UNIVERSITA’ DI PISA
Dipartimento di Giurisprudenza
Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza
LA LIBERAZIONE ANTICIPATA.
Tra incentivo alla partecipazione all’opera di rieducazione e
tentativo di risolvere il sovraffollamento carcerario
Il Candidato
Il Relatore
Gaia Menconi
Chiar.mo Prof. L. Bresciani
ANNO ACCADEMICO 2012/2013
“Non fatemi vedere i
vostri palazzi, ma le
vostre carceri, poiché è
grado di civiltà di una
nazione”
Voltaire
Indice
INTRODUZIONE
CAPITOLO I
La genesi e gli sviluppi successivi
1. Dall’origine alla prima riforma organica 10 2. Liberazione anticipata ed ergastolo: la Corte si pronuncia 15 3. La modifica ad opera della l. 663/1986: il tentativo di rafforzare la concezione atomistica dell’istituto 18 4. L’ulteriore modifica dell’istituto: l’attribuzione della competenza a decidere al magistrato di sorveglianza 24 5. La disciplina regolamentare 34
6. La conversione in legge del D.L. 146/2013 : cenni 37
CAPITOLO II
Analisi della fattispecie
1. Ratio e natura dell’istituto 42 1.1 La liberazione anticipata come mezzo del trattamento e non come misura
alternativa alla detenzione 46 2. La privazione della libertà personale valutabile ai fini dell’art.54 O.P. 50
3. Il semestre di pena scontata: unità di misura per la riduzione di pena 60 4. La partecipazione all’opera di rieducazione: conditio sine qua non per la concessione del beneficio 74 5. Trattamento e riduzione di pena in regimi penitenziari differenziati 82 6. Dinamiche riguardanti la partecipazione all’opera di rieducazione nell’ipotesi di detenzione extramoenia in generale, e di affidamento in prova al servizio sociale in particolare 93
CAPITOLO III
Profili processuali
1. L’attribuzione della competenza al magistrato di sorveglianza 102
2. I soggetti legittimati all’azione 111 3. Oggetto e modalità di assunzione della prova relativa alla partecipazione
all’opera rieducativa 119 4. Decisione 128 5. Profili patologici: la revoca della misura 135
CAPITOLO IV
Il tentativo di risolvere i problemi legati al sovraffollamento
carcerario
1. La Corte EDU condanna l’Italia 145 2. Struttura e finalità della legge 21 febbraio 2014 n.10 151 3. La liberazione anticipata speciale 154 4. L’esclusione per i condannati ex art. 4 bis O.P. 159
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Introduzione.
Il presente elaborato si pone lo scopo di analizzare l’istituto della liberazione anticipata, disciplinato dall’art. 54 O.P., evidenziandone l’evoluzione normativa e giurisprudenziale. In particolare, fin dalla nascita dell’istituto, si sono prospettate due chiavi di lettura differenti, che hanno potuto convivere fino alla prima riforma organica ad opera della Legge Gozzini, n. 663/1986. Pur basandosi sulla identica premessa di attribuire alla riduzione di pena una valenza spiccatamente premiale, dottrina e giurisprudenza di merito da un lato, e giurisprudenza di legittimità dall’altro, hanno infatti dato una interpretazione diversa con riguardo alla natura e al contenuto del presupposto per la concessione della stessa.
I primi approdavano ad una concezione atomistica, basandosi su tre premesse di fondo: la valenza disciplinare della liberazione anticipata, causa ed effetto della partecipazione all’opera di rieducazione da parte del condannato, in una visione legata al binomio punizioni-ricompense; l’esigenza di valutare il comportamento del soggetto in base a dati fattuali, rinunciando a richiedere l’intervenuta emenda del reo; una valutazione frazionata dei semestri, posti come unità di misura minima affinché potesse intervenire un minimo di osservazione e trattamento, per dar modo all’interessato di partecipare alle opportunità concessegli. La corte di cassazione, invece, appoggiava pienamente la concezione unitaria della liberazione anticipata, ritenendo essa un beneficio finale, concesso quando il soggetto avesse conseguito il
reinserimento nella società civile, dimostrando di essere stato effettivamente rieducato ed emendato; una prospettazione del genere, poi portava a ritenere che la valutazione dei semestri dovesse essere operata globalmente, in quanto: <<il trattamento individualizzato, introdotto dal nuovo ordinamento
penitenziario, costituisce uno strumento di rieducazione finalizzato al reinserimento del reo nella società. Esso costituisce un unicum inscindibile ed è pertanto necessario guardare ai risultati globali dello stesso per la concessione dei benefici e delle misure alternative istituiti dall’ordinamento medesimo>>( Cass. Sez I, 5 aprile 1977). L’orientamento della Corte
suprema, peraltro, rispondeva ad una scelta precisa, ovverosia quella di evitare che la partecipazione all’opera rieducativa si trasfigurasse in un premio indulgenziale per la buona condotta.
La riforma Gozzini, ha avuto il merito di mettere un punto fermo, adottando tutti i crismi affinché si propendesse per la concezione atomistica, in linea con le intenzioni del legislatore del 1975.
L’istituto in esame, è stato successivamente oggetto di riforma nei primi anni duemila, quando l’irrimediabile carico dei tribunali di sorveglianza, ha messo in pericolo la tenuta costituzionale del sistema. Per questi motivi, il legislatore ha, con la legge 277/2002, spostato la competenza in materia di liberazione anticipata al magistrato di sorveglianza, il quale, da quel momento in poi, deciderà adottando la procedura de plano. La Corte costituzionale ha scongiurato l’illegittimità di un simile procedimento istaurato senza un benchè
minimo contradditorio tra le parti, operando un bilanciamento tra detto principio e quello di economia processuale, facendo, almeno in prima battuta far prevalere il secondo, stante la possibilità di recuperare il piano dialettico in sede di reclamo. Nel periodo intercorrente tra le due riforme, ampliamenti applicativi sono stati fatti dai giudici costituzionali, si pensi, in particolare, alla sentenza n. 274/1983, in cui si è data la possibilità di usufruire della liberazione anticipata ai soggetti condannati all’ergastolo; alla sentenza n. 185/1985, in tema di computabilità del periodo trascorso in affidamento in prova al servizio sociale; ancora, alla sentenza n. 186/1995, che ha ritenuto costituzionalmente incompatibile la revoca automatica della liberazione anticipata.
