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Z. M orfologia della fiaba

OLIVETTI PRAXIS

M. Z. M orfologia della fiaba

Vl a d i m i r Ja. Pr o p p, Morfologia della fiaba (Con un intervento di

Cl a u d e Lé v i- St r a u s s e una replica dell’Autore), a cura di Gian Luigi Bravo, Einaudi, Torino, 1966, pp.

K-232.

L’edizione originale di quest’opera risale al 1928. Bisogna avvertire su­ bito che il metodo di analisi usato dall’autore, quando il libro fu pub­ blicato, era completamente nuovo e solo oggi esso trova dei paralleli, con lo sviluppo della linguistica e della analisi antropologica strutturalistica.

Questo libro, dunque, come avverte l’autore nel cap. I, è una stesura, a favore di lettori non unicamente specialisti, di una indagine sistematica che l’A. stesso era andato svolgendo per diversi anni sugli intrecci di un tipo di fiabe presenti nelle raccolte russe.

Partendo dalla preoccupazione di fornire uno strumento di analisi com­ plessivo della fiaba, l’autore ha esa­ minato e comparato un materiale molto vasto, avendo prima di sè, in una letteratura sulla fiaba piuttosto ricca, lavori che esaminavano soltanto degli aspetti di essa, o quello stili­ stico, o quello psicologico o altri. Quei lavori, osserva l’autore, stabili­ vano, oltre a tutto, delle categorie di classificazione delle fiabe a priori rispetto all’esame delle fiabe stesse; onde poi davano classificazioni del tutto alogiche, dove accanto ad una categoria che prendeva spunto dal carattere del personaggio, per esem­ pio, se ne trovavano altre che aveva­ no il loro motivo nell’inizio o nel finale moralistico della fiaba stessa.

Un altro difetto sostanziale degli studi che lo precedevano è, osserva l’autore, il fatto che mai si teneva presente — cosa che oggi a noi sem­ bra ovvia — come due o tre favole in realtà fossero una soltanto anche se in essi gli aspetti dei personaggi cambiano. L’interesse, quindi, del­ l’autore si determinava verso uno studio morfologico (come si fa nello studio, per esempio, del mondo vege­ tale) delle fiabe, di esaminarle quindi secondo le funzioni in esse assunte dai vari personaggi. « Così —- dice l’autore, spiegando la genesi del suo

studio — frutto dell’analisi del ma­ teriale e non di una astrazione, ebbe origine un semplicissimo metodo di studio della favola fondata sulle azio­ ni che in essa compiono i personaggi, indipendentemente dal loro aspetto; per indicare queste azioni indicai il termine di ’’ funzioni” ».

Lo studio svolto dal Propp è an­ dato molto più oltre di questa istan­ za originaria, dando un metodo si­ stematico per l’esame delle strutture delle fiabe. Questo fatto spiega anche la storia particolare che quest’opera ha avuto. Dopo la sua pubblicazione, essa è rimasta praticamente sconosciu­ ta fino a dopo la seconda guerra mondiale; quando gli sviluppi so­ prattutto dello strutturalismo in lin­ guistica e l’applicazione di questo metodo alle scienze antropologiche, ha portato ad una riscoperta (per al­ cuni utilizzabile per altri soltanto po­ lemica) di quest’opera-.

La traduzione italiana si può con­ siderare anche una nuova edizione; giacché, inserito dall’editore in appen­ dice un saggio di Claude Lévi-Strauss in proposito (La struttura e la forma. Riflessioni su un’opera di Vladimir Ja. Propp), riporta una risposta dello stesso Propp, che, fuori di polemica, può presentare un interesse scienti­ fico generale.

M. Z.

Problem i della scuola

Sc u o l a d i Ba r b i a n a, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fio­ rentina, Firenze, 1967, pp. 162.

Don Lorenzo Milani, parroco a Vic- chio Mugello (Firenze), è tornato re­ centemente alla cronaca: purtroppo un male incurabile l’ha stroncato a soli quarantaquattro anni. Poche set­ timane prima era stato pubblicato il libro Lettera a una professoressa, scritto da un gruppo di ragazzi sotto la sua direzione, che pertanto può essere considerato il suo testamento spirituale. Si tratta di una vivace critica della scuola italiana, così co­ me oggi è impostata ed attuata.

