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La figura del delinquente nei reati sessuali perpetrati con minori.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Tesi di laurea

La figura del delinquente nei reati sessuali

perpetrati con minori

Candidato

Gian Luca Dell’Amico

Relatore

Prof.ssa Emma Venafro

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Un sentito grazie,

In primis alla mia famiglia, per l’amore ed il sostegno ma, soprattutto, per gli

insegnamenti che ho sempre ricevuto e che mi hanno permesso di diventare ciò che sono oggi.

A mio padre, maestro di vita, da cui ho imparato che l’impegno, il rispetto, ed il duro lavoro sono l’unica strada percorribile verso il successo.

A mia madre, che con la dolcezza che solo una mamma sa avere ha sempre creduto in me, anche nei momenti più cupi, dandomi la forza per rialzarmi sempre in piedi.

A nonna Ferruccia e a nonna Alma, così diverse ma così simili nel volermi bene, da cui ho imparato il rispetto e l’umiltà, valori imprescindibili senza i quali oggi non sarei un uomo.

A Giulia, sorella ed amica. La spensieratezza che la contraddistingue porta gioia nella vita di chi incontra.

A Valentina, che al mio fianco da sempre mi sostiene. Centro gravitazionale del mio mondo.

All’Arma dei Carabinieri, in particolar modo al Luogotenente Arturo Minoliti, al Luogotenente Enrico Migliorelli ed al Tenente Rosa Sciarrone, uomini e donne prima ancora di militari. Professionisti che lavorano e si scontrano quotidianamente con le problematiche sollevate da questa tesi di laurea.

Alla Polizia Postale e delle Comunicazioni, in particolar modo all’Ispettore Stefano Rossi e all’Assistente Capo Gianluca Lucchesi; il loro lavoro e le loro competenze sono elementi dai cui il mondo moderno non può prescindere.

All’Avvocato Manuela Aiazzi, che per prima, mi ha fatto conoscere il ruolo e la figura dell’Avvocato anche al di là dell’aspetto tecnico della professione.

All’Avvocato Claudia Volpi, che mi ha permesso di intraprendere al suo fianco la carriera che ho sempre desiderato. La sua guida esperta è fonte di ispirazione.

Alla Professoressa Emma Venafro, docente di Criminologia e di Diritto Penale all’Università degli Studi di Pisa, che mi ha trasmesso il suo amore per queste materie. Il suo lavoro e la sua passione sono stati elementi fondamentali della mia crescita professionale.


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Agli amici, vicini e lontani, che da Marostica all’Australia si possono definire anch'essi la mia famiglia e con cui questo percorso è stato vissuto un poco assieme. Un percorso, appunto, fatto di alti e bassi, di vittorie e di sconfitte, che ha preso vita talvolta strada facendo ma che mai è stato improvvisato e che oggi, con questa tesi di laurea, volge al termine, regalandomi la consapevolezza di aver concluso qualcosa e piccola o grande che sia, il valore di questo giorno rimarrà dentro di me e dentro tutti quelli che l’hanno reso possibile ed anche, con la loro presenza, un poco più speciale.

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Indice sommario

Indice sommario 1 Introduzione 5 Capitolo 1 11 La ricerca 11 Capitolo 1.1 13

Tipi di delinquenti in relazione alla tipologia socio-ambientale 13

Capitolo 2 16

Devianze sessuali e delitti sessuali 16

Capitolo 2.1 19

Condotte sessuali devianti 19

Capitolo 3 22

La pedofilia 22

Capitolo 3.1 24

L’abuso sui minori, ieri ed oggi 24

Capitolo 3.2 31

Gli abusi sessuali in famiglia 31

Capitolo 3.3 37

I Sexual offenders nel panorama italiano 37

Capitolo 3.4 45

Il “disimpegno morale” del pedofilo e la sua invisibilità sociale 45

Capitolo 3.5 47

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Capitolo 4 55

La Convenzione di Lanzarote 55

Capitolo 5 71

I concetti di atto sessuale e di pornografia 71

all’interno del codice penale 71

Capitolo 5.1 75

La precocità della condotta sessuale in relazione 75

alla pressione sociale 75

Capitolo 6 78

Art. 609bis c.p. Violenza sessuale 78

Capitolo 7 86

Art. 609quater c.p. Atti sessuali con minorenne 86

Capitolo 8 92

Art. 600ter c.p. Pornografia minorile 92

Capitolo 9 101

Art. 600quater c.p. Detenzione di materiale pornografico 101

Capitolo 10 107

Informatica e pedofilia, alcune precisazioni 107

terminologiche e tecniche 107

Capitolo 10.1 110

L’informatica e la pedofilia; moltiplicazione della possibilità di illeciti sui minori 110

Capitolo 10.2 117

Il processo di identificazione sulla rete 117

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Tutela del minore e responsabilità del fornitore di servizi internet 120

Capitolo 11 124

L’evoluzione della pedo-pornografia nel Web moderno 124

Capitolo 11.1 128

La rete come mezzo di diffusione 128

Capitolo 12 131

Art. 609undecies c.p. Adescamento di minorenni (child grooming) 131

Capitolo 13 137

Le nuove frontiere della pedofilia 137

Capitolo 13.1 139

Pedofilia ed Instagram, il primo passo dei nuovi criminali; l’individuazione della

vittima 139

Capitolo 13.2 143

Pedofilia e Facebook; il primo approccio del pedofilo 143

Capitolo 13.3 146

Pedofilia e Snapchat; grooming e pornografia minorile 146

Capitolo 13.4 149

Pedofilia e Twitter; pornografia minorile, lo scambio illecito attraverso la rete ed il

vuoto normativo da colmare 149

Capitolo 13.5 153

Il nuovo scambio di materiale pedo-pornografico; Dropbox 153

Capitolo 14 157

Il non-nudo, l’evoluzione che crea il vuoto normativo 157

Capitolo 14.1 162

(8)

Capitolo 15 168

La ricerca condotta nelle scuole 168

Capitolo 15.1 170

Il questionario 170

Capitolo 16 260

Il lavoro delle Forze dell’ordine 260

Capitolo 16.1 264

Le vittime più fragili delle violenze, il codice rosa 264

Capitolo 16.2 266

Le testimonianze infantili 266

Capitolo 17 273

La rete come mezzo boomerang, la legge di Megan 273

Capitolo 18 280

La valutazione del delinquente sessuale 280

Capitolo 19 284

Il trattamento terapeutico del delinquente sessuale 284

Conclusioni 289

Riferimenti bibliografici 296

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Introduzione

Nel mio elaborato cercherò di individuare come, ed in che modo, i nuovi mezzi telematici abbiano ridisegnato la figura del delinquente nei reati sessuali perpetrati con minori.

L’ avvento di internet e delle nuove tecnologie, in generale, ha cambiato radicalmente lo scenario di un fenomeno non nuovo: l’abuso sessuale dei minori.

In rete circolano centinaia di migliaia di immagini e video pedo-pornografici, ormai troppo facilmente accessibili; il materiale può essere prodotto con altrettanta facilità, utilizzando cellulari o videocamere, e, con altrettanta semplicità caricato in rete, o può essere prodotto direttamente on-line tramite l’utilizzo delle webcam.

La rete, inoltre, può essere utilizzata da adulti interessati sessualmente ai minori, come strumento per accedere a potenziali vittime.

Il problema della “sicurezza”, associato all’utilizzo dei nuovi media da parte dei giovani, non è riconducibile esclusivamente all’esistenza in sé di alcuni rischi, più o meno gravi e insidiosi, ma anche alla possibilità che l’utilizzo di tali strumenti tecnologici, nell’economia della giornata di bambini e adolescenti, cominci a prevalere a scapito di spazi di aggregazione concreti, di attività sociali, ricreative, sportive; quando i ragazzi cominciano a soddisfare attraverso questi strumenti bisogni profondi, che dovrebbero invece trovare risposta nella vita reale.

In tal caso, il ruolo dei nuovi media diventa predominante, sia quantitativamente che qualitativamente, poiché, per crescere, è necessario sviluppare relazioni significative con persone in carne ed ossa, cui legarsi affettivamente ed apprendere, sperimentare e sviluppare, all’interno di contesti sociali reali, modalità di relazione e di confronto con gli altri.