Da ultimo, la liberazione anticipata è stata utilizzata come mezzo per risolvere il sovraffollamento carcerario: il governo italiano, per evitare la condanna da parte della Corte europea, ha a disposizione un anno per prendere provvedimenti risolutivi, che scadrà il 28 maggio 2014. I nostri governatori hanno pensato di manipolare la riduzione di pena, ritoccando l’art. 656 c.p.p., e introducendo la liberazione anticipata speciale, una misura straordinaria e temporanea. Con il primo intervento, ad opera del d.l. 78/2013, convertito in l. 94/2013, si è data la possibilità di anticipare l’applicazione dell’art. 54 O.P. al momento di emissione dell’ordine di esecuzione; l’intento è quello di evitare ogni contatto con il carcere a coloro che, per effetto di una successiva pronuncia da parte del magistrato di sorveglianza, sarebbero poi scarcerati in
tempi brevi. Con il d.l. 146/2013, nel tentativo in extremis di salvare l’Italia dalla condanna, si è voluto aumentare i giorni detraibili ogni semestre, per un totale di otto mesi l’anno, retrocedendo la previsione al 1° gennaio 2010, punto di coincidenza con la dichiarazione dello stato di emergenza. Peraltro, fuorescono dall’ambito di applicazione delle misure summentovate, i soliti soggetti condannati ai sensi dell’art 4 bis O.P., ai quali rimarrà solo la possibilità di usufruire degli ordinari 45 giorni. La scelta di eliminare la possibilità per questa particolare categoria condannati, di usufruire dei 75 giorni di liberazione anticipata speciale, è stata presa in sede di conversione dalla camera del decreto legge, non ritendo, evidentemente, il presupposto rafforzato del “concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità”, all’altezza del particolare allarme sociale che questi provocano attualmente. Un simile retrofront, pone non pochi problemi di legittimità costituzionale, sotto il profilo della parità di trattamento, nonché di coordinamento temporale. Comunque, secondo le stime ministeriali, l’applicazione di queste innovazioni, alleggerirà le carceri da circa 7000 detenuti in meno. Basterà?
CAPITOLO I
La genesi e gli sviluppi successivi
1. Dall’origine alla prima riforma organica
Una prospettazione primordiale dell’istituto della liberazione anticipata si ritrova in una normativa dello stato del Tennessee datata 1836, che dava al Governatore il potere di attribuire due giorni di condono per ogni mese di buona condotta del condannato; una previsione dalla quale presero avvio provvedimenti nel riformatorio di Elmira dapprima, e in altri stati dell’Unione poi, che consentivano il condono, sotto forma di liberazione condizionale, del residuo di pena ancora da scontare quando si fosse raggiunto il ravvedimento del detenuto1.
In Italia, i primi riferimenti all’istituto della liberazione anticipata si ritrovano in un disegno di legge governativo denominato<<Ordinamento penitenziario
e prevenzione della delinquenza minorile>>2, che disciplinava la misura all’art. 123, in termini sostanzialmente identici a quanto previsto dall’art. 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354.
Nella sua formulazione originaria, l’istituto prevedeva la possibilità di concedere al detenuto che avesse dato prova di partecipare all’opera di
1 Cfr. PEYRON, voce, Liberazione condizionale, in Enciclopedia del diritto, XXIV, 1974, pag. 224. 2 Il disegno di legge fu approvato dal consiglio dei ministri in data 14 dicembre 1965, su proposta
dell’On. Oronzo Reale, e venne presentato al Senato nel gennaio successivo. Della liberazione anticipata se ne occupava l’art. 123; In Rassegna studi penitenziari, 1966, fasc. sp. II, pag. 7.
rieducazione una riduzione di giorni 20 per ogni semestre di pena scontata, nell’ottica di un suo più efficace reinserimento nella società3.
La competenza veniva attribuita alla sezione di sorveglianza – che al tempo non era dotata di luce propria, ma rappresentava una delle tante sezioni del tribunale4-, la quale decideva con ordinanza da comunicare, a cura della cancelleria, all’ufficio del p.m., presso la corte d’Appello o il tribunale, o del pretore che avesse messo l’ordine di esecuzione e all’Autorità di pubblica sicurezza.
L’effetto premiale veniva peraltro esteso da un particolare disposizione in base alla quale era consentito che la quantità di pena ridotta fosse valutata, come pena scontata, nel computo di quella richiesta per l’ammissione alla liberazione condizionale.5
La norma in esame estendeva alla liberazione anticipata le cause di esclusione, previste per l’ammissione dell’affidamento in prova al servizio sociale, nei confronti del recidivo per delitto della stessa indole e del condannato per i delitti di rapina, rapina aggravata, estorsione, estorsione aggravata, sequestro
3 Così recitava l’art. 54 <<al condannato a pena detentiva che abbia dato prova di partecipazione
all’opera di rieducazione può essere concessa, ai fini del suo più efficace reinserimento nella società, una riduzione di pena di venti giorni per ciascun semestre di pena detentiva scontata. La concessione del beneficio è comunicata all’ufficio del pubblico ministero presso la corte d’appello o il tribunale che ha emesso il provvedimento di esecuzione o al pretore se tale provvedimento è stato da lui emesso. La condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio ne comporta la revoca. Nel computo della quantità di pena scontata per l’ammissione alla liberazione condizionale la parte di pena detratta ai sensi del presente articolo si considera come scontata. La concessione della liberazione anticipata non è ammessa nei casi di cui al secondo comma dell’art. 47>>.