Per meglio comprenderne il valore, è utile ripensare ai fatti più signifi­ cativi della vita di questo coraggioso sacerdote. Ebreo di nascita, Don Lo­ renzo Milani entrò in seminario nel 1942, dopo aver frequentato per due anni la facoltà di architettura. Con­ sacrato sacerdote, divenne parroco di San Donato, piccolo borgo in pro­ vincia di Prato. L’impegno non co­ mune con cui si dedicò a questa missione è testimoniato anche dal volume Esperienze pastorali, pubbli­ cato nel 1957, che riporta appunto la sua esperienza di parroco in que­ sto paese.

In queste pagine Don Milani pun­ tualizzava alcuni giustificati motivi di distacco dalla Chiesa e criticava apertamente certe forme superficiali ed ipocrite di cristianesimo. In un pe­ riodo in cui si gridava da molti pul­ piti allo scandalo costituito dal comu­ niSmo e dai suoi sostenitori, egli vol­ le additare il più grave scandalo dei numerosi cristiani che perseguono fini esclusivamente materialistici.

Le aspre polemiche suscitate da questa pubblicazione provocarono il trasferimento di Don Milani a

chic», uno sperduto paesino del Mu­ gello, dove rimase fino alla morte. Quando vi giunse trovò che lo Stato offriva ai ragazzi del luogo una scuola di seconda categoria (cinque classi in un’aula sola) e soltanto quel­ la elementare. Decise allora di dedi­ carsi all’insegnamento perché quei ra­ gazzi che desideravano proseguire gli studi e non potevano trasferirsi in un centro maggiore ne avessero la pos­ sibilità. La scuola da lui aperta, la scuola di Barbiana, sembra uscita dalle speculazioni di un pedagogo utopista; non vi sono orari e non vi sono praticamente vacanze, si stu­ dia tutti attorno ad un grande tavolo che serve anche per il pranzo, si leg­ gono regolarmente i quotidiani, si preferiscono ad Omero i contratti di lavoro e la Costituzione. L’anti­ conformismo di questi metodi non è solo una forma esteriore: la scuola è vita a Barbiana, il meno dotato riceve le maggiori attenzioni del maestro e dei compagni, i più grandi insegnano ai più piccini, il maestro è sempre tra i suoi allievi e conduce una vita in comune con loro.

Pur essendo immerso in questo mondo umile e in una esperienza così particolare Don Milani non è mai rimasto estraneo ai più urgenti problemi della nostra società. Quan­ do, due anni fa, alcuni cappellani militari emisero un comunicato in cui si definiva estranea al comanda­ mento cristiano ed « espressione di viltà » l ’obiezione di coscienza egli inviò loro una lettera aperta. Né le autorità religiose, né quelle civili avevano reagito, ma egli rivolse pa­ role di fuoco ai cappellani: « se voi

avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho pa­ tria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati ed oppressi da un lato e privilegiati ed oppresso­ ri dall’altro... E se voi avete il dirit­ to, senza essere richiamati dalla Cu­ ria, di insegnare che italiani e stra­ nieri possono lecitamente, anzi eroica­ mente, squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combat­ tere i ricchi... ».

Questa coraggiosa difesa costò a Don Milani l’imputazione per apo­ logia di reato da cui fu assolto al processo di primo grado: al momento della sua morte era in corso il pro­ cesso d’appello.

La Lettera a una professoressa, dunque, è scritta da un gruppetto di suoi allievi: il risultato è un li­ bretto vivacissimo e fresco che si leg­ ge tutto di un fiato. Si prende lo spunto dalla vicenda di uno dei ra­ gazzi in particolare, uno che sentiva la vocazione del maestro, che aveva studiato con don Milani per presen­ tarsi agli esami dell’istituto magistra­ le ed era stato ripetutamente boccia­ to. Questo episodio è commentato dai ragazzi con una serie di osserva­ zioni, riflessioni e proposte.