Le nuove tecnologie, i social networks ed internet in generale, sono oggi utilizzati anche dai criminali per compiere determinati reati che si rifanno principalmente a quattro figure criminose previste e punite dal nostro ordinamento: la sostituzione di

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persona, prevista e punita dall’articolo 494 c.p.; la pornografia minorile, prevista e punita dall’articolo 600ter c.p.; la detenzione di materiale pornografico, prevista e punita dall’articolo 600quater c.p.; l’ adescamento di minorenni, previsto e punito dall’articolo 609undecies c.p..

Sono reati questi, che nel mondo virtuale di internet, sono puniti in relazione non solo alla loro potenzialità offensiva, ma anche perché spesso siamo di fronte a reati podromici rispetto ad altri ancora più odiosi e violenti come la violenza sessuale oppure gli atti sessuali con minorenni, che sono soliti susseguirsi a quei reati prima individuati e che, anche per questo, sono puniti, anticipando dunque, anche di molto la tutela necessaria a salvaguardare i soggetti più vulnerabili.

L’abuso sessuale on-line rappresenta una particolare declinazione dell’abuso sessuale, e si distingue da esso in ragione della particolare modalità attraverso cui si esplica l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (o nuovi media) e, in virtù dell’addizionale potenziale lesivo per le vittime che esso può comportare. È possibile individuare un insieme complesso di ruoli e comportamenti digitali da parte dei minori e degli adulti.

Sono identificabili molte situazioni che non si limitano al bambino piccolo o all’adolescente che viene abusato e filmato; in alcuni casi, come testimoniano le immagini presenti in rete, e il questionario somministrato agli studenti (vedi infra), gli adolescenti utilizzano ampiamente le immagini, le producono o partecipano in modo attivo alla loro produzione, sia tra di loro che con la partecipazione di soggetti adulti o “appena-adulti”.

In alcune situazioni, può quindi prevalere un comportamento attivo dell’adulto mentre, in presenza di fasce di età che si avvicinano all’età del consenso, spicca la presenza di un atteggiamento attivo anche dei minorenni coinvolti.

Ad esempio, alcune situazioni rilevanti per il ruolo attivo dei minori sono rappresentate da quei ragazzi o quelle ragazze, soprattutto in età adolescenziale, che producono, condividono e distribuiscono immagini “sessualizzate” o di altro tipo che, per la legislazione, una volta in circolo, sono materiale pedopornografico, di sé stessi o di coetanei, utilizzando webcam e fotocamere integrate nei telefoni cellulari.

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Tali comportamenti rientrano nel fenomeno denominato come sexting, cioè l’invio di messaggi, foto o video sessualmente espliciti via cellulare non necessariamente verso adulti ma, anche fra coetanei.

Non è raro che nell’intenzione del ragazzo o della ragazza, questi comportamenti possano essere strumentali all’ottenimento di piccoli vantaggi personali (ad esempio, ricariche telefoniche), ma non è altrettanto raro che questo gioco venga, alla resa dei conti, condotto da un adulto potenziale abusante . 1

A seguito della Convenzione di Lanzarote, con la L. 172/2012, il legislatore italiano, ha adattato l’ordinamento vigente alle nuove figure criminali emerse in quegli anni ma, da allora questi reati, in particolar modo la pornografia minorile, hanno subìto un’ulteriore evoluzione che non è stata accompagnata da altrettanta nuova legislazione.

Le nuove tecnologie ed i social networks in particolare, hanno permesso di allargare la platea di soggetti che intraprendono un’attività criminale, soprattutto in riferimento alla criminalità sessuale.

Oggi reati come l’adescamento, la pornografia minorile, la detenzione di materiale pornografico e la sostituzione di persona, sono reati che, proprio per mezzo dell’utilizzo del computer, permettono a molte più persone, di vestire i panni del criminale; tra questi, sempre più spesso, si nascondono soggetti c.d. insospettabili che, potendosi mascherare dietro l’anonimato (fittizio) della rete internet, commettono reati anche molto gravi, ma in maniera totalmente distaccata, quasi vi fosse una sorta di “spersonalizzazione” del soggetto che accede alla rete internet.

Si instaura nella mente del criminale un meccanismo che gli fa credere che ciò che sta facendo, non avrà conseguenze, non è reale, che nessuno potrà mai individuarlo proprio perché commesso in quel luogo-non luogo della rete internet.

Le cronache ci lasciano sempre più spesso perplessi riguardo ai soggetti che adescano minorenni su internet.

Soprattutto negli ultimi anni, la tendenza a delinquere, per quanto riguarda i delitti sessuali compiuti o iniziati on-line, ha visto negli studenti appena maggiorenni, nei

Save The Children, Abuso sessuale dei minori e nuovi media: spunti teorico-pratici per gli operatori,

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liberi professionisti, così come uomini sposati, i nuovi delinquenti sessuali che, posti davanti ad uno schermo, sembrano trasformarsi in soggetti diversi da quello che è stato il loro vissuto fino a quel momento; si trasformano in quella che possiamo definire “la nuove figura del delinquente nei reati sessuali perpetrati con minori”.

Sopratutto l’avvento di internet ed il susseguente instaurarsi dei social networks nelle nostre vite, ha mutato il modo di essere, di pensare, sicuramente di relazionarsi con gli altri ed oggi, chiunque, utilizzatore o meno dei social networks, è coinvolto a suo malgrado in questo processo di cambiamento.

Il concetto di vita privata è mutato negli ultimi anni in maniera molto più rapida di quanto non avesse fatto negli ultimi cinquanta, ed il concetto che di questa se ne aveva circa dieci anni fa, può essere considerato oggi una vera e propria utopia, che contrasta con il modo di essere di quest’epoca social.

I contatti tra le persone sono sempre più impersonali, forse anche per questo i soggetti più fragili, quando si posizionano davanti ad un computer tendono a spersonalizzare sé stessi e compiere atti che, nella vita “reale”, che non è quella filtrata dallo schermo di un computer, mai si sognerebbero di compiere, quasi come in una sorta di mondo parallelo, di luogo-non luogo in cui è possibile non tenere conto delle conseguenze. Ragazzi e ragazze giovanissimi, per mezzo di un telefono o un (sempre meno) “personal” computer, si affacciano alla rete internet e sono in grado oggi, di interagire con qualsiasi persona nel mondo utilizzi un altro device.

“Fin qui tutto bene”, come si dice nel film del 1995 “l’Odio”, di Mathieu Kassowitz, ma collegandosi ad internet si entra in un vero e proprio universo parallelo.

L’internauta è catapultato in una rete di rapporti sociali o per meglio dire, virtuali, nel quale, interagendo con un estraneo, si rapporta con l’idea che si è fatto di questo o meglio, si rapporta con l’idea che l’interlocutore vuole fare emergere di esso.

Dalla più piccola variazione fisica, come sottrarsi qualche anno anagrafico o qualche chilo di troppo, al presentarsi come una persona di un sesso opposto a quello reale o, rubare un’identità per apparire più belli, più giovani o più appetibili all’altro sesso, una gran quantità di accounts on-line sui social networks, rientrano nella categorie c.d. “catfish” ovvero, false identità, che comportano implicazioni sociali e penali

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gravissime; il titolare di un profilo c.d. catfish, fa in modo di instaurare nella mente del suo interlocutore, un’immagine di sé diversa da quella che il questi ha nella realtà, idonea a trarre in inganno chiunque interagisca con esso.

La rete internet è piena di soggetti/criminali che si nascondono dietro a profili c.d.

catfish; negli Stati Uniti d’America ormai, questi hanno assunto una dimensione così

preoccupante che esistono vari programmi televisivi, che aiutano i ragazzi caduti nelle reti di questi soggetti, a smascherare chi si nasconde dietro le loro false identità.

Su Facebook esistono circa 1,4 miliardi di contatti e si stima che quelli falsi, siano un numero compreso tra i 98 ed i 138 milioni, praticamente più del doppio della popolazione italiana.

Naturalmente questo non significa che ogni contatto falso sia stato creato per scopi illeciti ma, sicuramente, il fenomeno è particolarmente allarmante, sopratutto considerando che sempre più giovani e sempre più precocemente, utilizzano la rete internet.

Di fronte a questi numeri che fare? I ragazzi conoscono i pericoli della rete internet? Sanno come difendersi? Possiamo aiutarli a comprendere?

Sono le domande che un genitore dovrebbe porsi ma che, troppo spesso, non vengono prese in considerazione, forse perché viene dato per scontato che la scuola prepari i giovani adeguatamente, o forse perché quello dei pericoli della rete internet, è un problema sottovalutato.

