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Geopolitica, Regolamentazione e Ciclo Produttivo del Gas Naturale

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Academic year: 2021

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“It’s a new dawn

It’s a new day

It’s a new life

for me…

and i’m feeling good”

(2)

Indice

Considerazioni introduttive ... 6

Capitolo Primo Storia e geopolitica del gas naturale. 1.1. Introduzione ... 9

1.2. La domanda e l’offerta di gas naturale ... 10

1.3. Il commercio internazionale di gas naturale ... 12

1.4. Gli Stati Uniti d’America e il Canada ... 14

1.5. La Russia ... 17

1.5.1. La disputa energetica tra Russia e Bielorussia ... 26

1.5.2. La crisi del gas tra Russia, Ucraina e Crimea ... 30

1.6. Il Turkmenistan ... 42

1.7. La Cina ... 48

1.8. La Turchia ... 53

1.9. I principali paesi europei ... 63

1.9.1. La Germania ... 63 1.9.2. La Francia ... 65 1.9.3. Il Regno Unito ... 66 1.9.4. I Paesi Bassi ... 67 1.9.5. La Spagna ... 68 1.9.6. La Polonia ... 70 1.10. L’Italia ... 71

1.10.1. I rapporti con la Federazione Russa ... 73

1.10.2. I rapporti con i Paesi Bassi e la Norvegia ... 75

1.10.3. I rapporti con la Libia ... 77

1.10.4. I rapporti con l’Algeria ... 79

(3)

1.10.6. Il futuro energetico dell’Italia ... 86

Capitolo Secondo Disciplina normativa e regolamentazione. 2.1. Introduzione ... 88

2.2. L’evoluzione normativa ... 89

2.2.1. La direttiva 94/22/CE e il d.lg. n. 625 del 25 novembre 1996 ... 96

2.2.2. La direttiva 98/30/CE e il Decreto Letta ... 97

2.2.3. La direttiva 03/55/CE ... 102

2.2.4. Il Decreto Marzano ... 106

2.2.5. Il Terzo Pacchetto Energia ... 108

2.2.6. Il Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 6 marzo 2013 ... 111

2.3. L’autorità di regolazione ... 112

2.4. L’unbundling ... 115

2.5. L’esenzione dall’accesso dei terzi e dall’unbundling ... 121

2.6. Le tariffe ed i prezzo del gas ... 124

2.7. Strategia Energetica Nazionale e Governance pubblica ... 132

2.8. I contratti di lungo periodo e la clausola di Take or Pay ... 136

Capitolo Terzo La filiera del gas naturale. 3.1. Introduzione ... 148

3.2. Le caratteristiche del gas naturale ... 149

(4)

3.4. L’estrazione e la produzione ... 153

3.4.1. Il biogas ... 160

3.4.2. La decisione di abbandono di un giacimento ... 163

3.5. Il trattamento e la raffinazione ... 165 3.6. Il trasporto e l’importazione ... 168 3.6.1. Il GNL ... 171 3.6.2. Il GPL ... 174 3.7. La distribuzione ... 175 3.8. Lo stoccaggio ... 176

3.8.1. La regolazione del bilanciamento nel trasporto del gas ... 180

3.8.2. La normativa dello stoccaggio di gas naturale ... 183

3.8.3. Lo stoccaggio di CO2 e la relativa disciplina giuridica ... 187

3.9. La vendita e gli usi finali ... 192

Capitolo Quarto Casi Pratici: Snam Rete Gas S.p.a. e Toscana Energia S.p.A. 4.1. Snam Rete Gas S.p.A. ... 200

4.1.1. Il profilo societario ... 200

4.1.2. Le infrastrutture e il servizio di trasporto del gas naturale ... 202

4.1.3. L’innovazione tecnologica e l’attività di ricerca ... 205

4.1.4. L’andamento operativo ... 206

4.1.5. La riclassificazione di bilancio e l’analisi di redditività ... 208

4.1.6. Evoluzione della gestione ... 214

4.1.7. Impegno per lo sviluppo sostenibile ... 214

4.2. Toscana Energia S.p.A. ... 217

4.2.1. Il profilo societario ... 217

4.2.2. L’attività di distribuzione ... 218

(5)

4.2.4. La riclassificazione di bilancio e l’analisi di redditività ... 221 4.3. Confronto ... 226 Considerazioni conclusive ... 228 Bibliografia ... 231 Sitografia ... 239 Ringraziamenti ... 243

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Considerazioni introduttive

Il presente lavoro riassume vari aspetti del mercato del gas naturale il quale, nella sua complessità, offre numerosi spunti di studio ed indagine, alla luce di alcune problematiche relative alla politica energetica e all’industrializzazione nel contesto nazionale ed internazionale.

Alla base del successo del gas naturale, rispetto al carbone e al petrolio, vi sono vari fattori:

- l’economicità, dato che il gas naturale ha un rapporto più favorevole nei prezzi internazionali;

- il passaggio della rete carburanti da benzina/gasolio a metano favorisce la riduzione dell'inquinamento;

- la flessibilità, in quanto esso può essere impiegato così com’è per tutti gli usi, dal riscaldamento alla generazione termoelettrica fino all’autotrazione, senza costi aggiuntivi di trasformazione;

- i minori costi e la maggior facilità di distribuzione rispetto al petrolio poiché, per la maggior parte, il gas viaggia in tubazioni e non in autobotti le quali hanno invece costi aggiuntivi di carico e scarico;

- un minor inquinamento ambientale poiché emette quantità minori di CO2 e

di altre sostanze inquinanti ed è quindi più eco-compatibile.

In definitiva l’economia energetica mondiale si sta sempre di più orientando verso l’utilizzo di questa risorsa sebbene, a causa della recente crisi economica, sia

(7)

possibile osservarne un consumo minore rispetto a quanto prospettato negli anni passati.

Lo scopo della presente ricerca è stato quello di analizzare in tre punti fondamentali il settore del gas concentrandosi sulla geopolitica, sulla normazione e regolamentazione e, infine, sulla produzione per terminare poi con l’analisi di due casi pratici. Il primo caso pratico riguarda il colosso nazionale del trasporto del gas, Snam Rete Gas S.p.A., e il secondo riguarda Toscana Energia S.p.A., società che opera nel settore della distribuzione di gas naturale all’interno del più piccolo contesto toscano.

Nel capitolo iniziale saranno descritti gli andamenti della domanda, dell’offerta, dell’importazione e dell’esportazione del gas naturale al fine di fornire un quadro generale dei principali attori del mercato internazionale. Nei paragrafi successivi verranno analizzati i principali paesi produttori e le loro strategie politiche internazionali, con particolare attenzione ai conflitti con le altre nazioni e alle infrastrutture, fornitrici di oro azzurro, che tutt’ora si diramano all’interno del territorio internazionale; verrà esaminato approfonditamente il contesto italiano per quanto riguarda i rapporti con i suoi principali fornitori, le importazioni via GNL e, infine, verrà presentata un'analisi ipotetica sul suo futuro energetico.

Nel secondo capitolo sarà analizzata l’evoluzione normativa del settore del gas naturale, con un excursus sui principali provvedimenti nazionali e comunitari e sul ruolo dell’autorità di regolazione (AEEGSI) e dei suoi principali compiti, presentando un'analisi del tema dell’unbundling e della fissazione delle tariffe del

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gas naturale per terminare poi con lo studio dei contratti di lungo periodo e delle clausole di Take or Pay, che costituiscono la forma contrattuale tipica del mercato in esame.

Nel terzo capitolo verrà esaminata la filiera produttiva del gas naturale e, partendo da un analisi delle caratteristiche del gas naturale, saranno esposte le modalità di ricerca di tale fonte energetica, di estrazione, di trattamento e di commercio, anche sottoforma di GNL e GPL; sarà posta particolare attenzione alla fase di stoccaggio, sia dal punto di vista della disciplina giuridica che del tema, essendo la fase dello stoccaggio di anidride carbonica (CO2) fondamentale per una efficace

tutela ambientale. Al termine di questo capitolo verrà presentato un breve excursus riguardante gli usi finali del gas naturale all’interno della società industriale odierna.

Nel capitolo finale verranno analizzate, come già anticipato, le due società Snam Rete Gas S.p.A. e Toscana Energia S.p.A. da un punto di vista storico, gestionale ed anche finanziario, con riferimento ad alcuni importanti indici di bilancio; al termine del capitolo verrà svolto un breve confronto volto ad analizzare i punti in comune delle due aziende, a prescindere dal contesto nazionale o regionale e del ruolo all’interno della filiera produttiva.

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Capitolo 1

Storia e geopolitica del gas naturale

1.1. Introduzione

Il gas naturale è una delle principali fonti su cui un Paese può basare il proprio fabbisogno energetico ed è una risorsa non rinnovabile e in via di esaurimento tanto da venir definito, per sottolinearne l'enorme valore, come oro azzurro.

