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La Francia tra le due guerre, il fallimento delle élites economiche

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Academic year: 2021

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Facoltà di Scienze Politiche

Laurea Specialistica in Politiche e Relazioni Internazionali

“Il Fallimento delle Ѐlites Economiche

nella Francia fra le due guerre”

Relatore Candidato

Alessandro Volpi Manuela Accogli

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Indice

Capitolo uno: Il primo dopoguerra.

I) Conseguenze socio- economiche p.1-6

II) Prime elezioni politiche p.6-13

III) Cartel des gauches p.13-37

IV) Esecutivi di Unione Nazionale p.37-39

V) Ministeri Poincaré p.39-43

VI) Rapporti fra Francia e Germania p. 43-46 VII) Stabilizzazione della moneta p.46-56 VIII) Piano Dawes e

riparazioni tedesche p.56-69

Capitolo due: La crisi finanziaria.

I) Effetti della depressione economica p. 70-78 II) Il Primo Ministero Tardieu p.78-91

III) Piano Dawes p.91-92

IV) Il rientro parlamentare

di gennaio 1930 p. 92-95

V) La Conferenza Navale di Londra p. 95-97 VI) La crisi economica mondiale p. 99-115 VII) Il fallimento della Banca Oustric p. 115-129

VIII) Il piano Boret p.129-134

IX) Pierre Laval p.134-144

X) Rapporti fra Francia e Germania p.144-156 XI) La convenzione

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Capitolo tre: Dalle leghe al Fronte Popolare.

I) Elezioni politiche 1932 p.166-170

II) La sinistra francese

degli anni 30 p.171-172

III) La destra in Francia p.172-174

IV) Difficoltà finanziarie p.174- 189

V) Lo scandalo Stavisky p.189- 197

VI) Il secondo Ministero Daladier p.197- 209 VII) Il secondo Ministero Doumergue p.209-215 IX) La delegazione francese

alla Conferenza sul disarmo p.215-219

X) Ministero Flandin p.219-220

XII) Annessione della Sarre

e la Conferenza di Stresa p. 220-222

XIII) Il quarto Ministero Laval

e la formazione del Fronte Popolare p.222-231 XIV) Vittoria del Fronte Popolare p.232- 237 XV) L’arresto di Maurras

e il suicidio di Salengro p.237- 242

XVI) La sconfitta p.242-245

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Prefazione

Grandi élites finanziarie condizionavano, nella Francia della III Repubblica, partiti, uomini politici, rappresentanti di grandi istituti finanziari e sindacati. Un esempio viene da Gaston Doumergue e Maxime Weygand, coinvolti nell’approvazione del finanziamento del Canale di Suez.

Pratiche ordinarie rappresentavano, agli occhi di chi veniva coinvolto nel vizioso circolo della corruzione, la garanzia che coloro che fossero in grado di controllare certi istituti pubblici lottassero per preservare lo status quo socio- economico.

Nel 1935 Charles- Laurent, fra i principali azionisti del Comité des Forges, al fine di tutelare i propri interessi nelle principali società elettriche costituì un gruppo di propaganda per combattere i progetti dei partiti di sinistra per la diminuzione del prezzo della corrente elettrica e la nazionalizzazione del servizio.

Un altro caso, quello di Ѐdouard Pfeiffer, che ricoprì la carica di segretario generale del partito radicale e di giornalista presso il quotidiano “La République”, conosciuto per il tentativo di dissuadere i propri compagni interessati al monopolio sulle assicurazioni sociali. Il suo progetto fallì quando Daladier, che aveva preventivato tra il 1934 e il 1935 il suo ritorno al potere sulla base di consensi provenienti soprattutto dai partiti di

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sinistra, si espresse a favore di un programma di riforme sociali e politiche.

Altra figura critica della III Repubblica francese, era rappresentata da Pierre Laval, che poteva contare sull’appoggio di certi ambienti elitari economici impegnati nel settore delle assicurazioni, dell’elettricità e del petrolio.

Laval si ritrovava in più occasioni nella posizione di ricoprire cariche pubbliche come quella di Ministro, durante gli esecutivi di Tardieu e di Reynaud e rappresentava un idolo per i gruppi di destra e per le redazioni “L’Ѐcho de Paris” e “Journal des Débats”. Anche il movimento “Action française” riceveva favori da parte dell’aristocrazia e delle élites finanziarie dell’Alta Banca Cattolica, conosciuta come “Banca Scalbert”.

Questo contesto coinvolgeva anche la pubblica opinione, che si adattava agli interessi di alcuni circoli elitari. Alexandre Werth, di fronte alla grandezza dell’impegno tedesco nella stampa e nella finanza, parlava addirittura di “gleichshaltung”, per far comprendere l’adattamento mediatico allo Stato nazista e alle leggi razziali.

Infine la questione di alcuni scandali, come il caso Oustric e Stavisky, che lasciavano intendere l’esistenza di un fascismo francese, di cui non si conosce la posizione e l’importanza occupata all’interno di gerarchie militari, politiche, giornalistiche.

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Capitolo uno

Il primo dopoguerra

1)Conseguenze socio-economiche

Dopo la vittoria nella prima guerra mondiale, nel Paese era diffuso un comprensibile sentimento di orgoglio nazionale; tuttavia il Presidente Clemenceau si dimostrò consapevole delle difficoltà in vista. L’aiuto esterno era stato indispensabile su tutti i piani, da quello militare a quello finanziario1.

La guerra procurò interessanti benefici economici; se nel periodo delle ostilità l’appoggio anglo- americano aveva limitato la capacità di ricostruzione navale, altri comparti industriali beneficiarono della ricostruzione nazionale sostenuta dallo Stato. Nel periodo postbellico la capacità siderurgica del territorio non occupato aumentò del 40% grazie all’installazione di forni elettrici; in alcune regioni, e in modo particolare in Normandia, si investì in nuove industrie tessili e marchi come Renault divennero importanti a livello nazionale. Inoltre il ritorno dell’Alsazia e della Lorena nel sistema economico francese comportò l’aumento delle materie prime disponibili, come ferro e carbone2.

1 Cfr. C. Ambrosini, La France 1870- 1981, Paris, Masson éditeur, 1981, p.162. 2

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Secondo quanto stabilito dal trattato di Versailles3, alle industrie francesi era consentito di usufruire gratuitamente dei brevetti tedeschi4.

Alla fine della guerra occorreva ricostruire 280mila case, numerosi stabilimenti industriali, 54mila chilometri di strade e 112 chilometri di ferrovie, restaurare 6mila opere d’arte; due milioni di ettari di terra coltivabili si ritrovarono provvisoriamente inutilizzabili a causa dei bombardamenti5.

Il costo della ricostruzione impose al Ministero del Tesoro francese una spesa che tra il 1919 e il 1926 ammontava a 84 miliardi, senza tenere in considerazione le spese necessarie per la ricostruzione nazionale o per le pensioni; la guerra comportò un costo di 140 miliardi, compensati con l’introduzione di nuove imposte, con le emissioni della Banca di Francia e tramite prestiti a breve termine che determinarono un forte aumento del debito pubblico, mentre per ammortizzare il deficit della bilancia dei pagamenti, che ammontava a 53 miliardi di franchi, si preferì stipulare un debito con prestatori esteri di 33,6 miliardi6.

Fino al marzo 1919 i problemi legati all’inflazione vennero dissimulati grazie agli accordi franco- britannici; la pressione sul franco era ancora poco sentita sui mercati

3

In realtà fin dal suo esordio il trattato di Versailles suscitava dubbi e scetticismo e come scriveva uno storico simpatizzante dell’Action Français, Jacques Bainville, esso “Ѐ troppo elastico nelle sue disposizioni più rigide”. Cit. in Jean- Baptiste Duroselle, Storia Universale dei Popoli e delle Civiltà, L’Età

contemporanea, 1924- 1945, Unione Tipografica Editrice, Torino, 1969, p. 148.

44 Cfr. C. Ambrosini, La France 1870- 1981, cit., pp. 162- 164. 5 Ibidem.

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esteri, ma le conseguenze sarebbero gravate soprattutto sui prezzi interni7.

Il bilancio approvato nel 1919 prevedeva, su 13 miliardi di introiti, 11 miliardi di spesa ordinaria e 29 miliardi di spesa in pensioni e risarcimenti, che avrebbero dovuto essere rimborsati con le riparazioni e che in realtà sarebbero stati assorbiti, sotto forma di Buoni, dal Credito nazionale, un nuovo istituto fondato per la ricostruzione che emetteva titoli ed obbligazioni a breve termine garantiti dallo Stato8.