4 Il fatto che non esistesse ancora un tribunale di sorveglianza, ma solo una sezione, dimostra lo
scarso interesse che ricopriva la fase dell’esecuzione, incentrata sulla persona più che sul reato, nell’ ambito dell’iter processual-‐penale.
di persona a scopo di rapina o di estorsione. Previsione, quest’ultima, non presente nel disegno di legge approvato al Senato il 18 dicembre 1973, introdotta alla Camera, con finalità di prevenzione dalla criminalità comune e politica, specularmente a quanto previsto per l’affidamento in prova e la semilibertà, che suscitò sin da subito polemiche in ordine alla irragionevolezza di un limite all’ammissibilità di misure alternative in ragione del tipo di reato commesso, giacché il fulcro attorno al quale ruota l’esecuzione non è più il reato, bensì il soggetto in carne ed ossa con la sua personalità.6 L’irragionevolezza della previsione fu dimostrata dalla sua breve durata grazie alla legge 12 gennaio 1977, n.17 che soppresse il divieto. A tal proposito merita ripercorrere il ragionamento intrapreso da una decisione della Corte Di Cassazione, sez. I, 30 marzo 1978, la quale stabilisce che la pronuncia negativa della Sezione di sorveglianza in seguito all’abolizione del divieto di concessione, deve essere annullata ex art. 2 c.p. per effetto della legge più favorevole; trattasi, infatti, di norma di natura sostanziale, avente ad oggetto il diritto di libertà del cittadino, pertanto applicabile con effetto retroattivo anche in procedimenti svoltisi sotto l’impero della legge anteriore meno favorevole.
Così veniva stabilita dalla suprema Corte la retroattività della norma
abrogans.8
6 Cfr. Giostra, Un limite non giustificato in tema di misure alternative, in Pol. dir., 1978, pag. 435. 7 L’art. 5 della summentovata legge recita :<<l’ ultimo comma dell’articolo 54 della legge 26 luglio
1975, n. 354, è abrogato>>.
Per quanto riguarda invece i profili patologici, la norma in esame prevedeva una specifica causa di revoca della misura, ovverosia la condanna per un delitto non colposo, commesso successivamente alla concessione del beneficio, nel corso del proseguimento dell’esecuzione.9 Con riferimento a tale disposizione, contenuta nel 3° comma art. 54 O.P., è stata sollevata questione di legittimità costituzionale rispetto agli artt. 3 e 27 co. 3° Cost. dal Tribunale di sorveglianza di Firenze con ordinanza del 15 dicembre 1995. Il giudice rimettente, in particolare, lamentava: il contrasto con l’art. 27 co. 3°, ritenendo che la revoca automatica della misura non consentisse di valutare se il soggetto, malgrado il reato commesso, rispondesse in maniera positiva all’opera rieducativa cui è finalizzata l’esecuzione della pena, danneggiando e ritardando lo sviluppo e il perseguimento del percorso rieducativo; il contrasto con l’art. 3 Cost., sottolineando la irragionevole disparità di trattamento tra i soggetti che commettono un delitto non colposo in corso di esecuzione della misura, e coloro i quali tengano quello stesso comportamento ove la decisione sull’ applicabilità della misura non sia ancora intervenuta, il che non impedirebbe la concessione del beneficio.
La suprema corte, ricordando come sin dall’entrata in vigore del codice dell’ordinamento penitenziario la più avveduta dottrina avesse stigmatizzato le gravi conseguenze cui dava luogo il rigido automatismo, ha sottolineato come, in effetti, un meccanismo di tipo meramente sanzionatorio basato sulla buona condotta del soggetto in espiazione di pena, finisse per vanificare proprio
quella funzione di impulso e stimolo ad un’ efficace collaborazione nel percorso rieducativo che costituisce l’essenza stessa dell’istituto; per queste ragioni la Corte, con sentenza 23 maggio 1995, n. 186, ha dichiarato
<< l’illegittimità costituzionale dell’ art. 54 co. 3° l. 1975, n. 354, nella parte
in cui prevede la revoca della liberazione anticipata nel caso di condanna per delitto non colposo commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio anziché stabilire che la liberazione anticipata è revocata se la condotta del soggetto, in relazione alla condanna subìta, appare incompatibile col mantenimento del beneficio.>>.10
Peraltro, con riferimento a quest’ultima pronuncia, la stessa corte ha di recente dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dello stesso co. 3° art. 54, in relazione agli articoli 3, 27 co. 3° e 112 Cost., nella parte in cui non prevede che causa di revoca possa essere, oltre alla condanna per delitto non colposo, anche l’accertamento, da parte del tribunale di sorveglianza, di un delitto perseguibile a querela, per il quale la querela non sia stata presentata. Al riguardo ha affermato come, in seguito alla sentenza n. 186 del 1995, la condanna per delitto non colposo, commesso nel corso dell’esecuzione successivamente alla concessione del beneficio, si configura, non più come condizione necessaria e sufficiente per la revoca della liberazione anticipata, ma come presupposto che legittima l’inizio del relativo procedimento.11
10 Corte Cost., 17-‐23 maggio 1995, n. 186; in www.cortecostituzionale.it. 11 Corte Cost., 28 giugno 2002, n. 300, in Giur. Cost. 2002, pag.2157.
2. Liberazione anticipata ed ergastolo: La Corte si
pronuncia
L’articolo 54 O.P., ancora nella sua formulazione originaria, è stato oggetto di un’importante pronuncia, riguardante la legittimità costituzionale della norma in relazione alla mancata estensione della possibilità di concedere la liberazione anticipata agli ergastolani ai fini della richiesta in ordine alla liberazione condizionale. La sentenza in commento è la n. 274 del 21 settembre 1983 e rappresenta un notevole passo avanti nell’ideologia carceraria i tema di ergastolo.
La Consulta si è trovata, in quell’occasione, ad affrontare due diverse questioni di legittimità costituzionale inerenti, da una parte la compatibilità dell’art. 50 e dell’art. 54 della legge 354/1975 con l’art. 27 Cost., e, dall’altra, la compatibilità in relazione all’art. 3 Cost. per il solo art. 54.