I ragazzi di Don Milani prendono in esame la scuola dell’obbligo. Que­ sta scuola, essi affermano, non può bocciare, perché sarebbe allora una scuola classista, un’istituzione che fa­ vorisce una categoria di cittadini, i figli delle classi agiate, mentre rele­ ga nell’ignoranza i figli degli operai e dei contadini. Statistiche alla ma­

no, si dimostra infatti che sono sem­ pre i figli dei poveri a restare indie­ tro, i ragazzi cioè che provengono da un ambiente familiare che non può aiutarli nello studio e che anzi spesso li ostacola. L’argomentazione è particolarmente convincente, per­ ché è impostata secondo un ricorren­ te confronto tra il generale e il par­ ticolare, tra le statistiche dell’ISTAT e il « caso di Gianni ».

In particolare, viene presa di mira la scuola media unica con i suoi pro­ fessori perché è proprio in questa sede che viene fuori maggiormente l’origine classista della struttura sco­ lastica: dalla scuola media in poi la fetta più grossa dell’istruzione pas­ sa ai figli delle classi agiate. La scuola, dunque, non fa che sanzio­ nare quelle differenze economiche e sociali che ancora sussistono nella società e fallisce nello stesso obiettivo per cui era stata istituita, quello di essere strumento di democrazia.

La critica si focalizza poi sugli in­ segnanti. Si rimprovera loro di voler essere uguali con coloro che uguali non sono e di commettere quindi la più grande delle ingiustizie proprio nel momento in cui pretendono di essere i giudici più imparziali. Anzi, si rimprovera loro di fare solo i giu­ dici e non anche gli insegnanti: a questo proposito è riportato un signi­ ficativo confronto fra le ore effettive dedicate all’insegnamento e quelle dedicate alle varie interrogazioni, esa­ mi, correzioni di compiti, ecc. Se gli insegnanti non sono tenuti ad nse- gnare, ma possono limitarsi a giudi­ care i loro allievi non dobbiamo mera­ vigliarci che non facciano nessuno

sforzo per aiutare coloro che riman­ gono indietro e boccino senza miseri­ cordia. Le autorità scolastiche, preoc­ cupate dalla grande percentuale dei bocciati nelle scuole italiane, hanno effettuato ultimamente notevoli pres­ sioni sugli insegnanti perché limitino le stragi annuali. Ma non è certa­ mente sufficiente una circolare a cambiare il sistema. I ragazzi di Don Milani se ne rendono conto quando paragonano la scuola ad un ospedale che scaccia i malati per tenere i sani. Osservano inoltre: « Al tornitore non si permetterebbe di consegnare solo i pezzi che son riusciti. Altrimenti non farebbe nulla per farli riuscire bene. Voi invece sapete di poter scar­ tare i pezzi a vostro piacimento. Perciò vi contentate di controllare quello che riesce da sé per altre cause ».

Evidentemente la maggioranza de­ gli insegnanti non sa che cosa com­ porta questa loro identificazione con il ruolo del giudice. I bocciati sono quasi sempre figli di operai e di con­ tadini per i quali la sconfitta scola­ stica vuole dire l’abbandono defini­ tivo della scuola. Si tratta spesso di ragazzi che hanno già ripetuto qual­ che classe alle elementari e avendo ormai raggiunto e superato il quat­ tordicèsimo anno, hanno via libera per andare a lavorare. La bocciatura serve a far decidere i genitori, che, date le ristrettezze economiche, non vedono l’ora di poter contare anche sulla busta paga dei loro ragazzi, i quali, fra l’altro, trovano spesso la­ voro più facilmente dei loro padri. I ragazzi d ’altra parte, non sono in grado da soli di resistere alla tenta­

zione di concludere un’esperienza scolastica troppo spesso frustrante. I figli dei ricchi sfuggono a questa sorte, per loro ci sono le ripetizioni private, e alla fine la spuntano. Gli allievi di Don Milani sono giusta­ mente scandalizzati da questa situa­ zione: « Coll’orario che fate la scuo­ la è guerra ai poveri. Se lo Stato non può imporvi aumenti di orario non può fare scuola ». Effettivamen­ te sembra loro un privilegio assai strano quello per cui gli insegnanti sono tenuti ad effettuare un terzo circa delle ore di lavoro dei loro colleghi statali, per non parlare degù altri lavoratori. Si tratta di un privi­ legio che danneggia gli interessi di tutti gli scolari, ma in particolare di quelli che non hanno poi il denaro per pagarsi quelle ripetizioni private che gli stessi insegnanti offrono al di fuori della scuola.