Il 24 aprile 1919 il Governo concluse con la Banca di Francia una convenzione che stabiliva il tetto massimo di emissioni da parte dell’istituto a 40 miliardi. Insieme all’inflazione, le conseguenze del debito furono la minaccia per il sistema monetario e l’incentivo ad aumentare la circolazione di crediti fiduciari che, nel 1920, ammontava già a 38 miliardi di franchi; le banconote in circolazione non erano più convertibili e le riserve auree coprivano solo il 21% del loro valore totale9.

Dal punto di vista politico, il partito comunista cresceva, mentre la Chiesa, appoggiata dai grandi industriali cattolici, godeva di un vantaggio sui partiti secolari. Alcuni sacerdoti fondarono “sindacati cristiani”, per molto tempo inconsistenti, che acquisirono successivamente una crescente indipendenza ottenendo anche la libertà di agire contro datori di lavoro cattolici e

7 Ibidem. 8 Ibidem. 9

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diventando particolarmente forti nella regione parigina10. Vi presero parte anche le donne, conseguenza questa di una nuova coscienza di classe sempre di matrice cattolica11.

L’emancipazione femminile è stata tuttavia in Francia e più in generale in Europa meno forte rispetto al contesto anglosassone. La donna negli anni venti era vincolata a specifiche professioni e vigeva ancora un codice civile caratterizzato dalla negazione del principio di parità di retribuzione salariale tra i sessi. Il diritto di voto, disapprovato per via della contrarietà del Senato, venne introdotto solo nel 1925 grazie all’intervento dell’Unione Française12.

La classe contadina pagò più di altre il costi economici e sociali della guerra; metà dei caduti proveniva dalle campagne, nelle regioni più colpite dalle ostilità la popolazione sopravvissuta era troppo anziana per investire nelle cooperative, i giovani preferivano lavorare in città e furono soprattutto i prodotti agricoli a subire le conseguenze della crisi inflazionistica13.

Anche se la classe operaia subì meno perdite rispetto a quella contadina, la condizione degli operai si aggravò nel dopoguerra. L’inflazione determinò un aumento sconsiderato dei prezzi, comportando anche una forte riduzione del potere d’acquisto, che non poteva più essere compensata, come durante le ostilità, dal prolungamento

10

Cfr. E. Beau De Loménie, Da Hitler a Pétain, Paris, Denoël, 1973, pp. 334- 337.

11 Ibidem.

12 Cfr. C. Ambrosini, La France, cit., pp. 166- 169. 13

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della giornata lavorativa. Tutto ciò contribuiva ad incentivare un clima di protesta e ad alimentare forti rivendicazioni salariali da parte dei sindacati operai14. Il sistema taylorista, applicato con la formula di “sistema Badeaux”, vincolava l’operaio a ritmi lavorativi disumani e l’impiego di manodopera non qualificata contribuiva alla nascita di un sottoproletariato poco istruito15.

Questo clima di tensione a livello sociale contribuì all’incremento del numero di iscritti presso la C.G.T., la quale era riuscita, anche durante la guerra, a garantire contratti con lo Stato e a rivendicare, oltre al miglioramento della condizione operaia, una maggiore partecipazione all’economia del Paese16

.

Con la speranza di fronteggiare scioperi e manifestazioni nel settore dei trasporti pubblici e nelle ferrovie, il Governo Clemenceau approvò una legge, nel marzo 1919, che attribuiva valore legale alle convenzioni stipulate fra sindacati di imprenditori e sindacati operai17. Un mese più tardi il Parlamento deliberò che la giornata lavorativa non poteva superare le otto ore, per un totale di quarantotto ore settimanali, senza la possibilità di ridurre ulteriormente i salari18.

Tuttavia i sindacati non mancarono di manifestare il proprio rancore e gli scioperi continuarono violenti facendo perdere in un anno circa 15 milioni di giorni lavorativi. Probabilmente perché troppo legate ad 14 Ibidem. 15 Ibidem. 16 Ibidem. 17 Ibidem. 18 Ibidem.

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esigenze di carattere economico, in primis l’aumento del 25% dei salari, le rivendicazioni dei sindacati non riuscirono a coinvolgere le province19.

2)Prime elezioni politiche

In questo contesto si preparavano le prime elezioni politiche del 1919 intorno alla figura di Georges Clemenceau. L’undicesima legislatura della Terza Repubblica, votata durante le elezioni generali del 26 aprile 1914, non si concluse, come previsto, nella primavera del 1918. Il mandato politico del Presidente20 era stato prolungato durante le ostilità e dopo la vittoria occorreva ritornare alla pace, negoziare il Trattato di Versailles e procedere alle successive elezioni21.

Anche la Camera modificò la sua composizione solo un anno dopo la firma dell’armistizio, tuttavia il suo ruolo era stato limitato dallo stesso Clemenceau,22 che rifiutava

19 Ibidem.

20 Il Governo Clemenceau, da alcuni storici definito una sorta di “dittatura parlamentare”, venne proclamato il 17 Novembre 1917, a partire da questa data il Capo del Governo, solo formalmente rispettoso del ruolo legislativo, adoperò lo strumento della censura per impedire divulgazione di segreti militari e riuscì a condizionare l’alta Corte di Giustizia, che condannò all’esilio Calliaux e l’ex Ministro degli Interni Malvy. Quella di Clemenceau non era una politica militaristica, che al contrario veniva repressa energeticamente allo scopo di evitare l’eccessiva influenza dei militari, Clemenceau riuscì ad ottenere una vittoria della Repubblica. Cfr. A. Garosci., Storia della Francia Moderna 1870-

1946, Einaudi Editore, Torino, 1947, pp. 80- 82.

21 Cfr. P. Milza, De Versailles à Berlin 1919- 1945, Paris, Masson éditeur, 1981, pp. 48- 50.

22 A Clemenceau fu attribuito il merito di una dichiarazione dopo le elezioni del 1919, secondo la quale sarebbe stato disposto a fare qualsiasi cosa affinché l’Italia non cedesse nella marea rivoluzionaria, infatti Mussolini e l’ideologia fascista erano già noti in Francia anche prima dell’ascesa al potere del Duce nel 1922. Cfr. L. Salvatorelli, Il Fascismo nella Politica Internazionale, Guanda Editore, Bologna, 1946, pp. 60- 62.

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qualsiasi vincolo parlamentare rispetto alle prerogative del Governo, in modo particolare in politica estera23. Il Parlamento si era regolarmente riunito durante la guerra24.

La Camera decise di consacrare tutte le sedute del mese di gennaio 1919 alla discussione per l’approvazione di una legge sulle riparazioni di guerra, mentre il Senato aveva approvato, senza discutere nessuna modifica, l’introduzione del sistema pensionistico previsto per gli ex militanti; si trattava di deliberare spese importanti che si pensava possibile compensare interamente con le riparazioni e che al contrario gravarono sul sistema finanziario negli anni successivi25.

Il 16 gennaio 1919 venne pubblicata sul giornale ufficiale della Repubblica la promulgazione della legge dell’Esecutivo per la revisione delle liste elettorali. Stabilito l’ammontare delle riparazioni e deliberato il sistema pensionistico, seguì un dibattito parlamentare sulla riforma elettorale su richiesta di M. Varenne, socialista e Presidente della Commissione per il suffragio universale, mentre il radicale M. Dessoye era stato designato dalla Commissione come rappresentate di un progetto per l’introduzione di un sistema elettorale basato su scrutinio di lista per dipartimento a un turno con

23

Cfr. Édouard Bonnefous, L’Après Guerre 1919- 1924, Paris, Press Universitaire de France, 1968, pp. 1- 2.

24 Ivi, pp. 11- 14. 25 Ivi, pp. 14- 22.

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un’applicazione limitata del metodo di rappresentanza proporzionale26.

A partire dal 1919 i gravi problemi economici e finanziari del dopo guerra non vennero effettivamente affrontati, probabilmente a causa di un Governo troppo preoccupato a concludere trattati e una Camera dei Deputati all’inizio del suo mandato. Solo il Senato manifestava preoccupazioni rispetto alle quali M. Klotz, Ministro delle Finanze, oppose lo slogan: “La Germania pagherà”27, ma proprio nei confronti delle sanzioni gravava il maggiore scetticismo28.