Ponendo l’attenzione ai profili riguardanti l’istituto della liberazione anticipata, la questione riguardava i dubbi di compatibilità costituzionale dell’art. 54 nella parte in cui non prevedeva la possibilità per l’ergastolano di ottenere la riduzione di pena ai fini del computo della quantità di pena così scontata ai fini della richiesta della liberazione condizionale.
Fino alla suddetta sentenza, l’interpretazione della norma aveva diviso nettamente dottrina e giurisprudenza: secondo un pressoché costante orientamento della Corte di Cassazione, l’art.54 non era riferibile alla pena dell’ergastolo, neppure al fine della riduzione del periodo richiesto per
l’accesso alla liberazione condizionale; viceversa, la dottrina, aveva ritenuto, al di là di qualunque interpretazione letterale della norma, che la riduzione di pena fosse applicabile anche all’ergastolano, seppure limitatamente alla possibilità di accedere al beneficio previsto dall’art. 176 c.p.
Il contrasto col dettato costituzionale poteva realizzarsi sotto due diversi profili: la violazione del principio di uguaglianza, ravvisabile nella irragionevole disparità di trattamento tra il condannato a pena detentiva temporanea e il condannato all’ergastolo, rispetto ai quali, se si riteneva giustificata un differenziazione sull’entità e sulla natura della sanzione, nonché sulla quantità di pena da scontare per accedere alla liberazione condizionale, non risultava motivata l’esclusione solo nei confronti dell’ergastolano dalla possibilità di ottenere la riduzione di una parte della pena da espiare ai fini della concessione della liberazione condizionale; la violazione del principio rieducativo, inteso come una delle finalità della pena ai sensi dell’art. 27 co. 3° Cost., poiché esso esprime una finalità rieducativa propria di tutte le pene, compreso, quindi, l’ergastolo.
La corte ha sottolineato come la liberazione anticipata offra e rappresenti uno stimolo alla collaborazione del condannato al trattamento rieducativo e ciò avviene proprio grazie all’incentivo premiale che permette una riduzione della pena da espiare.12
12 A ciò si aggiunge il diritto del detenuto, esplicitato nella sentenza n. 204 del 1974, a vedere
esaminata periodicamente la propria posizione al fine di verificare gli effetti del trattamento rieducativo.
Anche se non si volesse accettare la rieducazione tra gli scopi precipui della pena, l’accoglimento delle argomentazioni sollevate dai giudici a quibus, non pregiudicherebbe eccessivamente le esigenze di prevenzione generale: un’anticipazione delle possibilità di accedere alla liberazione condizionale, aiuta in fatti ad attuare la rieducazione e pertanto la risocializzazione del soggetto, incidendo molto poco in termini di svalutazione di esigenze general preventive e fornendo, in tal modo, equilibrio a tutto l’impianto del sistema sanzionatorio.
Il vaglio di costituzionalità ha consentito di mettere un punto fermo: la riduzione di pena di venti giorni per ciascun semestre di pena detentiva scontata a favore di coloro che abbiano dimostrato di partecipare all’opera rieducativa, disposta in virtù dell’art. 27 3°co., si basa sulla medesima scelta di politica criminale che ha dato vita all’istituto della liberazione condizionale; pertanto, così come ai soggetti condannati all’ergastolo si applica tale misura (in forza della l. 1634 del 1962), lo stesso deve avvenire per la riduzione di pena; << Pertanto è costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3
e 27, terzo comma, della Costituzione, l’art. 54 della l. 26 luglio 1975 n. 354, nella parte i cui non prevede la possibilità di concedere anche al condannato all’ergastolo la riduzione di pena, ai soli fini del computo della quantità di pena così detratta nella quantità scontata, richiesta per l’ammissione condizionale>>.13
A seguito di tale pronuncia di incostituzionalità, il legislatore ha provveduto a modificare l’art. 54 inserendo un periodo all’ultimo comma e prevedendo così l’applicabilità del computo di pena anche ai condannati all’ergastolo 14.
3.
La modifica ad opera della l. 663 del 1986: il tentativo di
rafforzare la concezione atomistica dell’istituto
La legge 10 ottobre 1986, n. 663(c.d. Legge Gozzini)15, ha provveduto a riformulare l’art. 54 O.P., confermandone la natura di beneficio concesso a coloro che abbiano risposto positivamente al programma trattamentale, rendendo così più efficace il loro reinserimento nella società. L’ottica squisitamente premiale della misura è sottolineata dalla specificazione che la riduzione di pena consegue proprio al riconoscimento della partecipazione del soggetto al programma rieducativo.
D'altronde, un intervento del legislatore era senz’altro auspicabile, visti i numerosi contrasti interpretativi che hanno reso l’incentivo alla rieducazione del condannato alquanto ambiguo, inibendone così le potenzialità applicative16.
Prima di scendere nello specifico, è interessante conoscere i motivi per i quali si rese necessaria una riforma e gli obiettivi che essa si proponeva; negli anni
14 L’ult. Co. Art. 54 così recita<< agli effetti del computo della misura della pena che occorre avere espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale, la parte di pena detratta ai sensi del comma 1 si considera come scontata. La presente disposizione si applica anche ai condannati all’ergastolo>>.
15 La legge prende il nome dall’onorevole Mario Gozzini che l’ha proposta e viene approvata dalla
maggioranza del parlamento, con voto contrario del MSI.
ottanta, infatti, si assiste ad un mutamento di spinta progressista nel campo della giustizia ed a una crescita dell’interesse sui diritti umani che porta alla ricerca di un nuovo rapporto carcere e territorio: la persona umana viene considerata come un patrimonio essenziale, una fonte di civiltà e, pertanto, un bene prezioso da salvaguardare.