Potrebbe sembrare una realtà lontana, non appartenente alle reti di amicizie connesse al proprio account o a quello del figlio o del vicino di casa, ma la realtà è ben diversa da questa considerazione, sopratutto perché oggi, il nuovo delinquente nei reati sessuali perpetrati con minori, è un soggetto subdolo, invisibile alla società, che si maschera nel collega di lavoro, nel ragazzo della porta accanto, in un parente e, proprio per la sua caratteristica di soggetto c.d. insospettabile, è altamente pericoloso, soprattutto perché paziente, subdolo ed intelligente.

Non possiamo che prendere atto di questa nuova categoria di criminali e combatterli con le armi che l’ordinamento mette a nostra disposizione, affrontando il problema con

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una legislazione moderna, al passo con le nuove tecnologie, e l’informazione, che permette di prevenire i rischi connessi a questi delitti.

Sarebbero necessarie normative solide ed al passo con i nuovi media comunicativi, che puniscano i comportamenti che mettono in pericolo la libertà, la morale, la privacy e la sicurezza dei minori; è necessario adeguare le Leggi esistenti ai nuovi fenomeni criminali che, grazie all’evoluzione di internet, imperversano nelle nostre città ed anche, nelle nostre case.

Fondamentale inoltre, sarebbe fornire ai giovani le conoscenze per riconoscere ed eventualmente denunciare chi vuole approfittarsi della loro innocenza e, proprio come i criminali utilizzano la rete per commettere reati, utilizzare la rete internet per colpirli come un boomerang; la legge di Megan - Megan’s law - negli Stati Uniti d’America, fa proprio questo; utilizza la rete internet come un boomerang contro i criminali, permettendo ai genitori preoccupati, di visualizzare i dati relativi ai condannati di reati sessuali perpetrati con minori che risiedono nella loro zona.

Forse non basterà a rendere le nostre città più sicure ma, sicuramente in questo mondo moderno in cui tutto è pubblico; in quel luogo-non luogo di internet, dove le informazioni corrono frenetiche e basta un nulla per distruggere la reputazione di qualcuno, potrebbe essere un incentivo importante, ulteriore, almeno per chi tiene alla sua privacy più della propria morale, a non commettere certi tipi di reati poiché, se non sempre il carcere basta come disincentivo, a volte l’opinione pubblica e la vergogna, possono essere ancora più incisivi.

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Capitolo 1

La ricerca

Questa tesi di laurea inizia quasi per caso quando, navigando in internet, mi sono imbattuto in alcuni profili Twitter che pubblicavano immagini di giovani donne nude. Fui colpito immediatamente della varietà dei soggetti che pubblicavano quelle immagini e dalla natura di esse; mi resi conto infatti, che quelle giovani donne in realtà erano poco più che bambine.

Facendo qualche piccola indagine sui soggetti che pubblicavano determinate immagini e, analizzando le poche informazioni presenti sulle loro pagine personali Twitter, è stato possibile capire che questi soggetti sono persone “normali”, i c.d. insospettabili; dallo studente universitario di poco maggiorenne, al professionista sposato, fino all’anziano signore che poca dimestichezza aveva con il computer.

Mi sono chiesto cosa portasse soggetti così diversi fra di loro a trovare erotica l’immagine di un bambino o di una bambina nuda e, soprattutto, il motivo della presenza di tali immagini su un social network utilizzato in larga scala dalla maggior parte della popolazione mondiale, anziché su dei siti internet specializzati.

La ricerca inizia nel mese di Maggio 2015 quando iniziai a raccogliere informazioni, parlare con le Forze dell’Ordine, con gli stessi ragazzi e decisi, in accordo con la Professoressa Emma Venafro dell’Università di Pisa, che su questo argomento avrei discusso la tesi di laurea.

La tesi si è svolta in parte anche sul campo; i dati e le informazioni raccolte infatti, oltre a quelle ricevute per mezzo del Comando Carabinieri e della Polizia Postale e delle Comunicazioni di Massa (Ms), sono state ricavate direttamente sui social

networks, analizzando i soggetti che li utilizzavano per scopi illeciti.

Come un investigatore privato, accedevo alla rete Twitter in differenti orari del giorno e anche, e soprattutto, nelle ore notturne, verificando quando il traffico dati di questi criminali era maggiore o minore.

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In realtà notai fin da subito che questi soggetti erano quasi sempre on-line e che, a qualsiasi orario mi connettessi, vi erano sempre nuove loro pubblicazioni.

Ad ogni collegamento, annotavo il profilo del presunto pedofilo, controllavo chi seguiva e da chi veniva seguito, studiando i loro movimenti in rete, con quali accounts interagisse e, una volta raccolti i dati di cui necessitavo, segnalavo le stesse persone alle Autorità ed al gestore del social network in questione.

In circa un anno di ricerca on-line sulla rete Twitter, sono stati segnalati 537 accounts pedofili che sono stati chiusi e sottoposti a sequestro penale, non solamente, ma anche, grazie alle segnalazioni intervenute a seguito di questa tesi di laurea.

Durante la ricerca, non ho mai avuto accesso ad un sito pedo-pornografico ma, durante le indagini, compiute principalmente su Twitter, purtroppo, spesso capitava di vedere immagini pedo-pornografiche che mi hanno profondamente scosso e, a volte, turbato. Da un punto di vista psicologico infatti, la ricerca è stata estenuante e a tratti, disarmante, per la crudezza delle immagini e la violenza con cui questi criminali hanno utilizzato l’innocenza dei minori.

La forza di concludere il progetto, è arrivata anche dalla convinzione profonda che il lavoro di questa tesi di laurea non sarà fine a sé stesso, ma dovrà essere un primo passo per portare quantomeno queste informazioni alle scuole, ai genitori, tutori e insegnanti oltre che in primis agli stessi studenti, con la speranza di lasciare un giorno, a chi verrà dopo di me, l’esperienza virtuale sulla rete internet, un poco più sicura.

La ricerca mi ha portato, inoltre, nelle scuole superiori di Massa (MS) dove, a seguito della somministrazione agli studenti delle classi prime e seconde di alcuni istituti superiori, di un questionario riguardante l’uso di internet e dei social networks in particolare, è emerso che la maggior parte di loro, in effetti, proprio per mezzo dei

social networks, sono stati contattati da adulti che chiedevano loro foto o video di

nudo e che, con non troppa difficoltà, sono riusciti anche ad ottenere, sfruttando la poca dimestichezza che gli studenti avevano della rete internet social networks.

Ho concentrato la mia attenzione sui quattro socials networks più utilizzati dagli adolescenti italiani; Instagram, Facebook, Snapchat e Twitter, dimostrando che questi possono essere, ed in effetti lo sono, utilizzati assieme anche per fini illeciti, per

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raggiungere minorenni o per scambiare materiale pedo-pornografico, spesso “sottratto” con inganno agli stessi adolescenti.

Grazie alla disponibilità dei dirigenti delle scuole superiori della provincia di Massa Carrara (MS), dall’anno scolastico 2016-2017 questa tesi di laurea, costituirà la base di un seminario, che verrà portato all’attenzione degli istituti superiori della provincia di dove sono cresciuto e dove tutt’ora, abito.