Klotz si ritrovò costretto a esporre alla Camera dei Deputati le proprie considerazioni circa la necessità di chiedere un nuovo prestito alla Banca Centrale. Questa richiesta divenne oggetto di una nuova convenzione siglata fra l’istituto di credito e il Parlamento e approvata dal Senato il 16 luglio 1919.29

In merito alla sinistra francese degli anni venti i radicali rifiutavano una lista comune con i socialisti, mentre la destra riteneva possibile una coalizione all’interno del

26 La discussione alla Camera dei Deputati circa la riforma elettorale iniziò il 14 marzo 1919, l’obiettivo era sostituire lo scrutino di lista su circoscrizione amministrativa comunale (arrondissement) con uno scrutinio di lista dipartimentale. Ibidem.

27Ivi, p. 23. 28

Il 12 dicembre 1918, il deputato francese André Lebon dichiarava: “Bisogna essere veramente all’oscuro di ogni criterio di gestione aziendale, per poter pensare che, nei prossimi cinquanta o sessant’anni, si possa obbligare al lavoro un popolo di 70 milioni di abitanti, con la sola prospettiva, come ricompensa della sua fatica, che tutto il suo guadagno serva a pagare i debiti contratti dalle generazioni precedenti. Eppure sono proprio idee assurde come questa che si ammanniscono all’opinione pubblica in Francia”. Cit. in Jean- Baptiste Duroselle, Storia Universale dei Popoli, cit., p.148.

29

Va ricordato che l’episodio risale al periodo immediatamente successivo alla fine della guerra, il mandato dei Deputati alla Camera era stato prolungato per via della situazione contingente e ad avviso di qualcuno solo coloro che avessero l’intenzione e la possibilità di essere rieletti alle elezioni del novembre 1919, dovevano pronunciarsi sull’opportunità della convenzione. Ivi, pp. 25- 27.

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Blocco Nazionale in cui venivano a raggrupparsi progressisti, repubblicani e conservatori. Tuttavia la vittoria del Blocco Nazionale, alle elezioni del 16 novembre 191930 si rivelò piuttosto modesta, con un margine di 300.000 voti; le difficoltà a raggiungere un compromesso riguardavano soprattutto questioni di politica interna fra Daudet, Tardieu e Marin, che al contrario si dimostrarono d’accordo nel mantenere un atteggiamento di diffidenza nei confronti degli inglesi e nel reclamare le riparazioni tedesche, mentre la questione economica veniva quasi del tutto ignorata31.

Le elezioni al Senato confermarono la situazione elettorale della Camera; Antonin Dubost, Presidente uscente del Senato, venne nuovamente eletto con 98 voti, mentre il Blocco Nazionale otteneva una debole maggioranza. Poincaré32, il cui mandato presidenziale era quasi al termine, si fece eleggere Senatore della Meuse, inaugurando una nuova carriera politica, mentre il Presidente uscente della Camera P. Dechanel33 confermò il suo mandato con una forte maggioranza di 301 su 330 elettori34.

30

Il programma politico del Bloc Nationale viene lanciato da Millerand nel suo discorso al teatro di Ba-Ta-Clan a Parigi. Cfr. A. Garosci., Storia della Francia

Moderna, cit., p. 90.

31 Cfr. C.Ambrosi, La France, cit., 1981, pp. 184- 185.

32 L’incarico di R. Poincaré come Presidente della Terza Repubblica francese sarebbe giunto al termine esattamente il 17 febbraio 1920. Cfr. J.F.U. Keiger,

Raymond Poincaré, Cambridge, University Press, 1997, p. 268.

33 Il successo elettorale di P. Deschanel era la conseguenza dei suoi discorsi sul ruolo di collaborazione con il Governo del Parlamento francese e l’atteggiamento di difesa nazionale nell’obiettivo di vedere le regioni di Alsazia e Lorena restituite alla Francia. Cfr. Édouard Bonnefous, L’Après guerre, cit., pp. 1- 2.

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Tuttavia il programma politico del Blocco Nazionale subì la mancata elezione di Clemenceau a Presidente della Repubblica, conseguenza dell’opposizione della maggioranza moderata della Camera e dell’atteggiamento dei clericali e delle gerarchie militari, che non si dimostrarono troppo entusiasti circa il possibile ritorno del “père de la victoire”35

.

Eletto al posto di Clemenceau fu lo stesso P. Deschanel, radicale, che nel settembre 1920 per ragioni di salute fu costretto alle dimissioni e venne sostituito alla presidenza da Alexandre Millerand, quest’ultimo nel suo messaggio alle Camere, individuò la necessità di una riforma costituzionale e scelse a capo del Governo Georges Leygues. Leygues, accusato di tenere un atteggiamento troppo accondiscendente nei confronti della Germania, venne sostituito nel gennaio 1921 con Briand, che approvò l’amnistia sui crimini di guerra, con l’intenzione di migliorare i rapporti con l’Inghilterra e sperando nell’appoggio britannico al fine di un’intesa internazionale. Barthou era al Ministero della guerra, Doumer alle finanze, Loucher dirigeva il Ministero per le regioni liberate36.

Gli anni venti iniziavano con una grave situazione economico- finanziaria, caratterizzata da spese alte per la ricostruzione nazionale, dalla crescita del debito interno, che in meno di un anno era aumentato da 79 a 119 miliardi e da scarsi investimenti nel settore industriale37.

35 Ibidem.

36 Ivi, pp. 189- 190. 37

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I flussi finanziari e monetari provenienti dalla Banca di Francia raggiungevano la cifra di 27 miliardi. Il calo dei prezzi, dovuto alla crisi del 1921 e al deteriorarsi del tasso di cambio, agevolò la ripresa delle esportazioni: la produzione agricola recuperò livelli apprezzabili, ma la vittoria non portò la fine del sistema incentrato sulle privatizzazioni e i problemi economici rimasero legati alla questione delle riparazioni38.

Nonostante la tensione che caratterizzava le relazioni franco-inglesi, la Conferenza di Ginevra del 1922, fortemente voluta da Briand39, determinò l’introduzione del Gold Exchange Standard, un sistema di cambio che agevolava soprattutto il franco e il dollaro. A partire dal 1922, infatti, la situazione si dimostrava difficile anche dal punto di vista monetario; occorreva un appoggio esterno, che il Governo riuscì ad ottenere da parte della Banca di Inghilterra e della Cassa Morgan in cambio di un atteggiamento diplomatico più flessibile e di un budget più restrittivo per il 1924, che avrebbe stabilito un aumento delle imposte del 20%40.

Nel gennaio 1922 alla Conferenza di Cannes Poincaré sostituì Briand e le divergenze anglo-francesi si trasformarono in un vero e proprio conflitto diplomatico; il confronto interessò soprattutto l’idea di ricostruzione europea di L. Georges e la politica di applicazione

38

Ibidem.

39 E. Herriot occupava il posto di Presidente del Partito Radicale e appoggiava la politica estera di Briand e l’idea di una possibile riconciliazione con la Germania, mentre Poincaré, fautore di un’applicazione molto restrittiva del Trattato di Versailles, dell’art.231 e della war guilt clause, sperava nell’appoggio del Bloc National e di Millerand per giustificare la pretesa di ottenere pesanti riparazioni di guerra, Cfr. J.F.U. Keiger, Raymond Poincaré, cit., pp. 270- 273. 40

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rigorosa dei trattati voluta da Poincaré, il quale godeva dell’appoggio dell’Italia41

.

Dopo le misure approvate dal Ministero Poincaré la situazione monetaria conobbe una certa stabilità e la campagna per le elezioni del 1924 risultò condizionata dalla questione fiscale. Millerand intervenne nel confronto elettorale e pronunciò, in un discorso a Évreux nell’autunno 1923, un elogio del Blocco Nazionale proponendo una revisione costituzionale per ridimensionare il potere legislativo. Il discorso di Millerand ebbe come conseguenza l’avvicinamento di radicali e socialisti, che condividevano un programma basato sulla tutela delle conquiste sindacali, fra cui la giornata lavorativa di otto ore, la laicità dello Stato e l’opposizione al programma di Millerand. I risultati attribuirono una maggioranza di voti piuttosto debole alla destra, ma una maggioranza di seggi a sinistra, con i comunisti che si presentarono da soli per la prima volta. Ottennero 880.000 voti e 26 seggi, mentre Tardieu e Daudet risultavano sconfitti42.