Gli investimenti energetici si proiettano a lungo termine quindi, quando un'economia si basa su una determinata fonte, è difficile cambiare risorsa sia per ragioni tecniche, poiché le infrastrutture create sono complesse e per essere dismesse richiedono molto tempo, sia per ragioni economiche, in quanto si deve rientrare dell'investimento.

Questo capitolo ha lo scopo di fare un excursus di quelle economie che hanno basato la propria politica estera sul gas naturale, creando talvolta dei veri e propri conflitti politici; si esprimono in questo contesto infatti interessi diversi sia economici che politici di cui ne è un chiaro esempio lo scontro tra l'Unione Europea e la Russia riguardo ai progetti Nabucco e South Stream.

Con questo capitolo si vuole dunque delineare in modo analitico l'andamento dei principali Paesi coinvolti nel mercato del gas naturale e gli avvenimenti storici ed economici ad esso legati come ad esempio le nuove importanti economie che si sono affermate negli ultimi anni, come quella del Turkmenistan e della Turchia, ma anche l’evoluzione tecnologica che ha reso possibile sfruttare nuovi giacimenti di gas non convenzionale, ossia risorse che prima si pensava non possibile

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utilizzare poiché difficili da raggiungere ed antieconomiche; molto importante è anche il crescente ruolo del nuovo metodo di trasporto del gas sotto forma liquida, ossia il GNL.

Questi nuovi avvenimenti hanno modificato gli equilibri geopolitici mondiali: sono cambiati i rapporti, le alleanze e molti paesi sono ormai alla ricerca dell'indipendenza energetica.

1.2. La domanda e l’offerta di gas naturale

Paese Produzione 2014 Variazione produzione (2014 – 2013)

Consumi 2014 Variazione consumi (2014 – 2013) Stati Uniti 718,85 mld/mc + 6,3 % 746,67 mld/mc + 2,6 % Russia 630,77 mld/mc - 6,1 % 450,03 mld/mc - 4,5 % Iran 170,08 mld/mc + 6,8 % 173,63 mld/mc + 11,8 % Cina 129,91 mld/mc +7,7 % 181,60 mld/mc + 8,6 % Turkmenistan 84,42 mld/mc +10,08 % 29,23 mld/mc +21,1 % Italia 6,98 mld/mc - 7,6 % 60,48 mld/mc - 11,6 % Turchia 0,47 mld/mc + 11,3 % 47,58 mld/mc + 6 % India 33,65 mld/mc - 2,8 % 51,84 mld/mc - 2,3 % Germania 9,07 mld/mc - 14,2 % 76,47 mld/mc - 12,3 % Francia 0,02 mld/mc - 95,6 % 38,50 mld/mc - 17,2 % Regno Unito 39,22 mld/mc 0 % 71, 25 mld/mc - 9,1 %

In base ai dati contenuti nel rapporto annuale redatto dall’Eni (World Oil & Gas

Review - WOGR) è possibile osservare come i consumi di gas nel 2014 si siano

contratti dello 0,4%, raggiungendo i 3.443 mld/mc ma con un tasso medio annuo di crescita nel periodo 2000-2014 pari al 2,4%.

Nel 2014 i primi 10 Paesi consumatori (Stati Uniti, Russia, Cina, Iran, Giappone, Canada, Arabia Saudita, Germania, Messico e Regno Unito) hanno registrato il 60% del consumo totale mondiale di gas (pari a 2.087,06 mld/mc). In particolare

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sono gli Stati Uniti a confermarsi primo paese consumatore con il 21,7% (746,67 mld/mc) e con un incremento rispetto all’anno precedente del 2,6%; la Russia si attesta secondo paese consumatore con il 13,1% ma con una contrazione del 4,5% rispetto al 2013 mentre, al terzo posto, troviamo la Cina con un consumo pari al 5,3% e un aumento del 8,6% rispetto al 2013.

E’ importante comunque evidenziare anche la significativa contrazione dei consumi registrata dalla Germania e dall’Italia pari rispettivamente al 12,3% e all’11,6%; questi cali risultano imputabili al cambiamento climatico, alla crisi

economica e al crescente peso delle energie rinnovabili1. Significativo è anche il

caso dell’Iran il quale, grazie ai recenti accordi sul nucleare, ha ripreso i propri rapporti economici con il mondo occidentale e, di conseguenza, ha incrementato il consumo di gas dell’11,8%.

Analizzando le dinamiche produttive è possibile invece evidenziare come esse appaiano del tutto inverse rispetto all’analisi dei consumi effettuata precedentemente, infatti la produzione globale risulta incrementata dello 0,5% (raggiungendo i 3.474,46 mld/mc) ed il 67% di questa è concentrata in 10 Paesi (Stati Uniti, Russia, Iran, Qatar, Canada, Cina, Norvegia, Turkmenistan, Arabia Saudita e Algeria) con un contributo preponderante di Stati Uniti (20,6% e 718,85 mld/mc) e Russia (18% e 630,77 mld/mc). Gli Stati Uniti si attestano come principale Paese produttore di gas naturale avendo registrato un aumento

1 Consumi gas, in calo del 20% in meno di 10 anni. Crollo per il termoelettrico, 18 settembre

2014. L’articolo è disponibile sul sito internet: http://www.qualenergia.it/articoli/20140918-consumi-gas-calo-del-20-percento-in-10-anni-crollo-per-il-termoelettrico

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produttivo pari al 6,3% rispetto al 2013 soprattutto grazie alle recenti innovazioni nella lavorazione dello shale gas. Grazie alla realizzazione di nuove infrastrutture sono inoltre aumentate significativamente anche i livelli produttivi di Cina (+ 7,7%) e Turkmenistan (+ 10,8%) mentre per l’Italia il calo della domanda va di pari passo con quello della produzione, in diminuzione del 7,6% rispetto al 2013.

1.3 Il commercio internazionale di gas naturale

Paese Esportazioni 2014 Variazione esportazioni (2014 – 2013) Importazioni 2014 Variazione Importazioni (2014 – 2013) Stati Uniti 41,34 mld/mc - 3,7 % 74,40 mld/mc - 6,5 % Russia 184,14 mld/mc - 11,3 % 8,42 mld/mc + 4,8 % Azerbaijan 8,83 mld/mc + 20,7 % 0 mld/mc 0 % Nigeria 24,46 mld/mc + 10,5 % 0 mld/mc 0 % Turkmenistan 55,19 mld/mc + 6,0 % 0 mld/mc 0 % Italia 0,23 mld/mc + 3,9 % 54, 47 mld/mc - 10,0 % Turchia 0, 62 mld/mc - 7,2 % 48,01 mld/mc + 8,0 % Cina 2,94 mld/mc 0 % 53,20 mld/mc + 7,4% Germania 19,22 mld/mc - 12,5 % 86, 81 mld/mc -11,2 % Francia 3,79 mld/mc - 29,5 % 43,72 mld/mc - 13,8% Regno Unito 10,70 mld/mc + 5,7% 42,81 mld/mc -13,3 %

A livello mondiale le esportazioni di gas naturale hanno raggiunto i 1.027,15 mld/mc con una contrazione rispetto al 2013 del 3,8% e, per quanto riguarda le importazioni, possiamo osservare lo stesso andamento con una diminuzione rispetto al 2013 del 3,6%; tali abbassamenti sono dovuti principalmente alla crisi economica, al maggior uso di fonti energetiche alternative ed alla maggiore indipendenza energetica raggiunta dai vari Paesi. Un esempio di ciò potrebbero essere gli Stati Uniti i quali, rispetto al 2013, hanno diminuito le importazioni del 6,5% ed i flussi di gas verso l’estero del 3,7% ma hanno incrementato sia il

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consumo che la produzione; questo denota chiaramente come gli Stati Uniti abbiano raggiunto una certa indipendenza nel mercato del gas naturale e tale constatazione è avvalorata e concomitante alla cosiddetta shale gas revolution. Importantissima da sottolineare anche la diminuzione del commercio estero della Russia che, in un solo anno, ha ridotto l’esportazione dell’11,3% principalmente a causa del cambiamento dei propri rapporti commerciali con l’Europa la quale, non condividendo le politiche russe nei confronti dei paesi ex-sovietici, stava da tempo cercando di cambiare fornitori di gas; questa nuova dinamica economico-politica si riflette chiaramente ed inequivocabilmente sui dati delle esportazioni di gas di alcuni nuovi Paesi emergenti i quali hanno riscontrato un notevole incremento: Turkmenistan (+ 6% rispetto al 2013), Azerbaijan (+20,7%) e Nigeria (+ 10,5%). Nonostante ciò la Russia rimane comunque il primo Paese esportatore al mondo con 184,15 mld/mc e le sue previsioni politiche si orientano verso la ricerca di nuovi Paesi acquirenti tra cui spiccano la Cina che, avendo un forte interesse a diminuire il proprio consumo di carbone, ha già firmato accordi commerciali per

accedere al gas russo2 e l’India che, in funzione del crescente sviluppo economico

e demografico, ha sviluppato una notevole necessità di inserirsi in questo mercato. Per quanto riguarda invece le importazioni si osserva un incremento (rispetto al 2013), dovuto alla recente crescita economica, da parte della Cina con il 7,4% e della Turchia con l’8% mentre, per i principali Paesi Europei importatori

2 A. Turiel, The Oil Crash: Perdiendo Gas, 27 maggio 2014. L’articolo è disponibile sul sito

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(Germania, Italia, Francia e Regno Unito), si può riscontrare un andamento opposto con una diminuzione drastica (circa

-12%) che va di pari passo con la contrazione dei consumi.