Tra le proposte, che i giovani di Barbiana formulano, dunque, quel­ la del pieno tempo per gli insegnanti è senza dubbio la più importante; in fondo, osservano maliziosamente, non si sono sempre lamentati i pro­ fessori di non avere tempo sufficiente per insegnare e di non farcela a fi­ nire il programma? Questa proposta è naturalmente strettamente connessa all’altra, quella di riorganizzare le strutture decrepite e i metodi ana­ cronistici della scuola affinché di­ venga effettivamente una istituzione al servizio degli scolari.

Vi sono, ovviamente, nel libro alcu­ ne prese di posizione e altre propo­ ste (come quella del celibato per gli insegnanti), che possono lasciarci per­

plessi, ma che hanno il pregio di puntualizzare i problemi più vivi.

Una diagnosi così acuta della scuo­ la malata, infatti, può sorprendere, soprattutto se si pensa che non è frutto delle meditazioni di noti peda­ gogisti o politici illuminati, ma di un parroco di campagna e dei suoi allie­ vi. D’altra parte è importante notare a chi questi ragazzi hanno dedicato il libro: ai genitori perché si organiz­ zino, non agli insegnanti, non al mondo della scuola, cioè. Si sono rivolti ai genitori perché intuiscono che sono i soli veramente interessati a che le cose cambino, a realizzare veramente quella scuola per tutti che significa per i loro figli emancipazio­ ne dalla schiavitù dell’ignoranza, pre­ liminare ad ogni altra emancipazione.

M. P. M.

Co m i t a t o d i s t u d i o d e i p r o b l e m i

D E L L A S C U O L A E D E L L ' U N I V E R S I

-t à i t a l i a n a, Libro bianco sulla scuola materna. Testi e documen­ ti dagli atti parlamentari, « Il Mu­ lino», Bologna, 1966, pp. 393.

Il 9 dicembre 1965 si apre alla Camera dei Deputati la discussione del Disegno di legge n. 1897 relativo alla « Istituzione di Scuole Materne Statali ». Il 19 gennaio 1966, conclu­ sa la discussione generale, si passa al voto sui singoli articoli; in due giorni tutti gli articoli vengono approvati, nella votazione finale a scrutinio se­ greto il Disegno di Legge viene cla­ morosamente respinto. Il giorno do­ po il/secondo Governo Moro di cen­ tro-sinistra si dimette.

Questo libro, pubblicato per ini­ ziativa del Comitato di Studio dei Problemi della Scuola e dell’Univer­ sità Italiana dell’Istituto di Ricerche « Carlo Cattaneo » di Bologna, è sta­ to preparato, come afferma Luigi Pe- drazzi nella introduzione, « per quan­ ti desiderano conoscere al di là delle cronache dei quotidiani, limitate ai giorni più drammatici, le vicende e il significato della legge sulla scuola materna statale ».

La storia nasce nel settembre del 1958 con il governo Fanfani costitui­ tosi dopo le elezioni del 25 maggio, e arriva fino al secondo Governo Moro di centro-sinistra formatosi do­ po le elezioni del 28 aprile 1963.

Il volume raccoglie in ordine cro­ nologico tutti i documenti fondamen­ tali per la comprensione di questa storia: disegni di legge, relazioni, resoconti delle discussioni in aula. In­ appendice inoltre vengono riportati alcuni articoli di commento, apparsi sui principali quotidiani italiani nei giorni 19 e 20 gennaio 1966.

Ogni capitolo è preceduto da un breve corsivo che ricorda le circo­ stanze politiche generali che accompa­ gnarono le varie fasi del processo legislativo di cui si riporta la docu­ mentazione essenziale.

La raccolta dei documenti è distin­ ta in tre parti corrispondenti a tre fasi delle vicende legislative relative alla scuola materna.