La sinistra francese fu molto sorpresa dalla vittoria elettorale e cercò di assicurarsi l’appoggio da parte delle principali posizione politiche, individuando un primo ostacolo in Alexandre Millerand. I radicali resero pubblico un ultimatum nel quale dichiararono che il Presidente della Repubblica, contrariamente a quanto

41

Nel marzo 1922 nel suo discorso al Consiglio del Ministri, Mussolini aveva parlato di doverosa solidarietà verso la Francia sulla questione delle riparazioni tedesche, ma ribadiva la necessità di condurre una politica estera il più possibile autonoma. Cfr. L. Salvatorelli, Il Fascismo, cit., pp. 64- 67.

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previsto dalla Costituzione, aveva tenuto un atteggiamento personalistico sostenendo apertamente il Blocco Nazionale43.

3)Cartel des gauches

Millerand presentò le proprie dimissioni l’11 giugno 1924 e venne sostituito da Gaston Doumergue, Presidente del Senato, che faceva parte della sinistra democratica. Pochi giorni dopo Edouard Herriot formò la prima compagine governativa dei Cartel des gauches mantenendo per sè il Ministero degli Affari Esteri, mentre a Clementel44 venne affidato il Ministero delle Finanze e a Chautemps l’interno45

.

In ambito di politica interna, Herriot sembrava deciso a sottomettere i dipartimenti recuperati dopo la guerra alla legislazione dello Stato francese, ma davanti all’opposizione di Alsazia e Lorena si rassegnò a rispettare gli accordi46.

L’ascesa al potere di Mussolini47

nel 1922 aveva letteralmente contaminato dal punto di vista politico-ideologico la destra francese e contribuì ad un atteggiamento più intransigente, soprattutto nel momento

43 307 deputati cartellisti, riuniti al Palazzo D’Orsay, imposero le dimissioni di Millerand. Ivi, pp. 193.

44 Il Ministro delle Finanze Clementel dimissionò il 17 marzo 1925, a favore di De Monzie, all’indomani dell’approvazione dell’imposta sul capitale. Cfr. Alfred Sauvy, Histoire économique De La France entre les deux guerres,, Economica Edizione, Paris, 1984, p. 41.

45

Va ricordato che il partito socialista non partecipava, ma appoggiava il Governo Herriot. Cfr. Jean Paul Cointent, Pierre Laval, cit., pp. 61- 63.

46 Cfr. C.Ambrosi, in La France,cit., pp. 194- 196. 47

Benito Mussolini si dichiarava apertamente antidemocratico, antipacifista, anti societario. Ciò lo poneva solo teoricamente contro le due potenze dell’Europa dell’epoca, Francia e Inghilterra, le quali venivano definite sarcasticamente dagli alti burocrati fascisti “le due grandi democrazie”. Cfr. L. Salvatorelli, IL

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in cui Herriot si dimostrò incapace di gestire il pericolo che rappresentava l’estrema sinistra. La cerimonia per il trasferimento delle ceneri di Jaurès48 al Pantheon il 23 novembre 1924 rappresentò l’occasione per denunciare il pericolo comunista. I membri della Jeunesses Patriotes, fondata da P. Tattinger nel 1924, sfilarono portando come uniforme il berretto e l’impermeabile blu e si scontrarono con le formazioni di estrema sinistra in via Damrémont il 23 aprile 192549.

Di carattere prettamente fascista erano i Fasci dei combattenti e dei produttori, fondati da G. Valois nel 1925 dopo la sua scissione dell’Action Française, che indossavano delle camice blu, mentre Millerand era riuscito a raggruppare buona parte della classe alto e medio borghese nella Lega Repubblicana Nazionale50. I primi risultati della riforma monetaria si fecero notare nel 1924, momento in cui la situazione economica era notevolmente migliorata grazie ad un incremento della produzione industriale, allo sviluppo di attività come il turismo e al miglioramento dei servizi pubblici. L’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione e l’atteggiamento dell’opinione pubblica, con i

48 Il 24 Marzo 1919 la Corte d’Assise era stata chiamata a giudicare P. Villain per l’uccisione di J. Jaurès, deputato socialista, morto il 31 luglio 1914, alla vigilia dello scoppio della prima guerra mondiale, in un bar di Monmaitre dove il deputato era solito cenare. Arrestato immediatamente, Villain non fu processato per quattro anni a causa delle ostilità e per via dell’opposizione allo svolgimento del processo da parte dell’Union Sacrée, dunque il colpevole subì quattro anni di “arresto preventivo”. Per risolvere il caso alla Corte fu sufficiente una sola udienza e nonostante l’intervento di esponenti socialisti come Blum, Viviani e Painlevé, che espressero devozione per la vittima e la difesa dell’avvocato P. Boncour parte civile, il processo si concluse con un il semplice arresto di Villain, peraltro scarcerato di lì a breve. Cfr. Édouard Bonnefous, L’Après

Guerre, cit., pp. 34- 38.

49 Cfr. L. Salvatorelli, IL Fascismo, cit., 1946, pp. 55- 58. 50

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risparmiatori che ritiravano il proprio denaro dalle banche, diffusero però panico nelle imprese finanziarie51. Nel gennaio 1925 la circolazione di moneta fiduciaria si stabilì per legge a 40 miliardi e De Monzie propose una tassa di prelevamento del 10% sui capitali, che non venne approvata per via della contrarietà del Senato. La riforma monetaria in definitiva non fece che aggravare la crisi, favorendo le esportazioni francesi e incentivando la fuga di capitali. La conseguente caduta del Governo Herriot dipese fortemente dalla crisi finanziaria e il dibattito che si tenne davanti al Senato rappresentò una semplice formalità52.

Calliaux venne nominato Ministro delle Finanze del Governo Painlevé formatosi il 7 aprile 1925, tuttavia la nuova compagine governativa si dimostrò instabile, Briand ricevette l’incarico di Ministro per gli Affari Esteri e non si dimostrò affatto d’accordo sul ritorno di Calliaux53 alla carica di Ministro delle Finanze. Si trattava, a suo avviso, di un alto borghese finito per caso a sinistra e interprete di dottrine politico-economiche poco

51

Ibidem. 52 Ibidem.

53 Calliaux rientrava in patria dall’esilio in circostanze straordinarie, per assumere la carica di Ministro dell’Economia nella compagine di Painlevé e in ragione dell’ostilità da parte della destra nei suoi confronti, il partito socialista rafforzò un equilibrio oramai precario. Calliaux, politico del periodo precedente la guerra, si dimostrava poco idoneo a risolvere i problemi economici che interessavano la Francia, tuttavia l’originalità del suo Ministero si distingueva per un progetto di prestito con garanzie di cambio, ma questa nuova concessione di credito non ebbe il successo sperato e la tesoreria francese fu costretta a chiedere un ulteriore prestiti al Credito Centrale. Il Ministro si dimissionò il 27 ottobre 1925. Cfr. Alfred Sauvy, Histoire économique, cit., pp. 42- 43.

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risolutive54. A Pierre Laval era stato affidato il Ministero dei Lavori Pubblici55.

Fra l’aprile 1925 e il luglio 1926 il Governo entrò nuovamente in crisi per via della mancata approvazione, da parte dei socialisti, delle restrizioni di bilancio56.

Dopo il successo elettorale dei Cartel des gauches, l’opera dei Governi nel biennio 1924- 1925 non conseguì risultati significativi in ambito di politica interna; al contrario si caratterizzò per l’incapacità di arrestare l’inflazione e la crisi monetaria. Il voto del Senato favorì il rientro in politica dei Ministri di cui Clemenceau aveva ottenuto la condanna da parte dell’Alta Corte di Giustizia, Calliaux e Malvy57.

I tre Governi Briand58 che si susseguirono tra il novembre 1925 e il luglio 1926 si ritrovarono ancora un volta messi in difficoltà dalla crisi finanziaria59.

Il primo dei tre consecutivi Ministeri Briand risale al 28 novembre 1925. Dal mese di aprile i Cartelli non

54 Cfr. Jean Paul Cointent, Pierre Laval, cit., pp. 65- 67. 55

Si trattava del primo portafoglio ministeriale di Pierre Laval. Ibidem. 56

Cfr. C.Ambrosi, La France, cit., pp. 194- 196.