La legge Gozzini, allora, rappresenta la volontà di aprire gli orizzonti verso il carcere, fino a quel momento visto come un luogo da denigrare, ai margini della società civile, un luogo chiuso, claustrofobico, di abbondono, senza via di uscita; rappresenta allo stesso tempo causa ed effetto del clima diverso verificatosi nelle carceri italiani negli anni settanta, periodi in cui cominciano a prendere forma i primi convegni dei detenuti con l’appoggio del ministero17; ogni convegno è stata un’ occasione di incontro tra esterno ed interno per dimostrare come il dettato costituzionale sulla rieducazione dei detenuti, poteva essere un obiettivo realmente perseguibile.
La normativa in commento ha avuto il merito di approfondire, da una parte le questioni lasciate aperte dalla l. 354 del 1975, permettendo l’ osmosi tra prigione e mondo esterno; dall’altra, di ampliare le possibilità per i condannati di usufruire di misure alternative alla detenzione18.
E’ in questo contesto che prende forma la modifica dell’art. 54 O.P..
In particolare, l’art. 18 del provvedimento citato, modifica l’originaria formulazione sotto molteplici aspetti, mirando ad ampliare cospicuamente
17 Da ricordare il convegno di Rebibbia del 1984, in concomitanza con la rappresentazione dell’
Antigone di Sofocle, in cui attori, costumisti e scenografi erano detenuti.
l’ambito di applicazione dell’istituto, al fine di consentirne una sempre maggiore utilizzazione nell’ottica di quel trattamento progressivo che tende a garantire il più efficace reinserimento nella società.
L’incremento del ricorso alla liberazione anticipata è raggiunto tramite un molteplice intervento normativo: in primis, sotto il profilo quantitativo, si aumentano i giorni di pena detraibile da venti a ben quarantacinque; a tal proposito va ricordato che vi furono diverse proposte di legge, decadute per chiusura della legislazione, tra cui uno di iniziativa governativa, che proponeva di innalzare a sessanta giorni la riduzione di pena per ogni semestre di pena scontata, come premio di una speciale partecipazione all’opera di rieducazione, sintomo anch’esso, del cambiamento di prospettiva e della nuova visione del carcere come luogo di rinascita e non di emarginazione.19 Si prevede poi, che la concessione della detrazione di pena non sia più facoltativa bensì obbligatoria, chiaramente in presenza dei requisiti previsti dal 1° comma. Gioca a favore dell’automatismo della concessione il dato letterale della norma, ovverosia l’utilizzo della dizione <<è concessa>>, in luogo di quella presente nella formulazione originaria << può essere concessa>>20;
inoltre il legislatore, spinto dalle sollecitazioni della più attenta dottrina e della Corte Costituzionale in tema di ergastolo21, introduce all’ultimo comma la possibilità, anche per i condannati ergastolani, di fruire della riduzione di pena
19 Vedi art. 39 D.D.L. recante<< Misure legislative del piano di azione per l’efficacia
dell’organizzazione giudiziaria e del sistema penitenziario>>, XIII Legislatura, disegni di legge e relazioni, atto n. 4738/senato.
20 Cfr. F.P.C. Iovino, op.cit. pag. 5.
di cui al 1° co., sia pure solo ai fini del computo di quantità di pena che occorre aver espiato per essere ammessi ai benefici dei permessi premio, della semilibertà e della liberazione condizionale22; ancora, l’abbuono è concesso sulla pena scontata, anziché sulla pena detentiva scontata, ed è stata espressamente estesa la valutazione, ai fini del premio, ai periodi di tempo trascorsi in custodia cautelare e in detenzione domiciliare; tale puntualizzazione, ha risolto un contrasto giurisprudenziale, che vedeva alcune pronunce della Corte di Cassazione applicare alla liberazione anticipata il principio generale di fungibilità della carcerazione preventiva rispetto alla pena detentiva temporanea da scontare, tenendosi così conto della detenzione sofferta in concreto23; mentre, in altre decisioni, l’ambito dei beneficiari dell’abbuono, era stato circoscritto ai soli << condannati>>24, basandosi sul fatto che, ovviamente, la partecipazione al trattamento rieducativo possa essere accertata in tanto e in quanto, il soggetto sia effettivamente condannato. Infine, la presunzione di espiazione, già prevista ai soli effetti del computo della quantità di pena da scontare per essere ammessi alla liberazione condizionale, interessa ora anche i permessi premio e la semilibertà. Fino ad allora, ed in particolare per quanto riguardava il regime della semilibertà, la giurisprudenza prevalente escludeva tale possibilità, in base al principio ermeneutico ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit (trad. “dove la legge ha
22 Relazione del senatore Gallo al disegno di legge di riforma, riprodotto in E. Fassone, T. Basile, G.
tuccillo, La riforma penitenziaria, commento teorico e pratico alla legge 663/1986, Napoli, 1987, pag. 337.
23 Cfr. ad es. Cass. 16/2/1978, in Cass.pen. 1979, pag.1334. 24 Vedi ad.es. Cass. 13/5/1983, in rass.pen.crim. 1983, pag.888.
voluto ha detto, dove non ha voluto ha taciuto”), tale per cui, se in una norma il legislatore non ha analizzato un determinato aspetto, semplicemente è perché non lo ha voluto disciplinare, ergo, l’interprete deve attenersi al testo dalla norma, evitando interpretazioni estensive.
Peraltro, per evitare difformità in sede di interpretazione, la suddetta legge, all’art.3025, ha regolato l’efficacia retroattiva della norma più favorevole, prevedendo che la riduzione di quarantacinque giorni, si applicasse anche ai semestri successivi alla data del 31 agosto 1981, nonché al semestre in corso a quella data: le detrazioni già concesse nella misura dei venti giorni, sono integrate in ragione di venticinque giorni per semestre.
In tal modo, è stato imposto un limite temporale alla retroattività dell’effetto favorevole, onde evitare la sua sovrapposizione , di fatto, con il beneficio dell’indulto, appena concesso, richiedendosi per contro, un giudizio rafforzato nel quale, con quello favorevole, già espresso in sede di concessione dei venti giorni, deve concorrere l'esame del comportamento attuale.
