. p. 12.
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Essendosi accaparrato il conte le spese per la costruzione del convento, il Comune poté finanziare parte di quelle per la costruzione della chiesa274. Dalla delibera del Consiglio comunale di Salò del 22 dicembre 1587 sappiamo che si decise di dedicarla a S. Giustina:
« gli è parso proponere la beatissima vergine e martire Giustina, festa di particolare devotione e solennità di questa Serenissima Repubblica Veneziana, anci di tutta la cristianità, nel qual giorno, l'anno 1571, il Signor Dio, per intercessione di questa gloriosissima vergine e martire Giustina, fece ottenere vittoria alla christiana lega contro il tiranno et crudel nemico turco. […] sia dato a detti padri di intitolar essa chiesa sotto il nome di detta gloriosa vergine martire Santa Giustina, la cui festa si celebra alli 7 ottobre. La chiesa della quale, eretta che sia, si visiterà particolarmente con la processione solenne che si fa quel giorno, con quelli riti che da superiori saranno ordinati»275.
Per quanto riguarda gli altri edifici che andarono a creare il complesso di Santa Giustina, possiamo trarre informazioni dalla testimonianza di Luigi Mascilli Migliorini che elenca le note stese dai Padri somaschi, in data 1° gennaio 1650, in risposta alle informazioni richieste da papa Innocenzo X nell'ambito dell'inchiesta sui religiosi regolari in Italia:
« La chiesa [è] di grandezza mediocre con altar maggiore e due cappelle per parte, sacrestia, campanile, et il monastero è di struttura moderna, esposto a mezzogiorno,