57 Cfr. A. Garosci., Storia della Francia Moderna, cit., pp. 112- 114

58 In merito alla carriera politica, va ricordato che Artistide Briand arrivò al Parlamento francese tramite l’organizzazione socialista e affermò rapidamente la sua naturale inclinazione di diplomatico e conciliatore, un importante successo risale all’ incarico come relatore della Commissione per la legge di separazione fra Stato e Chiesa, in un clima di violento anticlericalismo. Fondatore insieme a Jaurès della testata “Humanité”, Briand abbandonò, come Viviani, il partito socialista per via di una condotta troppo marxista. Grande oratore e interprete del rancore del popolo francese nei confronti di coloro che usavano soluzioni di forza e violenza, venne a lui attribuita la citazione “Voyez mes mains, il n’y a pas

de sang sur elles”. Fermò, nel 1907 uno sciopero di ferrovieri, fautore della pace

negoziata durante la guerra, si dimostrava abile nella sua capacità di far emergere il desiderio francese per una soluzione europeistica. All’interno del Bloc National, Briand rappresentava la Francia alla Conferenza di Cannes e raggiunse un’intesa per un’azione comune con l’Inghilterra nei riguardi della Germania, in modo tale da svincolare il suo Paese dalla scomoda posizione di principale nemico della Germania. Ivi, pp. 114- 116.

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esistevano più in quanto entità politica e i socialisti ripresero la loro libertà d’azione; Briand, per garantirsi l’appoggio su di una maggioranza di sinistra coerente necessitava della cooperazione con Herriot e i con socialisti60.

Artistide Briand tenne per sé la carica di Presidente del Consiglio e il Ministero degli affari esteri; fra gli altri membri del suo schieramento P. Painlevé ottenne il Dicastero della guerra e De Monzie i lavori pubblici. Cinque Ministeri fra i quali agricoltura, giustizia, colonie, commercio e finanze vennero affidati ad esponenti della sinistra radicale, mentre Pierre Laval aveva ricevuto l’incarico di sotto segretario di Stato alla Presidenza del Consiglio e degli affari esteri61.

L’approvazione del nuovo Esecutivo da parte delle Camere ebbe luogo il 2 dicembre 1925. Briand, al ritorno da Londra, nella sua dichiarazione ministeriale si preoccupò di far votare misure finanziarie e per l’approvazione degli accordi di Locarno62

.

60

Cfr. Édouard Bonnefous, Cartel des Gauches et Union National, Paris, Press Universitaire de France, 1973, cit., pp. 101- 103.

61Va ricordato che il progetto di riforma fiscale e la preoccupazione per il livello inflazionistico, che caratterizzava il Paese indispose fortemente la Commissione delle finanze, la quale attribuì al Ministro la responsabilità delle proposte da lui stesso sottoscritte e che avrebbero potuto minacciare le sorti del Gabinetto. Ibidem.

62

Durante la politica dei “cartelli” il frutto dell’impegno diplomatico di Briand venne rappresentato dal patto di Locarno, a suo avviso, l’occupazione continua della Renania, poteva andare avanti solo in uno stato di costante tensione con la Germania, per questo motivo decise di liquidare la posizione francese in cambio di compromessi diplomatici. Locarno permetteva il ritiro delle truppe e la possibilità di procedere alla smilitarizzazione del territorio, in questo senso la pace sul Reno divenne interesse anche dell’Inghilterra e dell’Italia e l’intervento inglese era garantito a quello Stato eventualmente aggredito. I vantaggi che Briand ottenne con Locarno rappresentarono in realtà garanzie di ordine europeo, tuttavia Briand restava un attento conservatore delle alleanze francesi ed era consapevole che Locarno non poteva sostituire le varie alleanze militari della Francia in Europa, infatti fin tanto che Briand restò in politica nessun despota, quale ad esempio Mussolini, propose un accordo sulla falsariga del “patto a

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Il progetto finanziario venne approvato il giorno seguente con una risicata maggioranza di 257 voti contro 229, ragione di ciò è l’astensione dei socialisti63.

La legge del 4 dicembre 1925 prevedeva la necessità di riportare a 58,5 miliardi il tetto massimo di emissione di moneta fiduciaria e a 39,5 milioni quello dei prestiti di Stato; questa nuova misura incontrò le resistenze della Commissione Finanze, che invitò Loucher a dimettersi. Il deputato della sinistra radicale venne quasi subito sostituito da P. Doumer, della sinistra democratica, Presidente della citata commissione64.

Il nuovo Ministro si dichiarava a favore di quelle misure capaci di contribuire a ripristinare l’equilibrio monetario; era necessario modificare la struttura del bilancio. Secondo la legge il deficit previsto per il 1926 ammontava a 4 miliardi e 500 milioni di franchi; occorreva dunque trovare le risorse necessarie per ridurre il debito pubblico65.

Il progetto di Doumer prevedeva l’aumento del controllo fiscale, l’innalzamento del prezzo del tabacco, maggiori introiti da ottenere grazie alla tassa sulle esportazioni; infine 3 miliardi 800 milioni rappresentavano i proventi dell’imposta straordinaria sui pagamenti.

In questo contesto era urgente procedere ad una riduzione dei prestiti avanzati dalla Banca Centrale allo Stato, che ammontavano, nel mese di dicembre, a 30 miliardi e 500

quattro”, al contrario Briand era sempre vivace nel controbattere le iniziative mussoliniane sia nell’Adriatico che in Africa o verso la Jugoslavia e l’Etiopia. Cfr. A. Garosci., Storia della Francia Moderna, cit., pp. 118- 120.

63 Cfr. Édouard Bonnefous, Cartel des Gauches, cit., pp. 103- 105. 64 Ibidem.

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milioni. Davanti alla minaccia di questo incremento dei crediti fiduciari, Doumer prevedeva un vasto programma di ammortizzamento del debito pubblico nel breve-lungo termine e la creazione di una commissione autonoma dotata di un capitale di due miliardi e 500 milioni annui per agevolare la Banca di Francia66.

Proprio a causa del nuovo progetto finanziario il Gabinetto Briand entrò in crisi. A suscitare maggiori preoccupazioni erano l’imposta sulle entrate, la tassa sui pagamenti e infine il monopolio che si propose di stabilire sullo zucchero e sul petrolio. La crisi era in parte dovuta al fatto che il Governo aveva permesso che le proposte della Commissione Finanze a maggioranza cartellista concorressero con le proprie, dunque il Parlamento si ritrovò di fatto spiazzato67.

Il 6 marzo 1926, socialisti, radicali cartellisti e partiti di destra si dimostrarono concordi nell’esprimere la loro ostilità in particolare all’articolo 53 del progetto di legge finanziaria, che prevedeva l’introduzione di una tassa sui pagamenti68.

Già dall’inizio della crisi, gli esponenti politici consultati dal Presidente della Repubblica designarono Briand come leader di un Governo a concentrazione di sinistra.

Il 9 marzo1926, nel corso di una riunione, si riconosceva la necessità di costituire una maggioranza con tutti i

66 Ibidem.

67 Ivi pp. 123- 125. 68

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repubblicani, in modo tale da offrire al Governo la stabilità di cui necessitava69.

Per questa ragione Briand formò un Gabinetto, nel quale i leader radicali Chautemps e Daladier, che avevano ottenuto nella legislatura precedente rispettivamente il Ministero dell’Interno e della Pubblica Istruzione, vennero rimpiazzati da esponenti più moderati, R. Péret, della sinistra radicale, ricevette l’incarico delle Finanze, intraprendendo tendenze centriste. Tuttavia si trattava di una compagine che suscitò fin da subito scetticismo a destra, soprattutto da parte del presidente della Federazione Repubblicana Louis Marin, convinto che il nuovo Governo non avrebbe mai dimostrato maggiore stabilità rispetto al precedente70.

Dal punto di vista finanziario, il nuovo Ministro non poteva fare altro che ricorrere alle imposte indirette che interessarono l’alcool, la ristorazione e i prodotti farmaceutici, decise inoltre di ripristinare il progetto circa l’istituzione di una Cassa di Ammortizzazione per compensare il debito pubblico, con una legge che prevedeva anche controllo fiscale a livello bancario71. Prima della discussione parlamentare per l’approvazione del bilancio, il Ministro dell’Interno, Malvy, rassegnò le

69 Ivi, pp. 125- 127.

70 Nel nono Governo Briand, Pierre Laval, come candidato socialista indipendente, occupava il Ministero della Giustizia, Paul Painlevé, repubblicano socialista prese il Ministero della Guerra, Georges Leygues, della sinistra repubblicana venne eletto a capo della Marina, il senatore Anatole de Monzie, della sinistra radicale, era al Dicastero dei lavori pubblici, mentre Chautemps e Daladier vennero rimpiazzati rispettivamente dai radicali socialisti L. Malvy e L. Lamoureux. Ibidem.