Capitolo 1.1

Tipi di delinquenti in relazione alla tipologia socio-ambientale

Riguardo ai tipi di delinquenti propri e specifici dei diversi ambienti sociali, in cui la condotta criminale si sviluppa e si realizza, possiamo individuare cinque tipi di delinquenti, precisamente:

1. i delinquenti delle sottoculture criminali: che comprendono gli autori di reati appartenenti a tali sottoculture (spaccio di sostanze stupefacenti, violenze ecc.) e che, in genere, non esercitano alcuna attività produttiva, trovando nel crimine la principale fonte economica di sostentamento. Costituiscono, quindi, una frangia parassitaria ed onerosa per la società e comprendono la maggior parte della criminalità per così dire «comune», abituale o professionale, individuale od organizzata (la c.d. malavita);

2. i delinquenti delle sottoculture non criminali: che abbracciano la criminalità espressione non di sottoculture criminali, ma pur sempre di sistemi sottoculturali, in cui vigono norme e costumi che favoriscono la commissione di reati, i quali, presentando caratteristiche specifiche e frequenza maggiore di quanto non sia rilevabile in altri gruppi sociali, possono considerarsi il frutto di quelle particolari sottoculture. Oltre alle sottoculture degli zingari, delle sale da

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giuoco, delle corse, della prostituzione, ove si originano e alimentano condotte criminose connesse coi valori normativi dominanti, vengono particolarmente evidenziati:

a) i delinquenti delle sottoculture violente: le quali hanno in comune un'ampia tolleranza per la violenza, sentita come non squalificante, ma modo di regolamentazione di certi rapporti interpersonali secondo un codice morale, da esse accettato o imposto;

b) i delinquenti delle sottoculture delle bande conflittuali: le quali costituiscono un particolare tipo del più ampio fenomeno delle bande giovanili e sono caratterizzate dall’oppositività verso la società, i suoi valori e i suoi singoli appartenenti, che si traducono in comportamenti non appropriativi, ma distruttivi e vandalici;

c) i delinquenti della sottocultura dei drogati, rappresentata dai tossicomani, che pressoché inevitabilmente, pervengono alla commissione abituale di delitti, legati all'imperioso bisogno della droga e al suo elevato costo;

3. i delinquenti dei colletti bianchi: che operano nel contesto delle attività socialmente integrate e produttive e si distinguono per l'elevato tasso di immunità. Anche se da qualche tempo si assiste, nel nostro paese, ad una inversione di tendenza, che come reazione talora porta agli eccessi opposti di presunzioni di colpevolezza e di responsabilità di posizione per gli appartenenti al mondo economico, dai quali non è sempre facile difendersi; 4. i delinquenti del potere politico: operanti all'interno delle grandi istituzioni

statali e rappresentati da coloro che coprono le più alte cariche pubbliche (la c.d. criminalità dei governanti). La loro criminalità consiste nella distrazione del pubblico denaro, nel favoritismo e, nei sistemi totalitari o autoritari, anche nei delitti di oppressione politica;

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5. i delinquenti dell'ambiente familiare: che contrassegnano la criminalità legata ai particolari rapporti gerarchici ed affettivi, sussistenti nel contesto familiare, e differenziabile in molteplici tipi (economica, sessuale, violenta, ecc.) . 2

F. Mantovani, Il tipo criminologico d'autore nella dottrina contemporanea, in Rivista Italiana di

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Capitolo 2

Devianze sessuali e delitti sessuali

Particolari disturbi psichici che attengono esclusivamente alla sfera sessuale, sono quelli che in psichiatria vengono definiti parafilie o perversioni sessuali.

Il comportamento sessuale infatti, può essere considerato “abnorme” o anormale e, per aiutarci a distinguere queste due categorie o modo di essere, possiamo classificarlo in base a tre parametri:

a. criterio medico-biologico: valuta come morbosi certi comportamenti quali appunto le parafilie;

b. parametro sociologico: identifica come devianti le condotte contrarie al costume di un certo contesto ed epoca culturale;

c. criterio giuridico: per il quale sono reati talune condotte sessuali specificamente indicate dalla Legge penale.

Dal punto di vista dell’analisi criminologica, si analizzano le parafilie perché, non tutte, ma alcune di esse, è possibile che comportino gravi conseguenze anche dal punto di vista penale.

Solo a titolo di esempio, alcune parafilie implicano il coinvolgimento di partner non consenzienti, configurando conseguentemente reati rientranti nella sfera dei delitti sessuali.

Detto questo, non possiamo certamente fare di tutta l’erba un fascio.

Non tutte le perversioni sessuali comportano la commissione di reati, come allo stesso modo non tutti i delitti sessuali riconoscono la loro matrice in una parafilia.

Per comprendere meglio, possiamo dividere le numerosissime parafilie in diverse categorie; solo per fare un esempio, se prendiamo in considerazione quelle per cui l’investimento sessuale, invece di rivolgersi verso un partner c.d. “normale” ovvero, verso un adulto di sesso opposto, si rivolge verso altri soggetti, ci troviamo di fronte a:

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b. gerontofilia: dove l’interesse libico è rivolto verso persone molto anziane; c. zoofilia: dove l’eccitazione è procurata per mezzo di animali.

Vi sono poi parafilie in cui la deformazione consiste nell’eccitazione provata mettendo in atto comportamenti abitualmente secondari, se non addirittura eccezionali dell’atto sessuale, e allora troviamo:

d. esibizionismo: quando l’atto di mostrare i genitali è il fine esclusivo dell’eccitamento ed è compiuto solitamente verso un estraneo anziché verso il proprio partner;

e. voyeurismo: guardare il partner nudo potrebbe essere considerato, naturalisticamente parlando, una normale pratica sessuale ma in questo caso, l’eccitazione avviene solo ed esclusivamente nell’osservare di nascosto persone estranee che si spogliano senza sapere di essere osservate oppure, nello sbirciare coppie impegnate in attività sessuali.

Potremmo elencare una elenco infinito di parafilie (feticismo, sadismo sessuale, necrofilia, solo per citarne alcune) ma, come specificato, non tutte le parafilie comportano la commissione di un delitto, e quindi interessano ai fini di questa tesi di laurea, basti pensare che da un punto di vista puramente biologico, pure l’omosessualità è una parafilia dove, l’investimento libidico, è rivolto verso un partner dello stesso sesso . 3

Proprio questo esempio ci permette di esprimere la parafilia non solo come deviazione della normalità fisiologica o psichica, ma anche di capire che ogni tipo di devianza, risente fortemente anche del costume di una certa epoca, di una certa società e, anche e soprattutto, della cultura di un determinato popolo.

Oggi è vivace in parlamento il dibattito in merito ai diritti delle coppie omosessuali mentre, non molti anni fa l’omosessualità era considerata un reato.

Anche menti illustri ne hanno fatte le spese, uno su tutti il matematico britannico Alan Turing, lo scienziato che sviluppò la macchina per decifrare il codice enigma dei tedeschi durante la seconda guerra mondiale accorciando di fatto la guerra stessa e che, dalla sua idea nacque quello che successivamente fu denominato computer. Il 31

G. Ponti, I. M. Betsos, Compendio di criminologia, V edizione, Raffaello Cortina Editore, Milano,

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marzo 1952 Alan Turing fu arrestato e portato in tribunale, condannato per omosessualità (atti osceni in luogo pubblico), fu costretto a scegliere tra una pena detentiva di due anni di carcere o la castrazione chimica mediante assunzione di estrogeni. Per non finire in prigione, lo scienziato optò per la seconda alternativa; la depressione legata al trattamento e all'umiliazione subita fu, a parere di molti storici, il motivo determinante che lo condusse, il 7 giugno 1954, al suicidio . 4

Da un punto di vista criminologico, per quanto riguarda le parafilie, particolare attenzione viene rivolta oggi alla pedofilia, a mio avviso la devianza per eccellenza, un poco perché sembra che il fenomeno sia in aumento, un poco anche perché oggi contiamo tra gli arrestati o comunque, denunciati, molti dei soggetti c.d. “insospettabili”.

Nelle diverse specie di parafilie analizzate, dobbiamo fare una ulteriore distinzione tra chi, soggetto parafiliaco, indirizza le proprie pulsioni sessuali verso un soggetto o un oggetto particolare senza andare oltre a quello che è il confine immaginario del reato penale e, quel soggetto parafiliaco che invece, riversa le proprie pulsionalità commettendo anche uno o più reati per ogni atto sessuale.

Per meglio comprendere basti pensare al soggetto pedofilo. In base alla distinzione di cui sopra, è necessario analizzare se il soggetto in questione si limiti a riversare la propria pulsionalità visionando immagini o video pedo-pornografici, senza intercorrere in alcuno dei reati previsti e puniti dal nostro codice penale, o se, il soggetto oltrepassa quella linea immaginaria che lo rende un criminale, scaricando nel proprio computer tali immagini o video o, ancora, avendo veri e propri rapporti sessuali con minori degli anni diciotto.

Questa distinzione aiuta a comprendere come non tutti i soggetti parafiliaci siano in realtà criminali sessuali, così anche come non tutti i pedofili, sono criminali.

Viene inquadrato nella figura di delinquente nei reati sessuali solo quel soggetto che commette un reato previsto e punito dal nostro ordinamento, che riguardi la sfera sessuale della sua vittima, non anche chi, soggetto parafiliaco, intraprende un’attività

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sessuale che la società c.d. comune possa ritenere abnorme o immorale ma che, non scade in un comportamento penalmente rilevante.