Per quanto riguarda la situazione italiana, al 2014, possiamo osservare come la produzione sia relativamente bassa (pari a 7,15 mld/mc) tanto da riscontrare una contrazione, rispetto al 2000, del 57% circa; risulta quindi ovvio come l’Italia sia un Paese totalmente

dipendente dalle importazioni e, infatti, si registrano 55,76 mld/mc all’anno che arrivano da pipeline e altri flussi d’importazione che giungono dalla Russia (26,2 mld/mc), dalla Norvegia (11,4 mld/mc), dalla Libia (6,5 mld/mc) e dall’Algeria (6,4 mld/mc).

1.4. Gli Stati Uniti d’America e il Canada

.

Lo sfruttamento del gas per garantire l’illuminazione ebbe inizio nel 1821 a Freedonia (New York) quando William Hart perforò il primo pozzo di gas naturale al mondo e, per tutto l’Ottocento, fino a quando si diffuse l’energia elettrica, il gas venne impiegato per l’illuminazione stradale delle città americane.

Alla fine del XIX secolo negli Stati Uniti vennero create le prime infrastrutture per lo sfruttamento del gas, che consistevano in condutture che coprivano corte

Figura 1: Rappresenta i flussi di importazione di

gas in Italia. Fonte: World Oil & Gas Review – WOGR anno 2014 di ENI

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distanze o in ambito urbano; negli anni venti vennero realizzati i primi gasdotti della storia su lunghe distanze di cui ne è esempio un gasdotto di 1.600 km circa, che collegava la città di Chicago con i giacimenti di metano situati in Texas. Nella seconda metà del Novecento, parallelamente ai progressi tecnici nella siderurgia e nella meccanica, si diffuse il timore di un esaurimento delle riserve petrolifere e ciò spinse gli Stati Uniti ad investire maggiormente nel gas naturale tanto da convertire, con lo scopo di collegare l’intero territorio statunitense da costa a costa, due importanti oleodotti in gasdotti: Little Inch e Big Inch3.

Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno vissuto un'importante rivoluzione energetica, la cosiddetta shale gas revolution, derivante dallo sfruttamento dei gas non convenzionali, che ha permesso sia agli Stati Uniti sia al Canada di raggiungere una posizione di quasi totale autosufficienza nel consumo di gas. Gli Stati Uniti sono il maggior paese consumatore e produttore di gas poiché lo sfruttamento dello shale gas ha permesso a Washington di superare la Russia, che è sempre stata il primatista nella produzione di gas; al 2014 il Canada risultava invece essere il quinto paese produttore con 161,39 mld/mc e, con un consumo 104,03 mld/mc, risulta in possesso di una produzione in eccesso tale da permettergli il raggiungimento di una notevole stabilità energetica.

3 Storia del gas naturale. L’articolo è disponibile al seguente indirizzo internet:

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Gli Stati Uniti, nonostante siano il maggior paese produttore, sono un importatore netto e i flussi in entrata arrivano prevalentemente dal Canada e, sotto forma di

GNL, principalmente dallo stato caraibico di Trinidad e di Tobago4.

Il gas non convenzionale viene così definito perché, in condizioni normali, il suo sfruttamento è antieconomico in quanto, a differenza di quanto accade per il gas convenzionale, non ha la pressione per fluire all’esterno al momento della perforazione.

Esistono vari tipi di gas non convenzionale ma quelli che vengono sfruttati nel Nord America sono il metano da carbone (coal bed methane) e il gas da argille (shale gas); il primo si crea durante il processo di formazione del carbone quando acqua e idrocarburi, nelle adeguate condizioni, rimangono intrappolati tra gli strati di carbone in formazione mentre il secondo, lo shale gas, si crea quando il gas rimane intrappolato dentro le microporosità delle rocce sedimentarie, per lo più di quelle argillose.

Gli ingegneri statunitensi furono i primi a rendersi conto delle potenzialità del gas da argille che, nel 2000, rappresentava circa il 2% della produzione di gas totale la quale è aumentata sino al 40% nel 2012 quando gli ingegneri sono riusciti, grazie a varie tecniche, a diminuire i costi di produzione.

I più grandi giacimenti di shale gas presenti negli Stati Uniti sono: il Barnett in Texas (che produce il 50% del gas totale); l’Haynesville in Louisiana e in Texas; il

4 T. Chaize, Gas naturale in Nord America: Stati Uniti d’America, Canada, Messico. L’articolo è

disponibile al seguente indirizzo internet:

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Fayetteville in Arkansas e, infine, il Macellus in Pennsylvania. Lo sfruttamento di

questa risorsa ha creato varie controversie riguardanti i rischi di inquinamento delle falde acquifere e la possibilità di provocare, incidendo sull’effetto serra, eventi sismici e climatici.

La produzione di questi gas, che potrebbero essere inviati in Europa sotto forma di GNL, aumentando di fatto le risorse disponibili, potrebbe portare ad un abbattimento dei prezzi del gas che rivoluzionerebbe il mercato internazionale sebbene alcuni sostengano che si potrebbe venir a creare una guerra dei prezzi al

ribasso che modificherebbe nettamente i confini geopolitici attuali5.

1.5. La Russia

La Russia, come abbiamo già detto in precedenza, è il secondo paese produttore di gas naturale dopo gli Stati Uniti ed è il primo paese al mondo per grandezza di riserve (nel 2014 possedeva il 24,7% delle riserve mondiali) oltre ad essere lo Stato con maggior consumo pro capite (3,159 mld/mc annui a persona) ed il maggior esportatore di gas al mondo (184,15 mld/mc annui); da questi dati si può dunque dedurre quanto sia fondamentale il mercato del gas per l’economia nazionale e, pertanto, esso influenza le scelte politiche russe sia nazionali che internazionali.

5 S. Bellomo, Arriva in Europa il primo gas <<made in Usa>>. Scoppierà la guerra dei prezzi?,

23 aprile 2016. L’articolo è disponibile al seguente indirizzo internet: http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2016-04-22/arriva-europa-primo-gas-made-usa-sara-guerra-prezzi-214136.shtml?uuid=ACMDXoDD

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La prima gas pipeline, ossia il gasdotto “Brotherhood”, venne inaugurata dallo Stato attorno al 1967 e tutt’ora risulta essere uno dei principali gasdotti verso l’Europa; essa può trasportare oltre 100 mld/mc all’anno e attraversa l’Ucraina e la Slovacchia trasportando il gas fino in Germania, Austria e Italia.

Sin dai primi anni ’80 la guerra fredda tra URSS e Stati Uniti ha influenzato molto l’economia energetica del gas naturale tanto che quest’ultimi, al fine di impedire la crescita

economico-politico-militare sovietica, cercarono in ogni

modo di ostacolare la

costruzione del gasdotto

Urengoy-Pomary-Uzhgorod, parallelo al gasdotto Brotherhood, il quale avrebbe collegato le risorse siberiane, congiungendosi alla pre-esistente rete ucraina, ai mercati occidentali; gli Stati Uniti avrebbero quindi voluto che le aziende occidentali cessassero le proprie esportazioni tecnologiche verso Mosca cercando soddisfacenti alternative al rifornimento sovietico.

Nel dibattito tra Washington e Bruxelles vennero dunque proposte svariate, seppur poi risultate inconcludenti, soluzioni:

Figura 2: Vi sono tutti i gasdotti russi che forniscono l’Europa e l’Asia. Fonte: https://en.wikipedia.org

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1) gli Stati Uniti avrebbero dovuto evitare di rifornirsi di gas liquefatto da paesi che, normalmente, sarebbero stati più adatti a servire la domanda europea: Algeria, Camerun, Nigeria, Qatar;

2) la Germania avrebbe dovuto abolire i dazi sulle importazioni di carbone; 3) la Norvegia e i Paesi Bassi avrebbero dovuto alzare a pieno regime le loro

risorse marine di gas naturale;

4) si sarebbe dovuta trovare una soluzione per permettere il trasporto di gas e petrolio dall’Alaska al Giappone.

