qua non per la concessione del beneficio
6. Dinamiche riguardanti la partecipazione all’opera di rieducazione nell’ipotesi di detenzione extramoenia in
generale, e di affidamento in prova al servizio sociale in
particolare
La propensione alla detenzione extramoenia deriva da due considerazioni di fondo: da una parte è ormai assodata l’idea che il carcere sia una struttura difficilmente idonea alla rieducazione, essendo un ambiente governato da regole antitetiche a quelle della società civile; dall’altra parte, si deve ammettere che è difficile ottenere un impegno in termini rieducativi, stabilendo che l’unico elemento rilevante è il fatto di reato, per cui tutto ciò che interviene dopo la condanna è inidoneo ad influire sulla pena inflitta. Pertanto il legislatore del ’75, ha individuato una sorta di area penale esterna, che via via si è ampliata, incrementando le misure primogenie, quali affidamento in prova al servizio sociale e semilibertà, e individuandone di nuove tipo l’affidamento terapeutico, detenzione domiciliare umanitaria, generica, speciale113. A ciò si deve aggiungere come le sistemiche carenze organizzative, la mancanza di fattori produttivi, il cronico sovraffollamento abbiano portato necessariamente ad una marginalizzazione del sistema carcere, nonché l’inevitabile superamento del trinomio osservazione – trattamento – misure alternative.
113 Vedi F.Della Casa, La crisi d’identità delle misure alternative tra sbandamenti legislativi, esperimenti di diritto pretorio e irrisolte carenze organizzative, in Cass.pen. IV, 2002, Pag. 3279.
La legge Gozzini, parte proprio da queste considerazioni di fondo nel prevedere addirittura, sulla scia della disciplina sull’affidamento per i tossico- alcooldipendenti, la possibilità di accedere alle misure alternative senza avere un minimo contatto con il carcere.
La l. 19 gennaio 2001, ha operato un rovesciamento di prospettiva, modificando l’art 656 c.p.p., ponendo, come regola generale, l’accesso diretto, bypassando le mura carcerarie. Nella specie, la procedura prevede che il pubblico ministero sospende la pena se la pena detentiva non supera i tre anni, o sei nei casi di cui agli artt. 90 e 94 del TU. Stup.. Tale sospensione è finalizzata a dare modo al condannato di presentare un’istanza per la concessione di misure alternative, entro il termine perentorio di giorni 30. Due sono le eccezioni alla regola: ai sensi del 7° co. la sospensione dell’esecuzione non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato propone istanza per una diversa misura alternativa sia in ordine alla medesima diversamente motivata; mentre, ai sensi del comma 9°, si esclude la possibilità di sospensione, per i soggetti condannati per una serie di reati, nonché per coloro che siano in stato di custodia cautelare in carcere al momento in cui la sentenza diventa definitiva, nei confronti di soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva ex art. 99 4° co. c.p..
Da ultimo, il d.l. 78/2013, ha ritoccato ulteriormente l’art. 656 c.p.p., anticipando la possibilità d usufruire della liberazione anticipata prima di entrare in carcere secondo un meccanismo per cui , il pubblico ministero,
quando ne ravvisi le condizioni, deve sospendere le proprie determinazioni e trasmettere tutta la documentazione al magistrato d sorveglianza, che deciderà sulla concessone o meno della riduzione d pena.
La possibilità di usufruire di una misura alternativa prima di entrare in carcere, sposta il fulcro della liberazione anticipata, dal procedimento osservazione e trattamento in istituto, a quello dei comportamenti tenuti nel corso dell’esecuzione extramuraria. Pertanto, i classici modelli valutativi, che fanno riferimento a criteri direttamente legati all’istituto penitenziario, devono essere quantomeno affiancati da schemi nuovi, che diventato strumenti primari nel caso di un giudizio relativo a comportamenti extramoenia. Le relazioni di sintesi dell’équipe lasciano spazio alle informazioni e inchieste sul territorio. La stessa legge Gozzini, contestualmente alla previsione della possibilità di accedere in stato di libertà alle misure alternative, introduce anche la possibilità di computare, ai fini della riduzione di pena, il periodo trascorso agli arresti domiciliari. In questo caso, come affermato dalla Corte costituzionale, la valutazione della partecipazione all’opera di rieducazione, dovrà fare riferimento alla condotta tenuta, all’osservanza degli obblighi e all’espletamento dell’attività lavorativa, se consentita114.
Il cambiamento di prospettiva, è stato ulteriormente rafforzato da ulteriori modifiche apportate all’art.54 (introducendo la locuzione <<pena scontata>>, in luogo di <<pena detentiva scontata>>) e all’art. 103 del regolamento di esecuzione; testimoni dell’intento del legislatore di sostituire una valutazione
soggettiva con una oggettiva, che fa riferimento alle risposte del condannato alle opportunità offertegli.