Capitolo 2.1

Condotte sessuali devianti

In una prospettiva meramente sociologica, sono considerate condotte sessuali devianti, quelle che assumono la qualifica di devianza poiché censurate, in quanto contrarie alle norme del costume o della morale.

Mentre in natura l’esercizio della sessualità è regolato da norme che si rifanno all’istinto riproduttivo, nell’uomo, il comportamento sessuale è essenzialmente appreso, ed è regolato ed incanalato da norme culturali, anche se è pur sempre mosso in larga parte dall’istinto libidico, spesso appunto, represso, poiché socialmente contrario alle norme o alle condotte comuni.

Da quando esiste una società umana infatti, tutto quanto è stabilito, regolamentato e controllato, anche se ovviamente tali norme si evolvono continuamente in base al tempo ed ai luoghi.

Le regole del costume per esempio prevedono l’età, i tempi e i modi della vita sessuale, i tipi di partner, i metodi di corteggiamento, i rituali del matrimonio e della procreazione, definendo ciò che è moralmente ammesso e ciò che non lo è.

Ecco che in alcuni contesti culturali sono tollerati o ritenuti leciti oppure all’opposto, severamente censurati, l’omosessualità o la pedofilia.

Nella prospettiva giuridica, anche per la sessualità, avviene che siano di volta in volta identificate come maggiormente importanti certe norme, poiché tutelano principi, tabù o privilegi che appaiono meritevoli di particolare protezione.

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Si parla allora di delitti sessuali come quei comportamenti, proibiti dalla legge e motivati dall’impulso sessuale . 5

La promulgazione della legge 3 agosto 1998 n. 269, recante “Norme contro lo

sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù”, permette di tutelare i minori

quando si ritrovano nella condizione di vittime.

Questa normativa, è scaturita quale risposta alle preoccupazioni e agli scandali, suscitati in molti paesi, dalle sempre più frequenti, segnalazioni di episodi di abuso sessuale da parte di pedofili ai danni appunto di minori.

Vengono così puniti più severamente, l’induzione di un minore alla prostituzione e il suo sfruttamento, il favoreggiamento, la produzione di materiale pedo-pornografico nonché il suo commercio, la sua distribuzione, divulgazione e pubblicazione.

Inoltre viene punita anche la diffusione di informazioni atte a favorire l’abuso sessuale di minori.

Anche la cessione gratuita di materiale pornografico, che abbia come oggetto minori, nonché le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, sono definite come gravi delitti.

Si configura necessariamente come delitto, l’atto sessuale compiuto con un minore, come accade nella pedofilia.

Questo configurazione si ha anche se non viene inflitta violenza reale, e logicamente anche se la vittima è consenziente.

La Legge presume infatti che l’attività sessuale sia presuntivamente violenta se viene esercitata da un adulto con un minore di quattordici anni, e in talune circostanze di sedici.

Dal punto di vista del diritto, le parafilie, non vengono considerate infermità tali da incidere sulla imputabilità, talchè chi ha compiuto un reato come sadico, esibizionista o pedofilo è ritenuto capace ai fini della responsabilità penale.

Diverso è il discorso quando queste devianze si hanno su un soggetto che è affetto da malattie psichiatriche di qualsiasi tipo. In tal caso la condotta sessualmente anomala

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deve essere fatta rientrare nell’ambito della destrutturazione della personalità che tale psicosi comporta.

Un esempio è la pedofilia che si riscontra a volte nei soggetti con ritardi mentali, che si sentono spesso inadeguati a conquistare un partner adulto e, di conseguenza, rivolgono l’attenzione e la loro pulsionalità verso un soggetto più facile da conquistare quale un bambino.

Anche l’intossicazione alcolica, cronica o acuta può portare a favorire la manifestazione di tendenze perverse per gli effetti di disinibizione e di scadimento dei sentimenti morali che essa determina, anche se poi con il proseguire degli abusi dell’alcol, la sessualità è del tutto impedita dal sopravvenire dell’impotenza.

In queste condizioni, quando la perversione sessuale è espressione di una soggiacente infermità mentale, l’imputabilità verrà valutata secondo i criteri che si adottano abitualmente quando la capacità di intendere o di volere è compromessa da causa morbosa, in funzione quindi della gravità della stessa.

Dalla comune esperienza però sappiamo che nella maggior parte dei casi, le deviazioni sessuali, si riscontrano in soggetti che non sono portatori di alcuna infermità mentale. Se un soggetto parafilico non è psicotico, né compromesso nell’intelligenza o cronicamente intossicato, né portatore di altre malattie mentali, dovrà presumersi dunque capace di intendere il significato illecito della sua condotta, sia sotto l’aspetto morale che su quello giuridico, sia in riferimento all’autodeterminazione.

Soprattutto non si deve pensare che la volontà del cosiddetto “perverso” debba essere compromessa necessariamente solo perché la pulsione sessuale è deviata.

Non è detto che gli impulsi, solo perché anomali, siano più irresistibili di quelli normali.

Se un individuo con orientamento psico-sessuale “normale”, è tenuto ad indirizzare la propria pulsionalità in senso giuridicamente lecito e senza ledere gli altri, altrettanto è richiesto a chi abbia pulsioni diversamente polarizzate . 6

G. Ponti, I. M. Betsos, Compendio di criminologia, V edizione, cit. pag. 17.

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Capitolo 3

La pedofilia

Si considera pedofilo il soggetto che, avendo già compiuto sedici anni, è attratto sessualmente da bambini alla soglia della pubertà o, talvolta anche più piccoli.

Chiaramente è indifferente l’essere attratto da soggetti maschili o femminili, anche se esiste un pensiero comune, errato, secondo cui i soggetti a rischio siano soltanto le bambine.

Ad oggi in realtà, possiamo affermare che la pedofilia verso i soggetti maschili sembra in aumento, se non addirittura paritaria come numeri a quella femminile, come dimostrato anche dal questionario somministrato agli studenti (vedi infra).

Oggi siamo consapevoli che molti sono i casi di donne pedofile, infatti, su un campione di 100 abusi, 8 sono stati perpetrati da donne ed il due per cento dei siti pedo-pornografici è dedicato a loro.

Le statistiche ci dicono comunque che nell’89% dei casi, l’offender, è un soggetto maschile mentre, la causa scatenante di questa devianza sessuale, è ancora sconosciuta alla scienza.

In Italia si stima che solo il 20% dei casi venga portato a conoscenza delle autorità e che comunque, nonostante questo c.d. numero oscuro, sono attestati circa 20.000 casi l’anno.

La pedofilia viene considerata una manifestazione psicopatologica; l’interesse sessuale nei confronti dei bambini è considerato un’ alterazione di interesse clinico.

Essa infatti nei manuali diagnostici più accreditati a livello internazionale, è inserita tra le parafilie ovvero, tra le alterazioni a carico della sfera sessuale.

Ma alterazione di interesse clinico della sfera sessuale, non equivale a condizione in grado di innescare un cortocircuito di tale portata, da escludere la capacità di intendere e di volere; condizione imprescindibile per rispondere a livello penale, delle proprie azioni.

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Il concetto di psicopatologia, richiama immediatamente l’idea di scarsa consapevolezza delle proprie azioni, e quindi, di minore responsabilità nei confronti dei propri atti.

In effetti, esistono psicopatologie (come ad esempio alcuni tipi di schizofrenia), che sono in grado di boicottare il principio di realtà di chi ne è affetto, fino ad escludere o diminuire sensibilmente la sua capacità di autodeterminarsi e di comprendere la portata delle proprie azioni.

Basti pensare al soggetto che aggredisce e ferisce a morte, un altro individuo, in preda ad un delirio persecutorio o a delle allucinazioni. Ma non è questo il caso della pedofilia.

La condizione di pedofilo infatti, nella maggior parte dei casi, è caratterizzata dalla lucida consapevolezza della portata criminale del proprio comportamento.

I pedofili valutano la situazione, riflettono attentamente e poi decidono il da farsi. Vi sono delle precise strategie cognitive alla base del loro operato, per mantenere segreta la loro perversione proteggendo così la loro possibilità di reiterarla . 7

Ad oggi un “terreno di caccia” importantissimo per questi soggetti deviati è la rete internet.