Nel gennaio del 1982 il Presidente degli Stati Uniti d’America, Ronald Regan, chiese direttamente agli alleati di evitare la spedizione dei componenti per la pipeline ai sovietici e vietò alla General Electrics di esportare macchinari verso l’Unione Sovietica. Tuttavia tali commesse erano già state ordinate anni prima per cui fermare le aziende risultò essere un’impresa impossibile; lo scontro principale avvenne con Margaret Thatcher che, nel corso di una telefonata tra Washington e Londra, ribadì che l’azienda scozzese John Brown avrebbe inviato la sua prima spedizione di turbine verso Mosca. La costruzione di Urengoy divenne dunque una prova politica che andava ben oltre i meri valori economici, tanto che i lavoratori vennero pagati il 10% in più rispetto ai salari nazionali e ricevettero bonus che potevano arrivare fino a sei mensilità. I sovietici dichiararono che il 1° gennaio 1984 ebbe inizio l’erogazione dei primi metri cubi di gas ma tale affermazione venne in seguito messa in discussione dai tecnici occidentali i quali affermarono che il gas venne trasportato, invece, attraverso vecchie condutture; date queste

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controversie non si è potuta stabilire una data certa di avvio del trasporto di gas sebbene si sia comunque potuto osservare che l’opera fu realizzata circa con due anni di ritardo rispetto alle previsioni e con una capacità dimezzata rispetto al progetto iniziale, ciò a prova del fatto che gli Stati Uniti riuscirono infine a interferire, in certa misura, sullo sviluppo del gasdotto. Furono proprio queste interferenze, a conti fatti, che giocarono un ruolo importante nel crollo dell’Unione Sovietica dato che quest’ultima, ormai in piena crisi, non riuscì ad ottenere le nuove rendite del gas in tempo utile per impedire la disgregazione dell’Impero.

In particolare fu il crollo delle importazioni petrolifere a pesare sulle entrate sovietiche in quanto ne costituiva circa il 50% infatti, nel maggio del 1986, il prezzo del barile era sceso sotto i 10 dollari dopo aver toccato i 34 dollari all’inizio degli anni ’80; questo calo dei prezzi avvenne conseguentemente all’entrata in produzione di nuovi giacimenti tra il mare a Nord della Norvegia e quello vicino alla Scozia dai quali l’Europa poteva assicurarsi approvvigionamenti alternativi6.

I paesi satelliti della Russia si trovarono dunque a pagare prezzi nettamente superiori a quelli di mercato poiché i contratti petroliferi già stipulati erano basati su termini di lungo periodo mentre i paesi europei rinegoziarono i contratti per il

6 S. Casertano, Oro Blu: La contesa del gas tra Cina, Russia ed Europa, Fuoco Edizioni, Rende

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gas, i cui prezzi erano basati sul petrolio, assestando cosi infine il colpo mortale alle finanze pubbliche sovietiche.

La società che si occupa della estrazione e commercializzazione del gas naturale in Russia è Gazprom: fondata nel 1989 dal Presidente Michail Gorbačëv con lo scopo di

creare un ente responsabile della

distribuzione, della produzione e della vendita di gas.

Dopo il disfacimento dell’URSS alcuni paesi produttori ottennero l’indipendenza (Turkmenistan, l’Uzbekistan, il Kazakistan e l’Azerbaijan) provocando una netta diminuzione della potenza nel mercato energetico infatti Gazprom perse quasi un terzo delle sue condutture e un quarto della sua capacità di compressione ma, nonostante tutto, rimase la società con la maggior rete di gasdotti al mondo con un’estensione di circa 160.400 km (quattro volte la circonferenza equatoriale della Terra) e circa 215 stazioni di compressione attive.

Gazprom è controllata per circa il 50% dallo Stato russo e detiene il monopolio del mercato; controlla circa il 65% delle riserve accertate nel territorio dello Stato e detiene il 90% dei gasdotti del territorio, oltre a possedere importanti partecipazioni di maggioranza in società europee operanti nel settore dell’energia. Date queste premesse è logico comprendere quanto forte sia l’importanza di questa società a livello economico e politico sia per la Russia che per gli altri Stati Europei.

Figura 3: Il logo della società Gazprom. Fonte:

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Poiché le condotte collegano fornitori e consumatori di gas nel lungo termine sono entrati in gioco interessi geopolitici, che di fatto hanno condizionato la recente politica russa ed europea, quali:

§ L’Unione Europea, preoccupata dall’eccessivo affidamento ad un unico monopolio nella fornitura di gas, diversifica i propri fornitori mentre il produttore (Gazprom), che ha investito ingenti capitali per la costruzione dell’infrastruttura, deve ovviamente assicurarsi che la domanda di gas rimanga stabilmente alta nel lungo periodo per recuperare i costi.

§ Il ruolo degli stati di transito del gas (Polonia, Bielorussia, Ucraina, ecc…) che, fornendo il loro territorio, vogliono ovviamente trarre il maggior vantaggio possibile dalla loro posizione privilegiata al fine di ottenere un prezzo speciale sul gas e di imporre tariffe sul transito.

§ L’interesse del consumatore (Europa) coincide con quello del fornitore (Russia) solo se si ha un flusso di gas ininterrotto verso la destinazione ma ciò dipende anche dalla situazione economico-politica dei paesi di transito.

§ I contratti per la costruzione dei gasdotti sono soggetti a pressione politica di Stati non coinvolti nel progetto ma che hanno interessi geopolitici ed economici7.

Inizialmente il governo di Mosca, per tenere stretti i paesi ex-sovietici, provvide alla creazione della Comunità economica eurasiatica, ossia un’unione politica tra

7 T. Yugay, La geopolitica dei gasdotti, 3 giugno 2015. L’articolo è disponibile sul sito internet:

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Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Russia e Tagikistan (nel 2006 quest’ultimo si è autosospeso dall’organizzazione).

Per assicurarsi la collaborazione della Bielorussia e dell’Ucraina, fondamentali per far transitare il gas sul loro territorio, in quanto si frappongono geograficamente tra la Russia e gli altri stati Europei finanziarono, tramite sussidi, le economie di questi due paesi e fecero pagare loro un prezzo per il gas molto agevolato; a titolo di esempio, nel 2006 la Bielorussia pagava circa 46$ per 1000 metri cubi ossia una cifra irrisoria se comparata con i 290$ per 1000 metri cubi pagati dalla Germania. La pressione sulle forniture del gas venne usata moltissimo come strumento di coercizione tanto che vi furono casi eclatanti come nei confronti della Bielorussia e dell’Ucraina, di cui si parlerà in seguito, e anche della Moldavia; infatti, oltre ai due Paesi già considerati, anche la Moldavia risultava essere logisticamente importante per la Russia in quanto tale territorio si frappone tra i gasdotti dell’Asia Centrale e i consumatori europei infatti Gazprom detiene il 50% di Moldova Gaz ossia della società che si occupa della gestione dei gasdotti moldavi8.

Dunque alla Moldavia, che aveva ammontato un enorme debito (4,1 milioni di

dollari) per la maggior parte creato dalla regione indipendente della Transnistria9

(pari a 3,5 milioni di dollari), fu quindi proposto un accordo che prevedeva, in

8 P. Sałek, Moldavia: Il ricatto di Mosca. Rinunciate all’Europa o vi tagliamo il gas. 2 ottobre

2012. L’articolo tradotto è disponibile sul sito internet http://www.eastjournal.net/archives/21782

9 La Transnistria è uno Stato indipendente de facto non riconosciuto dai Paesi membri dell’ONU.

E’ governato da un’amministrazione autonoma con sede nella città di Tiraspol. Il 18 marzo 2014 ha espresso la volontà di annettersi alla Russia.

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cambio della cancellazione del debito creato dalla Transnistria e di una riduzione dei prezzi del gas, il ritiro dalla Comunità dell’Energia con l’Unione Europea. Ad oggi la questione non è del tutto risolta.

Nei confronti dell’Azerbaijan invece la Russia utilizzò un'altra strategia che si basava sull’acquisto di quantità di gas azere. In modo tale da distogliere l’attenzione azera verso l’Unione Europea; l’Azerbaijan, dal canto suo, era consapevole di quanto l’appoggio russo fosse fondamentale per la sua contesa

locale verso l’Armenia per il controllo della regione del Nagorno-Karabakh10.

Il Cremlino stipulò accordi bilaterali con il Kazakhstan al fine di una maggiore cooperazione tra Gazprom e la compagnia locale KazMunayGas, che si occupa della raffinazione ed esportazione del gas proveniente dai giacimenti kazaki; la strategia era quella di frapporsi alle alleanze tra Europa e America e a quelle della Cina con il Turkmenistan.

