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1)Effetti della depressione economica

Alla fine degli anni venti, sul piano economico e finanziario, gli sforzi del dopoguerra consentirono di conseguire importanti risultati. L’aumento delle imposte determinò maggiori introiti, l’attività di certi comparti industriali migliorò notevolmente, si registrò un aumento della produzione e divenne possibile redistribuire il surplus225.

mondiale. Cfr. Jean- Baptiste Duroselle, Storia Universale dei Popoli e delle

Civiltà, cit., p. 347.

223 Ministro degli Esteri tedesco dal dicembre 1923, fino alla sua morte, leader della Deutsche Volkspartei, che rappresentava la destra moderata in Germania. Nonostante restò sempre fortemente nazionalista, la pubblicazione di alcuni documenti postumi alla sua morte dimostrarono la possibilità di collaborazione europea e a Ginevra, il rappresentante tedesco diede il suo assenso al progetto di “Unione Europea” di Briand. Ivi, p. 342.

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Cfr. Edouard Bonnefous, Cartel des gauches, cit., p. 365.

225 Ipotizzando un’imposta pari a 100 franchi, 41 servivano a sanare il debito pubblico, 16 erano stati investiti in piani pensionistici, 24 erano destinati alla Difesa Nazionale, 6 all’istruzione pubblica, 7 per il comparto agricolo, il commercio e i lavori pubblici, 0,5 per i piani di previdenza e assistenza sociale.

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Alla vigilia della crisi economica del 1929, che scoppiò negli Stati Uniti d’America, ma che a distanza di pochi mesi si diffuse in gran parte dei Paesi europei, la classe dirigente francese non si dimostrava preparata, anche perché la popolazione nel suo insieme non era in grado di realizzare come fosse possibile una tale minaccia economica226.

Tuttavia, il rientro all’attività parlamentare si aprì con una discussione fra la Commissione delle Finanze della Camera e il Governo, sul progetto di bilancio227.

La politica di Adolphe Chéron, che seguì Poincaré al Dicastero delle Finanze, si caratterizzava per lo stesso atteggiamento di prudenza e per l’importanza attribuita al surplus, conseguenza del piano di riassetto fiscale. Nel mese di settembre 1929, il Tesoro disponeva di un surplus di crediti pari a più di 17 miliardi, ma Chéron fece il grave errore di rendere pubblica la notizia, senza smettere di vantarsi per le condizioni di eccellenza della sua gestione finanziaria. Si trattò di un atteggiamento assai imprudente, poiché il Ministro non poteva più permettersi di opporre l’aumento dell’equilibrio di bilancio alle proposte di quei deputati che chiedevano sgravi fiscali, il cui costo, accresciuto dal 1926, sembrava piuttosto pesante ai contribuenti228.

Così Daladier sosteneva che più della metà delle imposte servivano a regolare errori passati, mentre un quarto erano socialmente ed economicamente sterile. Cfr. Alfred Sauvy, Histoire économique, cit., p. 73- 74.

226 Ivi, pp. 76- 77.

227 Cfr. Edouard Bonnefous, Cartel des gauches, cit., p. 365. 228

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Sul quotidiano “Populaire” del 15 ottobre 1929, Léon Blum, sensibile alla situazione finanziaria del Paese, commentava con ironia:” Strumento risolutivo della crisi sarà il prelievo sulle riserve della Tesoreria, che il Governo mette da parte da più di tre anni con rigore e riservatezza”229

.

A questa provocazione, il 9 novembre, Chéron precisò:” Abbiamo un conto corrente presso la Banca di Francia che si aggira attorno a 7,5 miliardi. In divisa, all’estero, le nostre scorte ammontano a 10 miliardi, ma queste riserve sono destinate a far fronte a delle scadenze, rispetto alle quali Poincaré ha contribuito per una metà io per la parte restante230.