71Dopo la discussione alla Camera il progetto di legge Péret venne approvato con una maggioranza di 236 voti, i socialisti e buona parte dei moderati decisero di astenersi., mentre al Senato la legge finanziaria venne approvata il 3 aprile 1926. Ivi, pp. 128- 130.

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proprie dimissioni, il 9 Aprile 1926, e venne sostituito dall’anziano Ministro dell’agricoltura Durand72

.

La crisi che seguì l’approvazione del bilancio sembrava la conseguenza di congetture internazionali, piuttosto che della situazione finanziaria interna. Il deficit nazionale, per i primi quattro mesi del 1926, risultava pari a circa due miliardi e la maturazione degli interessi sui prestiti francesi ammontava a 120 milioni di dollari annui; per fronteggiare questa situazione così difficile, il Governo chiese alla Banca di Francia di alienare una parte delle sue riserve in oro, ma questa rifiutò73.

Il Ministro delle Finanze Péret, dopo aver introdotto un Ufficio per la compensazione dei cambi, che avrebbe evitato effetti speculativi sulla moneta, decise di costituire, sulla falsariga del modello inglese, un comitato di esperti i cui indirizzi, seppure privi di carattere imperativo, avrebbero indicato la politica da seguire74. La questione che maggiormente preoccupava l’opinione pubblica francese riguardava il debito nazionale contratto con la Gran Bretagna e con gli Stati Uniti. Il problema si poneva in modo differente fra i due Paesi; Churchill dichiarò che l’Inghilterra avrebbe accettato volentieri per il rimborso il principio di relazione tra i debiti francesi e il Piano Dawes, ma ciò non si dimostrava possibile per gli USA75.

Nel suo discorso del 20 aprile 1926 al Congresso dell’Alleanza Internazionale, Péret illustrò la gravità della 72Ivi, pp. 130- 134. 73 Ibidem. 74 Ibidem. 75 Ivi, pp. 134- 137.

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crisi finanziaria francese e né analizzò le cause; la guerra aveva lasciato un Paese senza risorse e obbligava a coprire le spese di difesa del territorio quasi interamente con l’inflazione, perciò l’ammontare dei versamenti della Francia agli alleati dovevano essere ridotti nel caso in cui la Germania non avesse portato a termine gli impegni previsti con il Piano Dawes, ma l’opinione pubblica americana non era del tutto pronta ad accettare la clausola del “sauvegarde76

.

Le trattative proseguirono a New York, dove l’ambasciatore Bérenger definì un accordo che prevedeva il pagamento totale del debito in 62 anni agli USA. Veniva pure riconosciuto il principio della ripartizione dei pagamenti: la Francia si impegnava a pagare 30 milioni per il primo e il secondo anno, 32 milioni e mezzo per il terzo e quarto anno, 35 milioni per il quinto e dalla diciassettesima annualità la cifra devoluta si sarebbe attenuata fino all’ultima77

.

A partire dalla sua approvazione l’accordo, che avrebbe dovuto essere presentato per la ratifica al Parlamento francese, provocò reazioni forti all’interno dell’opinione pubblica78.

76 Ibidem. 77 Ibidem.

78 Per quanto riguarda il pagamento del debito della Francia all’Inghilterra, il 19 maggio 1926 in un incontro londinese fra Péret e Churchill, la Francia pagò un acconto di 4 milioni di sterline all’ex alleata. Il 3 giugno, iniziò al Senato un dibattito sull’approvazione dei patti di Locarno; ciò che preoccupava alcuni esponenti politici francesi era l’intesa fra Russia e Germania che avrebbe giustificato l’intenzione di rimandare la ratifica dopo l’entrata della Germania all’interno della S.D.N. Ancora una volta mediatore del carattere pacifico e di neutralità dell’accordo fu Briand e il patto di Locarno venne finalmente ratificato il giorno seguente con una maggioranza di 276 voti contro 6. Ivi, pp. 134- 137.

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La crisi monetaria si aggravava giorno dopo giorno; lo stesso Ministro Raul Péret, davanti alla Commissione parlamentare delle finanze, dichiarò che l’ammontare dei prestiti della Banca di Francia allo Stato si attestava sui 36.900 milioni di franchi, mentre il tetto massimo legale ammontava a 38.500 e il margine disponibile non superava 1 miliardo 600 milioni79.

Il Ministro delle Finanze decise di rendere pubblico il progetto per il bilancio relativo all’anno successivo; la preoccupazione principale del Governo era la riduzione del debito pubblico senza incidere ulteriormente sui contribuenti e al fine di stimolare il ritorno in patria di capitali80.

Il Ministro precisò poi le sue intenzioni davanti al Senato; affermando che il budget del 1927 sarebbe tornato in equilibrio senza ricorrere ad ulteriori tasse, piuttosto la maggioranza avrebbe optato per una compressione delle spese pubbliche. L’aumento previsto dalla legge del 5 dicembre 1925 veniva meno, non si prevedeva l’introduzione di imposte sui valori immobiliari; in questo senso si intendeva non affliggere i contribuenti e al fine di evitare ulteriori ricadute inflazionistiche, il Ministro dichiarava l’intenzione di utilizzare le riserve della Banca Morgan81.

Péret intraprese una politica di riassetto finanziario fondata sulla fiducia ai detentori di capitale. Decise di costituire un Comitato di esperti scelti al di fuori degli

79 Ivi, pp. 140- 143. 80 Ibidem.

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ambienti politici, incaricati di stabilire un piano di riassetto finanziario e denunciò come eccessive le imposte sui valori immobiliari. Il Comitato di esperti, presieduto da C. Sergent, Presidente della Banca di Unione Parigina, comprendeva i rappresentanti delle grandi Banche di deposito, Crédit Lyonnais e Comptoir d’escompte, rappresentanti della Banca Lazard, il vice governatore della Banca di Francia Picard, de Peyerhimof, rappresentante delle industrie e due professori della facoltà di diritto, Rist e Jèze82.

L’aumento delle tasse, mise però in pericolo la credibilità politica del Governo83.

Il tentativo di Péret di lottare contro la speculazione a ribasso sul franco, prevedeva di ricorrere ai dollari che Poincaré aveva prestato alla Banca Morgan nel 1924, quando si trovava obbligata a fronteggiare la speculazione internazionale84.

Ma all’incertezza che interessava gli equilibri di bilancio si sommava il deficit della bilancia dei conti pubblici provocato, tra l’altro, dall’eccesso delle importazioni francesi e dall’abbandono dell’utilizzo del franco, tanto da parte della Francia, tanto dall’estero. Al fine di ottenere risultati ottimali usando la liquidità Morgan, servivano garanzie atte ad evitare ulteriori rischi inflazionistici e impedire la fuga all’estero di capitali francesi85. 82 Ibidem. 83 Ibidem. 84 Ibidem. 85 Ibidem.

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A garanzia della manovra Péret restavano solo le riserve metalliche della Banca di Francia; questa però rese pubblica l’intenzione di non sostenere la politica del Governo. Frustrati i suoi progetti, Péret diede le dimissioni giustificandole con le divergenze intercorse tra il Ministero e la Banca Centrale: “Davanti all’aumento di divisa estera, l’assenza di certi concorsi essenziali sui quali il Governo ha il diritto di contare, non gli permetteranno di compiere efficientemente il proprio dovere”86

. Nella lettera indirizzata al Presidente del Consiglio, Péret dichiarava: “Il Paese per riprendere fiducia, aspetta una riconciliazione fra partiti. Nelle gravi ore che attraversa, tutti i partiti dovrebbero trovarsi rappresentati davanti al Governo e prendersi delle responsabilità. Solo un Ministero di Unione Nazionale potrà portare la salute del franco87”.

Un’ulteriore ragione del fallimento della manovra Péret fu l’andamento dei cambi: la sterlina, che ad aprile si attestava sui 144 franchi, passò a 172 nel maggio successivo88.