Per ovviare al problema dei paesi veicolo, ossia quei paesi che vedono transitare sul proprio suolo i gasdotti russi (in particolare l’Ucraina), Gazprom aveva redatto un progetto per la costruzione del gasdotto South Stream che doveva partire dalla Russia e, attraversando il Mar Nero la Bulgaria e la Grecia, finire in Italia

10 Questa regione è a prevalenza armena e di religione cristiana, a differenza dell’Azerbaijan che

è a prevalenza musulmana sciita. Dopo il disfacimento dell’Unione Sovietica, nel 1988, la regione del Nagorno-Karabakh si è scissa, dichiarando la propria indipendenza. Nel 1992 è scoppiata una guerra che si è protratta fino al 1994 quando a Biškek, in Kirghizistan, venne firmato il cessate-il-fuoco; nel conflitto furono uccise quasi 30.000 persone (prevalentemente azeri) e vi furono quasi un milione di sfollati. Da allora le tensioni non sono ancora terminate e l’indipendenza del Nagorno-Karabakh non è stata riconosciuta dalle Comunità Internazionali infatti, negli ultimi anni, vi sono state violazioni del cessate-il-fuoco con attentati di natura terroristica.

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rifornendo cosi l’Europa senza attraversare il suolo ucraino e polacco. L’Unione Europea si dimostrò contraria al progetto sin da subito poiché sarebbe rimasta ugualmente dipendente dal gas russo e, infatti, dopo vari boicottaggi da parte

dell’UE (principalmente con il Third Energy Package - TEP11) il presidente Putin

dichiarò, nel 2014, di non voler più portar avanti il progetto e di essere intenzionato a muoversi nella ricerca di nuovi partner commerciali al di fuori dell’Unione Europea.

Nel 2015 la società Gazprom prese dunque accordi con la società turca “Botaş Petroleum Pipeline Corporation” per l’eventuale costruzione del gasdotto Turkish

Stream che, partendo sempre dal Mar Nero, dovrebbe rifornire la Turchia e

l’Europa senza però passare dalla Bulgaria come era invece stato previsto nel precedente progetto South Stream; tuttavia, conseguentemente ai recenti dissidi dovuti all’abbattimento nei cieli della Siria del caccia-bombardiere Sukhoi-24 delle Forze aree russe, è ormai chiaro che anche il progetto Turkish Stream non

verrà probabilmente mai avviato12.

11 Emanato nel 2009 dall’Unione Europea con l’obiettivo di aumentare il livello di integrazione

del mercato energetico europeo e di migliorarne il funzionamento. Il TPE suggerisce che le società che producono gas non possono essere proprietari di un gasdotto che attraversa il territorio dell’Unione e, allo stesso tempo, fornitori; che esse non dovrebbero usare più del 50% della capacità del gasdotto e che la carica residua dovrebbe essere allocata solo tramite asta. Gazprom, quindi, non potrà più gestire la vendita, la distribuzione e la produzione poiché agirebbe in condizioni di monopolio e sarà dunque costretta a cedere la rete di distribuzione e di vendita ad altre aziende. T. Yugay, La geopolitica dei gasdotti: South Stream contro Nabucco, 23 luglio 2015. L’articolo è disponibile sul sito internet: http://ugobardi.blogspot.it/2015/07/la-geopolitica-dei-gasdotti-south.html

12 T. Yugay, La geopolitica dei gasdotti: finale senza fine, 3 marzo 2016. L’articolo è disponibile

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Da tutta questa situazione si è creato il “gioco” delle pipeline che vede, da una parte, chi possiede la materia prima (Russia, Turkmenistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Azerbaijan e Stati Uniti), da un altro lato, chi ne ha bisogno (l’Europa, la Cina, la Turchia, l’India e gli Stati Uniti) e da un altro lato ancora chi vede transitare i gasdotti sul proprio territorio senza possedere giacimenti (Turchia, Polonia, Bielorussia, Moldavia ecc…) e, infine, chi grazie alla scoperta di nuovi giacimenti di shale gas ha ingenti riserve da poter sfruttare (Ucraina e Canada).

1.5.1. La disputa energetica tra Russia e Bielorussia

La “guerra del gas” tra questi due Stati iniziò nel 2004 quando Gazprom si rifiutò per sei mesi di firmare il contratto annuale di fornitura con la Bielorussia.

Il governo russo fece pressioni affinché Minsk accettasse tariffe più elevate e gli

vendesse, a condizioni più favorevoli, la società Beltransgaz13; dopo questi

avvenimenti si scateno, ovviamente, una diatriba politica e Aleksandr Lukašenko14

accusò la Russia di “terrorismo economico” nei confronti del suo paese15.

Nel febbraio del 2004 Gazprom decise di interrompere la fornitura di gas alla Bielorussia la quale aveva sottratto gas in viaggio verso l’Europa a titolo di prelievo per il pagamento dei diritti di transito. Al fine dell’anno la Bielorussia

13 Beltransgaz è la società bielorussa che si occupa della gestione dei gasdotti che attraversano il

suolo bielorusso con il fine di rifornire gli altri paesi dell’unione europea. Dal 2006 fa parte del gruppo russo Gazprom.

14 E’ il presidente della Bielorussia dal 1994. Nel 2015 ha vinto le elezioni presidenziali

ottenendo il quinto mandato consecutivo, con l’83,48% dei voti.

15 V. Avioutskii. Gazprom contro il resto del mondo, Il clima dell’energia, 2007. L`articolo è

disponibile sul sito internet http://limes.espresso.repubblica.it/wp-content/uploads/2007/11/000-000_lim_6-07_avioutskii.pdf

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accettò il progressivo aumento delle tariffe del gas ma rifiutò la vendita della società Beltransgaz.

Nel 2006 la Russia annunciò che, a partire dall’anno successivo, avrebbe aumentato i prezzi ma ovviamente la Bielorussia protesto e, in risposta al rifiuto di Minsk, Gazprom minacciò di interrompere le forniture di gas. Tale situazione condusse finalmente alla stipula di un accordo definitivo che siglava:

ü l’impegno della Bielorussia a pagare il doppio del prezzo del gas (da 46,7 a 100 dollari per mille metri cubi) nel 2007;

ü la cessione del 50% di Beltransgaz, per un valore pari a 2,5 miliardi di dollari, da pagare in cinque anni;

ü l’aumento graduale dei prezzi del gas per la Bielorussia fino ad allinearsi nel 2011 con quelli del mercato europeo;

ü l’aumento delle tariffe bielorusse per il transito del gas russo del 70%.

In aggiunta, per assicurarsi la firma dell’accordo, la Russia bloccò le importazioni di zucchero ed impose dei dazi sul greggio che però decise di non annullare nemmeno dopo la stipula dell’accordo per cui, in risposta a ciò il presidente Lukašenko applico delle tariffe maggiorate sul petrolio che attraversava l’oleodotto di Druzhba16, con lo scopo di danneggiare le forniture di greggio destinate alla Germania, alla Polonia e all’Ungheria.

16 Viene chiamato l’oleodotto dell’amicizia ed è il più lungo oleodotto del mondo con circa 4.000

km di estensione. Il suo percorso parte da Al’met’evsk (nella regione del Tatarstan in Russia), dove raccoglie il petrolio dalla Siberia occidentale, dagli Urali e dal mar Caspio dirigendosi a Mazyr (in Bielorussia) dove si dirama: la parte settentrionale attraversa la Polonia (raffineria di Płock) raggiungendo la Germania (raffineria di Schwedt), dove si collega con l’oleodotto MVL a

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Nel gennaio 2007, i bielorussi prelevarono il petrolio in transito e la compagnia statale russa Transneft smise di pompare il greggio nell’oleodotto dell’amicizia, fino ad arrivare al blocco totale della fornitura verso l’Europa e verso la Bielorussia. L’11 gennaio del 2007 fu firmato l’accordo che pose fine alla crisi tra la Bielorussia e la Russia.

Dopo questi avvenimenti la Russia venne etichettata come fornitore inaffidabile e, di conseguenza, moltissimi Paesi Europei iniziarono a differenziare i loro fornitori sia di gas che di altre materie prime. In risposta a questa crisi Mosca creò un gasdotto, tutt’oggi fondamentale, ossia Nord Stream; esso, sin dall’inizio, prevedeva il collegamento diretto da Vyborg (Russia) a Greifswald (Germania) attraversando il Mar Baltico e avrebbe interessato le zone economiche di cinque paesi (Russia, Finlandia, Svezia, Danimarca e Germania). Nonostante le critiche dei paesi scandinavi, della Polonia, della Bielorussia e dell’Ucraina vennero ottenuti i permessi necessari all’avvio della costruzione per cui i lavori, godendo sin da subito dello status di progetto prioritario da parte dell’Unione Europea17, ebbero inizio nel 1997 e finirono nel 2012, con una collaborazione tra Gazprom e la compagnia petrolifera finlandese Neste.

Nel 2010 Gazprom decise di chiedere il pagamento immediato del debito per le forniture arretrate che la Bielorussia aveva contratto durante gli anni (pari a 200

Rostock e Spergau (in Germania); il ramo meridionale invece attraversa l’Ucraina per poi dirigersi, da una parte, verso la Slovacchia e la Repubblica Ceca e, dall'altra parte, verso l’Ungheria.