La legge Gozzini, ha, così, il merito di porre fine ad un vivace contrasto relativo alla valutazione delle condizioni temporali per la concessione delle riduzioni di pena.
25 Testualmente l’art.30: <<la detrazione di pena prevista dall’art.54 della legge 26 luglio 1975, n.
354, come modificato dall’art. 18 della presente legge, si applica con provvedimento del tribunale di sorveglianza anche ai semestri di pena scontata successivi alla data del 31 agosto 1981 nonché al semestre in corso a quella data, nella misura di 45 giorni, o in quella integrativa di 25 giorni nei casi in cui sono già state concesse le detrazioni di pena secondo le norme preesistenti, semprechè attualmente e con riferimento ai semestri suddetti risulti provata la partecipazione del condannato all’opera di rieducazione secondo i criteri indicati nell’art. 94 del regolamento di esecuzione della citata legge 26 luglio 1975, n. 354, approvato con decreto del presidente della repubblica 29 aprile 1976, n. 431.>>.
Da una parte, dottrina e giurisprudenza delle sezioni di sorveglianza propendevano fin da subito per la tesi atomistica, ritenendo pertanto che , ai fini della concessione del beneficio, ogni semestre di pena scontata andasse valutato autonomamente, dal momento di decorrenza dello stato di detenzione; dall’altra, la Corte di Cassazione, sosteneva la c.d. concezione unitaria, configurando l’istituto in esame non come un incentivo periodico, bensì come un corrispettivo premiale, nel timore di concedere, altrimenti, un beneficio immeritato a soggetti non ancora effettivamente emendati o rieducati.
La legge di riforma, rafforza, senza dubbio, la concezione atomistica, e questo lo si vede nel 1° comma, dove, il legislatore, nel ribadire che la riduzione di pena è concessa a chi abbia dato prova di partecipare al progetto rieducativo, aggiunge la frase <<quale riconoscimento di tale partecipazione>>, facendo chiaramente presupporre che la liberazione anticipata sia un istituto premiale che mira non tanto ad una ricompensa, quanto più ad incentivare singoli sforzi; ma lo si può notare finanche nell’ulteriore aggiunta, rispetto alla formulazione originaria, dell’aggettivo <<singolo>>, riferito ad ogni semestre di pena, che appare pertinente se serve ad evidenziare che la valutazione di meritorietà vada compiuta in rapporto a frazioni autonome di pena scontata (sarebbe invece una locuzione superflua se il riferimento al semestre equivalesse, invece, ad un mero calcolo matematico!)26.
D’altraparte, già nella formulazione originaria, non mancavano argomenti decisivi a sostegno della tesi atomistica; già dai lavori preparatori si desumeva
come l’istituto fosse stato introdotto per assolvere la specifica funzione di
incentivo premiale periodico, sul presupposto criminologico che la prospettiva
di acquisizione di più benefici a scadenze brevi fosse la più idonea a determinare un miglioramento di condotta, stante l’incapacità del delinquente medio a <<programmare la sua vita, a protrarre nel tempo un comportamento
che implichi fatica o sforzo in vista di un bene non immediato>> 27.
La propensione per l’una concezione piuttosto che per l’altra, deriva da una diversa concessione della ratio della norma.28
4. L’ulteriore modifica dell’istituto: l’attribuzione della
competenza a decidere al magistrato di sorveglianza
A distanza di quindici anni dalla legge Gozzini, l’ istituto della liberazione anticipata è stato sostanzialmente modificato dalla l. 19 dicembre 2002, n. 277, che riforma profondamente la misura, introducendo importanti novità in tema di presupposti, procedura e competenza per la concessione del beneficio in questione.
Già nella passata legislatura, era stata presentata alla camera dei deputati una proposta29, in cui veniva sottolineata l’esigenza di snellire l’iter decisionale riguardante le richieste di liberazione anticipata, alleggerendo al contempo il
27 Cfr. relazione ministeriale al d.d.l. su ordinamento penitenziario e prevenzione della delinquenza minorile, approvato dal consiglio dei ministri il 14/12/1965, in Rass. st. penit. 1966, pag. 86.
28 Vedi infra cap II, par.1.
29 La summentovata proposta di legge fu presentata alla camera dei deputati l’8 agosto 1996 dai
carico di lavoro del tribunale di sorveglianza, onde consentire a quest’ultimo risposte più celeri nell’ambito delle misure alternative. Per raggiungere questi obiettivi si proponeva da una parte di trasferire la competenza in tema di liberazione anticipata al magistrato di sorveglianza, e dall’altra di consentire a questo di decidere de plano , sottintesa, ovviamente, la possibilità di ricorso in Cassazione avverso le ordinanze da lui emesse.
Nella parte finale della stessa legislatura, la XIIa, le stesse esigenze vennero prese in considerazione in un altro disegno di legge, il quale addirittura introduceva una nuova species di liberazione anticipata, che garantisse una maxi detrazione di sessanta giorni durante il semestre, se il condannato avesse dato prova di una <<speciale partecipazione all’opera di rieducazione>>30. Accanto a questo tentativo di alleviare il sovraffollamento carcerario, si prevedevano poi, modifiche al regime processuale, quali il passaggio di competenza al magistrato di sorveglianza in ordine alla concessione del premio, lasciando però competente l’organo collegiale in materia di revoca, e prevedendola possibilità di reclamo contro la decisione presa in assenza di contradditorio, ex art.678 c.p.p.
È importante ricordare soprattutto quest’ultimo disegno di legge, in quanto rappresenta una regolamentazione anticipatrice della l. 19 dicembre 2002, n. 277, che ne riprende, per molti versi, le fila.
