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CAPITOLO III Profili processual

1. L’attribuzione della competenza al magistrato di sorveglianza

La necessità di far trasmigrare la competenza in materia di liberazione anticipata dal tribunale di sorveglianza al magistrato di sorveglianza, era già stata posta da un disegno di legge datato 1996, presentato dagli onorevoli Pisapia e Saponara, i quali sottolinearono pure l’esigenza di attivare una procedura de plano; la proposta venne poi ripresa ed attuata dalla l. 277/2002, improntata ad esigenze di celerità e speditezza, a discapito, tuttavia, del principio di legalità.

I criteri per stabilire la competenza sono cinque: competenza per materia, competenza funzionale per i minori e per i militari, competenza per territorio, ed infine, competenza per connessione.

Partendo dalla competenza per materia, l’art. 1, 1° co. della l. 277 del 2002, introduce nell’elenco, predisposto dall’art. 69 O.P., delle competenze del giudice monocratico, quella in tema di liberazione anticipata; mentre ai sensi del 3° co. dello stesso articolo, si stabilisce che le istanze pendenti dinanzi al tribunale alla data di entrata in vigore della legge, devono essere trasferite al magistrato di sorveglianza. L’effetto retroattivo della normativa, peraltro si

deve ritenere in linea con il principio del giudice naturale precostituito per legge, che la Corte costituzionale ha ritenuto applicabile anche al procedimento esecutivo; ciò, in quanto, l’aspetto retroattivo della novella, si pone in sostituzione di una norma generale, non come disposizione singolare, in via d’eccezione; assunto confermato più volte dalla Corte costituzionale, che in diverse occasioni ha avuto modo di rilevare come l’art. 25 1° co. Cost. risulta violato quando il legislatore a posteriori designa in via di eccezione singolare alle regole generali un giudice; non così nel caso di una modifica dei presupposti o dei criteri in base ai quali deve essere individuato il magistrato competente, seppur anche con effetto nei processi in corso.

La ratio di una simile previsione, deriva dalla presa d’atto del fatto che i tribunali, oberati di lavoro, si trovavano a dover decidere pure sullo sconto di pena, giudizio che portava, nell’80 % dei casi, ad una sorta di automatismo nell’accoglimento. Perciò è sembrato utile alleggerire il carico del giudice monocratico, eliminando un settore di decisioni che, non risultava particolarmente complesso e normalmente destinato ad un risultato positivo. Si è perciò voluto incrementare le competenze di carattere latu sensu giurisdizionale del magistrato di sorveglianza125.

D’altra parte, l’insanabile carico dei tribunali di sorveglianza, che comporta notevoli ritardi nella trattazione, vìola l’elementare principio di buona amministrazione della giustizia. Appare inoltre evidente l’insanabile contrasto con il principio di cui all’art. 27 co. 3°Cost., anche con riguardo alla lettura

                                                                                                                         

data dalla Corte costituzionale con sentenza n. 204 / 1974, secondo cui sussiste il diritto del soggetto a che un giudice verifichi se la quantità della pena espiata abbia o meno assolto positivamente al suo fine rieducativo, poiché, se la rieducazione del reo è completa, la potestà punitiva dello Stato non ha più ragione di essere protratta. La scelta di ridurre il carico dei tribunali di sorveglianza, che nello specifico, per il 40 % dei casi era rappresentato da istanze di concessione di liberazione anticipata, risponde anche a queste considerazioni a carattere costituzionale126.

Nonostante i buoni propositi, è stata sollevata da più parti l’inopportunità di un tale decisione, sia per l’ingiustificato sacrificio della collegialità, sia, soprattutto, per il fatto che da una simile previsione si arriva ad una commistione di funzioni e decisioni, che fino ad allora si era sempre cercato di evitare. È, cioè, venuta meno quella distinzione netta tra la materia del magistrato di sorveglianza, giudice delle situazioni penitenziarie, ed il tribunale, dominus degli istituti che intervengono a modifica della pena inflitta. Risulta negativo pertanto il risultato cui si è giunti con la riforma; non torna la circostanza che il giudice monocratico, che vigila sull’organizzazione del carcere, che esercita la propria attività con riferimento alle posizioni dei singoli detenuti da lui seguiti, approvandone il programma di trattamento, abbia anche il potere di decidere sulla riduzione di pena per gli stessi soggetti. Risulta fin troppo palese il dubbio relativo alla garanzia di terzietà, tuttavia, la

                                                                                                                         

spinta riformatrice è andata privilegiando celerità e speditezza, in luogo della maggiore ponderazione e minore esposizione a pressioni interne ed esterne. A ciò, si deve aggiungere il potere riservato allo stesso magistrato, di promuovere l’azione di stabilire discrezionalmente a quali prove ricorrere, elemento ancor più “pericoloso”, se si consideri l’adozione dei una procedura de plano, ovverosia senza la possibilità per le parti di intervenire nella decisione. si tratta, pertanto, di un giudizio dalle caratteristiche anomale, purtuttavia suscettibile di passare in giudicato. È quanto affermato dalla Corte di cassazione secondo cui, il procedimento di sorveglianza, pur non suscettibile, tecnicamente di passare in giudicato ( in quanto trattasi di decisioni allo stato degli atti), realizza l’effetto preclusivo allorquando venga presentata istanza priva di elementi di novità rispetto alla precedente divenuta irrevocabile per mancanza di un’impugnazione tempestiva127.