17 T. Yugay, La geopolitica dei gasdotti: Nord Stream, 22 giugno 2015. L’articolo è disponibile

sul sito internet: http://ugobardi.blogspot.it/2015/06/la-geopolitica-dei-gasdotti-nord-stream_22.html

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milioni di dollari) e, in risposta, il governo di Minsk chiese il pagamento dei diritti di transito (pari a 260 milioni di dollari) con la minaccia di chiudere sia gasdotti che oleodotti con la conseguente reazione di Gazprom che tagliò dell’85% le forniture. A questo punto il presidente Lukašenko riconobbe il debito della Bielorussia e chiese una compensazione del debito; Gazprom, in questo caso, doveva dare circa 60 milioni a Minsk ma tale compensazione non fu accolta. In quegli anni la Bielorussia doveva fronteggiare una forte crisi economica per cui

chiese una proroga di due settimane che venne però negata da Mosca18. La diatriba

si risolse in poco tempo tramite il pagamento dei diritti di transito in cambio dell’acquisto totale della partecipazione rimanente in Beltransgaz; in tal modo la Bielorussia si trovò definitivamente isolata senza avere più la possibilità di imporsi verso Mosca soprattutto dopo che, con la costruzione del gasdotto Nord

Stream, le importanti forniture di gas alla Germania iniziarono a transitare

attraverso il Mar Baltico e non più attraverso il territorio bielorusso19.

Attualmente il gas russo giunge in Bielorussia attraverso i gasdotti paralleli Yamal-Europe e Northern Lights, che partono dai giacimenti di Urengoy nella città di Ukhta e raggiungono la capitale bielorussa Minsk; da qui parte una diramazione che si connette con i gasdotti Soyuz e Brotherhood in Ucraina, per poi raggiungere l’Europa attraversando la Slovacchia.

18 Russia-Bielorussia, Guerra del gas, 22 giugno 2010. L’articolo è disponibile sul sito internet

http://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/articoli/484640/russia-bielorussia-guerra-del-gas.shtml

19 L. Raso, Old Continent, Russia. La diplomazia del gas, 19 ottobre 2012. L`articolo è

disponibile sul sito internet https://www.aspeninstitute.it/aspenia-online/it/article/russia-la-diplomazia-del-gas

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Nel 2007 venne proposto, per la costruzione di Yamal-II, un progetto grazie al quale il gas sarebbe potuto arrivare in Slovacchia bypassando l’Ucraina; nel 2013 sono stati avviati i lavori di costruzione ed il termine di consegna previsto è per il 2019.

1.5.2. La crisi del gas tra Russia, Ucraina e la Crimea

Sin dagli anni Venti, sotto l’Unione Sovietica, l’Ucraina è stata un centro di eccellenza nella ricerca e nello sfruttamento dei gasdotti costituendo, quindi, il cuore dell’industria energetica del gas sovietica. La dirigenza ucraina, con il passare dei decenni, iniziò a rappresentare un’importante fetta della politica sovietica e, in particolare, del Ministero dell’Industria del Gas che, successivamente, verrà trasformato in Gazprom.

Per questi motivi, dopo il disgregamento del blocco sovietico, all’Ucraina venne concesso di pagare prezzi del gas molto privilegiati ma, con il passare del tempo, in Russia si iniziò a mettere in discussione lo status privilegiato del Governo di Kiev; nel 1993, in conseguenza ad un aumento dei prezzi del gas, l’Ucraina decise di non pagare le forniture e, quindi, il presidente del consiglio di Gazprom, Rem Vyakhirev,

Figura 4: I gasdotti presenti in Ucraina. Fonte: http://www.enzopennetta.it

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annunciò il blocco dei rifornimenti ucraini. Il Governo di Kiev, ovviamente, rispose bloccando i gasdotti che rifornivano l’Europa centrale e, sebbene la disputa venne risolta in breve tempo a favore della Russia, l’atteggiamento dei due paesi attirò l’attenzione dei governi internazionali.

Il gas russo giunge in Ucraina principalmente tramite il sistema di gasdotti denominato “corridoio Ovest” e composto da:

- i gasdotti Urengoy-Pomary-Uzhgorod ed il loro parallelo Brotherhood, che partono dai giacimenti siberiani e raggiungono la città ucraina di Uzhgorod; - il gasdotto Soyuz, che parte dalla città di Orenburg collegandosi alla Central-Asia pipeline, che rifornisce la Russia del gas turkmeno e kazako, e raggiunge poi l’Ucraina nella città di Novopskov;

- la progress pipeline, che ha origine nei giacimenti di Yamburg, corre parallelamente al gasdotto Brotherhood e raggiunge l’Ucraina del Nord nella città di Sumy.

Il 23 Gennaio 2005, con l’insediamento di Viktor Juščenko come Presidente dell’Ucraina seguente alla “rivoluzione arancione”20, la situazione politica si complicò dato che egli spostò sempre di più il proprio interesse verso l’Unione europea distaccandosi quindi dall’influenza di Mosca, tanto che il suo nuovo

20 Nelle elezioni del 21 novembre 2004 i primi risultati videro vincitore Viktor Janukovyč ma lo

sfidante, Viktor Juščenko, contestò la votazione per brogli elettorali invitando quindi il popolo ucraino a protestare nelle piazze fino al ripetersi della consultazione. Viktor Juščenko e i suoi sostenitori utilizzarono come simbolo il colore arancione per cui i partecipanti alle proteste brandirono sciarpe e nastri arancioni per dimostrargli il loro sostegno. La Corte Suprema ucraina invalidò il risultato fissando le elezioni al 26 Dicembre 2004. Vinse Juščenko con il 52% dei voti e si insediò il 23 gennaio 2005.

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governo non riconobbe gli accordi stipulati da quello precedente e annunciò come obiettivo principale quello dell’integrazione europea; nonostante ciò non poteva comunque essere ignorato il fatto che l’Ucraina era stata per troppo tempo dipendente dalla Russia per quanto riguardava il gas proveniente dall’azienda Gazprom, da cui acquistava ad un prezzo bassissimo, pari a 50 dollari ogni mille metri cubi, per cui il cambiamento politico in atto non era poi tanto facilmente attuabile.

Il 1° gennaio del 2006, durante un rigido inverno, la Russia tagliò le forniture di metano a Kiev, dopo mesi di contenzioso sul prezzo del gas venduto: Gazprom voleva far passare il prezzo da 50 dollari a 230 dollari per mille metri cubi, provocando una riduzione del flusso di gas verso i paesi europei. La compagnia russa accusò l’Ucraina di aver prelevato illegalmente il gas destinato all’Europa ma, ovviamente, Kiev smentì; il 4 gennaio venne stipulato un accordo per cui il prezzo del gas venne fissato a 230 dollari ma all’Ucraina fu consentito di pagarlo 95 dollari mescolandolo al gas dell’Asia centrale che transita in Russia. La Russia ottenne cosi due importanti risultati: aumentò le entrate grazie all’aumento del prezzo del gas e, soprattutto, dette una chiara dimostrazione ai paesi ex-sovietici (in particolar modo Bielorussia e Georgia) delle inevitabili conseguenze a cui andavano incontro non obbedendo al Cremlino. Il problema per i russi risulta però essere il fatto che il principale gasdotto verso l’Europa attraversa il territorio ucraino e, conseguentemente alle contese fra i due paesi, gli ucraini decisero di interrompere il transito del gas.

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Mosca fu additata, dagli altri Paesi Europei, come fornitore instabile e accusata di voler punire i Paesi ex-URSS usando le forniture di energia come strumento di ricatto; il Cremlino dunque, messo alle strette, elaborò un accordo che consentì la ripresa delle esportazioni di gas21.

Il 2 ottobre del 2007 Mosca minacciò di ridurre le forniture se Kiev, entro fine ottobre, non avesse saldato il pagamento di un debito pari a circa 1,3 miliardi di dollari22 e, per molti, questa scelta fu vista come una scusa volta ad ostacolare l'ascesa al Governo di Julija Tymošenko23, ritenuta troppo filo-europea. Il 9 ottobre Gazprom e il governo ucraino raggiunsero un'intesa.

Il 4 marzo del 2008, nonostante il recente accordo, Gazprom dimezzo ingiustamente le forniture di metano al fine di imporre un nuovo protocollo d’intesa che aveva lo scopo di adeguare il prezzo a quello di mercato. Il 20 novembre del 2008 il Governo Russo pretese dall'Ucraina, sotto minaccia di ridurre notevolmente le loro forniture, il saldo del debito di 2,4 miliardi di dollari;

21 M. T. Klare, Potenze emergenti. Come l'energia ridisegna gli equilibri politici mondiali,

Edizioni Ambiente, Milano, 2010.

22 “La Repubblica”, Guerra del gas tra Russia e Ucraina. Il contenzioso dal 2006 a oggi, 6

gennaio 2009. L`articolo è disponibile sul sito http://www.repubblica.it/2008/12/ sezioni/esteri/russia-gas/scheda-gas/scheda-gas.html.