30 Vedi il d.d.l. recante<< misure legislative del piano d’azione per l’efficacia dell’Organizzazione giudiziaria e del sistema penitenziario>>, presentato al Senato dal Ministro della Giustizia e altri il 17
Passando alla disamina dei profili innovativi del provvedimento di riforma, per quanto riguarda l’ambito di operatività della liberazione anticipata si prevede che, ai fini della riduzione di pena ex art. 54 O.P., possano essere presi in considerazione anche i semestri di pena scontati sotto forma di affidamento in prova al servizio sociale, ai sensi dell’art. 47 co.12 bis O.P.31, chiaramente il tutto subordinato al comportamento tenuto dal condannato che abbia dato prova di un concreto recupero sociale e dal positivo evolversi della sua personalità; anche in questo caso, specularmente a quanto contenuto nell’art. 30 della legge Gozzini, si puntualizza che, con riferimento questa modalità di esecuzione alternativa, si possa beneficiare dell’abbuono con limitazione ai semestri successivi o in corso al 31 dicembre 1999. Prima dell’avvento della riforma, la giurisprudenza aveva sempre escluso la compatibilità della liberazione anticipata con l’affidamento in prova, non permettendo concessioni di riduzioni di pena relativamente al semestre in affidamento32; non di meno, in sede di lavori preparatori, l’inserimento di questa previsione, è stato fortemente criticato da alcuni parlamentari, basandosi sul fatto che, visto il carattere scarsamente afflittivo dell’affidamento, si rischierebbe di cadere in una forzatura della premialità. Anche parte della dottrina sottolinea come, quando il condannato è ammesso all’affidamento in prova al servizio sociale, cessi qualsiasi rapporto fisico con il carcere, perché, da un lato non avrebbe più senso parlare di
31 Comma inserito dall’art.3 l. 277 del 2002.
32 Cass., sez I, 24 marzo 2000, Tramontana, in Cass.pen, 2001, pag. 2792. Contra, Cass, sez I, 2
<<liberazione>>, dall’altro, la finalità alla base della riduzione di pena si sarebbe già verificata, in quanto il reiserimento, sarebbe già avvenuto; viene inoltre già soddisfatta anche l’esigenza di mettere alla prova l’attività volitiva del condannato, visto e considerato che essa è già stata valutata ai fini dell’ammissione all’affidamento in prova.33
Ad opposte conclusione perviene altra parte della dottrina, per cui, non solo l’affidamento in prova al servizio sociale comporterebbe una serie di restrizioni alla libertà personale, ma soprattutto, così come è stata ammessa la compatibilità tra liberazione anticipata e detenzione domiciliare, mancando, anche qui, un rapporto col carcere, non si vede per quale giustificato motivo non si debba accogliere con favore la disposizione in esame.34
Peraltro tale disposizione è risultata sostanzialmente inutile, con riguardo al limite massimo di pena da espiare di tre anni, per l’ammissione al beneficio dell’affidamento in prova ordinario, e assai poco incidente sull’affidamento in prova in casi particolari, il cui limite massimo di pena da espiare è di quattro anni35.
Ma, è in materia di competenza sulla concessione della riduzione di pena, che la novella ha inciso profondamente sul sistema penitenziario, attribuendo la stessa al giudice monocratico ai sensi dei novellati co. 8° art.69 O.P., e co. 1° art. 69 bis O.P. . L’art. 3 della medesima legge di riforma, precisa che
33 Cfr. Della Casa, la l.19 dicembre 2002, n. 277, in tema di liberazione anticipata: i tributi alle esigenze di economia processuale e il “nonsense” dell’affidamento in prova “riducibile”, in Cass.pen.
2003, pag. 383.
34 Per tali argomentazioni vedi G. Di Gennaro, R. Breda, G. La Greca, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Padova, 1997, pag.270 ss.
<<le istanze per la liberazione anticipata, pendenti alla data di entrata in
vigore della presente legge presso il tribunale di sorveglianza, sono di competenza del magistrato di sorveglianza>>. L’obiettivo è quello di ridurre
il carico di lavoro dei tribunali di sorveglianza che ha portato ad una paralisi, causa ed effetto dei notevoli ritardi nella trattazione dei procedimenti, contrastando con il basilare principio di buon andamento della pubblica amministrazione della giustizia che richiede tempi ragionevoli per la trattazione delle istanze proposte dagli interessati. È palese, inoltre, l’insanabile contrasto con la finalità rieducativa della pena, ex art. 27 co. 3° Cost., e con il dictat della Corte Costituzionale, la quale, con sentenza 27 giugno 1974, n. 204, precisa che l’art. 27 Cost, comporta un obbligo tassativo per il legislatore, non solo di tenere presenti le finalità rieducative della pena, ma anche di predisporre i mezzi idonei; pertanto sorge << il diritto per il
condannato a che, verificatosi le condizioni poste dalla norma di diritto sostanziale, il protrarsi della realizzazione della pretesa punitiva venga riesaminato al fine di accertare se in effetti la quantità di pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo; tale diritto deve trovare nella legge una valida e ragionevole garanzia giurisdizionale.>>.
È chiaro, a questo punto, che se il vaglio del tribunale di sorveglianza avviene in prossimità del termine di espiazione della pena, o viene addirittura pretermesso, (come stava succedendo, visto il rilevante numero di procedimenti pendenti), è di fatto vanificato il precetto costituzionale
soprattutto nella parte più evoluta in cui si sancisce il diritto ai condannati all’accesso alle articolate forme di esecuzione penale esterna. Fino ad allora, l’eccessivo sovraccarico dei tribunali di sorveglianza, ha portato addirittura, in molti casi, ad una situazione per cui nella stessa udienza fissata per la trattazione dell’istanza sulla misura alternativa, veniva trattata anche la richiesta di abbuono dei giorni ex art. 54 O.P., portando il condannato vicinissimo al fine pena, se non addirittura al raggiungimento del termine dell’esecuzione, vanificando, pertanto, la finalità stessa delle misure alternative, che hanno invece bisogno di un congruo periodo di tempo per permettere la risocializzazione.36
Il tentativo di alleggerire le aule dei tribunali di sorveglianza, ha portato ad una sempre maggior valorizzazione del ruolo del magistrato di sorveglianza; sulla scia, peraltro, della l. 27 maggio 1998,n. 165, c.d legge Simeone – Saraceni, la quale aveva già attribuito al giudice monocratico, nelle situazioni di periculum in mora, il potere di sospendere l’esecuzione della pena nei confronti di colui che avesse chiesto di essere ammesso all’affidamento in prova o alla semilibertà, nonché quello di disporre la detenzione domiciliare in via provvisoria, in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza.