Le potenzialità connesse alla condivisione e alla diffusione delle informazioni attraverso la rete hanno consentito ad adulti interessati sessualmente ai minori di aggregarsi in circuiti più o meno esclusivi, funzionali soprattutto, ma non solo, all’esigenza di auto-legittimarsi e normalizzare in questo modo una pratica che affonda le proprie radici antisociali nella devianza anche patologica dei costumi sessuali.

Questo tema si riallaccia alla così detta “cultura pedofila”, movimento che sin dalla fine degli anni ’90 è noto agli investigatori di tutto il mondo attraverso le attività di monitoraggio della rete.


La funzione normalizzante e manipolatoria di questi spazi di discussione e d’incontro in rete segna la propria apoteosi in occasione della “giornata dell’orgoglio pedofilo” che ogni anno viene celebrata nel Web, aggregando non solo comunità pedofile ma

R. Bruzzone, Il profilo criminologico del pedofilo, in Alterego, 3, 2007.

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anche altre categorie di sostegno quali i siti dedicati alla libera manifestazione del pensiero.

Dal Pedophile Liberation Front (Fronte di liberazione pedofila) emerge negli ultimi anni, la correlazione tra il diritto della sessualità per, e, con, i minori, e la tematica della liberazione dei costumi sessuali che, per passaggi progressivi, viene discussa in rete come libertà di manifestazione del pensiero.


La provocazione lanciata dai sostenitori del pensiero pedofilo ha periodicamente attivato la cooperazione internazionale di polizia nella conduzione di importanti indagini nei confronti di questi spazi Web di mera condivisione ideologica che hanno, tuttavia, sistematicamente portato all’emersione, in fase investigativa, di casi reali di abuso sessuale su minori.

Nel nostro paese, il testo di Ratifica della Convenzione di Lanzarote contiene una nuova norma che introduce il reato appunto, di pedofilia culturale definita come: Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedo-pornografia.

Capitolo 3.1

L’abuso sui minori, ieri ed oggi

Nel momento in cui ci si accinge a trattare un argomento così difficoltoso come l’abuso sessuale dei minori, viene spontaneo domandarsi se esisteva e cosa si intendeva per abuso su minori in passato.

La prima realtà di questo genere, la troviamo in Grecia Antica.

Fra i fanciulli ed i loro maestri vi era una sorta di scambio intellettuale ed affettivo: l’uno lasciava che l’adulto si servisse del suo corpo, l’altro amava ed istruiva il

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ragazzo per la vita che lo attendeva, iniziandolo al mondo degli adulti, con un animo spirituale e, nello stesso tempo, sessuale.

Il ruolo dell’adulto era dunque quello di “pedagogo”: egli insegnava ai ragazzi “a

godere nella giusta misura dei piaceri della vita: i canti e la danza, il vino e l’amore” (Cantarella, 1998).

Tale amore omosessuale tra adulto e fanciullo non viene considerato come un abuso sessuale vero e proprio, ma è, al contrario, accettato socialmente a tal punto che per un ragazzo è un “onore” essere amato da un adulto.

Tuttavia, nonostante il costume sociale accoglieva questo tipo di relazioni, i rapporti sessuali con i bambini al di sotto dei dieci-dodici anni erano anche allora condannati come contrari al comune pensiero del popolo.

Si può ritenere che una forma di abuso sessuale si trovi solamente nei confronti dei minori di quattordici anni in quanto, solo questi sono i soggetti presi in considerazione dalla legge e dalla società per essere protetti.

I bambini dai sei ai dodici anni (quelli di età inferiore non compaiono nelle fonti), risultano soggetti ad abuso sessuale, dal momento che la società condanna, bollandoli d’infamia, coloro che intrattengono rapporti con loro.

Per quanto riguarda i ragazzi di età compresa fra i dodici ed i quattordici anni, vi era abuso sessuale solo nel caso in cui l’unico scopo del rapporto fosse il piacere fisico dell’adulto, a scapito della fiducia e della persona del bambino.

La legge rimane comunque distaccata al riguardo, prevedendo solo una pena pecuniaria.

L’origine dell’abuso sessuale vero e proprio è nei riti iniziatici.

Come in molte altre civiltà del passato, la vita di un abitante dell’antica Grecia veniva divisa in diverse fasce d’età e, per poter passare da una fascia all’altra era necessario superare diverse prove: i cosiddetti riti di passaggio o di iniziazione.

I bambini di sei-sette anni dovevano vivere un periodo di segregazione con un uomo adulto, al tempo stesso loro maestro e loro amante.

Il ruolo di quest’uomo non era visto come negativo, ma piuttosto come maestro di vita in un rapporto pedagogico-amoroso.

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Nell’antica Roma la situazione era nettamente diversa, si perde infatti la dimensione spirituale che caratterizzava la pederastia greca.

Il fanciullo diviene espressione della forza e della potenza egocentrica del cives romano, il quale aveva la necessità di dimostrare che esso era il più valoroso, il più forte e colui che domina, anche in campo sessuale.

La situazione che venne a crearsi fu di importanza tale che i genitori avevano paura anche a lasciare i propri figli giocare per strada e, chi poteva permetterselo, solo i benestanti quindi, li proteggevano, secondo il racconto di Plutarco, mettendogli addosso una bulla d’oro, affinché durante le ore in cui giocavano mezzi nudi per la 8

strada non fossero scambiati per schiavi e fatti oggetto di seduzione.

I Romani disprezzavano il ruolo passivo di sottomissione, anche nella sessualità; secondo i boni mores e le disposizioni di diritto, essi non dovrebbero ricercare rapporti omosessuali con uomini e fanciulli liberi al pari di loro ma, dovrebbero accostarsi solo agli schiavi ed ai liberti, sia fanciulli che donne o uomini.

Nella realtà però la situazione era differente in quanto, le norme non erano rispettate e, a farne le spese erano proprio i fanciulli.

I bambini e le bambine inoltre, in parte tutelati dalle poche leggi romane dedite al contrasto della pedofilia, erano solo quelli liberi, figli di cives romani.

Con il secolo I d.C. si comincia ad avere una diffusione del messaggio cristiano nel territorio dell’Impero Romano.

Nel campo della sessualità, viene sottolineata l'importanza del matrimonio come un momento di unione della coppia. L'atto sessuale in sé non viene condannato, ma si ritiene che esso debba avere forza creatrice.

Si ha, dunque, la condanna sia dell'omosessualità che della pedofilia, anche se queste pratiche polimorfe fanno parte della realtà sociale dei primi secoli.

Nel periodo tra il IV ed il XIV secolo, invece, la presenza dell'infanzia non viene rilevata. Nei testi che ci sono tramandati, soltanto gli adulti sono i protagonisti.

La bulla, simbolo della purezza, è un gioiello formato da due piastre concave sovrapposte tra le quali

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Soltanto nel cinquecento, nei testi e nelle arti figurative, si cominciano a ritrovare le prime tracce della presenza di bambini.

Sembra che il sentimento della famiglia sia ignoto nel medioevo, e che sia nato soltanto nel quattrocento-cinquecento, per giungere al vigore dell'espressione definitiva nel seicento.

Secondo alcuni storici le violenze sessuali subìte dei bambini, vengono giustificate spiegando che questo atteggiamento “scherzoso” a proposito del sesso dei bambini, appartiene ad una tradizione diffusissima e perciò non degna della rilevanza del giudizio che vi daremo noi oggi.

Secondo altri invece, non è l'amore che manca ai genitori nei confronti dei loro figli, piuttosto la maturità emozionale di vedere il figlio come una persona a sé.

Non si riscontrano in questi anni notizie sul comportamento degli adulti che hanno in custodia i fanciulli, soprattutto per quanto riguarda l'ambito dell'abuso sessuale o dei maltrattamenti.

Ciò può significare che i comportamenti, che attualmente sono considerati abuso sessuale, nel medioevo non erano considerati degni di nota, perché non ritenuti offensivi del bambino o della morale, ma, al contrario, considerati come del tutto normali e non disapprovati dalla società.

Normalmente, i bambini che venivano abbandonati, sia maschi che femmine, erano spesso impiegati nelle case di prostituzione, tanto che gli scrittori ammoniscono i padri di famiglia a non frequentare i bordelli, poiché in essi potrebbero trovare il proprio figlio o la propria figlia abbandonate di nascosto.

Una particolare attenzione, deve essere poi rivolta alla fondazione dei grandi monasteri e conventi, dove centinaia di giovani si ritrovano per iniziare il loro cammino religioso.