23 Julija Tymošenko ha ricoperto il ruolo di primo ministro dell’Ucraina dal 24 gennaio all’8

settembre del 2005 e dal 2007 al 2010; è stata la prima donna ad aver ricoperto la carica di primo ministro dell’Ucraina e fu una delle guide della rivoluzione arancione in favore di Viktor Juščenko. Nel 2011 ha subito un processo penale per malversazione di fondi pubblici, avendo contratto con Gazprom un accordo per la fornitura di gas naturale troppo oneroso per l’economia ucraina; l’11 ottobre 2011 fu condannata a 7 anni di carcere e la sentenza fu confermata sia dalla corte d’appello sia, successivamente, dalla Corte Suprema dell’Ucraina.

Il 29 aprile del 2013 la Corte Europea dei diritti dell’uomo decretò illegittima la detenzione preventiva nei confronti dell’ex prima ministra per cui, il 21 febbraio 2014, il parlamento approvò la legge per la depenalizzazione del reato ed il giorno seguente, successivamente alla violenta ribellione a Kiev che ha deposto Viktor Janukovyč, venne liberata dalla prigionia.

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Viktor Juščenko, dunque, garantì all'Europa che il gas sarebbe continuato a transitare senza interruzioni e a Putin che il debito sarebbe stato saldato per cui, a fine anno, gli ucraini pagarono 1,5 miliardi di dollari per il gas ricevuto a novembre/dicembre ma i russi chiesero loro anche il pagamento dei residui 614 milioni di dollari24. Nonostante le rassicurazioni del loro presidente la società pubblica ucraina che si occupa della gestione dei gasdotti, ossia Naftogaz, impose la propria volontà di aumentare le tariffe di transito.

Il 5 gennaio 2009 il premier russo Putin annunciò che le forniture di gas verso l’Ucraina sarebbero state ridotte di 65,3 milioni di metri cubi, compromettendo in tal modo il transito di gas verso l’Europa. Venne dunque raggiunto un accordo per il quale l’Ucraina avrebbe dovuto assicurare il transito del gas verso i consumatori europei, anche in assenza di un contratto di fornitura per il consumo interno che gli avrebbe permesso di attingere a tali forniture25; si prevedeva inoltre, per il primo anno, un prezzo pari all’80% di quello pagato dall’Europa e, a partire dal 2010, un aumento del prezzo fino al livello europeo ma, il 21 aprile del 2010, la Russia accordò uno sconto del 30% sulle tariffe in cambio di un accordo per prolungare fino al 2040 il proprio diritto d’uso su un porto ucraino del Mar Nero nella città di Sebastopoli (da esso infatti la Russia poteva condurre operazioni

24 O. Mityaev, La componente politica della "guerra del gas" tra Ucraina e Russia. Ancora niente gas, 14 gennaio 2009. L’articolo è disponibile sul sito www.tlaxcala.es/pp.asp?lg=it&reference=6821.

25 O. Mityaev, Ancora niente gas, 14 gennaio 2009. L’articolo è disponibile sul sito internet:

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militari nell’Ossezia del Sud -Georgia- 26), infatti, non è un caso che al potere di Kiev c’era Viktor Janukovyč, noto per il suo orientamento filo-russo27.

La Russia, in risposta alla mancanza di affidabilità del governo Ucraino, progettò di costruire il gasdotto South Stream, gemello del gasdotto Nord Stream, che, come già detto in precedenza, venne accantonato nel 2014 spingendo la Russia verso la ricerca di nuovi partner commerciali in altre regioni del mondo. La prima controversia tra i due paesi era riconducibile al cosiddetto gas tecnico, ossia quel gas usato per spingere il metano dentro il gasdotto, che ammontava a circa 21 milioni di metri cubi giornalieri e che doveva essere fornito dall’Ucraina affinchè il metano arrivasse nell’Unione Europea; la società Naftogaz, però, si rifiutò di attingere alle riserve nazionali e chiese a Gazprom di fornire questa quota di gas tecnico ma quest’ultimi affermarono che esso era già incluso nella tariffa di transito in vigore fino al 2010 e negarono quindi la richiesta. Il problema di fondo della diatriba tra Gazprom e Naftogaz verteva sul mancato adempimento del

contratto di take or pay28 stipulato tra le due società: Naftogaz si era impegnata ad

un acquisto minimo di 41,6 miliardi di metri cubi ma, invece, ridusse gli acquisti

26 S. Casertano, Oro Blu: La contesa del gas tra Cina, Russia ed Europa, Fuoco Edizioni, Rende

(CS), 2010.

27 R. Olearchyk, Russia lowers Ukraine gas prices, 21 aprile 2010. L’articolo è disponibile sul

sito internet:

http://www.ft.com/cms/s/0/36f41472-4d52-11df-baf3-00144feab49a.html#axzz47ftNb4sv

28 E’ una clausola presente nei contratti di acquisto del gas naturale secondo la quale l’acquirente

è obbligato a pagare una quantità minima di gas prevista dal contratto anche nel caso in cui poi non la ritiri.

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di circa il 20% ogni anno a partire dal 2011 e, per questo, Gazprom aumentò i prezzi sino a 400 dollari per mille metri cubi29.

Gli accordi successivi tra i due Paesi furono troppo onerosi per l’economia ucraina e l’ex primo ministro Julija Tymošenko venne arrestata per abuso d’ufficio e per aver stipulato dei contratti troppo costosi per l’Ucraina; venne dunque chiesta una revisione dei contratti stipulati e Gazprom cercò di trarne vantaggio proponendo la creazione di una joint venture con Naftogaz e la cessione della rete di distribuzione ucraina con il chiaro intento di isolare Kiev senza interrompere le forniture di gas verso gli altri Paesi.

Per evitare altre situazioni simili venne effettuata una riunione dei paesi dell'UE in cui si decise di diversificare il portafoglio degli importatori energetici creando delle partnership per sfruttare i giacimenti asiatici; all’inizio si puntò sulla creazione del gasdotto Nabucco sfruttando le linee di infrastrutture già esistenti (il gasdotto Terbiz-Ankara e il gasdotto South Caucasus Pipeline) per poi attraversare Turchia, Bulgaria, Romania, Ungheria e arrivare fino in Austria percorrendo un totale di 3.300 km. Le risorse di Nabucco prevedevano lo sfruttamento dei giacimenti azeri, kazaki, turkmeni, egiziani, iracheni e iraniani ma il progetto venne abbandonato quando venne approvata la costruzione del Trans Adriatic

Pipeline; esso prevedeva il collegamento dei gasdotti che provengono dalla

Turchia e che sfruttano il gas azero per arrivare in Italia nella provincia di Lecce.

29 P. Sorbello, L’Ucraina tra il gas russo e l’Europa, 4 dicembre 2013. L`articolo è disponibile

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Per evitare ulteriori problemi con l’Ucraina e con il recente abbandono del Turkish

Stream fu avanzata l’ipotesi di costruire un gasdotto parallelo al Nord Stream

(Nord Stream-2) ma molti paesi della zona protestarono con una lettera alla Commissione Europea che, però, non diede loro ragione in quanto non risultavano coinvolte, in questo caso, speculazioni di tipo politiche bensì puramente di tipo commerciale; questa scelta fu largamente criticata poiché, trattandosi di un accordo tra Germania e Russia e data la forte influenza tedesca all’interno dell’UE, si riteneva che i termini proposti avrebbero portato vantaggi favorevoli solamente all’economia tedesca e non a quella europea in generale.

L'attuale crisi ucraina ebbe origine il 30 marzo 2012 quando l’Unione Europea avviò un accordo d'associazione commerciale con l’Ucraina chiamato DCFTA (Deep and Comprehensive Free Trade Area) dichiarando, però, che esso sarebbe stato ratificato solo se l’Ucraina avesse affrontato alcune questioni sulla democrazia e sullo “Stato di diritto”, compresa la detenzione di Julija Tymošenko e Jurij Lucenko. Tale accordo prevedeva l’estensione delle regole energetiche dell’UE al sistema energetico ucraino, eliminando i benevoli accordi intercorsi tra le élite ucraine e Gazprom; l'Ucraina sembrava essere propensa ad accettare tali condizioni per cui la Russia, interessata a veder fallire questo accordo, bloccò l’importazione dei prodotti ucraini causandogli una perdita di 1,4 miliardi di dollari. Il 21 novembre 2013 l’Ucraina fu costretta a sospendere i preparativi per la firma dell’accordo di associazione. Quella stessa notte ebbero inizio una serie di manifestazioni interne, chiamate Euromaidan, e, il 1° dicembre 2013, i

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manifestanti occuparono la Piazza dell’Indipendenza e causarono scontri ai quali il governo ucraino rispose emanando una serie di leggi anti-protesta; all’inizio di febbraio del 2014 si verificarono lanci di bombe molotov nella sede del sindacato e i manifestanti formarono squadre di “autodifesa” per proteggersi dalla polizia e dai militari. Le rappresaglie non ebbero sosta e, il 20 febbraio 2014, causarono feriti e molte vittime (17 tra la polizia e 70 tra i manifestanti); il giorno seguente, data la latitanza del presidente Viktor Janukovyč, venne formato un nuovo governo il quale dichiarò gli agenti russi come colpevoli della strage e accusò il deposto presidente, che in seguito avrebbe negato tale insinuazione, di aver ordinato alla polizia di aprire il fuoco. Il 27 giugno 2014 l’Euromaidan termina definitivamente con la stesura dell’accordo di Associazione tra Ucraina e Unione Europea, entrato in vigore dal 1° gennaio 2016.