La cassa autonoma di ammortizzamento possiede un conto corrente pari a 6 miliardi e mezzo, si tratta di una somma di cui non possiamo disporre, perché resta vincolata a quanto stabilisce la legge costituzionale”231

. La somma della quale disponeva il Tesoro e che Chéron rese pubblica, parlando in termini di bilancio di pubbliche spese era pari alla metà del progetto per l’anno successivo, ma il montante dichiarato era tale solo sulla carta, solo in termini giuridici232.

Il Governo vantava in effetti il diritto di usufruire di 17 miliardi di franchi senza dovere necessariamente introdurre ulteriori imposte, ma in questo periodo dominava ancora un’ottica giuridico- contabile che non teneva in conto della spinta febbrile e inopportuna sui

229 Ibidem. 230 Ibidem.

231 Cfr. Alfred Sauvy, Histoire économique, cit., pp. 77- 79. 232

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prezzi e sulla bilancia dei pagamenti che si poteva verificare in un’economia già in piena fase inflazionistica, come quella francese233.

Il progetto di bilancio del 1930, depositato dal Ministro delle Finanze all’ufficio della Commissione della Camera, prevedeva un aumento degli introiti pari a 48 miliardi 722 milioni, mentre l’ammontare delle spese era pari a 48 miliardi 665 milioni234.

L’aspetto innovativo risiedeva nell’intenzione di assegnare le eccedenze di budget a investimenti socialmente utili. A fronte di una crescita della spesa pari a 3 miliardi 299 milioni, rispetto al 1926, le somme supplementari destinate alla Difesa Nazionale ammontavano a 609 milioni, 1miliardo 690 era la cifra da investire nel riassetto dei programmi sociali e per le pensioni, erano previsti 500 milioni per le spese sociali, 350 per il supporto alla produzione, 150 milioni alla pubblica istruzione e alle belle arti235.

Ma la Commissione delle Finanze si dichiarò tutt’altro che soddisfatta e rese pubblica, tramite il suo rappresentante, de Chappedelaine, l’intenzione di proporre un piano generale di franchigia fiscale, che prevedesse abbattimento del tasso di tutte le imposte cedolari, esonero dell’imposta sui benefici industriali e commerciali per le piccole e medie attività, riduzione

233 Ibidem.

234 Cfr. Edouard Bonnefous, Cartel des gauches, cit., pp. 365- 367. 235

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dell’imposta sulle nuove obbligazioni, diminuzione delle tasse di lusso e dell’imposta sui trasporti di merci236. Il 4 ottobre 1929, Chéron rifiutò assolutamente la possibilità di adottare un tale piano e insistette sulla necessità imminente della Francia di continuare la restaurazione finanziaria, tuttavia accettò di assegnare 600 milioni della Cassa di Ammortizzamento alle spese di bilancio; ciò comportò una riduzione delle imposte e un abbattimento della base fiscale pari complessivamente a 2 miliardi 200 milioni, somma piuttosto lontana dai 4 miliardi 500 milioni di sgravi fiscali previsti dal rappresentante della Commissione delle Finanze alla Camera237.

Nonostante gli sforzi di Chéron, la Commissione restava ferma nella sua posizione e l’11 ottobre 1929, approvò il piano con regolare votazione238.

Pochi giorni dopo, il 22 ottobre la Camera, davanti all’energica politica estera di Briand, si dichiarò pronta per discutere le negoziazioni, ma il Presidente del Consiglio dei Ministri esigeva il rinvio, perché giudicava il lavoro della Conferenza fermo in una fase ancora embrionale239.

Alcuni deputati, fra cui Montigny e Marin, insistevano sulla necessità di sostenere discussioni preliminari alle negoziazioni al fine di rendere più efficace il ruolo di orientamento della politica estera francese, che il Parlamento possedeva legittimamente, soprattutto alla 236 Ibidem. 237 Ibidem. 238 Ibidem. 239 Ivi, pp. 367- 369.

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luce della contrarietà dell’opinione pubblica rispetto alla demilitarizzazione della terza zona renana, ma ad avviso del Capo del Governo le discussioni parlamentari erano necessarie, una volta terminati i lavori della Conferenza, a ratificare oppure rigettare le proposte; ulteriori discussioni preliminari avrebbero solo ostacolato l’andamento della diplomazia francese e l’obiettivo per il quale l’undicesimo Governo Briand aveva ricevuto, nel luglio scorso la fiducia, da parte della Camera240.