La situazione di abuso di minori in questi ambienti è molto frequente, tra l'altro una situazione non lontana da quella odierna.

Per ovviare a questa situazione, solo per fare un esempio, la “regola benedettina (LXX)” minaccia di punire coloro che infierivano sui fanciulli senza moderazione.

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Le famiglie, poi, vivono una forte promiscuità, a causa della quali figli fino a sei-sette anni dormono nello stesso letto con i loro genitori e sono solitamente presenti durante rapporti i sessuali.

Anche P. de Dainville, storico dell'ordine dei gesuiti e cultore della pedagogia umanistica, osserva che il rispetto e l'attenzione dovuta all'infanzia nel XVI secolo sono del tutto ignorati; “Davanti ai bambini ci si permette di tutto: parole crude,

azioni e situazioni scabrose, i bambini hanno sentito tutto, hanno visto tutto”.

Nelle città italiane dei secoli successivi, si hanno testimonianze di reati sessuali nei confronti dei minori: Firenze, Venezia e Lucca, in particolare, prevedono leggi volte a contenere questo fenomeno.

La repressione delle pratiche sodomitiche è forte e le pene prevedono non soltanto multe, ma persino l'esilio dalla città o la pena di morte, anche se queste vengono applicate raramente.

Rispetto al quadro generale, in Francia troviamo una situazione diversa all'interno della Corte di Versailles.

Luigi XIII è la figura dominante di questo periodo. Egli sale al trono a soli nove anni nel 1610.

Si legge nei diari di quel tempo che nessuno esita, o vede qualcosa di scorretto, di diseducativo o di negativo, nei primi tre anni di vita del piccolo Luigi nel toccare “per burla, per gioco” gli organi sessuali del bambino (Ariès, 1994).

Il padre stesso di Luigi, contribuisce a questo tipo di educazione, stimolando l’organo sessuale del figlio dopo averlo fatto spogliare e coricare assieme a lui nel letto.

Il futuro re è abituato a frequentare il letto della madre e del padre, ad esser presente mentre questi hanno rapporti sessuali.

Luigi XIII, è frequentemente fatto oggetto di seduzione da parte degli adulti che lo circondano, in una fase di crescita dove, come osserva Freud, “pudore, disgusto e

morale sono, secondo l'età del bambino, o ancora sconosciuti o appena in formazione”.

Diversi storici ritengono che il comportamento sessuale imposto a Luigi XIII sia solo frutto dell'epoca in cui il piccolo vive.

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Il secolo XVIII è un periodo storico intriso dalla severa morale cattolica.

La Chiesa infatti, ha predicato per secoli l'importanza della sessualità esclusivamente procreatrice.

In questi anni si alza l'età media matrimoniale e subentra l'obbligo da parte dello stupratore di sposare la fanciulla deflorata.

Il padre di famiglia, esercita abbastanza liberamente il suo potere in ambito familiare: soprattutto verso la moglie, le figlie femmine ed i bambini; questi soggetti possono infatti essere violentati impunemente purché la cosa non diventi di dominio pubblico, ma rimanga nel seno della famiglia.

In questa situazione di severità morale e di violenza nascosta, il numero delle denunce per violenza sessuale è molto basso e rare sono le condanne dei colpevoli.

In Francia, Soltanto nel 1791, quando la violenza sessuale non è più considerata soltanto un peccato contro Dio ma anche un crimine contro la persona, si potrà avere la qualificazione del soggetto passivo come “vittima”.

Al termine del XVIII secolo, nell’élite inglese, vengono testimoniati casi in cui la pederastia è praticata abitualmente e diviene una sorta di forma di protezione nei confronti dei giovani bisognosi di una guida più matura, recuperando, seppur con ipocrisia, il rapporto pedagogico-amoroso del maestro e dell'allievo dell'antica Grecia. Un notevole cambiamento si ha con l'entrata in vigore del nuovo codice francese nel 1791: spariscono le incriminazioni per le giovanissime: le bambine che venivano giudicate seduttrici, non sono più considerate tali, e passano da una situazione che le vedeva come complici, a quella di vittime di reato.

Il secolo XIX può essere considerato un punto di svolta per la concezione di abuso sessuale nei confronti dei minori.

Nella seconda parte del secolo, in particolare, si ha una maggiore attenzione all’infanzia, sia a livello fisico, sia a livello psicologico; Sigmund Freud inizia a formulare le sue teorie sulla psicoanalisi infantile.

I diversi mutamenti legislativi di questi anni, rispecchiano il lento mutamento dell'opinione pubblica che, dapprima, pur condannando tali atti non ritiene possibile che un bambino possa essere vittima dello stupro, ma poi, ci si accorge della debolezza

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e della fragilità del fanciullo davanti all'adulto, che, anche senza l'uso della violenza riesce ad approfittarsi subdolamente della sua ingenuità.

A partire dai primi decenni del XIX secolo, si ha un forte aumento delle denunce di abusi sessuali nei confronti di fanciulli.

Gli stupri, o meglio i processi per stupro che hanno come vittima le donne, aumentano, ma non con la stessa rapida ascesa di quelli sui minori.

Ciò non toglie che il c.d. numero oscuro dei reati sessuali perpetrati sui bambini nel XIX secolo, così come nei giorni nostri, sia molto alto.

I primi cambiamenti radicali si iniziano a vedere con la previsione dell’attentato al pudore nel codice francese del 1810.

Tale locuzione, nel caso di atti contro bambini, è usata come eufemismo per definire il tentativo di stupro.

La giurisprudenza nei primi decenni del XIX secolo, ritiene che, per questioni fisiche, non sia possibile da parte dell'adulto penetrare un fanciullo o una fanciulla; dunque, qualora il pedofilo non avesse avuto il coito, non si sarebbe potuto configurare lo stupro né, tantomeno, il tentativo.

Inizia solo successivamente a farsi strada, l'idea che vi possa essere una differenza tra “violenza fisica” e “violenza morale”; anche se quest'ultima non viene considerata come elemento essenziale del reato.

Soltanto l'uso della forza materiale ed armata, infatti, permette di qualificare il reato in base alla legge e di considerare colpevole un adulto che commette abuso sessuale su minore.

Già nel 1813, Fodéré, medico legale, lamenta la mancata considerazione di quella che egli chiama “una specie di violenza”.

Secondo tale autore infatti, vi è violenza tutte le volte in cui la volontà della persona è stata compromessa.

Ci si accorge, dunque, in questi anni della grave lacuna legislativa.

Non si ha un'ammissione esplicita della violenza morale, però si considera la possibilità che il danno nei confronti del bambino, possa essere causato senza l'intervento della violenza fisica.

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Ricercando una ragione storica del perché vengano scelte spesso bambine con età intorno ai dieci-tredici anni, non possiamo che formulare diverse teorie ma senza purtroppo poter giungere ad una risposta univoca.

Uno dei motivi potrebbe essere che, a causa dell'età, queste ultime non oppongano resistenza, dal momento che non comprendono la gravità dei gesti cui soggiacciono. L'inconsapevolezza è, dunque, uno degli elementi che porta il colpevole a scegliere come vittima di abuso sessuale un minore.

Le bambine che subiscono abusi sessuali spesso tacciono; la vergogna nel momento in cui comprendono e la paura delle minacce dell'aggressore, oppure la paura di essere sgridate per ciò che hanno permesso potesse accadere o ancora, il senso di colpa che l’adulto-abusante fa sorgere in loro, coinvolgendole come collaboratrici o seduttrici, sono spesso i motivi scatenanti del rifiuto a parlare di quanto successo, che genera nelle vittime un senso ancora maggiore di sconforto, di spersonalizzazione del loro “Io” interiore . 9

Capitolo 3.2

Gli abusi sessuali in famiglia

La c.d. violenza domestica, cioè la violenza che si manifesta nell'ambito dei rapporti parentali o più strettamente familiari, si presenta per lo più come fattispecie speciale o di specie rispetto a quella generale di c.d. violenza di genere, intendendosi quest'ultima la violenza dettata da motivi legati al genere, in particolare femminile, della vittima.

P. Gerbino, L’abuso sessuale dei minori nella storia, in Rassegna Italiana di Criminologia, 1, 2004,

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Secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, questo tipo di violenza soprattutto se contro le donne, rappresenterebbe la più pervasiva e meno riconosciuta forma di violazione dei diritti fondamentali della persona.