Passando alla competenza funzionale per i minori, la competenza a decidere sulla domanda di liberazione anticipata avanzata da un detenuto minorenne, spetta al giudice in servizio presso il tribunale per i minorenni al quale , nella ripartizione delle competenze dell’ufficio, è assegnata la vigilanza sull’istituto nel quale è ristretto il condannato. La decisione prende anche qui la forma dell’ordinanza, reclamabile dinnanzi al tribunale per i minorenni; del collegio decidente non può fare parte il giudice cha ha emesso il provvedimento.

                                                                                                                         

Anche la competenza funzionale per i militari, in tema di liberazione anticipata, è disciplinata similmente a quella vigente nell’ordinamento penitenziario.

In particolare le competenze sono attribuite al magistrato di sorveglianza militare, mentre l’ufficio militare di sorveglianza è da ritenersi solo una figura di supporto organizzativo128. Entrambi gli organi sono istituiti presso la Corte militare d’appello a Roma ed esercitano le rispettive competenze su tutto il territorio nazionale.

La competenza della magistratura di sorveglianza militare comprende i condannati, militari in servizio o in congedo, illimitato non assoluto, che scontano in uno stabilimento militare una pena detentiva militare, inflitta da un giudice militare. In mancanza di una delle condizioni appena richiamate, scatta la competenza della magistratura di sorveglianza ordinaria.

L’art. 63 c.p.m.p. introduce il principio riguardante l’equiparazione giuridica tra reclusione militare e reclusione comune nell’esecuzione delle pene inflitte a militari in servizio permanente alle armi per reati previsti dalla legge penale comune; ciò comporta una sostituzione delle sanzioni penali con la reclusione militare. In particolare, tutte le pene comuni disposte a carico di un militare in servizio volontario, che non comportino l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, quindi – correlativamente – la degradazione del militare, con conseguente perdita dello status militis, vengono convertite in reclusione militare. Con riferimento alla situazione di condannati ristretti in istituti

                                                                                                                         

militari per reati comuni, si è molto dibattuto il problema della giurisdizione, soprattutto con riferimento all’istituto della liberazione anticipata. La Corte di cassazione, ha tuttavia precisato che il riparto di giurisdizione tra magistratura ordinaria di sorveglianza e magistratura militare di sorveglianza, deve intendersi disciplinato dal combinato disposto degli artt. 665, 1° co. c.p.p., tale per cui, salvo diversa disposizione, competente sull’esecuzione è lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento, e l’art. 409, 3° co. c.p.m.p., che attribuisce al magistrato militare le stesse funzioni che sono attribuite all’organo monocratico ordinario dal codice sull’ordinamento penitenziario129. La stessa Corte ha aggiunto che, la giurisdizione militare è circoscritta a situazioni aventi carattere eccezionale, così ai sensi dell’art.103 Cost., pertanto in tempo di pace, la competenza spetta tout court alla magistratura di sorveglianza ordinaria.

Della questione se ne è occupata anche la Corte costituzionale, che con sentenza 11 febbraio 1999, n. 26. In particolare la Consulta, ha ritenuto che, nel caso i condanne pronunciate dal giudice ordinario per reati comuni, competente a decidere sui benefici penitenziari è il tribunale di sorveglianza ordinario , a nulla rilevando il fatto che la pena della reclusione comune sia stata sostituita dalla reclusione militare.

Alla luce di quanto esposto, la competenza della magistratura di sorveglianza militare si ha unicamente nel caso di condanna inflitta da un giudice militare

                                                                                                                         

che venga espiata in un istituto di pena militare. Ciò vale anche per quanto riguarda la riduzione di pena ai fini della liberazione anticipata.