Il dibattito assumeva toni chiaramente politici, Montigny rese pubblica l’intenzione dei radicali di sostenere il Presidente del Consiglio, ma il suo partito preferì non rinnovare la fiducia nei confronti dell’Esecutivo241

. La stessa sopravvivenza del Governo venne messa in discussione e Briand accusò i radicali di volere camuffare, con una teoria circa i diritti parlamentari, una manovra per mettere ancora una volta in discussione la legittimità dell’esecutivo, anche perché la Camera stessa aveva concesso, alcuni mesi prima, un mandato al fine di concludere le negoziazioni senza ulteriori critiche premature242.

Briand pose così la fiducia alla mozione Montigny, chiedendo rinvio delle discussioni parlamentari al 15 Novembre 1929243.

Anche il portavoce dei socialisti, Blum dichiarò l’intenzione del suo partito di non rinnovare la fiducia al Governo Briand, rifiutando la tesi sul ruolo del 240 Ibidem. 241 Ibidem. 242 Ibidem. 243 Ibidem.

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Parlamento di fronte alle trattative di pace, anche se non si riteneva contrario agli impegni presi durante la Conferenza internazionale di pace. La mozione Montigny ottenne la maggioranza per via di dieci consensi; contro il Governo Briand votarono non solo i membri della sinistra radicale ma anche certi membri dell’Unione Repubblicana Democratica244.

La crisi dell’ultimo Ministero Briand dipendeva fortemente dall’uniformità di vedute fra socialisti e radicali e rappresentava la diretta conseguenza dell’unione inaspettata tra Marin e Blum. Si trattava di una maggioranza condizionata dalle circostanze: da un lato i socialisti intendevano mettere fine a un Gabinetto artefice della crisi politica dei Cartel des Gauches, d’altra parte i membri del centro destra, giudicavano negativamente le concessioni fatte dal Ministro degli Affari Esteri, quanto ai radicali si proclamavano sostenitori di alcuni diritti parlamentari inalienabili, inoltre per la prima volta dopo sette anni, un Ministero veniva messo in discussione non per via di questioni dal carattere prettamente economico- finanziario, ma a causa della politica estera245.

Tuttavia l’eterogeneità della maggioranza conseguì, inevitabilmente, un avvicinamento verso il centro destra della sinistra democratica, che rese possibile un Governo di moderati246.

244 Ibidem.

245 Cfr. Alfred Sauvy, Histoire économique, cit., pp. 77- 79. 246

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Il 23 ottobre 1929, il Presidente della Repubblica, Gaston Doumergue, giustificando la sua scelta per via di un vincolo costituzionale, offrì a Daladier, esponente del partito vittorioso del precedente Gabinetto, la possibilità di ricostituire i Cartelli, secondo quanto previsto dalla Costituzione, impedendo così la formazione di ulteriori Ministeri orientati a sinistra e stimolando un avvicinamento della sinistra democratica alla destra, che rendeva possibile un Governo di moderati247.

In realtà, l’attitudine strettamente personale del Presidente della Repubblica, diventò, in un secondo momento, determinante per la risoluzione della crisi. Doumergue conservava, infatti, un cattivo ricordo dei ministeri a maggioranza cartellista degli anni compresi fra il 1924 e il 1926, per questa ragione, intendeva evitare un Esecutivo a maggioranza di sinistra. Occorreva, per prima cosa, impedire qualsiasi avvicinamento fra la sinistra radicale e i radicali socialisti248.