L’esaltazione di quest’organo giudiziario ha portato, non solo in sede di lavori preparatori della l. Simeone – Saraceni, in cui qualcuno aveva addirittura proposto di sopprimere il tribunale di sorveglianza, ma anche nel corso della
36 Vedi F. Fiorentin, appunti sulla nuova disciplina della liberazione anticipata, in Giust. Pen., 2003,
discussione parlamentare del provvedimento in esame, ad un ripensamento del rapporto di equilibrio tra collegialità e monocraticità, a favore, senz’altro, di quest’ultima37. Contro questa volontà di sacrificare la collegialità, non manca chi sottolinea come in realtà quest’ultima sia sinonimo di specializzazione, tanto più necessaria quando oggetto del giudizio sia la personalità del reo38, non per niente, il tribunale di sorveglianza è composto, non solo da magistrati ordinari, ma anche da esperti in materie socio-pedagogiche, psichiatriche e criminologiche.
Andando ad analizzare le motivazioni per cui si è voluto declassare il regime della liberazione anticipata sotto il profilo della competenza a decidere, emerge come, già in sede di dibattito parlamentare, si voglia giustificare la modifica della competenza facendo leva sul fatto che gli accertamenti in merito non comportino una particolare complessità, e portano, nell’80 % dei casi, ad un provvedimento di concessione, lasciando, quindi, alla competenza del tribunale di sorveglianza, le decisioni in tema di revoca. Se ufficialmente la ratio della novella ruota attorno alla semplicità delle verifiche, non si può non ricordare come in ombra vi sia anche, e soprattutto, una giustificazione economica dovuta al fatto che venivano (e vengono tuttora) presentate circa
37 In questi termini, l’intervento del sen. Fassone, in Senato della repubblica. XIV Legislatura. Giunte e commissioni, 13 novembre 2001.
38 Cfr. Della Casa, la l.19 dicembre 2002, n. 277, in tema di liberazione anticipata: i tributi alle esigenze di economia processuale e il “nonsense” dell’affidamento in prova “riducibile”, cit., pag. 376.
40 000 istanze l’anno39 ; ma non solo, appurato come in carcere, in realtà, attività trattamentale si faccia ben poco, il presupposto della partecipazione all’opera di rieducazione, si risolveva nel ritenere sufficiente la buona condotta dimostrata solo dalla presenza o meno di sanzioni disciplinari. Così facendo, in realtà, non si è fatto altro che cercare di risolvere il cronico problema del sovraffollamento carcerario, lavorando più sulla quantità e mai sulla qualità, e sacrificando il controllo della legalità in luoghi dove, è palese, risulta facilitata la sua violazione, e minando l’imparzialità dell’organo che si trova ad essere al contempo garante e autorità decidente, e, secondo la maggior parte dei magistrati di sorveglianza, può essere soddisfatta solo se si riducono al minimo i pregiudizi dovuti alla frequentazione dell’ambiente carcerario.
Peraltro, se è vero, che da quel momento in avanti, ogni qual volta venga presentata un’istanza di liberazione anticipata entra in gioco la competenza del magistrato di sorveglianza, è pur vero che il legislatore del 2002 ha previsto al co. 5° dell’art. 69 bis O.P., che, nel caso in cui venga presentata dal condannato una richiesta di essere ammesso al beneficio nel corso di un procedimento pendente dinnanzi al tribunale di sorveglianza ex art. 70 O.P. (ipotesi frequente), quest’ultimo possa trasmetterla al giudice monocratico. In sede di lavori preparatori, inizialmente era stata prevista l’obbligatorietà della trasmissione, mentre, in un secondo momento, è prevalsa l’opzione di cui
39 Cfr. l’intervento in aula del Sen. Fassone, in Senato della repubblica, XIV Legislatura. Assemblea, 7 febbraio 2002.
sopra, dove l’opportunità o meno di trasmettere la richiesta al magistrato di sorveglianza, evidentemente, si fonda sull’idoneità o meno dell’ istruttoria fino a quel momento condotta per la decisione della misura alternativa, a fornire gli elementi di prova necessari a far pervenire ad una delibera sulla liberazione anticipata. Impostata così, la questione suscita dubbi di legittimità costituzionale, con riferimento, in particolare, all’art. 25 co°1 Cost. che garantisce il principio del giudice naturale precostituito per legge, il quale, pur non impedendo che una norma sulla competenza possa prevedere un’alternativa tra due giudici, purtuttavia, postula che l’alternativa sia sciolta sulla base di un criterio oggettivo, escludendo apprezzamenti discrezionali40. Il nuovo art. 69 co. 8°O.P. prevede che la decisione sulla liberazione anticipata avvenga con la forma dell’ordinanza, secondo una sequenza ad hoc, che prevede l’adozione del provvedimento in camera di consiglio, sine contradditorio tra le parti, passati almeno quindici giorni dalla richiesta del parere del pubblico ministero.
Si tratta di un procedimento ibrido in cui, da una parte l’espressa previsione della mancata partecipazione delle parti farebbe propendere per una procedura
de plano, dall’altra parte, la richiesta forma dell’ordinanza, contraddistinta
proprio dall’essere conseguente al contraddittorio delle parti, rimanda ad una matrice camerale.
40 Vedi Nobili, Commento all’art. 25 comma 1 Cost., in commentario alla Costituzione. Rapporti civili ( artt. 24-‐26), a cura di Branca, Zanichelli, 1981, pag. 215.