Una delle maggiori conseguenze dell’Euromaidan fu la crisi della Crimea che ebbe origine nel febbraio del 2014 quando il governo ucraino filorusso venne rimpiazzato da uno filoeuropeo.

La Russia intervenne nei primi giorni di marzo spostando le proprie truppe militari nella penisola della Crimea e bloccando con le proprie navi da guerra il porto di Sebastopoli con lo scopo di proteggere la popolazione di etnia russa in Crimea. Dopo mesi di combattimenti l’UE annunciò sanzioni contro il Cremlino mentre gli USA aumentarono quelle già previste e, di conseguenza, i rapporti tra Russia e occidente raggiunsero i minimi storici dai tempi della Guerra Fredda.

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Il 16 marzo la penisola espresse, con larga maggioranza di voto, la volontà di tornare sotto il controllo di Mosca ma, ovviamente, molti paesi dell’Unione Europea definirono illegittimo il referendum per la secessione poiché svolto sotto occupazione militare, senza monitoraggio internazionale e organizzato, in contrasto con quanto previsto dalla Costituzione ucraina, in sole due settimane. Attualmente la Crimea viene comunque considerata dalla Russia come proprio territorio.

Ad aprile 2014 ebbero inizio degli scontri tra le truppe ucraine e quelle separatiste e quest’ultimi presero il controllo di città a maggioranza russa come Sloviansk e Donetsk le quali si proclamarono, infatti, indipendenti il 16 aprile costituendo

quindi la Repubblica Popolare di Donec’k30 e la Repubblica Popolare di

Luhans’k31; a luglio il governo di Kiev lanciò un'offensiva e, in risposta, il Governo russo armò i ribelli con missili terra-aria ad alta tecnologia che provocarono l’abbattimento di un aereo civile nei cieli dell’Ucraina orientale con a bordo 298 persone. Kiev intensificò il suo attacco e i ribelli sembrarono sul punto di arrendersi finché, verso metà agosto, la Russia invase militarmente il Paese e occupò gli edifici governativi dell’Est; lo scontro ha causato, a tutt'oggi, 9.000 morti. L’opinione pubblica internazionale è divisa sulla questione dato che in parte si può ritenere che l’occupazione militare russa sia contraria ai patti internazionali ma, da un altro punto di vista, si può ritenere che, sulla base di un trattato

30 Fa parte dell’Oblast’ di Donec’k, ossia una regione posta al confine sud-orientale con la Russia. 31 Fa parte della regione del Donbass posta al confine sud-orientale con la Russia.

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internazionale32, le truppe russe abbiano pieno diritto di trovarsi nel territorio della Crimea dato che storicamente ve ne è sempre stata presenza. Stati Uniti ed Europa si limitarono a sanzionare economicamente la Russia mentre la NATO schierò circa 4.000 militari lungo il confine orientale e potenziò, con cinque nuove basi, la propria presenza nei paesi confinanti33.

Giunti a questo punto Putin rese note le proprie condizioni per la cessazione delle

ostilità affermando che

l’Ucraina avrebbe dovuto

trasformarsi in un sistema federale cosìcche la Russia, per

ottenere concessioni sulle

abbondanti risorse di gas e di carbone di queste regioni,

avrebbe dovuto intrattenere rapporti solamente con i governatori regionali dell’Est Ucraina. Nel febbraio 2015 fu raggiunto un accordo tra la Russia e i rappresentati di Ucraina, Francia e Germania in un incontro a Minsk ma, a partire dal settembre, gli scontri si riaccesero (seppur non raggiungendo mai i livelli negativi raggiunti in

precedenza34) dato che il 16 giugno precedente la compagnia russa Gazprom

ridusse le quantità di gas veicolate in territorio ucraino e pretese il pagamento

32 D. Orlov, american foreign policy fiascos, 16 giugno 2014. L’articolo è disponibile sul sito internet:

http://cluborlov.blogspot.it/2014/06/american-foreign-policy-fiascos.html

33 Ucraina-Russia, guida al conflitto, 15 settembre 2014. L’articolo è disponibile sul sito internet:

http://www.lettera43.it/fatti/ucraina-russia-guida-al-conflitto_43675139776.htm

34 A che punto è la guerra in Ucraina di cui nessuno più parla, Martedì 23 febbraio 2016. L’articolo è

disponibile sul sito internet: http://www.tpi.it/mondo/ucraina/guerra-ucraina-russia

Figura 5: Rappresenta i giacimenti di gas e petrolio, le stazioni di

perforazione e i gasdotti presenti nella Crimea. Fonte: http://www.naftogaz.com

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anticipato del gas esportato in Ucraina a causa del mancato pagamento di un acconto pari a 1,95 miliardi di dollari. La Russia rifiutò ogni mediazione possibile con l’Unione Europea e con l’Ucraina.

Questa scelta è riconducibile al mancato accordo tra Gazprom e Naftogaz sulle tariffe e alla volontà, da parte del Cremlino, di sbloccare il progetto South Stream

precedentemente accantonato dall’Unione Europea35; in risposta a tutto ciò

l’Ucraina si rivolse alla Corte di Stoccolma chiedendo il risarcimento di 6 milioni di dollari, ossia la cifra che dal 2010, secondo Naftogaz, era stata pagata in eccedenza rispetto al pattuito36. Il giorno dopo un'esplosione danneggiò uno dei principali gasdotti di trasporto del gas russo verso l’Ucraina e, al momento, l'avvenimento è ancora oggetto di investigazione. La situazione che si è finora prospettata può risultare molto pericolosa dato che l’Ucraina possiede 5 stazioni nucleari che necessitano di energia per funzionare e, quindi, il gas proveniente dalla Russia è fondamentale per il loro operare.

La Crimea è una regione importante a livello energetico data la vasta presenza sul territorio di shale gas e petrolio infatti, prima della crisi, diverse aziende petrolifere occidentali (tra cui ExxonMobil) negoziavano con l’Ucraina per

35 M. Cazzulani, Putin avvia la Guerra del Gas contro Europa ed Ucraina, 16 giugno 2014.

L’articolo è disponibile sul sito internet:

https://matteocazzulani.wordpress.com/2014/06/16/putin-avvia-la-guerra-del-gas-contro-europa-ed-ucraina/

36 Gas, tra Kiev e Mosca la guerra sul prezzo finisce alla Corte di Stoccolma, 16 giugno 2014.

L’articolo è disponibile sul sito internet: http://it.euronews.com/2014/06/16/gas-tra-kiev-e-mosca-

la-guerra-sul-prezzo-finisce-alla-corte-di-stoccolma/?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+euronews% 2Fit%2Fhome+%28euronews+-+home+-+it%29

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l’accesso a tali risorse mentre, allo stato attuale delle cose, saranno costrette negoziare con Mosca; l’annessione della Crimea priva quindi l’Ucraina della possibilità di sfruttare queste importantissime risorse economiche37.

Al momento la situazione ucraina rimane alquanto complessa a causa sia dei continui cambi di Governo, sia di una situazione economica prossima alla bancarotta e sia della tensione nell’Ucraina dell’Est; molti definiscono pertanto tutto ciò come un fallimento della politica internazionale europea e americana.

1.6. Il Turkmenistan

All’inizio dell’indipendenza il Turkmenistan era in grado di distribuire gas solamente attraverso il sistema di pipeline russo ma, dopo l’indipendenza, le cose sono cambiate e, attualmente, esso rappresenta uno Stato in grande espansione nell'economia internazionale essendo il Paese produttore ed esportatore di gas che possiede la sesta riserva al mondo per dimensioni. Negli ultimi anni, infatti, la sua economia ha acquisito importanza, realizzando una strategia di diversificazione delle rotte di esportazione senza dichiarare una preferenza verso uno Stato in particolare ma creando vari rapporti con moltissimi Stati consumatori. Tra questi:

-Iran

Ottobre 1995: la National Iranian Oil Company (la compagnia iraniana per la produzione e la gestione di idrocarburi) decise di costruire un gasdotto in

37 M. T. Klare, Le Guerre per l’energia del XXI secolo, 15 luglio 2014. L’articolo è disponibile

sul sito internet:

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