Nel dibattito attuale, sia l’espressione c.d. violenza di genere sia quella di c.d. violenza domestica possono così essere assunte in un'accezione ampia, tale da ricomprendere anche la violenza che si esplica verso i minori e quella verso gli anziani.

Ciò che accomuna queste vittime, donne, minori, anziani è la loro vulnerabilità.

Ai nostri fini, il concetto di c.d. violenza domestica si presta dunque a delimitare il fenomeno della violenza che coinvolge vittime particolarmente vulnerabili e cioè vittime esposte quali i minori nel contesto della famiglia, e che nell'attuale dibattito internazionale viene considerato un problema sociale.

Come è stato da ultimo osservato, in tema di “famiglia”, forse più che in altri, le scelte del diritto sono dettate, almeno nei contenuti, dalla società di riferimento: i mutamenti di valori, le esigenze di un mondo in perenne trasformazione hanno spesso imposto la ricezione giuridica di quanto nella prassi era già patrimonio condiviso.

Con riferimento al settore penale familiare e soprattutto a quello più specifico relativo ai delitti contro la famiglia del titolo XI, se per un verso la società di riferimento degli anni '30 ha fortemente guidato le scelte di diritto del codice penale, i mutamenti sociali che hanno contrassegnato l'evoluzione sociale moderna e postmoderna in tema di famiglia non hanno potuto ancora intaccare quelle scelte, nonostante una significativa opera di mediazione interpretativa da parte della prassi . 10

Per effetto della mutazione della società e delle modifiche normative degli ultimi anni, si può notare che da un recente passato, nel quale ciò che avveniva fra le mura domestiche godeva di una sorta di immunità di fatto, si è passati ad una maggiore consapevolezza circa gli abusi familiari, spesso diretti a minori e specialmente ove sessualmente connotati.

Tuttavia, con tutta probabilità, piuttosto che un aumento dei casi, siamo in presenza della emersione di condotte da sempre presenti.

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Non può tacersi il rischio che almeno una minima parte dei reati denunciati o soltanto segnalati siano dovuti alla presenza di vittime apparenti o simulatrici, rischio forse accresciuto anche dalla non piena consapevolezza da parte del minore delle conseguenze provocate nel “mondo degli adulti”.

Né può negarsi che numerose denunce si manifestino quando la famiglia è in crisi: il che induce a pensare che talvolta si simuli un abuso sessuale mai avvenuto.

Infine, è opportuno notare che a volte si ha la tendenza a ritenere che ogni manifestazione esteriore, fisica o psichica, non perfettamente “allineata” sia dovuta a fenomeni di violenza sessuale, anche per l’importanza e l’allarme sociale che questo problema suscita.

Gli abusi sessuali intra moenia, sono particolarmente dannosi per la vittima “infungibile” vulnerata, perché se tendenzialmente paiono più “artigianali”, in quanto non necessitano di un apparato organizzativo ulteriore (amaramente: basta la famiglia), contano sull'omertà, che consente impunità e possibile ripetitività delle turpi pratiche. Ma non sono solo i minori che, all'interno della famiglia, possono subire violenze di ogni genere; dunque, anche quelle di stampo sessuale.

La circostanza che a commettere un abuso sessuale sia un genitore, non è ormai da considerarsi una cosa rara e di impossibile realizzazione.

La problematica della violenza sessuale infra-muraria suggerisce di approfondire un ulteriore profilo che richiede una soluzione giuridica ponderata, anche in considerazione della circostanza che tale aspetto si presenta con particolare frequenza ed altrettanta evidenza nella prassi.

Il problema è che spesso, se non quasi sempre, la violenza sessuale in famiglia è consentita dal mancato intervento di altri membri della stessa, che in qualche modo “sapevano”.

È evidente, infatti, che ciò che viene commesso all'interno delle mura domestiche possa non essere noto all'esterno del nucleo familiare.

Ma è altrettanto plausibile, e purtroppo frequente, che qualcuno della famiglia, invece, sia a conoscenza delle relazioni lecite ed illecite all’interno delle mura familiari.

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Più precisamente, è frequente il caso della violenza sessuale intra-familiare che veda come protagonista attivo un soggetto, solitamente di sesso maschile: il padre, il nonno, lo zio, e, come protagonista omissivo, un altro soggetto, solitamente questo di sesso femminile: la madre, la nonna, la zia, e, vittima un minore: figlio, figlia, nipote.

Di qui, un duplice profilo, umano e giuridico: spesso, per la vittima, non è meno grave del subire direttamente la violenza sessuale, il vedersi negato l'aiuto da parte di un soggetto sul quale il minore poteva e doveva contare; allo stesso tempo, il familiare è anche l'unico soggetto che concretamente è in grado di salvaguardare e proteggere il minore.

Ora, al di là del caso nel quale anche il soggetto che non commette direttamente la violenza sul minore è, a sua volta, vittima della violenza dell'altro membro della famiglia, e che detta violenza sia talmente grave da far entrare in gioco il costringimento fisico o lo stato di necessità determinato dall'altrui minaccia, si pone il problema della valutazione giuridica della condotta omissiva.

Al riguardo, ai sensi degli artt. 147 e 148 c.c., il genitore assume nei confronti dei figli obblighi di assistenza e di protezione, pertanto, il genitore esercente la potestà sui figli minori (generalmente, la madre) risponde, a titolo di causalità omissiva di cui all'art. 40 c.p. degli atti di violenza sessuale compiuti, solitamente, dal padre o da un convivente, sui figli allorquando sussistano le condizioni rappresentate:

a) dalla conoscenza o conoscibilità dell'evento;

b) dalla conoscenza o riconoscibilità dell'azione doverosa incombente sul “garante”; c) dalla possibilità oggettiva di impedire l’evento.

Nella giurisprudenza di merito si è affermato che possono essere chiamati a rispondere

ex art. 40 c.p., per i fatti commessi in danno dei nipoti, la nonna o gli zii cui gli stessi

siano temporaneamente affidati in assenza dei genitori, come pure gli estranei, conviventi delle madri o amici, che si trovino nella stessa situazione.

Per inquadrare correttamente la questione dal punto di vista giuridico, occorre verificare se i genitori o tutori abbiano o meno l'obbligo giuridico di impedire un evento, nei confronti dei figli minori, assumendo la qualifica di garanti.

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Ora, che i genitori abbiano nei confronti dei figli minori, particolari e stringenti obblighi, sembra dato talmente ovvio da apparire “naturalmente” dimostrato.

Dunque, si può sostenere con certezza che il genitore ha l'obbligo giuridico di impedire eventi lesivi o pericolosi ai danni del figlio minore, nei confronti del quale assume la posizione di garante.

Senonché, si è talvolta resa la questione più complessa di quanto le affermazioni di principio lascino supporre.

In tal senso, si è, ad esempio da un lato, affermato che è fuori dubbio che i genitori abbiano l'obbligo di impedire che i figli subiscano eventi lesivi della vita e dell'integrità fisica, dall'altro si è concluso che nella responsabilità della madre per non aver impedito la violenza carnale ai danni della figlia, la posizione di garante del genitore, inclina facilmente ad assumere coloriture di stampo eticizzante.

Ma così facendo sembra quasi che il bene della libertà sessuale sia un bene “minore”, oppure un bene da poter discriminare, nella tutela, proprio per motivi legati alla sua peculiare natura.

La soluzione preferibile sarebbe quella di ritenere possibile la responsabilità penale per omesso impedimento dell'evento del soggetto che aveva l'obbligo giuridico di impedirlo.

Pertanto, come si può ammettere la responsabilità del padre che non impedisce la uccisione del figlio minore da parte di altri parenti, ad analoga conclusione può pervenirsi nell'ipotesi di mancato impedimento della violenza sessuale.

Una parte della giurisprudenza è orientata in tal senso.

In particolare, si è ritenuto che si possa ritenere responsabile di violenza sessuale, la madre che assiste consenziente, pur se non cooperante, all'amplesso fra la propria figlia quattordicenne ed il genero, senza nulla fare per impedirlo, come ne aveva l'obbligo giuridico.

Analogamente, si è deciso che, in base al precetto contenuto nell'art. 147 c.c., per la madre che compartecipi alla consumazione degli atti di libidine o di violenza sessuale in danno dei figli minori ad opera del proprio convivente.

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