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2 struttura e finalità della legge 21 febbraio 2014, n

4. L’esclusione per i condannati ex art 4 bis O.P.

Come già rilevato, in sede di conversione del decreto legge 146/2013 è stato soppresso il comma 4° dell’art.4, che dava la possibilità ai condannati per i delitti di cui all’art. 4 bis O.P., di accedere alla liberazione anticipata speciale, se avessero dato prova di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo evolversi della personalità.

La Camera ha giustificato l’esclusione basandosi sul fatto che trattasi di delitti suscitanti un particolare allarme sociale. Oltre a ciò, la previsione inserita nella decretazione d’urgenza, poneva problemi sul piano applicativo in ordine al possibile scorporo del cumulo nei casi di concorso di reati o unificazione di pene concorrenti, semestre per semestre, rallentando in maniera significativa

                                                                                                                         

l’istruttoria da parte degli uffici di sorveglianza, tale da rendere alquanto limitati gli effetti immediati della normativa187.

Inoltre, la previsione soppressa, avrebbe posto identici problemi di disparità. Questo perché se la liberazione anticipata ordinaria è concessa anche a loro sulla base dello stesso presupposto partecipativo, non si vede il motivo per cui invece quella speciale si sarebbe dovuta basare su un presupposto rafforzato. L’irrazionalità è confermata dal fatto che i condannati per i delitti per i quali opera il divieto di benefici penitenziari, sono spesso ristretti in regimi penitenziari che spesso non offrono alcuna possibilità di attività rieducativa188, indi per cui un concreto recupero sociale sarebbe stato ben difficile da intravedere, soprattutto in una situazione in cui il magistrato di sorveglianza deve decidere in fretta se concedere o meno la liberazione anticipata speciale, strettamente funzionale a svuotare le carceri entro il 28 maggio.

Nemmeno il revirement operato dalla Camera in sede di conversione, tuttavia, è immune da critiche; in particolare, si pongono delicati problemi per il futuro. È evidente che non potranno essere revocate le concessioni già fatte in vigenza del decreto legge; ciò si desume a contrario, dalla disposizione di cui all’art. 77 Cost., per cui i decreti legge perdono efficacia ab origine se non convertiti in legge. Altrettanto evidente è la problematica relativa alle istanze formulate i virtù del citato decreto, ma non ancora definite.

                                                                                                                         

187  Cfr.  audizione  del  segretario  dell’ANM  di  fronte  alla  camera.  

A tale ultimo proposito, è prospettabile una duplice soluzione: o si nega il maggiormente consistente sconto di pena, che tuttavia farebbe sorgere dubbi di costituzionalità in ordine alla disparità di trattamento tra i condannati ai sensi dell’art. 4 bis, che si vedrebbero concessa o meno la detrazione di pena, secondo l’evenienza, del tutto casuale, che il giudice abbia deciso sull’istanza prima dell’entrata in vigore della legge di conversione; oppure, operando un ragionamento di equità sostanziale, si potrebbe ritenere che, a tutte le richieste avanzate in vigenza del decreto si applichi la versione originaria della disciplina189.

Occorre infine sottolineare come una previsione del genere, che esclude in maniera assoluta e senza eccezioni l’applicazione della liberazione anticipata speciale per i condannati di cui all’art. 4 bis O.P., ponga dubbi di legittimità costituzionale sotto il profilo relativo al principio di uguaglianza ex art.3 Cost.. non appare giustificabile il fatto che l’allarme sociale creato da questi soggetti, non sia tale da escludere l’applicazione della liberazione anticipata ordinaria, ma lo diventi nel caso in cui anziché abbuonare quarantacinque giorni, ne vengano scontati settantacinque. Possono trenta giorni in più giustificare la prevalenza dell’esigenza di contenere l’allarme sociale, sacrificando l’utilizzo di un mezzo del trattamento incentivante quale quello della riduzione di pena?.

                                                                                                                         

189   Cfr.   F.Fiorentin,   Giustizia:   liberazione   anticipata   speciale…esclusi   i   condannati   per   il   4   bis,   in  

Conclusioni

L’istituto della liberazione anticipata è stato oggetto di numerose modifiche normative, che hanno reso la misura serva di due padroni.

Nata come beneficio premiale, mezzo del trattamento, metodo per realizzare la finalità rieducativa della pena, essa è diventata negli ultimi anni uno strumento utilizzato dal legislatore per tentare di risolvere il problema del perdurante, cronico, sistemico sovraffollamento carcerario.

Il governo ha ritenuto, evidentemente, che l’aumento dei giorni detraibili ogni semestre, ai fini dello sconto di pena, potesse essere un metodo per svuotare le soffocanti carceri italiane. Le stime ministeriali parlano di circa settemila detenuti in meno, che sono il frutto di due decreti legge adottati l’uno nel luglio 2013(il n. 74), l’altro, in extremis, nel dicembre 2013; entrambi convertiti in legge.