Posta la questione della fiducia, sul rinvio delle interrogazioni relative all’abbandono della carica da parte del Ministro delle Finanze, Briand riuscì ad ottenere la fiducia con 309 voti contro 195. Il Capo del Governo affidò allora al Presidente della Repubblica le dimissioni collettive del suo Gabinetto89.

86 Ibidem. 87 Ibidem.

88 Cfr. Alfred Sauvy, Histoire économique, cit., p. 46.

89 Va ricordato che ciò accadeva il 15 giugno 1926. Cfr. Édouard Bonnefous,

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Briand venne investito, il 18 giugno 1926, del compito di costituire un nuovo Esecutivo. A suo avviso il nuovo Governo poteva appoggiarsi non sulla maggioranza che gli aveva rinnovato la fiducia il giorno precedente, ma su un Ministero di Unione Nazionale90.

Con l’attenuante della contrarietà alla tassa sul capitale, i socialisti si rifiutarono di partecipare alla nuova compagine governativa. È a questo punto che Briand pensò ad un Governo composto che comprendesse sia Poincaré sia Herriot. Herriot però declinò la proposta in ragione del voto che il gruppo radicale socialista della Camera aveva reso pubblico la mattina stessa, contro la sua partecipazione a un Ministero il cui Presidente non fosse un rappresentante del partito radicale socialista91. Il Capo della Repubblica fece appello a Herriot nella speranza di poter realizzare un Governo di “unione repubblicana di sinistra”. L’elaborazione di un nuovo programma, portò il candidato a individuare un piano finanziario ibrido, che da un lato assicurava la diminuzione delle imposte sui capitali e dall’altro ammortizzava il debito pubblico con una nuova tassa successoria. Herriot incontrò ostacoli a destra, in modo particolare da parte di Marin, che il giorno seguente fece adottare dall’Unione Repubblicana Democratica dell’Assemblea un ordine del giorno con il quale non si riteneva il candidato abbastanza qualificato per realizzare

90 Ivi, p. 144. 91

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il riassetto finanziario. La stessa mattina del 20 giugno 1926 Herriot rinunciò a formare il proprio Gabinetto92. L’unica alternativa possibile restava un Governo a concentrazione repubblicana con a capo Briand, che chiese a Poincaré di assumersi la responsabilità del Ministero delle Finanze. Quest’ ultimo non negò subito la propria partecipazione, ma pose come condizione la richiesta alla Camera di votare, nell’arco di 48 ore, dai 7 agli 8 miliardi di nuove imposte indirette. Davanti a questo atteggiamento intransigente Briand si rivolse a Doumer, anziano Ministro delle Finanze, il quale pose le stesse clausole di Poincaré93.

Alla fine solo Calliaux94 accettò l’incarico, a condizione di ricoprire anche la vice presidenza del Consiglio. Così, l’ultima compagine politica capeggiata da Briand si appoggiò soprattutto su esponenti radicali socialisti. Il nuovo Ministero, costituitosi il 24 giugno 1926, comprendeva 9 radicali socialisti, 3 repubblicani socialisti, un deputato della sinistra repubblicana democratica e infine un socialista indipendente: Pierre Laval che confermò il suo posto al Dicastero della Giustizia95.

La dichiarazione ministeriale, letta da Briand alla Camera e da Laval al Senato il 30 giugno 1926, si presentava piuttosto vaga; affermava la necessità di rinnovare la

92

Ivi, pp. 144- 145. 93 Ivi, pp. 145- 147.

94 Tornato al Dicastero delle Finanze, la prima decisione di Calliaux, fu di sostituire il Governatore della Banca di Francia, Robineau, con Moreau, mentre C. Rist, professore di Economia Politica presso la facoltà di diritto di Parigi era già stato nominato, durante il precedente Governo membro del Comitato di Esperti e venne promosso sotto Governatore. Ibidem.

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fiscalità dello Stato, ridurre le imposte sui redditi e sui valori immobiliari, favorire il risparmio, ricercare la pace esterna e perpetuare il rapporto di fiducia con la banca di emissione, il cui credito doveva restare distinto da quello dello Stato. Il nuovo Gabinetto Briand, ottenne comunque la fiducia con una maggioranza di soli 292 voti; 130 risultarono i pareri contrari e 120 le astensioni. Tale situazione rappresentava probabilmente la conseguenza dell’incapacità politica di garantire il riassetto economico finanziario del Paese96.

I risultati dei lavori del comitato di esperti finanziari vennero resi pubblici il 4 luglio 1926. Il rapporto prevedeva la realizzazione di tre obiettivi: equilibrio di bilancio, agiatezza del Tesoro, stabilità monetaria. Gli esperti non ipotizzavano assolutamente la possibilità di un ulteriore ricorso ai prestiti della Banca di Francia, poiché una tale scelta avrebbe inevitabilmente condotto ad un aumento del tasso inflazionistico, al contrario la situazione necessitava una riduzione dell’entità dei prestiti e il rafforzamento della capacità di copertura monetaria97.

Per quanto riguarda i debiti a breve termine, questi avrebbero dovuto essere convertiti in titoli ammortizzabili con buoni della Difesa nazionale e del Tesoro; sarebbero stati distinti dalla Tesoreria e affidati ad una cassa di gestione autonoma alimentata da introiti provenienti dai tabacchi e probabilmente da imposte per le importazioni. Occorreva infine favorire il rientro di capitali con una

96 Ivi, pp. 147- 148. 97

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politica fiscale che prevedesse l’abrogazione della legge sull’esportazione di capitali, la riduzione delle tasse sui valori immobiliari, la gestione delle imposte indirette e sui redditi98.

Come dichiarò lo stesso Rist, il testo dell’indagine rappresentava una condanna della politica di immobilismo tenuta dalla Banca di Francia, la quale credeva che solo il Governo, riequilibrando il bilancio, potesse restituire al franco il suo valore del periodo precedente la guerra99.

Era de Rotschild, che difendeva questa tesi assurda100. Il 6 luglio 1926 il Ministro delle Finanze espose il programma finanziario davanti alle Camere, riunite in seduta straordinaria. D’accordo con la tesi degli esperti, il deficit di bilancio, malattia cronica del paese a partire dal dopo guerra, era scomparso nel corso dell’anno 1926. D’altra parte il Governo si ritrovava a fare fronte a nuove spese: a un miliardo di franchi ammontava il rimborso dei prestiti alla Banca di Francia, 500 milioni era la somma necessaria per l’ammortizzamento dei buoni a breve termine e altri 500 servivano alla stabilizzazione monetaria101.

Tali spese dovevano essere coperte con il bilancio e tramite il riassetto economico necessario per il quale il Governo chiese al Parlamento il conferimento di pieni poteri. Occorreva una revisione dell’imposta generale sui redditi, eccessivamente alta, l’abbassamento delle tasse 98 Ibidem. 99 Ibidem. 100 Ibidem. 101 Ivi, pp. 149- 151.

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successorie, che comportavano la fuga all’estero di capitali, il miglioramento del rendimento delle tasse indirette, soprattutto perché rappresentavano una fonte immediatamente disponibile, ed un riesame nuovo delle tariffe doganali. Un semplice riassetto delle imposte già esistenti avrebbe contribuito ad un aumento delle rendite per due miliardi102.

La crisi finanziaria dipendeva fortemente dal debito a lungo termine, che ammontava a 154 miliardi; 40 miliardi erano i prestiti a breve termine, mentre il debito fluttuante fra buoni del tesoro, Difesa Nazionale, avanzi della Banca di Francia e depositi della Tesoreria, era pari a 92 miliardi, per un totale di 286 che insieme ai 15 del debito per le regioni liberate raggiungevano la cifra di 300 miliardi 103.

Calliaux pensava di creare una cassa di gestione dei buoni per garantire il sostegno alla massiccia domanda di rimborso dei prestiti. I prestiti della banca di Francia, pari a 17.500 milioni, in un anno sarebbero stati interamente assorbiti dal debito pubblico, mentre gli interessi annuali sui debiti esterni ammontavano a 4.500 milioni. Se la sterlina avesse subito un ulteriore rialzo, sarebbe stato per la Francia impossibile rispettare gli accordi sulla restituzione dei prestiti104.