La cassazione ha interpretato le finalità legislative, rilevando come, nel caso in cui la pena venga espiata agli arresti domiciliari, assume rilevanza decisiva, la valutazione del modo in cui il soggetto ha saputo trarre vantaggio dai margini di libertà. Ciò non significa solo controllo del rispetto delle prescrizioni imposte, ma investe l’esame del comportamento complessivo al fine di trarre indici indicatori di un’evoluzione positiva della personalità mediante l’abbandono delle precedenti scelte devianti115.
Ad oggi, in conclusione, la giurisprudenza tende a ritenere che né lo stato attuale di detenzione, né lo stato attuale di assoggettamento a pena siano presupposti per la concessione della liberazione anticipata; essendo invece rilevante che: il condannato abbia ancora una pena da espiare, che questa costituisca una quota di pena complessiva, di cui faceva parte anche quella già espiata e a cui appartengono i semestri per i quali viene richiesta la riduzione116.
Una disposizione simile per tanti aspetti, a quella introdotta dalla legge 663/1986 per la detenzione domiciliare, è stata introdotta dalla riforma del 2002 con riguardo all’affidamento in prova al servizio sociale.
In particolare, la l. n. 277 del 2002, inserisce il comma 12 bis all’art 47 O.P., prevedendo che, se dopo aver ottenuto la misura, l’affidato da prova di un
115 Cass. Sez.I, 30 aprile 1998, Gomiero, in Cass. Pen. 1999, pag. 1941. 116 Vedi M.Canepa, S.Merlo, op.cit., pag. 358.
concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della sua personalità, gli viene concessa una riduzione di giorni 45 per ogni semestre. Questa previsione, riconducibile ad un emendamento formulato ex abrupto, presentato dai senatori Centaro e Bobbio117, è stata fortemente avversata da alcuni parlamentari, ravvisandone, essi, l’espressione di gratuita premialità.
L’orientamento della Cassazione ante riforma è sempre stato contrastante, anche se il Supremo collegio si è espresso ripetutamente negando la possibilità di concedere la liberazione anticipata all’affidato in prova al servizio sociale. La motivazione era riferita al fatto che la soluzione contraria sarebbe stata in contrasto con la natura e la funzione della misura alternativa, la quale, inoltre, facendo venir meno lo stato di detenzione, conduceva allo stesso concreto effetto cui, in base a presupposti e condizioni diverse, la liberazione perviene118.
Viceversa, la Corte costituzionale, ha smentito l’interpretazione dominante, sotto il profilo della collocazione dell’affidamento in prova al servizio sociale tra le ipotesi di estinzione di pena. La nota sentenza 13 giugno 1985, n. 185, pone su un piano di equipollenza detenzione domiciliare e affidamento in prova, affermando, inoltre, che << l’affidamento in prova al servizio sociale
costituisce non una misura alternativa alla pena, ma una pena essa stessa,
117 Vedi Senato della Repubblica, XIV legislatura. Giunte e commissioni, 29 novembre 2001, 29a
seduta, emendamenti al d.d.l. n. 568. In www.senato.it
118 Cfr. V.Grevi, G.Giostra, F.Della Casa, Ordinamento penitenziario commentato, art. 54 , a cura d
alternativa alla detenzione o se si vuole, una modalità di esecuzione della pena>>119.
Passando a commentare il comma 12 bis, art. 47 O.P., si deve constatare come, anche in dottrina si registrano opinioni contrastanti.
Un primo filone sottolinea come nel caso di affidamento in prova al servizio sociale, vengano meno le motivazioni poste alla base della riduzione di pena; in primis viene meno il rapporto con l’istituzione carceraria, per cui non avrebbe più senso parlare di liberazione; secondariamente, viene privato di significato l’inciso “ più efficace reinserimento”, in quanto tale evento si sarebbe già verificato. Verrebbe, infine, superata l’esigenza di valutare specificamente le risorse volitive del condannato, essendo le stesse ritenute così solide da consentire una valutazione prognostica di non recidiva, che è il presupposto richiesto ai fini della concessione dell’affidamento in prova120. A questo orientamento dottrinario si oppone quello che, richiamando la sentenza della Consulta n. 185 /1985, ha obiettato che intanto l’affidamento comporterebbe comunque una serie di restrizioni alla libertà personale, e poi che, una volta ammessa la compatibilità tra riduzione di pena e detenzione domiciliare, non vi è ragione per non considerare utili i semestri passati in
119 Vedi M.Pavarini, Lo scambio penitenziario, op. cit., pag. 181.
120 Vedi F.Della Casa, La l. 19 dicembre 2002, n. 277 in tema id liberazione anticipata: i tributi alle esigenze di economia processuale e il nonsense dell’affidamento in prova riducibile, cit, pag. 383.
affidamento; tanto più che il nuovo inciso “pena scontata”, tralascia volutamente il carattere detentivo della stessa121.