Si è così snaturata l’essenza profonda della liberazione anticipata; ciò è dimostrato, in particolare, da due previsioni partorite nella più recente decretazione d’urgenza: la retroattività e, al contempo, la temporaneità dell’applicazione della liberazione anticipata speciale, da una parte; l’esclusione, operata dalla camera in sede di conversione del decreto legge, per i condannati per uno dei delitti di cui all’art. 4 bis O.P., dall’altra. Per quanto riguarda la prima ipotesi, è agevole notare come, se la finalità fosse quella di incentivare ancor di più la partecipazione all’opera di rieducazione, essa non sarebbe temporanea; inoltre fin troppo scontato è il fatto che l’effetto

retroattivo si ferma al 1° gennaio 2010, proprio il momento in cui il governo ha dichiarato lo stato di emergenza.

In ordine, invece, alla scelta normativa di escludere la detrazione degli ulteriori 30 giorni a semestre per i condannati di cui all’art. 4 bis O.P., non convince il fatto che ciò venga spiegato con l’esigenza di contenere l’ allarme sociale che questi soggetti provocano: o un soggetto è pericoloso, e allora si decide di non consentire l’accesso alla liberazione anticipata, oppure, nonostante sia innegabile che l’allarme sociale esista, si decide di utilizzare la stessa come mezzo del trattamento anche per quella persona; il fatto che vengano concessi i quarantacinque giorni ordinari, ma non gli ulteriori trenta “speciali”, dimostra solo come alla base della nuova normativa, vi sia esclusivamente la decisione opportunistica di svuotare gli istituti penitenziari. Il tempo di un anno per risanare la situazione, pervenuta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, sta per arrivare alla scadenza; allora, a parere di chi scrive, il discorso dovrebbe essere impostato diversamente; si dovrebbe cioè capire cosa vogliamo; perché se l’intenzione è solo quella di passare la dead

line indenni, evitando la condanna, potrebbe andar bene giocare sulla quantità,

cercando nel più breve tempo possibile di svuotare le 205 carceri presenti nel territorio nazionale; pur essendo ai limiti di tenuta del sistema costituzionale. Ma se si vuole cercare veramente di risolvere il problema del sovraffollamento carcerario, allora, parrebbe più opportuno puntare sulla qualità. Occorrerebbe agire sulle ragioni strutturali che determinano una situazione così grave;

pensare ad una maggiore differenziazione del trattamento, introducendo, ad esempio, nuove tipologie di pena quali l’arresto e la reclusione presso l’abitazione del condannato; ragionare su una più compiuta depenalizzazione, introducendo misure che colpiscano, soprattutto per quanto riguarda determinate categorie di reati, i patrimoni; prevedere il lavoro di pubblica utilità, che consentirebbe loro di capire perché il lavoro nobilita l’uomo.

Insomma, le prospettive per arrivare ad un risanamento vi sarebbero, eppure il problema delle nostre istituzioni, pare essere solo quello di evitare la condanna; senza uscire dall’empasse costituzionale, da un’Italia criminale. Peraltro, il rischio che, lavorando sulla quantità, per quanti ne escano, altrettanti ne rientrino, è abbastanza alto; aumentato dal fatto che una strutturazione tale della liberazione anticipata speciale, finisce con l’aggravare il carico della magistratura di sorveglianza, che già arranca: insomma, il nuovo giudizio che in teoria dovrebbe essere dato per l’abbuono degli ulteriori trenata giorni, rischia, nella pratica, nella fretta, di trasformarsi in un automatismo, in una presunzione relativa della partecipazione del detenuto all’opera rieducativa. A sua volta, stante la inesistenza, o quasi, di attività trattamentale, la partecipazione si traduce in una valutazione sulla buona condotta del detenuto, ovverosia, l’assenza di sanzioni disciplinari. È vero, la Corte suprema precisa che, in situazioni di carenza organizzativa e strutturale del DAP, la prova della partecipazione, deve essere ricercata altrove da parte del giudice di sorveglianza, operando indagini più profonde, valutando il

comportamento del detenuto nei rapporti con i compagni, con la famiglia, con gli operatori penitenziari; ma io mi chiedo: come fanno in nostri magistrati di sorveglianza a verificare tutto ciò, se entrano in carcere di media una volta l’anno? Certamente non si può generalizzare, ma non si può nemmeno accettare che l’organo di sorveglianza si accontenti delle risultanze indicate sinteticamente nella cartella personale del detenuto.

È auspicabile un intervento più costruttivo da parte della politica e della magistratura, per mettere la parola fine alla situazione di illegalità conclamata che attraversa il nostro paese. Ce la faremo?

Ai posteri l’ardua sentenza…