Conclusa l’analisi sommaria della competenza funzionale per i militari, resta da analizzare la competenza per territorio e la competenza per connessione. In ordine al primo criterio, orizzontale, l’art. 71 O.P., come modificato dalla legge Gozzini, distingue tra soggetti detenuti ed internati, e soggetti in stato di libertà. In particolare il 3° determina per i primi che la competenza spetta al magistrato di sorveglianza avente giurisdizione sull’istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta; mentre il 4° co., dispone, per i soggetti in stato di libertà, che la competenza spetti al magistrato di sorveglianza cha ha giurisdizione nel luogo in cui l’interessato ha la residenza o il domicilio. Si prevede inoltre, in ordine a quest’ultimo profilo, una regola sussidiaria che richiama l’art. 635 dell’abrogato c.p.p., nel caso in cui non sia possibile determinare la competenza secondo le regole ordinarie130. Tale rinvio è da ritenersi ora riferito alla regola che il codice vigente detta per la procedura in materia di misure di sicurezza, che riproduce lo stesso criterio contenuto nell’ art. 677 c.p.p. comma 2°, che riproduce l’assetto di competenze appena delineato, ossia il luogo dove fu pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima.

L’espressione << si trova>>, è stata letta dalla giurisprudenza in modo tale da evitare atteggiamenti opportunistici dei condannati che, approfittando ad

                                                                                                                         

130  Testualmente  il  2°  co.  art.  635  “contro  l’ordinanza  che  decide  sulla  sospensione  dell’esecuzione  

sull’applicazione  delle  misure  coercitive  e  sulla  revoca,  possono  ricorrere  per  cassazione  il  pubblico   ministero  e  il  condannato.  

esempio di trasferimenti occasionali, proponevano sempre domande nuove senza attendere neppure l’esito delle altre già presentate. Pertanto il perno attorno cui ruota la competenza per in detenuti o internati in istituti penitenziari, è rappresentato dalla apprezzabile stabilità tra detenuto e ed istituto, a nulla rilevando la mera presenza fisica dell’interessato in altro luogo di detenzione.

Parte della dottrina, considera un tale criterio in senso negativo, sottolineando soprattutto come il suo carattere di elasticità, che dovrebbe garantire il collegamento tra competenza territoriale e valutazione dei risultati del trattamento penitenziario, sia in contrasto col criterio di certezza che supporta il principio del giudice naturale precostituito per legge.

Per evitare reiterate pronunce nel merito, non si deve snaturare il valore dell’istituto in cui si trova l’interessato all’atto della richiesta, ma semmai occorre procedere ad un perfezionamento del sistema di informazione relativo alle istanze proposte.

Per quanto concerne, invece il condannato in stato di libertà, a quanto precedentemente detto, si deve solo aggiungere un la competenza derogatoria, prevista dall’art. 656 c.p.p. e dall’art. 91 4° co. TU Stup., che disciplinano rispettivamente l’ammissione da libero a misure alternative, per cui la competenza è della magistratura di sorveglianza è quella del luogo in cui ha sede il giudice dell’esecuzione, e l’ipotesi di sospensione dell’esecuzione, al cui competenza spetta al tribunale del luogo di residenza del condannato, con

il potere del pubblico ministero nella stessa sede, di disporre la sospensione dell’ordine di esecuzione e di ordinare la scarcerazione, quando l’ordine è stato eseguito.

La competenza per connessione, fa invece riferimento alla necessità di realizzare il simultaneus processus, in tutti quei casi in cui uno stesso soggetto abbia presentato più istanze. Il riferimento normativo in ordine a tale criterio, riconosciuto dalla dottrina come autonomo nell’attribuzione della competenza, si trova nell’ art. 69 bis, 4° co. O.P., il quale prevede che, nell’ipotesi in cui, nel corso di uno dei procedimenti di competenza del tribunale di sorveglianza, venga presentata istanza di liberazione anticipata, il collegio possa trasmetterla al magistrato di sorveglianza. Il verbo potere è stato preferito al verbo dovere, semplicemente per esigenze di economia processuale, ovverosia per evitare che nel caso in cui sia stata raggiunta la prova relativa alla decisione sulla misura alternativa, il collegio anziché pronunciarsi sia costretto a trasmettere il tutto alla magistratura di sorveglianza. La previsione di un obbligo di trasmissione, avrebbe sacrificato la finalità di snellezza della procedura.

Il criterio della competenza per connessione, è necessario per dare una lettura costituzionalmente orientata all’art. 69 bis 4° co. O.P., in quanto consente di evitare l’illegittimità nei confronti dell’art. 25 1°comma Cost.; portando invece a ritenere che tutte le richieste di liberazione anticipata, se connesse alle istanze riguardanti le altre misure alternative, rientrino nella competenza del tribunale di sorveglianza.

Peraltro, il collegio potrà decidere anche sulla sola liberazione anticipata, se ritenga raggiunta la prova, mentre ravvisi la necessità di ulteriori valutazioni in ordine alla decisione della connessa misura alternativa, o anche quando in ordine a quest’ultime, sia intervenuta una rinuncia131.