Tuttavia il Ministro delle Finanze evidenziò come in Gran Bretagna, durante la lotta per la stabilizzazione monetaria, Churchill avesse scelto di investire la totalità

102 Ibidem. 103 Ibidem. 104

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delle risorse finanziarie del paese; occorreva dunque imitare l’esempio inglese e ottenere all’esterno prestiti a lungo termine, in modo tale da lasciare intatta la riserva aurea della Banca Centrale. Ciò non bastava a migliorare la posizione del franco; era essenziale ristabilire l’equilibrio della bilancia dei pagamenti105

.

In seguito alle critiche di Léon Blum e André Tardieu al progetto finanziario della maggioranza e all’eventualità di delegare pieni poteri, il Governo ottenne la fiducia con una debole maggioranza di 269 voti contro 247 su un totale di 510 votanti106.

Fu il Comitato esecutivo della Federazione repubblicana, alla quale appartenevano quasi tutti i membri dell’U.R.D., ad adottare un ordine del giorno importante politicamente, soprattutto nel momento in cui il Governo Briand si trovava appeso ad un filo107.

A questo punto la fiducia dipendeva, secondo il Comitato, dalla sostituzione di un Ministero di minoranza con un Gabinetto di unione nazionale, che avrebbe dovuto impegnarsi soprattutto per arrestare la fuga di capitali, riassettare il sistema fiscale, preferire sistemi durevoli per ammortizzare il debito pubblico. La pubblica amministrazione doveva essere riformata e il demanio dello Stato avrebbe seguito le direttive del piano di Louis Marin al fine di permettere alla Tesoreria di lottare contro l’inflazione, anche se ciò avesse inevitabilmente

105 Ibidem.

106 Ivi, pp. 151- 153. 107

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comportato un aumento degli interessi108. Infine, in ambito monetario, occorreva incoraggiare la deflazione e maggiore rigore nell’emissione di cartamoneta. Questo programma rigoroso di restaurazione della fiducia supponeva una nuova politica, ma la Federazione Repubblicana si dichiarò ostile ad un eventuale Governo di compromesso incapace di apportare il cambiamento imposto109.

Il 12 luglio 1926 il Ministro delle Finanze Calliaux, subito dopo il voto delle Camere, si recò in Inghilterra per incontrare Churchill e firmare un accordo per la riduzione del 63% dei debiti francesi alla Gran Bretagna; la Francia si impegnò a pagare 653 milioni di sterline in 62 annualità ed erano previste riserve in caso di mancato pagamento delle riparazioni da parte della Germania. Inoltre, Calliaux otteneva la possibilità di recuperare il deposito di 53 milioni di sterline effettuato dalla Banca di Francia presso la Banca di Inghilterra110.

Gli attacchi speculativi contro la valuta nazionale francese però continuavano. Rientrato da Londra, Calliaux rese pubblico il suo progetto di legge finanziaria, che proponeva riduzione al 30% del tasso massimo dell’imposizione generale sui redditi, la riduzione del tasso delle imposte successorie, la maggiorazione del 75% delle imposte sugli utili agricoli, l’abbattimento dei monopoli, la revisione delle tariffe doganali e delle restrizioni all’importazioni, la revisione dei trattamenti

108 Ibidem. 109 Ibidem. 110

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economici dei funzionari, la soppressione di alcuni ruoli, il consolidamento e la conversione facoltativa dei buoni della Difesa, rendite e obbligazioni del Credito Nazionale, rimborso dei prestiti della Banca allo Stato, accordo con l’Istituto Centrale per facilitare la stabilizzazione monetaria111.

Per la realizzazione di questo programma, Calliaux chiese al Parlamento pieni poteri fino al 30 novembre 1926. Herriot si dichiarò ostile, mentre Briand, che decise di non firmare il testo di legge, cercava di persuadere il suo Ministro a rinunciarvi, ma questo ultimo tornò ad insistere solo pochi giorni dopo112.

Calliaux sperava di ottenere dei crediti esteri dagli USA che, al contrario, resero pubblica l’intenzione di subordinare qualsiasi tipo di finanziamento alla ratifica degli accordi Washington per la restituzione francese dei prestiti di guerra americani113.

L’idea di ottenere il conferimento dei pieni poteri dal Parlamento dipendeva dall’intenzione di ratificare tramite decreto l’accordo di Washington e ricevere un prestito americano o eventualmente snellire i processi per l’attuazione di misure fiscali ritenute necessarie. Il breve

111 Ibidem.

112 Tra i principali articoli si segnalano i seguenti: ARTICLE PREMIER: Le Gouvernement est autorisé jusqu’au 30 novembre 1926 à prendre, par décrets délibérés en Conseil des ministres, les mesures propres à réaliser le redressement financier et la stabilisation de la monnaie.

ARTICLE TROISIЀME: Ceux de ces décrets qui comportent des dispositions fiscales seront soumis à la ratification législative à l’ouverture de la session ordinaire de 1927, les mesures qu’ils auront à prescrire restant définitivement acquises. (Parigi, 9 luglio 1926. Ibidem).

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testo del progetto di legge venne approvato il 16 luglio 1926 dalla Commissione Finanze114.

La richiesta circa il conferimento di pieni poteri provocò opposizione sia a destra che a sinistra, Calliaux rappresentava per i partiti di destra l’uomo che aveva introdotto l’imposta sui redditi e congedato Robineau, Louis Marin si dimostrava deciso a far votare l’U.R.D. contro il Governo e la sinistra si dichiarava ugualmente ostile. In modo particolare lo erano i socialisti, contrari alla tassa sui capitali115.

Il Ministero necessitava l’appoggio dei radicali per confermare la maggioranza, ma Herriot, una volta appreso il parere della Commissione, decise di intervenire contro quella che a suo avviso era un’ingiustificata diminuzione delle prerogative del Parlamento e chiese il ritiro puro e semplice del progetto politico, definito un attentato alla Costituzione. La risposta del Capo del Governo si incentrò non tanto sull’intenzione di rispettare i principi repubblicani, quanto sulla necessità di promuovere misure efficaci e perciò concluse il suo discorso con la frase:” In 48 ore, è necessario che il Paese si trovi davanti a degli obiettivi precisi con un Governo in grado di agire”116

.

A questo punto intervenne Louis Marin, dimostrando l’impossibilità di chiedere al Parlamento di spogliarsi del diritto di introdurre nuove imposte, davanti alla gravità della situazione occorreva un Ministero di Unione

114 Ibidem.

115 Ivi, pp. 156- 159. 116

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Nazionale. Per questo, il leader dell’U.R.D. preferì non attribuire a Calliaux pieni poteri, il cui punto essenziale del progetto di legge prevedeva possibilità di utilizzare a propria discrezione le riserve auree della Banca Centrale117.

Il Ministro delle Finanze rispose con misura e senza collera alle accuse, tentando di porre la questione sul terreno tecnico e dimostrare che il Governo non avrebbe potuto agire per via legislativa tradizionale, evocando anche l’esempio del Belgio, dove il leader socialista Vandervelde aveva chiesto conferimento dei pieni poteri al re, tuttavia proprio questa allusione a un regime monarchico generò sarcasmo e scetticismo118.

Con 288 voti la Camera rifiutò la fiducia; accanto ai 28 comunisti e ai 96 socialisti contrari, si contarono 26 repubblicani socialisti, 48 radicali che seguirono Herriot e 60 membri dell’U.R.D, che rovesciarono il Ministero Briand- Calliaux il 17 luglio 1927119.

Il giorno seguente il Presidente della Repubblica, Gaston Doumergue, pretendeva che Herriot, in quanto responsabile della caduta del precedente Ministero Briand, formasse il proprio Gabinetto. Per promuovere la nuova compagine politica, Herriot si rivolse innanzi tutto ai socialisti, i quali declinarono un’eventuale

117L’attacco di Marin, ribadito anche da Tardieu, si riferiva alla personalità e al passato di Calliaux A Tardieu fu sufficente leggere l’articolo primo del progetto” Rubicon”, depositato presso una banca fiorentina, nel 1916, durante un breve soggiorno di Calliaux in Italia. L’analogia tra questo testo e quello del progetto di legge presentato dal Governo conseguirono l’accusa contro Calliaux di aspirare ad una dittatura. Cfr. Ѐmile Roche, Mémoires, souvenirs et

documents, Pubblications de la Sorbonne, 1980, Paris, p. 4.

118 Cfr. cit., pp. 156- 159.

119 Complessivamente i radicali ammontavano a 136, perciò aveva votato contro il Governo quasi un terzo del partito. Ibidem.

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