La prima fase riguarda « La scuo­ la materna tra piano decennale e pia­ no triennale », la seconda « La scuo­ la materna tra la Commissione di indagine e le linee direttive del pia­ no di sviluppo della scuola », l’ulti­

ma è dedicata al « Disegno di legge relativo all’istituzione della scuola materna statale ».

La storia ha inizio con la presenta­ zione, nel 1958 da parte del Governo Fanfani, del disegno di legge (n. 129) dal titolo « Piano di sviluppo della scuola dal 1959 al 1969 ». Il piano, terminato l’esame presso la compe­ tente Commissione, il 7 ottobre af­ fronta la prima delle 18 giornate di discussione che si svolgono in aula. La prima parte del libro riporta il testo integrale della relazione del Se­ natore Zoli, Presidente della Commis­ sione Istruzione, e il resoconto ste­ nografico di alcune sedute della di­ scussione in aula.

Il Piano passò poi all’esame della Camera, i lavori in Commissione si conclusero nel maggio con la pre­ sentazione delle relazioni Ermini e Codignola, rispettivamente per la maggioranza e la minoranza, delle quali sono pubblicate soltanto le par­ ti riguardanti la scuola materna.

Intanto le condizioni politiche an­ davano mutando: alla crisi del Go­ verno Segni del febbraio 1960 se­ gui la gravissima crisi di luglio con il Governo Tambroni e quindi, nel febbraio 1962, la costituzione del primo governo di centro-sinistra.

Il Piano decennale si trasformò in un piano triennale che conteneva una soluzione di compromesso in materia di scuole materne. Nel libro si possono leggere gli interventi più significativi della discussione alla Camera e al Senato dello stralcio triennale del piano di sviluppo della scuola.

Il piano triennale, rapidamente ap­ provato, era il risultato di un accor­ do politico che comprendeva, oltre all’istituzione della scuola materna statale, la nomina di una speciale Commissione di indagine che avrebbe dovuto preparare il nuovo piano del­ la scuola per il periodo successivo al 1965. Nell’ottobre 1962 la Commis­ sione di indagine, presieduta dall’on. Ermini, iniziò i propri lavori e il 24 luglio 1963 presentò la relazione al Ministro della Pubblica Istruzio­ ne Gui.

La seconda parte del libro comin­ cia con la pubblicazione delle parti della suddetta Relazione dedicate al­ la preparazione delle insegnanti di scuola materna e al problema della scuola materna in generale. Il volu­ me riporta inoltre le parti relative alla situazione, valutazioni, proposte relative alla scuola materna dalla « Relazione sullo stato della pubblica istruzione » presentato in Parlamento dal Ministro Gui il 31 marzo 1964, nonché il primo capitolo, dedicato interamente alla scuola materna, dal­ le « Linee direttive per un nuovo piano della scuola » presentate ca Gui il 30 settembre 1964.

La terza parte del libro, la più voluminosa, si apre con il testo in­ tegrale del disegno di legge n. 1897 relativo alla « Istituzione di scuole materne statali », presentato il 1° di­ cembre 1964 alla Camera dal Mini­ stro Gui. I lavori in Commissione si protrassero per quasi un anno; il 3 dicembre la Commissione affida­ va agli onorevoli Rampa e Sciotti, rispettivamente per la maggioranza e la minoranza, il mandato di illu­

strare in aula il disegno di legge e le conclusioni della Commissione. Il volume riporta integralmente le due lunghe e documentate relazioni.

Il 9 dicembre 1965, come abbiamo ricordato, inizia la discussione in au­ la del disegno di legge 1897, il di­ battito si conclude il 19 gennaio 1966. Della drammatica seduta del 20 gennaio sono pubblicate le dichia­ razioni di voto rese per conto dei vari gruppi (o a titolo personale) dopo l’approvazione dei singoli arti­ coli e prima del voto finale a sor­ presa.

Il volume si chiude con il testo dell’ultima versione del disegno di legge istitutivo della scuola materna statale e con l’appendice della rasse­ gna della stampa di cui si è accen­ nato.

O.M.