Doumergue era consapevole che, scegliendo Daladier, questo ultimo avrebbe cercato di mettere in piedi un ulteriore Governo dei cartelli, che in caso di fallimento, avrebbe comportato l’abbandono di qualsiasi progetto per la ricostruzione di una maggioranza di sinistra. Tra l’altro non era possibile che un governo di sinistra trovasse effettivamente una maggioranza all’interno della camera, se non nella remota ipotesi di un ministero diretto da qualche senatore radicale o moderato appartenente allo

247 Ivi, pp. 367- 369.

248 Cfr. François Gouguel, La politique des partis sous la III République, cit., pp. 251- 252.

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schieramento di Poincaré, come Leygues o Barthou, che avevano delle possibilità, in questo contesto, di reintegrare la sinistra in una maggioranza composita249. La designazione di Daladier rappresentò, date anche le conseguenze che caratterizzarono il suo fallimento, un modo di facilitare la costituzione di un gabinetto puramente moderato250.

Il piano politico di Daladier, reso pubblico a Reims, durante il Congresso del partito radicale, prevedeva un governo con i socialisti, ai quali venivano garantiti quattro portafogli importanti, fra cui Finanze e Guerra. Al tempo stesso, Daladier intendeva rassicurare gli imprenditori, dichiarandosi politicamente sostenitore della prosperità individuale, di un programma politico di unione di tutti i partiti di sinistra e fedele ai principi di laicità, pace, giustizia fiscale e progresso sociale251. In un primo momento, il capo radicale-socialista, ottenne, dal gruppo parlamentare socialista S.F.I.O., garanzia di partecipazione al governo, ma ciò comportò inevitabilmente un avvicinamento fra il centro e la destra che suscitava disappunto del partito socialista, espresso proprio tramite il consiglio nazionale della S.F.I.O252. Il 26 ottobre 1929, in una sala della Commissione del Palais-Bourbon, il gruppo parlamentare socialista riceveva Daladier, al quale veniva richiesto di ritirarsi, ma il candidato Capo del Governo rifiutò l’opzione e

249

Ibidem. 250 Ibidem.

251 Cfr. Edouard Bonnefous, Cartel des gauches, cit., pp. 367- 369.

252Cfr. François Gouguel, La politique des partis sous la III République, Ѐditions du Seul, Armand Colin, Paris, 1956, pp. 251- 252.

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giustificò il suo atteggiamento con la nomina presidenziale ricevuta.

Il programma politico di Daladier, piuttosto accondiscendente alle intenzioni dei socialisti, prevedeva evacuazione della Renania senza condizioni, riduzione radicale dei crediti della Difesa Nazionale, amnistia immediata per i condannati politici, scuola unica, sgravi fiscali massivi, applicazione dei piani per le assicurazioni sociali, monopolio di importazione del grano253.

Blum si dimostrava restio al progetto, mentre il suo gruppo si pronunciò, con un’importante maggioranza, completamente favorevole alla partecipazione dei socialisti alla nuova compagine.

Il 28 e il 29 ottobre 1929, il consiglio nazionale del partito socialista si riuniva a Parigi per esprimere il rifiuto circa l’approvazione della decisione del gruppo parlamentare e, con una maggioranza di 1590 voti contro 1451, si pronunciò contrario alla partecipazione socialista al Governo.

Daladier, dopo il fallimento del suo tentativo di composizione politica con i socialisti, si rivolse verso il centro sinistra, ma alla richiesta eccessiva di rinunciare a buona parte del programma, che egli stesso aveva elaborato con i socialisti, finì per rinunciarvi254.

Prima del Ministero Tardieu, il Presidente della Commissione senatoriale delle Finanze, Clémentel, provò a realizzare un Governo di “compromesso repubblicano” concedendo ben otto portafogli ai radicali, tuttavia questo

253 Cfr. Edouard Bonnefous, Cartel des gauches, cit., pp. 367- 369. 254

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ulteriore tentativo fallì a causa delle pretese di Daladier, che esigeva il Ministero dell’Interno, mentre Clémentel, preoccupato per le difficoltà che questa scelta avrebbe potuto conseguire nell’ala destra della sua maggioranza, preferì Chautemps, esponente radicale e successore di Daladier a capo del partito. Alla fine l’atteggiamento di Daladier portò Clémentel a rinunciare al progetto255.