Procedendo ad analizzare il comma 12 bis, sotto un primo profilo formale, si nota come il richiamo parziale, in luogo di quello generale all’art. 54 O.P., induce a ritenere che, sulla premessa di una presa d’atto dell’inapplicabilità di questo istituto alla fattispecie, in via interpretativa, è stato inserito un istituto diverso. Il limitato rimando alla disciplina della liberazione anticipata, con l’inserzione della nuova possibilità non nell’art 54, come avvenuto per la detenzione domiciliare, bensì nell’art 47, fa si che, la possibilità di usufruire dell’abbuono sul periodo trascorso in affidamento, sia una specificità di questo istituto, e non un ampliamento dell’operatività del primo122.
Per quando riguarda l’ambito di operatività della norma, essa è applicabile sicuramente anche alle altre figure di probation, ovverosia all’affidamento terapeutico ex art. 94 TU.Stup.; ciò non solo sai lavori preparatori, ma anche dall’art.4 della summentovata legge, il quale fa retroagire l’applicabilità della riduzione di pena ai semestri successivi al 31 dicembre 1999, e in svolgimento a tale data. La norma non può che riferirsi anche all’affidamento terapeutico, in quanto, se l’entrata in vigore della legge è datata 7 gennaio 2003, essa ha senso solo per le pene superiori a tre anni, quali quella dell’affidamento in prova che alza la soglia a quattro anni.
121 Per tali argomentazioni si veda Di Gennaro, Breda, La Greca, Ordinamento penitenziario e misure alternative alla detenzione, Milano, 1997, pag. 270.
Maggiori dubbi sorgono in merito all’affidamento in prova del condannato militare, disciplinato dalla l. 167 del 1983, anche se, sembra essere irragionevole una differenziazione, meritando anzi una lettura adeguata nel senso che il concreto recupero sociale indicato dall’art 47 O.P., dovrebbe essere inteso, in questo caso, anche come <<idoneità dell’affidato in prova a
saper uniformare il suo comportamento alle regole che disciplinano la vita all’interno della comunità militare>>123.
Il criterio di meritevolezza che apre le porte alla riduzione di pena è definito dal legislatore come concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità. Con una simile previsione, si è evidentemente voluto evitare di cadere in giudizi che basano la concessione di una riduzione di pena basati su dati refrattari che non trovano alcun riscontro; si deve trattare, invero, di un accertamento complesso, che va dalla valutazione della condotta tenuta in corso di prova, sostanziata dall’osservazione puntuale degli obblighi, pervenendo ad un giudizio di intervenuta emenda, per effetto dell’applicazione della misura.
E’ pur vero che una visione troppo oggettivizzata, rischia di non dare la dovuta rilevanza ad una figura, come quella dell’assistente sociale, che è in grado di saper pesare e sintetizzare le sfumature della personalità del soggetto, a prescindere dal fatto che esse possano essere o meno configurabili come veri e propri comportamenti.
Sebbene si tratti di due espressioni diverse, quella usata dall’art. 54 e quella usata dall’art. 47, consentono di approdare ad uno stesso risultato; sono semplicemente attivabili in due momenti diversi: l’abbuono a favore dell’affidato richiede una dichiarazione anticipatoria dell’accertamento finale. La Corte si cassazione, lungi dal rilevare la diversità tra i due istituti, ha affermato come ì, semmai nel caso dell’affidamento in prova, sarebbe richiesto un quid pluris, rappresentato dal concreto recupero sociale, comportando, per ciò stesso, la necessità di una valutazione globale e non frazionata dei singoli semestri, non essendo ontologicamente qualificabile un recupero a semestri124.
Con riguardo al profilo patologiche, devono essere svolte due considerazioni: da un lato, anche la riduzione ex art. 47 co. 12 bis,, è suscettibile di revoca nel caso di condanna per delitto non colposo in corso di esecuzione, non essendo peraltro ciò collegato alla revoca dell’affidamento in prova; dall’altro lato, secondo la tesi maggioritaria, nell’ipotesi in cui dopo il periodo di affidamento sia stato commesso un reato non ancora accertato con sentenza definitiva, il giudice deve delibare il fatto valutando la sua reale attribuibilità al condannato, e la sua rilevanza in termini di incidenza, sul giudizio di recupero sociale.